Candidate Experience
Spesso dimentichiamo che l’iter di selezione sia un percorso a doppio senso: non solo l’azienda o il recruiter valutano se il candidato possa essere la persona giusta per la posizione, ma anche il candidato, soprattutto se qualificato e di alto livello, soppesa se ciò che gli viene offerto rappresenti effettivamente un’opportunità di crescita.
Offrire al candidato un’esperienza di valore che sia efficiente e -perché no- coinvolgente, ma anche umana e senza attriti, oltre ad essere eticamente corretto, è importante anche perché costituirà le fondamenta per un suo coinvolgimento nel tempo.
Non solo: una buona candidate experience rafforza il brand aziendale ed aiuta, di conseguenza, ad attrarre Talenti ed abbattere quindi tempi e costi della selezione ed incrementare la produttività. E’, in sostanza, fondamentale per la brand reputation e componente dell’employer branding.
Da tempo ormai si è mutuato anche in ambito HR il concetto di “user experience”, una volta concetto rivoluzionario riferibile esclusivamente alle vendite, ora concetto -assodato- di business applicabile in modo trasversale alle diverse aree.
Si potrebbe dire che la candidate experience ne sia la naturale evoluzione e perché “funzioni” è prioritario rivolgersi al design thinking, e pensare all’utente finale ogni qual volta si delinei un processo in modo che quest’ultimo sia costruito sul candidato. Il che è imprescindibile visto che tutti noi recruiters sappiamo quanto sia sempre più difficile, soprattutto in tempi incerti come quelli che stiamo vivendo, convincere i candidati, in particolare quelli qualificati, a cliccare sulle application. I candidati qualificati infatti, negli ultimi anni, stanno divenendo sempre più “passivi”.
E’ opportuno organizzare e pianificare la costruzione del processo in termini di MKTG e farlo ancora prima che l’iter inizi: nella fase che precede la pubblicazione dell’annuncio perché la candidate experience costituisce anche un “problema operativo” che come tale deve essere approcciato per poter fare il salto dall’essere competitivi allo spazzare via la concorrenza e solo un processo efficiente ci permetterà di farlo.
In nuce l’azienda dovrà ponderare se presenti un bisogno reale e quindi fare un’attenta analisi delle sue carenze di competenze.
Poi, la candidate experience dovrà essere personalizzata, piacevole, umana, efficace ed impiantata su una comunicazione d’impatto e trasparente e, siccome visto tutto quanto sopra, i candidati si aspettano un trattamento simile a quello riservato ai consumatori ed impegno concreto da parte dell’azienda, è prioritario che sia incentrata sul creare relazioni autentiche.
Esiste anche un altro livello, quello relativo a come i candidati percepiscano l’azienda una volta chiuso l’iter, che è un livello emotivo che porterà o meno gli stessi a ricandidarsi per quella realtà oppure ad accettare o no l’offerta di lavoro.
La prima cosa su cui investire sarà -sempre per saccheggiare nel MKTG- costruire il “candidato ideale” o, per meglio dire, la nostra “persona”, pensare a dove si rechi online (in modo da utilizzare il giusto canale per la pubblicazione dell’annuncio), a quale sia la sua aspirazione professionale, immaginarsi il suo background: quali sono le sfide che lo pungolano, quali le sue ambizioni, i suoi obiettivi?
Una volta fatto, bisogna delineare il recruiting funnel utile a decodificare il viaggio del candidato alla ricerca del lavoro e necessario per comprendere come farlo “applicare”.
Per riassumere, la candidate experience si potrebbe limitare a quattro fasi:
1.ATTRACTION: E’ l’incipit del processo, è il momento in cui il candidato conosce l’azienda, ed approfondisce di cosa si occupi grazie ai motori di ricerca, ai social network o al sito che pubblicano l’annuncio.
E’ la fase in cui il candidato sceglie se sia interessato o meno a lavorare per te e con te, e per convincerlo è consigliato rispettare queste regole:
– job title: coerente rispetto a quanto ricercato;
– job description: utilizzare un linguaggio chiaro e non perdersi in una marea di termini gergali che lasciano il tempo che trovano;
Nella stesura della job, spesso si dimentica di tracciare un confine tra quali siano i “must have” e quali i desiderata, e si finisce per scrivere una lista ibrida ed infinita di requisiti che da un lato confondono e dall’altro fanno perdere di significato l’annuncio stesso (e determinano alti tassi di abbandono);
Molto rilevante è anche la formattazione, l’annuncio deve essere facile a leggersi, ordinato e con immediatamente in evidenza le info importanti, è anche utile usare i punti elenco e scrivere frasi brevi.
2. APPLICATION: il candidato, esaminate le opzioni a disposizione, ha deciso di candidarsi tramite un form, una e-mail o LinkedIN.
Spesso i candidati lamentano di essere costretti a perdere ore per compilare form infiniti, dati ridondanti e di avere difficoltà di navigazione nei siti, per migliorare la loro esperienza, sarebbe opportuno rendere i siti aziendali, in primis mobile friendly e poi snellire le procedure di application e fornire istruzioni chiare e concise.
3. INTERVIEW: è la fase che segue lo screening dei CV, costituita da una o più interviste che possono essere telefoniche, video o faccia a faccia.
Laddove il colloquio si svolga c/o una sede è buona norma che il candidato sia preventivamente informato su come possa raggiungerla (es. mezzi o parcheggi), accolto con educazione, non lasciato stazionare davanti alla porta a fare tappezzeria, ma accompagnato in un salottino o nella stanza in cui incontrerà il recruiter e magari offrirgli un bicchier d’acqua o un caffè.
Durante il colloquio il recruiter innanzitutto dovrà rivolgere la piena attenzione al candidato e non dovrà limitarsi a snocciolare domande il candidato, ma delineargli in modo chiaro -anche ribadendo ciò che magari sia già stato anticipato telefonicamente- le mansioni cui verrà preposto, l’azienda in cui si inserirà definendone anche/soprattutto cultura e mission e ciò sempre con la massima chiarezza ed onestà perché è nell’interesse di tutte le parti che partecipino all’iter di selezione avere solo persone realmente motivate ed interessate alla posizione è quindi inutile omettere dati che potrebbero pesare sulle scelte del candidato.
In questa fase è fondamentale, sempre sulla falsariga di quanto appena detto, permettere al candidato di fare domande per chiarirsi le idee ed approfondire.
Infine è indicato in chiusura di colloquio anticipargli come si svolgerà il proseguo della selezione, ed in particolare, di quanti step l’iter si comporrà, quali referenti aziendali il candidato incontrerà, se dovrà sostenere test o assessment individuali e/o di gruppo e, naturalmente, una durata orientativa di tutto il percorso.
4. POST INTERVIEW: dopo il primo colloquio, si apre un bivio:
a) Il candidato non è allineato con quanto ricercato, in tal caso il post interview consisterà nell’inviargli un feedback di ringraziamento;
b) Il candidato è allineato, per evitare di “perderlo” è buona norma avvisarlo con prontezza e mantenere, in seguito, un dialogo aperto, basato su interazioni costanti e coerenti, fino alla scelta finale dell’azienda.
Molte ricerche ed anche le grandi società di recruiting sottolineano quanto sia importante investire nella comunicazione per conquistarsi la fiducia del candidato, ottenerne una percezione positiva e mantenerla.
L’ideale sarebbe fin da subito caratterizzarsi nel dare un primo feedback in merito all’aver ricevuto la candidatura e, naturalmente mantenere un canale di contatto aperto durante tutto l’iter, senza scordare un feedback specifico e personalizzato, fornito con chiarezza e gentilezza al termine del percorso laddove questo non si concluda con un’assunzione che sarà utile al candidato per comprendere le motivazioni e, eventualmente, per migliorare in futuro o appurare quale potrebbero essere aree su cui investire per un ulteriore sviluppo di competenze.
Il feedback è anche opportunità per rimanere legati ai Talenti.
COME MISURARE LA CANDIDATE EXPERIENCE
Essendo l’iter di selezione un percorso a doppio senso, non è sufficiente che il feedback avvenga solo dal recruiter al candidato, ma è consigliato, anzi opportuno che azienda o società di selezione sia aperta ad essere valutata dallo stesso in modo da poter intervenire sul processo ed affinarlo, per innestare un circolo virtuoso che da una lato si traduca in una buona esperienza del candidato, ma dall’altro apporti un maggior numero di candidati e, quindi, di opportunità di trovare la persona giusta nel minor tempo possibile (abbattendo costi).
Molti suggeriscono di adottare il sistema metrico chiamato Net promoter score che fu teorizzato per misurare la fedeltà del cliente rispetto al brand e saggiare quanto fosse disponibile a raccomandarlo a terzi.
Si basa su un’unica domanda da porre ai candidati: “Su una scala da zero a dieci quanto consiglierebbe la Sua esperienza da candidato con la nostra azienda?”
Sulla base del punteggio che ci verrà attribuito il candidato verrà “etichettato” come promotore, passivo o come detrattore, nello specifico:
- a) O-6: detrattori = candidati insoddisfatti che potrebbero danneggiare il brand parlando a terzi in termini negativi del percorso svolto;
- b) 7-8: passivi = candidati soddisfatti, ma indifferenti e che quindi non genereranno passaparola né in positivo, né in negativo;
- c) 9-19: promotori = candidati felici del percorso avuto che consiglieranno la nostra società o il brand di cui siamo intermediari.
La formula è: (% promotori – % detrattori) x 100, ossia l’indice si ottiene sottraendo la percentuale dei detrattori a quella dei promotori e moltiplicando il risultato per 100.
Per poter intervenire sul processo sarà anche includere un’ulteriore domanda e chiedere la motivazione della risposta l’unico mezzo concreto che ci offrirà l’opportunità di migliorare il processo e quindi di migliorare noi stessi come recruiter.
Articolo a cura di Eva Pedrazzi
Curiosa ed appassionata del genere umano (e -diciamocelo- anche un pò pettegola…), non avrei potuto fare altro che dedicarmi alle risorse umane.
Il mio percorso professionale è iniziato come consulente all’interno delle più importanti società di executive search di Milano, arricchito con una collaborazione all’interno di uno storico studio di consulenza del lavoro che mi ha dato l’opportunità di approfondire le tematiche legate alla gestione del personale ed alla contrattualistica.
Da qualche anno sono senior executive search in McExecutive e sono specializzata nella ricerca e selezione di figure altamente qualificate per multinazionali che spaziano dal metalmeccanico al luxury, dal pharma all’IT.