Forti contributori, primedonne e dive

Molto utili, quasi essenziali, spesso difficili da gestire: sono i collaboratori che riescono a portare ottimi risultati, a volte eccezionali, lavorando in apparente stato di relax, quasi dando l’impressione di non impegnarsi a fondo. Quando si vuole pianificare un drastico miglioramento aziendale, è utile individuare bene i forti contributori, e tra essi le cosiddette primedonne: essi sono consapevoli del valore che portano all’azienda e tendono ad arrogarsi dei diritti od a sfruttare a loro favore situazioni in cui danno un contributo fondamentale. Quello descritto è il tipo di primadonna da cui si possono trarre vantaggi. Il modello opposto e quello del divo/diva che vuole sempre mettersi in evidenza, portando spesso avanti idee o ragionamenti contro logica e destabilizzando l’ambiente della squadra.

E’ conveniente tenere sempre un comportamento formalmente equo e moderato, specie in riferimento agli altri componenti della squadra, per non innescare sentimenti di risentimento e gelosia.

Spesso le “primedonne” non gradiscono un aumento di responsabilità: la loro ambizione non si espande al di fuori della loro zona di conforto. Questo porta naturalmente al contrasto tra le loro richieste di gratificazioni economiche superiori alla media ed il rifiuto di assumere ruoli che le giustificherebbero: si creano così a volte delle distorsioni a livello retributivo (verso l’alto) che a volte non sono ben accettate dai pari livello.

Lavorare con le primedonne

Come fare per stroncare sul nascere dissapori, malcontenti e rancori verso le primedonne, spesso parigrado che guadagnano di più e apparentemente lavorano di meno?

Mi piace pensare che lavorare sui seguenti aspetti possa agevolare il lavoro di squadra:

Assegnare obiettivi diversificati

A seconda delle capacità, l’assegnazione di obiettivi proporzionali alle abilità dei singoli aiuta a fare chiarezza e contribuisce anche alla volontà di migliorarsi. Ad esempio un bravissimo manutentore meccanico che lavora in squadra con altri colleghi meno brillanti, potrà avere come obiettivo un certo livello minimo di efficienza rispetto ai colleghi della stessa linea. Discutendo con la squadra, dovrà essere fatta chiarezza sulla leadership all’interno del gruppo di lavoro. Ambiziosi, misurabili e raggiungibili: gli obiettivi devono essere anche il più possibile stabili con scadenze fisse, su cui pianificare azioni di miglioramento.

Lavorare sull’umiltà

Migliorare il carattere della primadonna: l’importanza dell’umiltà. A livello professionale, chi ne sa di più spesso tende a tenere per se il bagaglio culturale/tecnico: questo comportamento fa parte della natura umana. Trattasi forse di un aspetto riconducibile, alla lontana, all’istinto di sopravvivenza: meno ne sai tu di me, più io prospero. Di fronte ad un problema difficile da risolvere, spesso la star tende a non interagire con il collega, mostrando un senso di distacco: “..io lo faccio meglio e prima, fatti da parte..”. E’ uno degli atteggiamenti più complicati da correggere: ma non impossibile.

Non ci sono libri su cui studiare come diventare umili: per far capire ad una primadonna che l’umiltà paga, non basterà spiegarlo, bensì occorre dimostrarlo: questo compito è del “capo”. Bisogna cogliere al volo le opportunità che offre la giornata lavorativa per dimostrare che il dare spazio agli altri, mettendosi a volte in disparte, non è un segnale di debolezza, bensì l’elemento chiave alla crescita dei colleghi e dell’azienda. Se loro vedono te farlo, pian piano a loro volta impareranno ad essere più umili; è un processo molto graduale, dove occorre molta pazienza, ed è tanto più lento da apprendere quanto più la conoscenza è figlia di anni e anni di esperienza sul campo. Quando la primadonna capisce che il vantaggio principale di essere più bravo e più intelligente è quello di poterlo trasmettere agli altri, il rapporto tra pari migliora e il lavoro diventa più fluido.

Insegnare ad insegnare

Non è detto che chi sappia molto e bene, sia in grado di insegnare altrettanto efficacemente. Purtroppo spesso è proprio il contrario. Un carattere timido o introverso della persona può giocare a sfavore; magari la difficoltà di passare dalla parte di chi insegna, quali ad esempio la difficoltà di linguaggio o la preoccupazione di non riuscire, inibiscono ed intimidiscono. Questi ostacoli devono essere rimossi il più naturalmente possibile, in un clima disteso, facendo in modo che durante le fasi di insegnamento, specie se sulle linee di produzione, siano pianificate per minimizzare i rallentamenti produttivi. In questi casi occorre mettere in preventivo delle occasionali perdite di efficienza, sapendo che sono propedeutiche al miglioramento. Se poi i manager facessero sì che venissero generati documenti tecnici di riferimento, come procedure di riferimento ad hoc, sarebbe ancora meglio. Supervisori e manager dovrebbero investire parte del loro tempo alla stesura di procedure di riferimento che mettano l’azienda più al sicuro; in effetti nessuna azienda vuole dipendere dalla conoscenza/esperienza di una minoranza eccezionale: meglio diffondere l’informazione e renderla più facile da comprendere disponibile alla maggioranza

Applicare o no il criterio di tolleranza 0

Benché le primedonne rappresentino un’anomalia all’interno della maggioranza delle organizzazioni, personalmente tendo a ritenerle più un vantaggio, in particolare se riescono a fornire idee innovative. Per non parlare di compagnie che della genialità, stravaganza ed del pensare fuori dagli schemi hanno fatto i loro cavalli da battaglia: “work smart not hard” può sì essere applicato, ma rimane alla sensibilità del responsabile gestire il punto di equilibrio tra il valore portato all’azienda ed eventuali comportamenti potenzialmente non graditi, di solito dall’HR.

Per molte aziende l’essere una primadonna è il requisito principale per essere assunti: si lavora a progetto, senza vincoli di orario, né di pianificazione del lavoro, né di location: se piace la tua idea, se è foriera di profitto per l’azienda, sei ingaggiato senza molte limitazioni personali; trattasi di aziende che perlopiù non sono impegnate in processi manufatturieri in senso classico, bensì nella fornitura di servizi: un solo esempio su tutti… Google.

Quando non tollerare più

Non si può perdonare tutto quando si è di fronte a comportamenti sconvenienti e non giustificabili di fronte alla base. Ritardi costanti nel presentarsi al lavoro, ripetute assenze, comportamenti arroganti o non etici, in particolare verso i colleghi, sono alcuni esempi che il manager non può ignorare, nonostante la concreta possibilità di entrare in conflitto. L’organizzazione e i suoi princìpi morali vengono sempre prima. Recentemente ho dovuto assistere ad un caso di allontanamento nel quale un responsabile, credendosi insostituibile in azienda, era riuscito a ottenere di poter entrare prestissimo in azienda (oltre un’ora prima degli altri) per organizzare il lavoro a tutta la squadra e per poter aumentarne l’efficienza. In realtà questo non accadeva, con l’aggravante di un’ora di straordinario alla fine per poter completare le attività di routine.

Quando il divo è un parigrado

Quando si lavora in un gruppo interfunzionale stabilito a livello superiore e nella squadra ci troviamo alle prese con una “diva”, le cose si potrebbero complicare. Comportamenti emotivi, tendenza a pontificare ed a trarre conclusioni senza una incrollabile base dati sono comportamenti a cui dobbiamo essere pronti ed addestrati a convivere. Con pazienza ed in nome della razionalità, le discussioni devono portare a decisioni condivise dalla maggioranza. Aiuta moltissimo il fatto di avere una preparazione impeccabile sull’argomento in questione, in modo da poter comunque guidare il gruppo verso soluzioni positive per l’azienda. Cerchiamo di “opporre” alle tesi della diva, spesso generate dalla tendenza a fare sensazione, fatti circostanziati e inoppugnabili. Mi sento di suggerire di non andare mai in contrapposizione personale, anche quando la tentazione si fa forte: puntare sempre al risultato, senza mai cedere alla tentazione di reagire malamente quando abbiamo la ragione chiaramente dalla nostra parte.

Articolo a cura di Fabio Bordignon

Profilo Autore

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Bitron SpA Eldom, Automotive: Ing di Processo, Direttore Qualità (DQ), Dir Sistema Qualità (DSQ)
Omron Auto: Ing di Processo, DQ, DSQ, Dir Produzione, Dir Stabilimento
Omron Auto, Eldom, Distribuzione Energia: FAE - Field Application Engineering Manager
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