C’è controllo e… Controllo

“Controllo” deriva dal francese contre rôle, cioè contro ruolo o contro registro. Ogni registro ufficiale veniva redatto in duplice copia a fini di verifica, un po’ come quando in alcune registrazioni online ci viene chiesto di digitare due volte la password.

E ci sta. La verifica dei risultati è un passaggio sacrosanto in qualsiasi processo, sia esso tecnico o di altro tipo.

Questo, però, solleva una domanda cruciale: qual è la linea di demarcazione tra controllo inteso come verifica e controllo inteso, invece, come presidio o, perfino, dominio? Nella maggior parte dei casi questa linea non c’è – o meglio c’è, ma non la si vede – e basta un attimo per oltrepassarla, con tutte le conseguenze del caso.

Oggi qualsiasi meccanismo prodotto a norma, anche il più semplice, prevede dei sistemi di sicurezza, basati sul controllo, a protezione sia dell’utente che del meccanismo stesso e siamo tutti d’accordo che questo sia assolutamente desiderabile.

Il punto, però, è proprio questo: gli esseri umani non sono meccanismi e applicare un controllo sulle persone, che pure è necessario, senza farglielo pesare è un’impresa tutt’altro che banale, perché va a definire il modello stesso di leadership all’interno di un’organizzazione.

Per default, assumiamo tutti un cosiddetto paradigma della Macchina, ossia una visione della realtà (nel caso specifico, quella aziendale) analoga ad un meccanismo che, in quanto tale, può essere controllato e governato. La nostra mente ha l’assoluta necessità di controllare l’ambiente nel quale operiamo: quanto più ritiene di non trovarsi in quella condizione tanto più spingerà per avere un controllo sempre più pressante e, alla fine, insostenibile per chi ci sta attorno.

Modalità di controllo

Quindi, viviamo questo conflitto interno: da una parte siamo naturalmente spinti a creare delle situazioni di controllo per sentirci più sicuri; dall’altra la nostra reale natura, quella sistemica, desidera integrarsi con l’ambiente in cui sta operando attuando strategie sistemiche che assecondino la realtà, anziché contrastarla.

“Si può comandare la Natura soltanto ubbidendole.”
– Sir Francis Bacon

Siamo immersi in – e integrati con – una Natura, una Realtà governata da leggi che non potremo mai sovvertire e in caso di scontro saremo noi, alla fine, a farci del male. Non abbiamo scelta: come suggerisce Bacon, il solo modo per esercitare un controllo reale, sostenibile e duraturo nelle nostre aziende è comprendere le dinamiche dei sistemi e adattarci ad esse. E la parte difficile non è questa; la parte più difficile è superare le inevitabili resistenze che la nostra mente solleverà per indurci a ricercare un controllo più diretto, immediato e perfino gratificante… nel breve termine.

Quando affrontiamo un problema, infatti, ricerchiamo delle soluzioni facili e veloci per uscirne: le chiamiamo tecniche e il mondo è pieno di libri, corsi o quant’altro che propongono tecniche per superare le difficoltà, con migliaia di persone disposte a sborsare fior di quattrini per accaparrarsi questa conoscenza.

Ritengo che le tecniche, per quanto straordinarie possano rivelarsi, abbiano un senso solo se rivolte ad una particolare contingenza, non certo per affrontare delle problematiche a livello strutturale. In questo caso, è preferibile parlare di modalità o di approcci e nel caso del controllo possiamo suddividerli in quattro diversi stati derivati dalla loro posizione lungo un continuum le cui estremità sono, da una parte, l’adesione a una concezione meccanicistica della realtà e, dall’altra, l’adesione a una concezione sistemica.

Controllo meccanicistico

È il più classico tra gli approcci al controllo, in cui regna incontrastata una visione a macchina dell’azienda, dove il comandante-in-capo (titolare, amministratore, ecc.) non deve fare altro che impostare il programma a cui risorse umane (e non) sono tenute ad attenersi scrupolosamente, pena sanzioni di vario genere. Rigidi regolamenti e procedure sono praticamente gli unici strumenti utilizzati per assicurare il raggiungimento dei risultati prefissati.

Pro: riscontro immediato dei benefici, rispetto incondizionato delle gerarchie, discussioni limitate al minimo, potere incontrastato della direzione;

Contro: limitazione della crescita (sia delle persone sia dell’azienda stessa), scarsa autonomia con la necessità di una costante presenza dei responsabili, frequenti crisi e conflittualità latenti, stress e “solitudine” del capo.

Controllo semi-meccanicistico

Dopo varie batoste ci si rende conto che la qualità del rapporto umano è un fattore decisivo per un andamento positivo dell’azienda e, pertanto, si comincia a lavorare su quel fronte, impostando una comunicazione più aperta, valorizzando un po’ di più il contributo dei collaboratori, appiattendo appena la piramide gerarchica. In realtà, è più un’operazione di facciata che di sostanza, il cui reale intento è solo quello di allentare la pressione sociale, ma la visione di fondo resta saldamente meccanicistica.

Pro: controllo più sostenibile, rapporti meno conflittuali, maggiore coinvolgimento delle RU, regolamenti e procedure più flessibili;

Contro: miglioramento della situazione illusorio, si creano aspettative nelle RU che poi verranno disattese a discapito del rapporto, forte turnover.

Controllo semi-sistemico

C’è sicuramente un cambio di consapevolezza quando si prende atto che un’azienda è un sistema naturale e che va, quindi, gestita partendo da presupposti molto diversi, soprattutto per quanto riguarda il controllo. Il focus si sposta gradualmente dai risultati al processo ma, poiché la nostra mente lavora sul risultato, si vive questa fase con molta apprensione: si tratta di una scommessa, alla fine. È quasi un salto nel vuoto e la tentazione di tornare al “vecchio” controllo meccanicistico è sempre dietro l’angolo.

Pro: forte rivalutazione delle risorse interne, maggiore comprensione delle forze in gioco, quadro d’insieme ed obiettivi più chiari, maggiore autostima aziendale.

Contro: si allungano i tempi di ritorno in termini di risultati, sentimenti di fiducia misti ad ansia, resistenze iniziali da parte delle RU che faticano ad adattarsi al cambiamento.

Controllo sistemico

Il vecchio concetto di controllo sparisce completamente: l’azienda funziona in totale autonomia, ogni risorsa conosce esattamente il suo ruolo e quale valore stia apportando all’insieme. Ogni forzatura viene eliminata e, anziché cercare di far accadere le cose, si lavora sul creare le condizioni tecniche, emotive e mentali affinché i risultati si realizzino spontaneamente. Inoltre ci si presenta all’esterno in modo diverso, più chiaro, più incisivo, più innovativo e perfino più audace. Si viene percepiti come un’azienda autenticamente leader.

Pro: forte senso di certezza e di sicurezza nei propri mezzi, conduzione in automatico dell’azienda, solida coesione tra gli addetti prodotta da un chiaro senso di direzione, maturazione spontanea di una cosiddetta “mentalità dell’Abbondanza”;

Contro: decidere di tagliare il cordone ombelicale con il vecchio modo di pensare e di essere.

La transizione

Non è possibile, in questa sede, scendere nei particolari della transizione da un controllo meccanicistico ad uno sistemico. Non avviene spontaneamente e richiede una lenta e costante presa di coscienza. Il paradosso è che occorre imparare qualcosa che di fatto dovrebbe essere naturale, quindi in realtà si tratta di… re-imparare.

Questi sono i 5 aspetti su cui occorre iniziare a porre l’attenzione se si vuole intraprendere questa trasformazione da un controllo diretto, meccanicistico, spesso esasperato, a un controllo indiretto, sistemico e lucido.

La Formazione – Sebbene l’approccio sistemico sia quello più naturale, la nostra mente ha idee diverse in proposito e dobbiamo quindi riaddestrarci a pensare e ad agire rispetto a presupposti diametralmente opposti a quelli a cui siamo abituati.

La Responsabilizzazione – Se si vuole arrivare ad un tipo di controllo implicito – ossia strutturale, ma non manifesto – ogni componente del sistema deve assumere la responsabilità del proprio ruolo e dei risultati che ottiene; poiché questo è il passaggio che presenta le maggiori resistenze, occorre affrontarlo con sensibilità e gradualità.

Il Focus – D’istinto, siamo portati a focalizzarci sui risultati per misurare la solidità del nostro controllo, poiché è in base ai risultati che la mente decide se esistano o meno i presupposti per sentirsi al sicuro. Tuttavia, non si ha alcun controllo sui risultati, poiché una volta palesati non si possono più cambiare. Si può, però, intervenire sui processi che producono e correggono quei risultati. Il focus sui processi è una svolta cognitiva epocale e, per questo, molto potente.

La Pianta – Quando acquistiamo una macchina/attrezzo, ci aspettiamo che faccia ciò per cui l’abbiamo comprata: questo è l’approccio meccanicistico. Quando, invece, acquistiamo una pianta, dobbiamo cercare di capire di cosa ha bisogno per crescere forte e sana: questo è l’approccio sistemico. L’azienda è una pianta.

Il Potere – Per molti, il potere è la facoltà di fare ciò che si vuole. In realtà, il potere è la capacità di realizzare ciò che si vuole… e non si tratta di una distinzione da poco. È vero che il focus dev’essere sul processo anziché sul risultato, ma è il risultato a convalidare il processo. Senza potere non esiste controllo… e viceversa.

 

Bibliografia

Se vuoi saperne di più su questo argomento o su altri temi che riguardano le dinamiche dei sistemi, puoi consultare i seguenti libri:

I 5 principi del successo aziendale – A. Carli, ed. Franco Angeli – 2003

E la borsa e la vita! – A. Carli, ed. Franco Angeli – 2008

La Quinta Disciplina – Peter M. Senge, ed. Sperling & Kupfer – 2006

La leadership centrata sui principi – Stephen R. Covey, ed. Franco Angeli – 2009

Leadership e visione creativa – Robert Dilts, ed. Guerini Next – 2016

oppure puoi consultare il mio sito, ricco di risorse che vertono su questo tema: www.alessandrocarli.it.

 

Articolo a cura di Alessandro Carli

Profilo Autore

Alessandro Carli è un trainer e coach italocanadese che da trent’anni opera nel settore del personal development.
Durante questo arco di tempo ha avuto modo di lavorare molto da vicino con qualche migliaia di persone tra imprenditori, dipendenti, privati e studenti, che gli ha permesso di farsi un’idea piuttosto chiara sul funzionamento della realtà in cui tutti operiamo, individuando degli schemi che si ripetono nei diversi contesti delle nostre vite.
Dal 2012 si è dedicato allo sviluppo di un vero e proprio “studio” che riguarda le dinamiche dei sistemi, che ha poi codificato nella cosiddetta Intelligenza Sistemica. Applicata al coaching e/o alla formazione in senso lato, questo studio può consentire a chiunque di scendere alla radice delle problematiche che ci troviamo tutti ad affrontare quotidianamente e risolverle a quel livello.

Condividi sui Social Network:

Articoli simili