C-level: Funzione, Ruolo e Responsabilità
L’utilizzo indiscriminato dei tre termini del titolo non ha come sola conseguenza una banale confusione linguistica: rappresenta un vero e proprio impoverimento del valore semantico che tali termini rappresentano.
La letteratura aziendale ha proposto diverse interpretazioni, ma nessuna di esse è mai riuscita a diventare predominante. Proverò a cimentarmi nell’esercizio di definire i tre termini, partendo da concetti basilari, per arrivare al loro significato e utilizzo nel contesto aziendale.
Partiamo dal termine funzione (escludendo l’accezione matematica). La funzione è cosa fa o per cosa viene usato qualcosa. In biologia, è l’attività fisiologica di un organo o di una parte del corpo. In chimica, è il comportamento caratteristico di un composto chimico. In antropologia si riferisce a una pratica sociale volta a garantire la continuità del gruppo. Quindi, il termine funzione è sempre associato a un “fare”, a un’attività. La funzione è ciò che definisce a cosa serva qualcosa o qualcuno. Absit iniura verbis, non sto dicendo che le persone “servono o non servono”, sto provando a percorrere un processo di riduzionismo linguistico, per allinearci sul significato logico essenziale del termine. Il valore denotativo del termine “funzione” è, perciò, strettamente collegato al fare, ossia a ciò che il termine derivato funzionamento esprime perfettamente. Il valore connotativo in ambito aziendale, invece, si riferisce a un insieme di attività interconnesse, coordinate per produrre una determinata performance. CIO Index definisce la funzione come “un processo o un’operazione che viene eseguita di routine per svolgere una parte della missione di un’organizzazione“. Il concetto del fare e del produrre qualcosa ritorna costantemente, non solo nei significati strictu sensu denotativi, ma anche in quelli connotativi, calati in una dimensione meno specifica, che, nel nostro caso, è quella aziendale.
Ora, affrancandoci dai significati essenziali e da quelli di uno stadio immediatamente successivo, cosa dobbiamo intendere per funzione quando ci riferiamo ad un C-level? Se la propria funzione è un “fare”, cosa fa un C-level? Facciamo un esempio pratico. Un venditore vende, ossia la sua funzione è quella di portare al successo la sua attività di vendita. Come si valuta la misura in cui un venditore assolve alla propria funzione? Dalle performance, cioè, banalizzando, da quanto vende. Più ci si allontana dalla funzione del venditore (capo area, direttore vendite, direttore commerciale) più l’influenza sulla performance passa attraverso dinamiche che non hanno relazioni dirette con la “messa a terra” della funzione vendite, pur influenzandola. Per un direttore commerciale, quindi un C-level, che abbia fatto la propria carriera partendo da venditore, l’idea di funzione si deve essere evoluta nel tempo da un “fare” personale e diretto a un “fare” legato ai processi di un dipartimento o di una divisione.
Quindi, la funzione aziendale di un C-level non è più misurabile in termini di performance personale, perlomeno non nella stessa accezione con la quale ha lavorato all’inizio della sua carriera, ma deve essere collocata nel concetto di funzione aziendale. La “messa a terra” dei processi è troppo distante e, quindi, fuori dal proprio controllo diretto. La performance riconducibile al C-level, e per la quale misurare l’efficacia della sua funzione, è semplicemente la somma delle performance dei colleghi e collaboratori della divisione. Il “fare” iniziale, che abbiamo identificato nella nostra fase denotativa, si trasforma connotativamente in un concetto di “far fare”, ridefinendo un nuovo significato della funzione aziendale, quando si parla di C-level. Quando questa dinamica non parte, troviamo direttori commerciali che vendono, direttori amministrativi che redigono gelosamente la reportistica, ecc. Tutti C-level preoccupatissimi di giustificare la propria esistenza (aziendale) “facendo”, ma del tutto, o in parte, inadeguati a concentrarsi sul “far fare” ai loro collaboratori (che non crescono).
Passerei ora ad analizzare il termine ruolo (escludendo l’accezione teatrale o cinematografica). Analizziamo il significato che ci propone il dizionario: “la posizione o lo scopo che qualcuno o qualcosa ha in una situazione, organizzazione, società o relazione”. L’etimologia della parola è illuminante; la parola deriva dal francese rôle, a sua volta derivato da rôtle, che deriva dal latino rotulus, diminutivo di rota = ruota, disco. Quindi, ricapitolando, il concetto di ruolo si accompagna a quello di posizione, di collocazione geografica rispetto ad altri elementi, o ruoli, in un contesto organizzato, che, metaforicamente, potrebbe richiamare l’idea di un meccanismo, nel quale ogni ruota dello stesso rappresenta un ruolo e viceversa. Sembra svanire la speranza di non essere – e sentirsi – ruote di un meccanismo, ma, addirittura, ogni volta che esplicitiamo a qualcuno quale sia il nostro ruolo al lavoro, confermiamo di essere (e sentirci) parte della “macchina”.
D’altra parte, se pensiamo al calcio (inteso come sport) la cosa ci appare ancora più chiara; un attaccante ha la funzione di fare goal – è quel che sa o dovrebbe saper fare – e per fare questo ricopre quel ruolo, ossia si trova in una certa posizione del campo, esattamente come il portiere si trova in quell’opposta. Nel meccanismo di una squadra di calcio la “ruota attaccante” occupa una certa area del campo e da quella posizione si collega e interagisce con altre “ruote” che coprono altre posizioni del campo. Il ruolo attiene alla posizione che qualcuno (ri)copre in un contesto di interrelazioni tra ruoli. La metafora del meccanismo implica quella dell’azione di “trasmissione” che un insieme di ruoli rappresenta. La dinamica degli “ingranaggi” scarica la propria potenza a terra, in relazione alle differenti funzioni che sono svolte dai vari ruoli.
Quindi, cos’è – o come si può rappresentare – il ruolo di un C-level? È la collocazione gerarchica attraverso e grazie alla quale si ricevono dagli altri ruoli e si tramettono agli stessi informazioni, al fine di rendere l’azione funzionale più performante. Ecco allora che la dinamica dei ruoli (delle ruote del meccanismo) diventa l’origine della dimensione strategica del C-level e dei vari manager, in base al loro posizionamento. Quanto maggiore è la distanza dalla pratica funzionale operativa, maggiore è la quantità di informazioni che si ricevono, dopo essere state elaborate ai vari livelli gerarchici, quindi maggiore è la capacità di elaborare una strategia che guardi al futuro e non solo al presente.
Non ci rimane che esplorare il concetto di responsabilità. Proviamo con la consueta definizione da dizionario: la responsabilità è “lo stato o il fatto di essere responsabile, di rispondere o di rendere conto di qualcosa che è sotto il proprio potere, controllo o gestione.” L’etimologia deriva da respònsus, participio passato di respòndere. Quindi, si è responsabili di qualcosa se si è la persona da interrogare per ottenere risposte in merito ad una certa questione (domanda). Qui, non è necessario ricorrere a metafore particolari, è tutto molto chiaro. Se un venditore è responsabile dei propri risultati, che sono il frutto della sua attività funzionale, un manager, via via che si allontana dalla diretta responsabilità funzionale, risponde degli esiti complessivi dell’insieme delle attività svolte dalle funzioni che riportano a lei/lui. Più cresce il posizionamento in termini di ruolo, più ci si distanzia dalla produzione diretta (funzionale) delle performance, più si risponde delle persone e non del singolo evento. È a questo punto che si inserisce il concetto di leadership.
La leadership non è la delega delle proprie responsabilità, ma dei propri poteri. Rispondere di un risultato non significa rispondere di ciò che si è fatto in prima persona, ma di ciò che si è stati capaci di far fare alle persone che lavorano con noi.
- Un venditore per funzione vende, per ruolo riceve informazioni dal proprio capo area e restituisce quelle che riceve dal mercato e per responsabilità risponde dell’esito della propria attività.
- Un direttore commerciale per funzione gestisce le proprie risorse, per ruolo riceve informazioni dal CFO, dall’HR e dal CEO circa l’andamento dell’azienda e distribuisce ai livelli inferiori l’elaborazione delle stesse, per responsabilità risponde (in primis) della prima linea del conto economico. E per fare questo deve essere un leader: deve, cioè, valorizzare le persone, affinché nei loro ruoli performino funzionalmente al massimo.
Nello schema sottostante, si può comprendere meglio quali potrebbero essere i pesi percentuali tra performance personale, strategia e leadership, in base alla propria funzione, ruolo e responsabilità.
Non ho la presunzione di aver dato un contributo determinante al tema dell’identificazione dei concetti di Funzione, Ruolo e Responsabilità nei C-level; mi auguro, quanto meno, di aver stimolato riflessioni e considerazioni che aiutino a inquadrare in modo più razionale la questione.
Articolo a cura di Giuseppe Andò
Giuseppe Andò svolge dal 2000 la professione di C-level & Executive Coach. La sua formazione lavorativa e professionale concilia l’esperienza vissuta al vertice di alcune delle più importanti multinazionali dell’editoria e della comunicazione (General Manager McGraw-Hill, General Manager Pearson), con la fondazione e direzione delle prime realtà strutturate in Italia per l’executive coaching (Studio Income srl, Fineo srl). Nel 2017 consegue tutte le certificazioni MG Sakeholder Centered Coaching e dal 2019 è coach associato Marshall Goldsmith. Dal 2018 è Board Member di EMCC Italia (European Mentoring and Coaching Council). La sua formazione scolastica e universitaria concilia i valori umanistici (liceo classico e laurea in filosofia a indirizzo epistemologico - Milano) con le necessarie competenze tecniche specifiche (laurea in economia indirizzo aziendale - Bologna).