Essere un manager non basta più. Come passare dal management alla Leadership attraverso l’intelligenza emotiva

Sei un imprenditore o un manager e, per lavoro, gestisci un team di persone.

CHE LEADER SEI?

Hai investito dei soldi nella tua formazione manageriale, negli anni hai sviluppato competenze e maturato esperienza sul campo. Ogni giorno, fai il tuo lavoro e pensi al tuo lavoro, spesso anche fuori dall’azienda, a casa, a cena con la tua famiglia, a letto, quando ti rigiri con la testa sul cuscino, prima di riuscire finalmente a prendere sonno.

Ti senti stressato, al punto che neppure ci fai più caso. Le persone che gestisci lavorano, chi più chi meno. Qualcuna se ne va, qualcuna rimane. Di alcuni pensi non mi posso lamentare; di altri, hai smesso di pensare perché ormai non ci sono parole.

Le persone che gestisci spesso discutono e sembra proprio che discutano, dopo anni, per le stesse cose di sempre. Qualcuna perde tempo, qualcuna si fa carico del lavoro che altri non fanno come dovrebbero.

Quando viene commesso un errore, pare che la responsabilità sia sempre di qualcun altro.

“Non lo sapevo”, “Non è colpa mia”, “Nessuno me l’aveva detto”, “Non ho potuto fare questa cosa perché Marco non aveva fatto quell’altra cosa”, e così via.

A volte li vedi annoiati, svogliati, disinteressati, senza energia.

Qualche volta, pensi che tu stesso non hai più l’energia di una volta, ti dici “Ma chi me l’ha fatto fare?”, e ti viene voglia di mettere due cose dentro una valigia e partire per un luogo così lontano che i problemi delle persone non possano più raggiungerti.

Le lamentele, le scuse, gli alibi, le parole, le facce che fanno quando provi a motivarli e ti guardano come se parlassi una lingua sconosciuta, come se fossi un alieno venuto da un altro pianeta.

Poi, però, torni alla realtà, ti guardi intorno, pensi agli amici imprenditori e manager come te che stanno peggio di te, e ti dici “tutto sommato, va bene così”.

“Tutto sommato, sono un buon imprenditore. Tutto sommato, sono un buon manager”.

Ci sei, fin qui?

Benissimo, ora immagina di entrare in azienda e di avere davanti a te tutte le persone che gestisci.

Immagina che, per una particolare decisione dell’Universo, le persone che gestisci non possano mentire ma dire soltanto la verità. Stai per far loro una domanda e a questa domanda risponderanno dicendo solo la verità.

La domanda che fai è: “Cosa pensate di me come Leader?”

8 persone su 10 ti risponderanno – potendo dire soltanto la verità – “Tutto sommato, non sei nulla di interessante”.

Nulla di interessante. Detto di te da 8 persone su 10, che diventano 16 se ne gestisci 20 e così via.

L’80% del tuo team non pensa che tutto sommato, tu sia un buon leader. Ma pensa che, tutto sommato, tu non sia un leader interessante.

Brutta sensazione, vero?

LE PERSONE NON LASCIANO LE AZIENDE, LASCIANO I LORO MANAGER

Il punto è che questo è ciò che accade nella maggior parte delle aziende del mondo, alla maggior parte degli imprenditori e dei manager come te e come me (sono imprenditrice anch’io).

Infatti, una recente ricerca Gallup ha evidenziato che l’82% dei dipendenti ritiene i propri leader complessivamente poco interessanti.

Questo significa che più di 3/4 della forza lavoro mondiale non è “ingaggiata” (engaged), che concretamente vuol dire che non è realmente motivata a lavorare con il leader che la gestisce, con il team di cui fa parte, nell’organizzazione per cui lavora.

La principale responsabilità di questo è nostra, come leader.

È nostra perché è nostro – come leader – il ruolo di guidare le persone e i team verso la crescita, personale e aziendale.

Ergo, se le persone non crescono, vuol dire che non abbiamo ancora trovato modi efficaci per farle crescere.

E se le persone – spesso proprio le più competenti – non crescono e a un certo punto se ne vanno, dobbiamo domandarci in cosa abbiamo sbagliato noi, e impegnarci concretamente per fare meglio da adesso in poi.

LE EMOZIONI DEI MANAGER: IL PROBLEMA DELLA CONSAPEVOLEZZA

Quando una persona decide di lasciare l’azienda, il manager che la gestiva si trova, prima o poi, a fare i conti con questa consapevolezza.

Ciascuno reagisce in maniera diversa ma, nella mia esperienza di affiancamento a imprenditori e manager nel lavoro di sviluppo della leadership, ho osservato, nelle fasi iniziali, alcune emozioni ricorrenti:

  • rabbia: il manager attribuisce tutta o parte della responsabilità a chi se ne è andato, o ad altre persone dell’organizzazione (responsabilità fuori da sé);
  • tristezza e senso di fallimento: il manager riconosce la sua responsabilità, ma spesso commette degli errori di valutazione, sovrastimando o viceversa sottostimando la sua effettiva area di influenza (ammette a se stesso di aver commesso degli errori, ma ha difficoltà a identificare correttamente quali sono);
  • sensazione di impotenza: a prescindere dall’attribuzione della responsabilità, l’azione si blocca e prevalgono pensieri del tipo Non posso farci niente, Ho già fatto troppo e sono stanco, Forse ho sbagliato lavoro, avrei dovuto fare l’impiegato dell’INPS, e così via.

Queste emozioni ricorrono spesso anche quando si verifica una situazione simile a quella descritta in apertura dell’articolo, ossia il confronto tra l’autovalutazione (quello che io penso di me come leader) e l’eterovalutazione (quello che gli altri pensano di me come leader).

Il punto è che, se queste emozioni non vengono adeguatamente gestite, il manager e il team perdono efficacia e motivazione e l’azienda rallenta, fino al punto in cui la crescita si arresta.

Infatti, converrai che un’azienda non può andare molto lontano quando è guidata da qualcuno che pensa di aver sbagliato lavoro nella vita o peggio ancora si convince che, per risolvere tutti i problemi del team, la soluzione consista nel licenziare tutti – o quasi – e ripartire da zero.

Di’ la verità, lo hai pensato anche tu qualche volta, vero?

Se lo hai fatto, puoi tirare un sospiro di sollievo: si tratta di un pensiero del tutto umano, spesso risultato di una scarsa consapevolezza di te e/o degli altri, delle tue emozioni e di quelle altrui, delle tue responsabilità e di quelle degli altri.

Ma la scarsa consapevolezza non ti porterà lontano: se pure fosse davvero possibile licenziare tutti e partire daccapo, col tempo le dinamiche che oggi metti in pratica si replicheranno, ancora e ancora.

L’unico risultato che otterrai sarà un senso crescente di frustrazione, nel rivedere scene che hai già visto, esperienze che hai già vissuto, persone che appaiono sempre uguali a se stesse.

LA SOLUZIONE: CONSAPEVOLEZZA E INTELLIGENZA EMOTIVA PER LA LEADERSHIP

La splendida notizia è che alla scarsa consapevolezza è possibile porre rimedio.

Il rimedio consiste in un percorso di evoluzione della tua Leadership attraverso lo sviluppo dell’Intelligenza Emotiva.

L’intelligenza emotiva è un set di competenze misurabili e allenabili che ti aiutano a diventare più consapevole, più responsabile, più motivato e capace di costruire relazioni positive con gli altri, prendendo decisioni migliori per te, per il team e per l’azienda.

In altre parole, l’Intelligenza Emotiva è la chiave di volta della Leadership consapevole, autentica e intelligente con le emozioni, tue e degli altri.

La cosa più importante per iniziare il percorso di sviluppo della tua Leadership è focalizzare la tua attenzione su questo presupposto fondamentale:

“Nulla cambia, se non cambi tu per primo”.

COSA SIGNIFICA PER UN LEADER AVERE INTELLIGENZA EMOTIVA

Quando sviluppi la tua intelligenza emotiva, migliori in maniera significativa la tua abilità a:

  • identificare correttamente le tue responsabilità, ovvero distinguere ciò che puoi fare da ciò che non puoi fare – perché non è sotto il tuo controllo – per la crescita delle persone e dell’azienda;
  • agire con chiarezza e proattività, ovvero assumerti la responsabilità delle azioni sotto il tuo controllo e focalizzarti sulla ricerca attiva delle soluzioni;
  • gestire le tue emozioni e le tue reazioni, che è fondamentale per sviluppare una Leadership positiva e prendere decisioni migliori (tu accetteresti mai di essere guidato da una persona incapace di gestire se stessa?);
  • praticare consapevolmente l’empatia, che ti aiuta a connetterti a un livello più profondo con gli altri e a costruire relazioni autentiche di fiducia reciproca (senza lasciarti travolgere dai problemi degli altri);
  • mantenere alta la motivazione intrinseca, di breve e di lungo periodo, che significa essere in grado di motivare da dentro te stesso e stimolare la spinta degli altri a crescere, migliorare e realizzare la visione, personale e aziendale.

Il Leader emotivamente intelligente possiede queste abilità e le utilizza consapevolmente per migliorare la qualità del lavoro e della vita, di se stesso e delle persone che ha la responsabilità di guidare nel percorso di crescita aziendale.

ESSERE UN MANAGER NON BASTA PIÙ

Ti sarai certamente reso conto che, nel parlare di intelligenza emotiva, alla parola manager ho preferito sempre la parola leader.

Non è un caso, ma perché?

Sintetizzo il pensiero prendendo in prestito le parole di Ross Perot, il fondatore della Electronic Data Systems, diventato miliardario a partire da un capitale iniziale di soli mille dollari:

“Le persone non possono essere gestite. Gli inventari possono essere gestiti, ma le persone devono essere guidate”

Gestire le persone non basta più.

Essere un manager non basta più.

Ogni anno, le aziende di tutto il mondo investono più di 46 miliardi di dollari in programmi di sviluppo della leadership, eppure l’82% dei dipendenti continua a non dirsi soddisfatto dei propri leader.

Dal mio punto di vista, questo accade principalmente perché si continua a investire nello sviluppo di competenze manageriali – come strategia, team management, gestione dello stress – ma senza guardare realmente alla responsabilità più importante di un leader: far crescere le persone che lavorano con lui/lei.

E, per svolgere questo complesso compito, un leader ha bisogno di sviluppare qualcosa che sfugge alla maggior parte dei programmi di formazione attuali: il valore della sua umanità.

“Solo una donna, solo un uomo che considera le persone – e non gli obiettivi, i risultati, i numeri e i fatturati – la priorità assoluta del suo lavoro, può essere davvero un Leader umano, e utilizzare la sua intelligenza emotiva a partire da un’etica personale molto forte: aiutare gli altri a evolvere, a crescere, a migliorarsi, a essere più appagati e più felici”.

Le persone chiedono oggi, molto più che ieri, che il lavoro soddisfi questa ricerca di significato: un leader che non sia capace di rispondere a questo bisogno fondamentale resterà un manager poco interessante, circondato da persone tendenzialmente insoddisfatte e non profondamente realizzate nell’ambiente di lavoro, che è – tra le altre cose – quello in cui trascorriamo la maggior parte del nostro tempo.

E, che ci piaccia o no, guidare aziende che generano persone insoddisfatte contribuisce in maniera significativa a generare famiglie, società e comunità più insoddisfatte.

È nostra responsabilità, come Leader, scegliere e fare qualcosa di diverso.

COME INIZIARE: IL M.E.A. SET

Se a questo punto ti stai chiedendo come iniziare, ho elaborato un set di competenze per avviare il percorso di sviluppo della tua consapevolezza e della tua leadership.

Si sente spesso parlare di mindset, come insieme di atteggiamenti mentali da adottare per esercitare la leadership.

Ma, dal mio punto di vista, il mindset non è assolutamente più sufficiente.

Infatti, Antonio Damasio, il neuroscienziato n. 1 al mondo nel campo delle emozioni, ha affermato che:

“Non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma siamo macchine emotive che pensano”

E, aggiungo io,
che agiscono.

L’atteggiamento mentale non è sufficiente, se non è supportato da un atteggiamento emotivo e da una certa predisposizione all’azione.

Da qui, ho creato per te il M.E.A. SET, un kit di competenze che rappresentano la cassetta degli attrezzi di ogni leader.

Prenditi del tempo per rispondere a queste domande e, se lo desideri, condividi con me le tue risposte!

 

Articolo a cura di Rosanna Silenti

Profilo Autore

Sono Rosanna Silenti, CEO di Oltriamo® e Trainer di Leadership.
Giovanissima entro a lavorare in un’azienda locale dove, faccio carriera e in 12 anni divento il General Manager di un gruppo societario che fattura centinaia di milioni di euro l’anno.
Ma il successo personale non mi interessa più, mi licenzio e divento Business Coach, Trainer e Consulente e fondo Oltriamo®, la società di Formazione, Coaching e Consulenza, che accompagna le persone e le aziende ad “andare oltre insieme” verso un futuro più grande, più tecnologico e più umano.

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