Evoluzione come unica metafora per il futuro

Quando l’individualismo mette a rischio la sopravvivenza di una nazione

Italia, terra di esploratori, poeti, inventori e tanto altro ancora. Quante volte abbiamo sentito queste parole e, allo stesso tempo, guardandoci intorno fatichiamo a sentire un senso di gloriosa appartenenza. Sì, poiché la storia ci insegna che noi italiani siamo tutto questo, ma allo stesso tempo dei grandi individualisti. In una recente intervista nel mio podcast Caffè Strategico, con il Dott. Ferruccio De Bortoli ci siamo soffermati su quanto il popolo italiano abbia coltivato le differenze più che un senso comune d’appartenenza. Nel nostro Paese basta spostarsi di poche decine di chilometri per comprendere quanto siamo diversamente italiani. È altrettanto interessante come questa “divisione”, si rifletta sui nostri comportamenti come cittadini, professionisti ed infine imprenditori.

E’ necessario prenderci sulle spalle la nostra identità e guardare con nuovi occhi il presente

Ed è proprio nel lavoro che questa onda sta creando la maggior parte dei disagi che oggi chiamiamo generalmente “crisi”. Dal dopoguerra agli anni Settanta l’Italia è stata campionessa nel depositare brevetti che hanno cambiato il mondo e tutt’ora fanno parte della cultura globale. Lì nasce il tanto amato “Made in Italy” diventando, senza in effetti esserlo, un marchio. Infatti, l’Italia, nel Best Countries Report 2020 ricopre il 17° posto tra gli 80 altri paesi in lista. Per non parlare della storia di Giorgio Pierrotto, che il 14 ottobre 1965 a New York, lanciò il primo personal computer con un successo clamoroso, ma l’azienda per la quale lavorava continuò a investire più nelle macchine da calcolo e da scrivere che nell’elettronica e nel frattempo la concorrenza ormai aveva una strada da seguire.

Così come Giorgio e Cristoforo Colombo, noi dal cuore tricolore abbiamo questa abitudine nell’aprire strade che altri andranno a percorrere.

La domanda è perché? La risposta affonda le sue radici nella nostra cultura. L’imprenditore italiano spesso forma il suo successo nell’individualità e sulla riservatezza al punto di reputare la condivisione un rischio troppo grande se non una dispersione d’energie inutili. Inoltre: “Spiegare a qualcuno cosa deve fare è una perdita di tempo, ci metto meno a farlo da solo”. Questo “mindset”, unitamente alla scarsa condivisione e analisi, ha generato aziende succubi dei propri prodotti al punto tale che, pur avendo chiari segnali che confermavano quanto la loro produzione non era più interessante per i mercati di riferimento, o ancora la competitività dell’Oriente era ormai una certezza, non hanno valutato nessuna forma d’evoluzione del loro paradigma imprenditoriale. Un esempio chiaro lo abbiamo qui a Brescia nella valle di Lumezzane, che fino agli anni 90 era leader indiscussa della posateria e termosanitaria in tutto il mondo, fino a quando la Cina non ha cambiato le carte in tavola.

A questo dobbiamo necessariamente aggiungere un altro fattore critico. Con l’avvento del web, nel mondo del business, il tempo si è ulteriormente compresso. Qualsiasi possa essere la tua esigenza, in pochi minuti è possibile trovare pagine e pagine di aziende che offrono il servizio richiesto. Questo aspetto va oltre la mera visibilità che oggi è necessario avere online, ma necessita di nuove strategie che possano competere con prodotti e servizi sempre più innovativi. Se negli anni 80 in poi eravamo abituati a vedere le novità nelle fiere annuali, oggi ogni giorno riserva qualcosa di nuovo e spesso innovativo. Così solo le aziende che riescono ad essere efficaci e veloci si accaparrano la leadership di mercato. Qui arriviamo noi con il nostro paradigma individualista. La compressione del tempo, la necessità di conoscere i mercati, di generare paradigmi strategici e commerciali efficaci e tutte le fasi che vanno dalla produzione alla distribuzione non possono essere più orchestrati da un solo uomo. È necessario avere uno staff competente e focalizzato su ogni argomento necessario e un piano strategico che consenta di far fronte a più possibilità di risultato. Solo così l’imprenditore di oggi e di domani potrà generare ricchezza umana ed economica. Condividere esperienza e saper fare, affidarsi a consulenti e assumere persone competenti, collaborare con gli istituti di formazione, creare un percorso d’integrazione dei giovani talenti. Sono rimasto sorpreso di come in Italia la maggior parte delle più grandi organizzazioni non abbiano un piano di passaggio generazionale.

Processo di condivisione e digitalizzazione dei processi presso l’impresa bresciana Orsatti

C’è bisogno di evolvere eticamente la concezione delle collaborazioni tra cliente e fornitore. Basta considerare le piccole imprese la banca di quelle grandi. Sempre con il Dott. De Bortoli si parla nel suo libro “Le cose che non ci diciamo (fino in fondo)” di quanto sia necessario comprendere che un “diritto” richiede sempre doveri personali e sociali che qualcuno poi dovrà sostenere. Così nello stesso libro si parla anche dell’operazione #iopagoifornitori, da me fondata il marzo 2020 al principio della pandemia, con il chiaro obiettivo di ricordare gli obblighi presi con fornitori, dipendenti e collaboratori che con le promesse ricevute portano il pane sulla loro tavola.

Inoltre la pandemia ci ha permesso di apprezzare modi diversi di affrontare il lavoro, ma è necessaria una cultura sistemica della gestione delle relazioni che punti al benessere delle persone poiché è da esso che dipendono le performance economiche. Oggi esistono metodi per digitalizzare i processi creando una struttura operativa che consenta di lavorare con efficacia, ma a distanza. Uno di questo è SmartOp, un progetto totalmente Made in Italy, nato con il Polo Tecnologico Universitario di Brescia, il CSMT, che consente in cloud di definire obiettivi e processi per poi gestire attività, relazioni e staff in modo facile e coordinato.

Così il futuro non potrà arrivare se non evolviamo i nostri vecchi paradigmi. Abbiamo bisogno di relazione e condivisione. Pensiamo solo se l’azienda di Giorgio Pierrotto al posto di accantonare il progetto avesse creato una partnership con un’altra impresa, oggi l’Italia sarebbe ricordata non solo per la pizza, ma per aver creato anche il personal computer e forse la “Apple” avrebbe sede in Trentino. Ed infine pensiamo a tutti i progetti che per paura di essere condivisi stanno ingiallendo nei cassetti o peggio fallendo.

Questo è il momento per fare dell’Italia non solo lo stivale del mondo, ma un popolo coeso e unito per un futuro di valore prima di tutto umano oltre che ingegneristico, artistico e tecnologico.

 

Bibliografia:

Link Esterni:

 

Articolo a cura di Alfredo Rabaiotti

Profilo Autore

Innovation Manager, Coach Sistemico, Consulente Strategico, Facilitatore Lego® Serious Play®, imprenditore

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