Gentilezza e management
La gentilezza è una predisposizione d’animo, è un’apertura verso gli altri, è la serenità con cui si affronta il mondo, è il dono più bello che ci si possa fare. Gentilezza è l’aiuto che si può dare agli altri e questo aiuto può manifestarsi in varie forme. Tutto ciò che noi facciamo agli altri, se abbiamo uno spirito umile, ha un’immediata ricaduta su noi stessi. Pensate a quando si aiuta qualcuno: non ci si sente subito bene per aver compiuto una buona azione? Non si è portati a sorridere al mondo? L’animo non sembra un po’ più leggero?
Definiamo cosa sia la ‘gentilezza’. Tante definizioni possono essere trovate, ma quella che forse mi piace di più è “la capacità di donarsi”: la gentilezza è un atto d’amore.
La gentilezza si manifesta in varie forme; l’elenco, tuttavia, sarebbe molto lungo e pertanto ci soffermeremo sugli elementi che, forse, potrebbero meglio caratterizzarla.
- Ascolto – significa prestare attenzione, percepire il linguaggio verbale ma soprattutto quello non-verbale. Rigenera e stimola chi viene ascoltato e attribuisce valore alla persona. L’ascolto è un dono reciproco, è un’opportunità per conoscere. È motivazione, è prendersi cura dell’altro, è vicinanza.
- Calore – “è una qualità che si vede negli occhi, si sente nella voce, si indovina nella maniera in cui siamo accolti. È una qualità che da fisica e immediata che era – essere tenuti in braccio, essere allattati – è diventata più rarefatta, ma non meno necessaria e non meno desiderata” (P. Ferrucci). Il calore non si manifesta solo attraverso un contatto fisico ma anche in modo psicologico e spirituale. Ci consente di conoscere e di farci conoscere, di essere noi stessi senza paura. È naturale che ci si voglia difendere, perché, a volte, vince la diffidenza e la paura che qualcuno valichi i nostri confini. Erigiamo un muro e ci chiudiamo in una roccaforte di solitudine. Il calore rende più facile accettare ed essere accettati. Il calore nelle organizzazioni rende le persone più serene, fiduciose e positive, migliorando le relazioni e facilitando il conseguimento degli obiettivi.
- Empatia – ci consente di uscire dal nostro io per entrare nell’esistenza dell’altro. Aiuta a stare meglio e rende le persone più soddisfatte della vita e più creative. Purtroppo ci sono anche atteggiamenti che precludono questa possibilità di immedesimarci nell’altro e di conoscerlo, dovuti a gelosie e invidie. L’empatia è un elemento fondamentale nelle relazioni all’interno delle organizzazioni. Consente di conoscere l’altro, di comprenderne gli stati d’animo e di supportarlo quando ci si rende conto delle sue difficoltà. Un ambiente empatico permetterà di avere relazioni più serene e proficue e tutto ciò porterà alla sviluppo di un’intensa motivazione.
- Felicità – non ha prezzo e non può essere acquistata. È uno stato dell’animo che ci consente di apprezzare la vita, di sviluppare relazioni durature, di gratificarci, di essere più produttivi. Il miglior risultato cui può tendere un’organizzazione è sentirsi dire: “si respira un’aria diversa, un’aria di simpatia, un’aria di buonumore”. Questo è uno degli ingredienti del successo. La nostra vita è un’opera d’arte e la felicità è ciò che la rende preziosa.
- Fiducia – è una scommessa con noi stessi. Se do fiducia e non vengo ricambiato? Posso essere tradito, abbandonato, compromesso… per cui, molte volte, agiamo in difesa e preferiamo non dare fiducia. Ma se non scommetto, non succede niente: non c’è relazione, non c’è coinvolgimento, non c’è vita. La vita è sempre una scommessa, non abbiamo mai certezze nei risultati delle nostre scelte, per cui siamo già abituati a risultati che non corrispondono alle nostre aspettative. Allora perché non fidarsi? Quali potrebbero essere i risvolti di questo dare fiducia a qualcun altro? In ambito personale, ci sarà più vicinanza e affetto. In ambito professionale ci sarà maggior fiducia, motore della motivazione. In questo contesto molti studi hanno dimostrato che le aziende dove abbonda la fiducia lavorano meglio.
- Generosità – vuol dire vincere la ritrosia di perdere ciò che possediamo, vuol dire ridisegnare i nostri confini. Daremo meno valore al possesso ma daremo più valore alle persone. La generosità è anche nelle cose immateriali, specialmente all’interno delle organizzazioni. Tutti noi possediamo delle risorse, che forse non sappiamo neppure di possedere: idee, immagini, ricordi, esperienze… chi ha ricevuto qualcosa sarà più propenso ad aiutare ed a condividere con gli altri ciò che possiede. La generosità alza il livello dell’umore.
- Gioia – è uno stato d’animo positivo e felice che è alla base della gentilezza. Quali possono essere i risultati di questo stato dell’animo? Innanzitutto potremo essere più creativi; inoltre il nostro sistema immunitario si rinforzerà, la pressione si abbasserà, lo stress si ridurrà e il dolore fisico si allevierà. In poche parole, la gioia ci fa bene. Dobbiamo renderci conto di ciò che ci rende felici. Ognuno avrà una sua interpretazione. Partiamo sempre dalle cose semplici: godere della bellezza della natura, passare il tempo con gli amici, fare attività fisica, leggere un libro, riscoprire la solitudine. In ambito sociale ci sono molti studi che dimostrano che più saremo contenti, più saremo altruisti e se saremo altruisti saremo più felici, in un circolo virtuoso. Anche in un contesto organizzativo possiamo trovare la gioia quando aiutiamo colleghi in difficoltà senza la speranza di ottenerne un vantaggio. Come ci dice Assagioli, ricordiamoci che “siamo nati per essere felici”.
- Gratitudine – è innanzitutto un’operazione della mente e consiste nel riconoscere ciò che la vita ci offre e ciò che gli altri ci danno. Dobbiamo sempre essere grati per ciò che abbiamo in qualunque contesto. È uno strumento potentissimo per stringere legami duraturi. Pensate a come possano sentirsi le persone se mostrate gratitudine nei loro confronti, per un favore o per un lavoro fatto bene. Saranno gratificati e felici di poter essere al tuo fianco.
- Pazienza – in un mondo che procede sempre più velocemente, dove non c’è spazio per noi e per gli altri dobbiamo riappropriarci del nostro tempo per valorizzare le relazioni, la creatività e per saperci gratificare. Si cerca sempre una gratificazione che sia la più immediata possibile, non possiamo aspettare, dobbiamo bruciare il tempo e se questo non avviene diventiamo aggressivi. Abbiamo disimparato l’arte dell’attesa. Proviamo ad immaginare cosa potrebbe portarci la capacità di attendere, l’avere pazienza. Le relazioni, sia personali che professionali, godrebbero di risultati di una maggior attenzione e di una disponibilità ad ascoltare, amplificando il risultato delle nostre azioni.
- Perdono – è, il suo contrario, lo stato di ‘non perdono’, il rancore che rallenta i pensieri e avvelena la vita. Dobbiamo vivere in un mondo di giudici e condannati o è meglio riconoscere che le persone a volte sbagliano, commettono errori a cui non sempre si può porre rimedio e che noi non siamo i detentori della giustizia? In questa domanda risiede un principio basilare, l’“umiltà”, il riconoscerci persone che, a nostra volta, commetteranno errori, per cui dovremo essere in grado di perdonare e di chiedere perdono. Il manager che riconosce questa sua fallibilità non penalizzerà chi sbaglia e lo aiuterà a comprendere i motivi dell’errore favorendo la creazione di un clima più sereno e collaborativo.
- Riconoscenza – un gesto semplice che riempie il cuore e non costa nulla. Come si sentiranno le persone che vengono gratificate per il lavoro svolto? Saranno, sicuramente, soddisfatte e motivate nel far sempre meglio e nel sentirsi a proprio agio. Allora perché non farlo sempre? Purtroppo, molte volte, siamo ‘distratti’ da invidie, gelosie e timori e tutto ciò frena le nostre azioni e non permette di agire per il bene delle persone e del gruppo.
- Sorriso – “è un linguaggio universale, innato e che non ha bisogno di parole; nella nostra mente si attiva una reazione di reciprocità prima ancora di elaborare la situazione” (Cristina Milani). Quando si sorride vengono rilasciati dei neurotrasmettitori (dopamina, serotonina, endorfine) che procurano euforia e felicità e soprattutto fungono da antidepressivi. Il sorriso ci aiuta a sintonizzarci prima con gli altri e lo stato di benessere che si genera fa bene alla salute. Quando si sorride, le persone percepiscono una predisposizione positiva nei loro confronti. È strategicamente importante per i leader saper sorridere, perché avranno la possibilità di sviluppare relazioni più stabili e non governate da stati d’animo emotivamente negativi, rendendo l’ambiente più felice e produttivo.
- Umiltà – un detto zen afferma che nei principianti risiedono infinite possibilità, mentre negli esperti poche. Per quale motivo? I principianti, forti della consapevolezza della loro condizione, sono sempre pronti a imparare, approfondire e a ripartire da capo. Gli esperti, invece, sicuri della propria reputazione, si sentiranno più sicuri e, pensando di sapere già tutto, non scopriranno più nulla. Questa differenza di atteggiamento tra principianti ed esperti è l’umiltà che hanno i primi e manca ai secondi. Ad essere umili ci si prepara meglio e si avrà la capacità rinnovarsi. Purtroppo, però, capita di arrivare a un certo punto della vita in cui ci reputeremo esperti e, anziché continuare a imparare, vorremo proseguire con schemi consolidati e sicuri. Bellissima è un’incisione di Goya raffigurante un vecchietto decrepito e la didascalia “Aun Aprendo”, sto ancora imparando. Questa è la vera umiltà: chi è umile non cercherà di far vedere agli altri quanto è bravo; chi, invece, è competitivo sarà meno efficiente, perché l’ansia lo distrarrà da ciò che dovrà fare. L’umiltà ci consente di imparare, di essere più semplici, di ritrovare il gusto della vita, di accontentarci di ciò che abbiamo.
A cosa potrebbe servire la gentilezza all’interno di un’organizzazione? Provate a pensare a un manager che abbia coniugato la gentilezza con le sue doti manageriali. Si avrebbe la possibilità di avere un sistema manageriale molto più attento alle persone, ove i rapporti sarebbero improntati all’onestà e alla sincerità. Il buon lavoro verrebbe riconosciuto e le persone sarebbero maggiormente motivate. Ci sarebbe una miglior capacità di ascoltare le persone e una maggior attenzione alle loro difficoltà, fornendo supporto in caso di necessità. Il rapporto sarebbe maggiormente empatico e il clima dell’organizzazione sarebbe più sereno e in minor misura conflittuale. Sarebbe una realtà orientata ai risultati e, allo stesso tempo, attenta alle persone e alle relazioni, con il risultato di un clima maggiormente produttivo.
Perché allora non provare ad adottare questo stile manageriale?
Articolo a cura di Antonio Bassi
Antonio Bassi, PMP®. Dopo aver dedicato 25 anni in aziende di natura bancaria, informatica, telecomunicazioni e della consulenza, approda in SUPSI (Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana), dove è docente di Project Management sia nella formazione di base che nella formazione continua. Responsabile del Master SUPSI in Project, Program e Portfolio Management. Presidente dell’Associazione di Project Management-Ticino (APM-Ticino).