Costruire e ricostruire partendo dal brand: la forza del Purpose Marketing
Apple, Muller, Dove: cos’hanno in comune?
Sono prima di tutto brand e poi prodotti. Sono brand relativamente recenti, cresciuti a ritmo esponenziale. Dove sta il loro successo? Apple, Muller, Dove hanno accesso alle stesse risorse delle altre aziende, eppure brillano più dei concorrenti. Simon Synec è stato tra i primi a intuire che i brand che comunicano partendo dal “Perché” sono accolti meglio dal mercato e riescono a mantenere un vantaggio competitivo duraturo.
Il famoso cerchio di Synec ci insegna infatti che tutti tendiamo a raccontare, in prima battuta, cosa facciamo; solo alcuni di noi spiegano il “come” lo facciamo e pochissimi arrivano a capire il “perché” lo facciamo. E questo è evidente quando sfogliamo una brochure o, peggio, quando visitiamo un sito che è una brochure online. Il cerchio di Synec è uno dei principi alla base del marketing moderno che ha dato vita alla brand purpose.
Iniziamo da una definizione:
“pur·pose /ˈpərpəs /
Il significato, la ragione per cui qualcosa esiste. Per le aziende è alla base di ogni esperienza cliente, ed è l’essenza di fondo che rende un brand rilevante e necessario.
Il Purpose Marketing è la naturale evoluzione di questa scienza e si basa sull’evidenza che i nuovi media, la comunicazione allargata e l’esposizione mediatica costante hanno stravolto la posizione piramidale azienda-consumatori secondo cui le aziende, dopo aver creato una linea di prodotti e un brand, sviluppavano una comunicazione più o meno massiccia a seconda del budget, variabile fondamentale per determinare la messa a terra e il successo delle azioni di marketing.
Ora si è passati a una relazione più circolare, in cui i consumatori prendono parte attiva nella vita del brand e si fidelizzano solo nel momento in cui abbracciano il sistema valoriale dell’impresa.
I brand sono, infatti, un insieme di idee e percezioni coerenti nella mente di un consumatore. I brand hanno un nome e una reputazione e possono far venir voglia di star loro vicini, oppure di starne alla larga. La vita attorno al brand permette di creare e rendere manifesto il “perché” profondo dell’azienda e di esplicitarlo in ogni sua comunicazione con l’esterno.
Le aziende sono chiamate a prendere posizione sui temi più disparati, etici, ambientali, sociali: una nuova opportunità per differenziarsi. Questo cambiamento permette, infatti, a tutte le imprese, di creare un ecosistema che attiri a sé consumatori che si sentano connessi al brand e ai suoi valori e che siano quindi più fedeli. L’agilità competitiva è la chiave che ora più che mai permette di creare relazioni più autentiche e, quindi, più redditizie.
Da almeno una quindicina d’anni era già abbastanza chiaro come la revisione di un modello di crescita che non funzionava dovesse ripartire dai valori profondi: dalla qualità della vita, dalla relazione con l’ambiente e anche dal tema della qualità sostenibile.
Nel frattempo, il marketing è stato depauperato del suo significato più profondo – ovvero “fare mercato” – e il digitale ha creato confusione tra strategia e canale. Nell’ultimo periodo stiamo vivendo un’inversione di tendenza: si sta tornando a un umanesimo del marketing in cui il complesso sistema valoriale è messo al centro e in cui anche le aziende B2B hanno capito come sia importante questa funzione aziendale. Non è però un ritorno al passato ma un adattamento al cambiamento, è la scossa di assestamento dopo il terremoto; è la voglia di tornare a farci ispirare da grandi pensatori, di governare IoT e AI affinché siano a favore dell’uomo.
Secondo una ricerca di Accenture, il 66% dei consumatori si sente attratto e acquista dai brand che dichiarano scopi aspirazionali e che li mantengono, il 53% esprime il proprio malcontento quando viene delusa dalle parole o dalle azioni di una azienda su un tema sociale, il 47% abbandona il brand se viene delusa dal comportamento di un’azienda sul fronte dei valori e, di questi, il 17% è perso per sempre.
Per spiegare quali sono i benefici concreti del Purpose Marketing racconterò il caso di Muller. Negli anni ’80 Muller era pressoché sconosciuta: il mercato italiano era spartito tra Yomo e Danone. Muller si posizionò fin da subito come uno yogurt lussurioso, passionale. Il famoso claim è “Fate l’amore con il sapore”, ben lontano dal mondo ludico in cui si spartivano le quote di mercato gli altri player. Tutta la comunicazione fu declinata seguendo questo concept: il cucchiaino dorato, la cremosità e consistenza dello yogurt, lo slow moving seducente della protagonista. Questa strategia di Muller ha permesso all’azienda di avere due vantaggi del Purpose Marketing: l’aumento di quote di mercato e il posizionamento di prezzo più elevato.
Apple si presenta, invece, come un brand in grado di trasformare la realtà, di avere intuizioni che semplificano la vita delle persone. Il posizionamento di Apple è ben preciso, anche a livello di prezzo, significativamente più elevato dei concorrenti. La comunicazione di Apple è sempre stata orientata al brand, alla magia, alla sfida dello status quo, al pensiero alternativo e questo gli ha permesso di creare una forte valorizzazione attraverso la differenziazione di prodotto, terzo vantaggio competitivo del Purpose Marketing. Con il prefisso “i” che precede i prodotti tecnologici, ha contraddistinto qualunque prodotto: IPhone, Ipod, IMac… quella “i” è sinonimo di valore per tutti i prodotti. Inoltre, quando Apple comunica, lo fa partendo dal suo purpose e, solo dopo, arriva al prodotto.
Il quarto vantaggio è esattamente questo: un’azienda che comunica partendo dal perché riduce marginalmente il costo di marketing/comunicazione di ogni prodotto, mentre aumenta la marginalità di ogni singolo prodotto.
Il “perché” di Dove è celebrare la bellezza autentica. Prima del lancio ufficiale degli spot Tv, sono stati raccolti centinaia di filmati su come l’utilizzo di Dove facesse sentire le persone, con lo scopo di raccontare storie autentiche. Il marchio si è evoluto e diverse campagne di Dove sono diventate virali, come quella “Real Beauty Sketches”, che è tuttora l’annuncio più visto di tutti i tempi.
Dove è riuscita a trovare il suo vero perché – la bellezza autentica – e ha costruito un valore di brand sempre coerente ad esso. I dati di Unilever, inoltre, mostrano che i loro brand con un “perché” sono cresciuti due volte più velocemente di quelli senza.
Possiamo quindi dire che il Purpose Marketing è la nuova era del marketing classico dove economia, filosofia e etica si incontrano per definire in maniera chiara brand che potranno generare con più certezza:
- acquisizione di quote di mercato;
- posizionamenti di prezzo corretti basati sul reale valore;
- valorizzazione attraverso la differenziazione di prodotto;
- diminuzione incrementale degli investimenti pubblicitari;
- risultati finanziari più veloci e duraturi.
In questo momento storico, in cui l’economia è paralizzata dall’emergenza sanitaria, fermarsi e costruire il proprio brand purpose può essere la chiave per ricostruire e ripartire con un sensibile vantaggio competitivo.
Riferimenti bibliografici
Francesco Morace, Società felici – La morte del postmoderno e il ritorno dei grandi valori (2004)
Simon Synec, Partire dal perché (2009)
Accenture, Brand Purpose: l’ascesa dei brand guidati dai valori (2018)
Articolo a cura di Elena Tavelli
Aiuto le imprese a creare modelli di business rigenerativi e sostenibili per le persone e per il pianeta. Lo faccio attraverso il Business Design Marketing®, una metodologia human-user che permette di disegnare le strategie di messa sul mercato in quattro fasi. Mi definisco “ostinatamente marketer” perché, anche se il digitale ha stravolto il mercato, il marketing puro è pianificazione strategica e fonte di sostenibilità per l’impresa e per l’ecosistema in cui è inserita. Aiuto gli imprenditori attraverso una consulenza innovativa chiamata facilitazione e attraverso percorsi di formazione in workshop.