Abbiamo appreso dalle cronache estive che la performance delle stazioni dei Carabinieri è misurata sulla quantità di arresti compiuti.
Questa notizia, se confermata, ci mostra che il famigerato MBO (Management By Objectives) è arrivato fino ai piani alti dell’Esercito.
Dagli anni ’90 si introducono nelle organizzazioni metodi gestionali con modalità “spray and pray”, alla “viva il Parroco” in italiano.
In obbedienza al pensiero manageriale corrente si introduce l’idea che le persone vadano motivate e misurate fissando obiettivi, ciò che dovrebbe nutrire la meritocrazia: “Chi rende di più va premiato!”
Come premiare se non si fissano obiettivi? Potete mettere con le spalle al muro chiunque con questa domanda, tanto retorica quanto imprecisa.
Chi diffonde – nel privato come nel pubblico – l’approccio “meritocratico” non evidenzia, infatti, i rilevanti difetti del metodo MBO.
La mia esperienza conferma quanto la letteratura più autorevole ha evidenziato: i vantaggi dell’approccio MBO sono condizionati da una serie di fattori.
Ad esempio serve la capacità di distinguere tra metriche di processo e metriche di risultato. Confusioni al proposito generano guai certi.
Facciamo un esempio classico:
Il management di un’impresa individua una correlazione tra performance di vendita e numero di visite ai clienti.
A quel punto, immaginando che spingendo sul numero di visite si otterranno vendite aggiuntive, si eleva la media visite al rango di Area Chiave di Risultato e si premiano i venditori che corrono di più.
Le nefaste conseguenze sono dietro l’angolo. Dopo poco tempo i venditori brocchi capiscono che possono facilmente migliorare il loro pagellino semestrale (Performance Appraisal).
Inevitabilmente:
Nel tempo ne risente anche la Leadership, che deve giustificare una serie di eventi bizzarri, quali la medaglia a un venditore che non è stimato dal Team. Questo succedeva già negli anni ’90.
Purtroppo, nonostante tutti i tentativi di aggiustare il metodo, i casi di malagestione superano enormemente i casi di successo, per cui è ormai noto che le approssimazioni meritocratiche generano confusione e demotivazione.
Possiamo quindi fissare alcuni punti:
Articolo a cura di Luigi Rigolio
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