Giappone: fatti non parole
Parlarsi e non capirsi
Mi piace pensare che l’importanza dei fatti, vera moneta universale in presenza di barriere comunicative, stia alla base del successo del Giappone nel mondo.
Questa frase può sembrare semplicistica oppure ovvia, ma a parer mio, se compresa intimamente, è la linea guida per poter lavorare con il Giappone, sia come clienti che come fornitori, ma soprattutto come partners.
Che il giapponese sia difficile per gli occidentali è uno stato di fatto, così come le lingue occidentali lo siano per i giapponesi; non è quindi facile entrare in sintonia con il loro mondo. Quasi sempre la conoscenza della nazione nipponica rimane superficiale: spesso ci si limita a viaggi in cui si visitano i posti più famosi senza interagire veramente con le persone. Immagino si rimanga con la sensazione di aver visitato quasi un altro pianeta, ricco di diversità in ogni settore, che arricchisce culturalmente, ma in maniera quasi impersonale, asettica. Certamente si torna a casa con molto stupore ed ammirazione: si rimane quasi sempre sbalorditi dal livello del rispetto reciproco, dalla gentilezza quasi ossessiva, da azioni che ai più distratti appaiono non comprensibili; poi però si torna al solito stile di vita “occidentale” che con il Sol Levante ha ben poco in comune (parlo qui da mediterraneo, in quanto in altre nazioni occidentali vi sono maggiori affinità). Manca, se non in rari casi, la possibilità di una comunicazione spicciola, quello scambio di parole che spesso vogliono dire nulla, quella battuta, quegli intercalari che non trasmettono alcun tipo di informazione, ma fanno ad esempio scoppiare una risata e fanno avvicinare emotivamente le persone.
Ci vuole tempo, tempo e costanza, e spesso non ci si riesce nemmeno ad instaurare un rapporto di fiducia che sia anche meno formale. Per poter ottenere la fiducia di colleghi e superiori giapponesi, occorre guadagnarsela sul campo con i fatti, visto che “a chiacchiere” loro stanno a zero per definizione.
La lingua usata all’estero dai giapponesi è l’inglese, spesso studiato localmente e raramente approfondito: nonostante ciò, le comunicazioni avvengono quotidianamente. Lo scambio informativo in inglese può nascondere delle insidie.
Come capirsi
L’uso della lingua in diverse situazioni non è vincolante per interagire con i giapponesi: in mancanza di un solido inglese, le comunicazioni diventano molto visuali; il menù giapponese, ad esempio, raramente mancherà di una dettagliatissima foto della pietanza in questione, associata ad un numero; non mancheranno probabilmente simboli intuitivi per dettagliare il livello di piccante o dolce. A dire il vero, spesso ci si imbatte nel modello in scala reale della pietanza che verrà servita: talmente verosimile da confonderla con il piatto reale. Tutte le tecniche che aiutano a prevenire potenziali malintesi sono molto usate: chi ad esempio è stato in qualche sushi bar, avrà sicuramente apprezzato il costo del piatto a seconda del suo colore: niente di più facile fare il conto alla fine senza spiegazioni verbali, inefficienti e a volta foriere di inesattezze. Col tempo, si inizia a comprendere l’essenzialità della comunicazione e la mancanza di circonlocuzioni e fraseggi che, normalmente, il giapponese non usa: occorre allenarsi ed abituarsi ad utilizzare frasi corte, esposizioni tabellari piuttosto che descrittive, chiari flussi logici, foto esplicative e, soprattutto, i numeri.
Pensare di poter comunicare bene senza dominare il mondo numerico è azzardato: numeri correttamente esposti e ben commentati creano un buon presupposto per la mutua comprensione.
Come andare d’accordo
E’ difficilissimo non andare d’accordo con i giapponesi. Probabilmente un’antipatia non verrà mai espressa in maniera evidente per la proverbiale gentilezza e la naturale predisposizione a non offendere mai il prossimo. Sta di fatto che, per entrare in sintonia, come ovvio, occorre praticare delle attività in comune e possibilmente con gli stessi ritmi ed intensità. Parlando di lavoro, non è inusuale lavorare ad esempio dodici ore ogni giorno. Il momento tipico di convivialità è il dopo-lavoro: si esce dai luoghi di lavoro per poter stare insieme tra colleghi e colleghe, lasciando spesso in secondo piano l’esigenza o il desiderio di tornare a casa per stare in famiglia. E’ questo un lato della cultura giapponese che spesso contrasta con culture occidentali per le quali la fine dell’orario di lavoro segna uno stacco molto netto tra gli ambienti lavorativo e familiare. Chi si avvicina ai loro ritmi lavorativi ha una probabilità maggiore di entrare in sintonia e di oltrepassare il confine della semplice gentilezza formale.
Come fare amicizia
Sebbene abbia conosciuto un’ingente numero di giapponesi, direi che solo in un paio di occasioni sono riuscito a stringere un legame che andasse oltre a quello lavorativo. Come spesso avviene, sono particolari episodi a far scattare un’amicizia, o ad esempio la passione in comune per qualcosa. Ad esempio, condividendo alcune scelte musicali ed iniziando ad andare a qualche concerto insieme, si può dire che personalmente sia riuscito a stringere un’amicizia in Giappone: senza difficoltà linguistiche ed in più lavorando spalla a spalla per molti anni, tale legame, quando si instaura, diventa molto stabile e sincero, anche se a molta distanza e non potendosi frequentare.
Capire la cultura giapponese per lavorare insieme
Non è banale lavorare alla pari: l’approccio giapponese, come tutti sanno, è talmente diverso dal modello “occidentale”, che per moltissimi colleghi è rimasto incompreso. Il tempo e le energie dedicate al lavoro hanno come fattore scatenante l’esigenza di avere una base dati dettagliata a livelli estremi. Non sono concesse zone d’ombra ad alcun livello: tutti i passaggi logici, mentali e numerici devono essere dettagliati e comprensibili per non lasciar spazio ad alcuna ambiguità; infatti, più un progetto viene esaminato sezionandolo nei suoi dettagli, tanto più nascono spunti per poterlo migliorare: ecco quindi che alla fine tutto il tempo che viene dedicato “in più” è finalizzato al miglioramento. Raramente un giapponese andrà via dal posto di lavoro se gli è stato assegnato un compito ed è in ritardo nel suo svolgimento. Molti anni fa, durante una visita in Giappone, visitavamo uno stabilimento: era molto tardi e, nel bel mezzo di un grandissimo ufficio “open” con decine e decine di scrivanie vuote, nell’oscurità, un impiegato solissimo, con la sua piccola lampada da tavolo che illuminava la postazione, era immerso nel suo lavoro. Alla mia domanda, il responsabile mi spiegò che stava recupernado un errore commesso al mattino, e non era a straordinario: non rispettare la parola data, ritardare su un compito, sbagliare un’analisi numerica sono occasioni di profonda frustrazione per i giapponesi. Alla fine ci si accorge che non ci sono troppe vie di mezzo per lavorare “con” loro: dovrai lavorare “come” loro. Il processo, abbastanza inesorabile, non è nè facile nè veloce. Occorre modificare, per il meglio, comportamenti radicalmente diversi. La resistenza al cambiamento inizia a farsi sentire, man mano che constatiamo quanto poco organizzati siamo generalmente noi occidentali; non è questa l’occasione per elencare una lista molto lunga di comportamenti che sottolineano il livello di organizzazione strategica ma anche capillare che permea tutto il mondo del sol levante. Mi piace soffermarmi invece su una caratteristica che non mancherà mai quando si ha a che fare con i giapponesi: il rispetto per il prossimo. Questo si esprime sempre ed in qualsiasi circostanza: tanto è radicato nella loro società, che nei secoli si sono moltiplicate usanze e metodi affinchè nessuno possa venir offeso, disturbato od ostacolato da modi di fare del collega, vicino, compagno di viaggio etc… Queste regole, che ai più, specie all’inizio del processo di “giapponizzazione”, possono sembrare inutili e a volte stucchevoli, entrano pian piano nel bagaglio comportamentale, al punto che, ad esempio, cambiare anche tre tipi di scarpe a casa, a seconda di dove stiamo camminando, diventa routine. Nei treni giapponesi, parlando del controllore di viaggio, a nessuno sarà sfuggito l’inchino che volge verso i passeggeri del vagone, sia all’ingresso che all’uscita; ma sono sicuro che molti non sanno che lo stesso gesto di saluto e di rispetto, lui lo fa anche se il vagone è totalmente vuoto. Quando questo comportamento non ci desterà più alcuno stupore, potremo dire che avremo raggiunto un buon livello di comprensione.
Durante le riunioni di lavoro, non vedremo quasi mai la discussione accendersi ed infiammarsi raggiungendo toni esasperati e, anche quando sono dalla parte della ragione, mai adotteranno comportamenti di superiorità, tanto che spesso può sfuggire l’importanza del tema trattato. Per un giapponese “quasi” non esiste un argomento più importante di un altro: dal momento che viene trattato, deve essere seguito da un piano o da considerazioni come da accordi; tutti i dettagli contano e, come ben sappiamo, è nei dettagli che sta la qualità.
Saper integrarsi e lavorare fianco a fianco con i lavoratori giapponesi: compensare le debolezze e amplificare i punti di forza.
Un punto importante da tenere a mente quando si collabora con i giapponesi è il principio dell’armonia. La società giapponese pone un’enfasi particolare sullo sforzo collettivo e sull’elusione del dissenso: si potrebbe osservare che i colleghi giapponesi siano più riluttanti a esprimere le loro opinioni o a parlare. Questo può essere vantaggioso in quanto favorisce il lavoro di squadra e la cooperazione, ma può anche essere un inconveniente qualora le questioni critiche non venissero evidenziate o le preoccupazioni non risolte in modo efficiente. Per evitare o lenire questo rischio, è fondamentale promuovere un’atmosfera di comunicazione aperta e incoraggiare la diffusione di opinioni e pensieri.
Un metodo per raggiungere questo obiettivo è cercare attivamente riscontri durante le riunioni e le discussioni, e affrontare prontamente e rispettosamente qualsiasi richiesta o preoccupazione: questo è anche molto utile per capire come procede lo scambio di informazioni “in inglese”. Un’altra divergenza culturale di cui essere consapevoli è l’inclinazione giapponese ad evitare scontri o critiche: ciò può comportare una mancanza di immediatezza, rendendo difficile dare o ricevere consigli o critiche costruttive. Per compensare, è fondamentale essere chiari e specifici quando si dà un giudizio evitando conflittualità.
Occorre stare concentrati sulle aree di miglioramento rimanendo rispettosi e solidali; inoltre avere uno stile di comunicazione più semplice, evitando frasi di circostanza ed impiegando un vocabolario ristretto, sicuramente dà un grande vantaggio in termini di mutua comprensione.
Rispetto per l’autorità e le gerarchie
I Giapponesi possono essere più inclini a sottomettersi ai loro superiori, il che può essere sia un punto di forza che di debolezza; Da un lato, questo può creare un ambiente di lavoro più strutturato ed efficiente, ma dall’altro, può rendere più difficile la nascita di nuove idee o suggerimenti. Per compensare questo, potrebbe essere necessario adottare un approccio più assertivo per garantire che le tue idee siano ascoltate e considerate.
Come lavorare e fare affari insieme
Lavorare e fare affari con entità giapponesi pone una serie di difficoltà a causa delle abitudini culturali e professionali che possono essere sconcertanti o addirittura intimidatorie per i “non addetti ai lavori”.
Costruire connessioni robuste
Le relazioni professionali sono fondate sulla fiducia e sul rispetto reciproco e può richiedere molto tempo per stabilire queste connessioni. Ad esempio, non è insolito investire mesi per raggiungere un accordo dopo una serie di riunioni in cui apparentemente ci sono pochi progressi: di conseguenza, è imperativo essere perseveranti, pazienti e persistenti. Le aziende giapponesi e i giapponesi sono famosi per la loro forte enfasi sulla gerarchia e l’ordine. Il processo decisionale si svolge spesso ai livelli superiori e può essere difficile per i dipendenti di livello inferiore decidere o proporre idee. Pertanto, è fondamentale stabilire chiari canali di comunicazione con i responsabili all’interno dell’organizzazione.
Alcune cose da fare e da non fare
Cosa fare:
- Rimuovi o cambia le scarpe quando entri nella casa, nell’azienda e in qualsiasi edificio tradizionale giapponese di qualcuno.
- Inchinati quando incontri qualcuno o dici addio. Più profondo è l’arco, più rispetto viene dato.
- Quando i tuoi ospiti se ne vanno, aspetta alla porta fino a quando non sono più in vista.
- Usa due mani quando dai o ricevi qualcosa, poiché è considerato più educato.
- Usa un linguaggio educato ed evita di essere eccessivamente diretto o conflittuale.
- Sii puntuale e arriva in orario (un po’ prima è ancora meglio) per riunioni e appuntamenti.
Cosa non fare:
- Non toccare qualcuno sulla testa, poiché è considerato una parte sacra del corpo.
- Non indicare persone o cose con il dito, poiché è considerato scortese. Invece, usa una mano aperta o tutta la mano per gesticolare.
- Non alzare la voce o perdere la calma, poiché è considerato scortese e può causare imbarazzo a chi ti circonda.
- Non avere troppa familiarità con qualcuno che hai appena incontrato. È meglio iniziare con un linguaggio e un comportamento formali ed educati e diventare più familiari solo se e quando l’altra persona indica che è OK.
- Non lasciare la mancia in Giappone. La mancia non è un’usanza e può anche essere considerata maleducata.
Articolo a cura di Fabio Bordignon
Finder SpA Eldom, Automotive: Marketing Tecnico, Ing di Processo e Prodotto
Bitron SpA Eldom, Automotive: Ing di Processo, Direttore Qualità (DQ), Dir Sistema Qualità (DSQ)
Omron Auto: Ing di Processo, DQ, DSQ, Dir Produzione, Dir Stabilimento
Omron Auto, Eldom, Distribuzione Energia: FAE - Field Application Engineering Manager
Paesi frequentati per motivi di lavoro: Giappone, Cina, Corea, Taillandia, India, UK, Germania, Francia, Spagna, Messico, Stati Uniti, Turchia