Corporate governance e imprese multinazionali
Il concetto di corporate governance è trasversale a diverse discipline, quindi mal si attaglia a una definizione precisa e puntuale. In linea di massima, indica il complesso dei meccanismi che all’interno di un ente disciplinano la relazione tra gli stakeholder, gli shareholder e i soggetti/organi che determinano e controllano la direzione strategica e le performance aziendali. Ogni impresa, piccola o grande che sia, ha quindi un proprio governo societario e una propria distribuzione del potere.
È quindi corretto identificare nella corporate governance tutti quei meccanismi in grado, complessivamente, di dare un determinato “imprinting” alla società, permettendole non solo di fissare degli obiettivi, ma anche di stabilire le modalità con cui realizzarli e gli strumenti per controllarne l’evoluzione e il raggiungimento.
Tra i fattori interni all’impresa in grado di influenzare maggiormente la struttura della coprorate governance è certamente da annoverare l’assetto proprietario: compagini sociali diverse comportano opportunità e problematiche di governance differenti.
Infatti, se storicamente nelle public company che dominano il mercato angloamericano, caratterizzate dalla polverizzazione della compagine sociale, la teoria dell’agenzia focalizza l’attenzione sui conflitti connessi alla separazione tra proprietà e controllo, nelle società di matrice continentale, caratterizzate da una struttura azionaria ristretta, l’attenzione si sposta su un altro piano. Il conflitto non è più tra azionisti e managers, bensì tra azionisti di maggioranza e azionisti di minoranza. Agli estremi di tali assetti proprietari i modelli di governance sono ontologicamente diversi.
Tuttavia, i processi di globalizzazione degli ultimi decenni hanno comportato un lento mescolarsi dei modelli. Infatti, l’imprescindibile condizione di competitività delle imprese e la necessità di operare anche al di fuori dai confini nazionali di origine imposta dalla globalizzazione ha avviato un processo di convergenza tra i diversi modelli.
Il panorama brevemente descritto si complica ulteriormente se il parametro di riferimento non è più la singola realtà imprenditoriale, bensì una costellazione di realtà imprenditoriali, giuridicamente distinte, che fanno capo a un unico centro di interesse economico.
Infatti, le repentine evoluzioni socio-economiche e la fortissima competizione che caratterizza i mercati attuali e le differenze tra i vari sistema paese fanno si che i problemi connessi alla corporate governance delle imprese multinazionali, ancor di più di quelli tipici della singola organizzazione, non possono essere considerati in termini statici.
Tutt’altro, gli stessi richiedono un approccio dinamico che permetta la costante ricerca e attuazione di soluzioni diversificate, valide ed efficienti in un contesto spazio temporale che si caratterizza per essere sempre più ampio e frastagliato.
La corporate governance di un’impresa multinazionale è sicuramente il cuore pulsante del complessivo processo decisionale-strategico aziendale poiché è – e deve essere – in grado di comporre il conflitto che inevitabilmente si crea tra diverse entità e soggetti portatori di interessi spesso contrastanti e comunque diversi[1].
Corollario naturale di quanto sopra è che nelle imprese multinazionali le tematiche connesse alla corporate governance trascendono da considerazioni meramente giuridiche legate al modo in cui sono strutturati i processi decisionali interni e abbraccia considerazioni di carattere strategico e manageriale di ampio respiro.
Come intuitivamente immaginabile, una simile espansione comporta delle complicazioni fisiologiche nella corporate governance che sono direttamente proporzionali al grado di complessità e all’estensione della rete aziendale[2].
Infatti, l’assenza di unicità dal punto di vista giuridico tra diverse imprese del gruppo permette di diversificare il rischio, di limitare i rischi impliciti nello svolgimento di certe attività o riversarli su altre entità del gruppo, di ottimizzare il carico fiscale, ma anche di modificare i diritti residuali di controllo e i diritti al rendimento economico residuale, elementi centrali nell’assicurare una corretta amministrazione e gestione societaria.
Nasce quindi la necessità di confrontarsi con nuovi stakeholder e di rispettare cornici istituzionali non sempre omogenee (la diversità delle pressioni degli stakeholder si acuisce qualora diverse società controllate da una stessa casa-madre si quotano su mercati differenti, essendo tutt’altro che scontata la capacità della governance centrale di soddisfare esigenze spesso contrastanti).
La sfida di confronto con imposizioni di carattere giuridico, economico, sociale e istituzionale differenti affrontate dalle imprese che operano oltre i confini nazionali è presa in considerazione dalle linee guida dell’OCSE, destinate alle imprese multinazionali, che evidenziano i pericoli derivanti da un simile contesto frastagliato. Il timore è che le imprese possano sfruttare le divergenze per eludere vincoli giuridici e sociali al fine di ottenere un indebito vantaggio competitivo, “incidendo negativamente sulla reputazione della maggioranza delle imprese e destando preoccupazione nell’opinione pubblica”, come evidenziato delle predette linee guida.
Infatti, la mutata e più complessa realtà economica non trova seguito nella logica normativa degli ordinamenti giuridici nazionali, i cui maggiori sforzi sono ancora concentrati sulle singole strutture societarie quali entità imprenditoriali autonome. Conseguenza fisiologica di tale miopia normativa è una concorrenza fra ordinamenti all’interno dei quali, in un’ottica comparatistica, proliferano regole non omogenee e spesso in contrasto tra di loro. È facile immaginare che in un simile contesto all’impresa globale vengano richiesti adempimenti difficilmente realizzabili, tenuto conto che per un verso il gruppo di imprese si presenta come un complesso economico organico, per l’altro le singole entità che lo compongono non perdono la loro autonomia giuridica.
La tematica principale che investe la corporate governance delle imprese multinazionali è evidentemente quella di realizzare, all’interno del gruppo operante nelle più disparate aree geografiche, una direzione unitaria che allo stesso tempo sia in armonia con un panorama di variegate realtà economiche e giuridiche sparse in ordinamenti eterogenei.
Pertanto, si comprende come la governance di un’impresa multinazionale abbia un orizzonte più ampio rispetto al medesimo concetto riferito a livello di singola realtà aziendale. La stessa non si limita alla mera articolazione di efficienti meccanismi di governo societario, ma coinvolge la capacità dell’azienda di comprendere e dialogare con il contesto in cui opera.
Per rendere l’impresa multinazionale competitiva, la governance deve essere costantemente in grado di confrontarsi con nuovi e diversi stakeholder, regole e dimensioni statuali e tenere conto del feedback ricevuto nello svolgimento della propria attività. In quest’ottica la governance coinvolge tutte le attività finalizzate alla continua relazione e interazione tra l’impresa e contesto in cui opera.
Sotto questo profilo, una governance poco adatta a contesti internazionali rischia di avallare strategie aziendali affette da miopia temporale, in cui il conseguimento di risultati positivi a breve termine impedisce di percepire gli svantaggi che si verificano nel lungo periodo, ancorché di proporzioni catastrofiche. Una governance miope tende a prestare poca attenzione ai potenziali rischi, fisiologicamente connessi all’operare in determinate aree geografiche (ad esempio, il contesto di pervasiva corruzione che domina alcuni mercati emergenti), che sono in grado di pregiudicare la reputazione aziendale dell’intero gruppo.
La possibilità che si verifichino simili circostanze, che pregiudicano gli interessi dell’intero gruppo, potrebbe essere agevolata dalla difficoltà che l’impresa multinazionale incontra nel fissare i propri standard di comportamento, posto che la contemporanea presenza in diverse realtà rende difficile creare degli standard globalmente validi; ad esempio, molte pratiche considerate lecite in alcune realtà possono essere socialmente ripugnate o addirittura illegali in altre.
L’impresa che opera al di fuori dei propri confini nazionali si trova quindi inevitabilmente ad affrontare un dilemma strategico: concentrarsi sulle opportunità nazionali e, conseguentemente gestire l’impresa in maniera affine a tale realtà, oppure sfruttare maggiori opportunità in altri paesi affrontando il rischio di non essere compliant con gli adempimenti ivi richiesti e, di conseguenza, rischiare di pregiudicare l’accontability dell’intero gruppo?[3]
Oltre le difficoltà di carattere normativo, un’altra problematica significativa che le imprese che operano a livello multinazionale si trovano ad affrontare consiste nel gestire le difficoltà gestionali, strategiche e organizzative dovute all’oggettiva difficoltà di disegnare ed implementare sistemi di controllo in grado monitorare attività che vengono realizzate in mercati geograficamente distanti. La complessità dell’attività di controllo è direttamente proporzionale alle dimensioni aziendali, intese sia in termini economici sia in termini geografici. La dispersione delle informazioni e la difficoltà di coordinamento tra diversi soggetti può quindi costituire un ulteriore ostacolo alle attività di controllo.
Tracciare le linee guida della corporate governance di un gruppo societario la cui attività si interseziona con diverse giurisdizioni nazionali, il più delle volte eterogenee tra di loro, vuol quindi dire coordinare norme di matrice pubblicistica e privatistica diversa al fine di individuare un punto di equilibrio che permetta all’impresa di essere competitiva, creare valore e al contempo non agire in maniera spregiudicata, sia a livello globale sia locale[4].
In questo contesto di pesi e contrappesi, di spinte centrifughe e centripete, è fondamentale disegnare un’architettura di governance trasparente e flessibile, che sia in grado di imprimere un indirizzo unitario e al contempo essere compliant con diversi ordinamenti e differenti esigenze.
Quindi, un buon sistema di governance di una impresa multinazionale deve essere in grado di assicurare un ragionevole controllo sulle attività poste in essere da tutte le imprese e dai soggetti che, operando in diversi settori, mercati o aree geografiche, sono espressione della medesima rete aziendale.
Per far ciò, la governance dell’impresa multinazionale deve necessariamente articolarsi su due piani diversi:
i) a livello di headquarter;
ii) a livello di singole diramazioni aziendali.
Infatti, i due livelli inevitabilmente si influenzeranno a vicenda: i comportamenti illeciti che avvengono a uno dei due livelli si riverberano sull’altro e viceversa. È quindi fondamentale disegnare e implementare un chiaro processo decisionale che, a tutti i livelli, consenta di individuare i centri decisionali e, conseguentemente, di allocare le rispettive responsabilità[5]. Affinché tale allocazione non sia meramente formale, il processo dovrebbe inoltre essere istituzionalizzato.
Ma questo non è ancora sufficiente. Infatti, affinché il miglioramento di regolamenti e processi decisionali e di controllo non rimanga semplicemente “sulla carta”, deve essere necessariamente accompagnato da un progresso culturale. In assenza di best practice universalmente valide, valori e cultura possono allora essere il collante della governance di una multinazionale in quanto elementi che, pur tenendo conto del diverso contesto in cui le singole realtà operano, guidando e modellando i comportamenti delle persone, mirano al raggiungimento di un obiettivo comune.
Note
[1] I. FILATOTCHEV, M. WRIGHT, Agency Perspectives on Corporate Governance of Multinational Enterprises, in Journal of Management Studies, March 2011.
[2] C. PEPE, P. SILVESTRELLI, Strutture organizzative e risorse manageriali nella governance delle imprese internazionalizzate, in Studi sulla governance delle aziende, Giappichelli, Torino, 2006.
[3] C. A. BARTLETT, S. GHOSBAL, Managing across Borders: New Organizational Responses, in Sloan Management Review – Harvard Business School, 1987.
[4] J. DINE, The Governance of Corporate Groups, in Cambridge university press, 2003.
[5] Y. LUO, Corporate governance and accountability in multinational enterprises: Concepts and agenda, in Journal of International Management, 2005.
Articolo a cura di Carlo Riso
Carlo Riso è un avvocato specializzato in diritto societario con focus su operazioni di finanza straordinaria. Assiste aziende, soci e investitori a partire dalla strutturazione dell’operazione sino alla sua execution.
Supporta, inoltre, clienti italiani e internazionali in tutte le fasi dell'attività di impresa: si occupa della contrattualistica commerciale ordinaria, predisponendo e negoziando i contratti attinenti i principali settori industriali e affianca management, amministratori e azionisti nella strutturazione della corporate governance societaria.
Ha conseguito una laurea quinquennale in Giurisprudenza e una laurea specialistica in Economia e legislazione d’impresa.
Ha infine consolidato le sue conoscenze frequentando un master di 2° livello in diritto societario.