I cinque tratti “spirituali” del business

Il titolo, volutamente ossimorico ai limiti della provocazione, fa pensare che stiamo parlando di due cose disgiunte. Difficile trovare un’azienda che anche solo lontanamente contempli l’aspetto spirituale della sua quotidianità. Anzi, la si tiene ben lontana da ogni considerazione pratica perché “il business è una cosa seria, fatta di impegno, di dati, di strategie, di risultati… non di sciocchezze e svolazzi vari!”. Be’, se si pensa che fino a solo poco tempo fa le cosiddette soft skill venivano trattate come ridicole americanate, di strada se n’è fatta.
Ma ce n’è ancora tanta davanti.

Ci portiamo dietro convinzioni profondamente distorte a proposito della spiritualità. La prima è che abbia a che fare con la religione, con qualche filosofia new age o con delle pratiche ascetiche, tanto per citare qualche esempio. In realtà, non esiste niente di più concreto della spiritualità e se solo ci rendessimo conto di quale e quanta influenza abbia sul livello materiale, nel quale operiamo, ne rimarremmo sconvolti.

La nostra storia, compresa quella economica, è plasmata da potenti forze spirituali ed è alla base di ogni innovazione… internet, tanto per dirne una. Pensiamoci: qual è lo scopo di questo strumento? Connettere fra loro le persone di tutto il mondo, no?, che è esattamente lo stesso scopo della spiritualità. Certo, parliamo di due diversi livelli, uno fisico e uno superiore, più etereo, ma la finalità è la stessa. Fino a pochissimi decenni fa, nelle aziende vigeva una leadership sostanzialmente padronale, mentre oggi si mira ad un maggiore coinvolgimento delle risorse umane. Una volta il rapporto – sia B2B che B2C – era basato unicamente sul freddo interscambio di interessi (prodotto/denaro), mentre oggi ci si sposta verso la creazione di condizioni che favoriscano un coinvolgimento sempre più emotivo, e soprattutto etico, fra le parti.

Potrei continuare all’infinito con gli esempi, ma il punto è che più andiamo avanti e più anche il rigido e freddo mondo del business sta facendo emergere una natura molto diversa, che solo in apparenza può apparire effimera: ciò che una volta veniva considerato un valore “intangibile” sta oggi diventando sostanza e la vera competizione verrà sempre più giocata a questo livello.

In realtà, non si tratta di prevedere l’inserimento della spiritualità nel business, ma di diventare consapevoli di esserne da sempre fortemente influenzati e diretti. Siamo come pesci che si trovano immersi da sempre nell’acqua e che, per questo motivo, non riescono a vederla. È necessario almeno cominciare a prendere in esame l’ipotesi che ogni nostra singola decisione e azione sono mosse da spinte interne finalizzate a mantenerci allineati con la realtà nella quale siamo immersi.

Mi occupo da dieci anni di Intelligenza Sistemica e ne promuovo l’impiego in azienda per imparare a comprendere meglio gli eventi dei nostri tempi e quindi rispondere ad essi in modo più efficace. Tale intelligenza parte dalla conoscenza, almeno basilare, del funzionamento delle dinamiche che determinano questi eventi al fine di assumere più agevolmente il controllo della propria attività tenendo conto delle interazioni col contesto in cui sta operando.

Tenendo presente che questa realtà si muove su quattro livelli “gerarchici” contemporaneamente (fisico/operativo, emotivo/relazionale, mentale/sistemico e spirituale) e che a tutt’oggi ci relazioniamo con essa quasi esclusivamente dal solo primo livello, con qualche incursione nel secondo, la conoscenza delle dinamiche dei sistemi funge da collegamento tra la realtà materiale e immanente in cui operiamo e quella spirituale. Sebbene l’Intelligenza Sistemica sia saldamente ancorata alla realtà operativa, attinge a sua volta alla conoscenza – o saggezza – che ci è stata tramandata nei millenni dai grandi leader spirituali del passato.

Non è possibile rimuovere la dimensione spirituale dalla rigida quotidianità del business e la totalità delle crisi e dei conflitti che si riscontrano nelle aziende e sui mercati sono la conseguenza dell’incapacità di riconoscere e fare i conti con questa dimensione. Fino a pochi anni fa, questo si manifestava con normali e prevedibili crisi cicliche che portavano all’alternanza di vacche grasse e magre. Oggi, e ancora di più andando avanti, le crisi si faranno sempre più frequenti e pesanti e quella del 2008-2009 non sarà che la prima di una lunga serie, tanto che si parla già di una crisi economica mondiale perfino più severa prevista per la primavera dell’anno prossimo.

Per capire meglio in che modo la spiritualità stia già influenzando l’esistenza e l’efficacia delle aziende, porto alla tua attenzione alcuni tratti fondamentali che fanno parte della realtà lavorativa quotidiana e che appartengono alla sfera spirituale, intangibile, del business.

  1. Il Desiderio – È il punto di partenza, ma viene raramente considerato perché preso per scontato. Qualsiasi business parte da qui, o dovrebbe; e qualora non lo facesse, costituirebbe una tara genetica che farebbe prima o poi emergere la fragilità dell’azienda, soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà. Ogni business inizia ed opera su una di due condizioni: la prima è quella di bisogno, che è una forma “corrotta” di desiderio perché parte da uno stato di carenza; la seconda è fondata sul desiderio vero e proprio che per sua natura mira a contribuire, non a prendere, come nel caso del bisogno.
    Quanto più intenso è il desiderio, che in sostanza significa in che misura s’intende contribuire alla crescita e al benessere del mercato coi propri prodotti/servizi, tanto più potente sarà l’energia prodotta e, con essa, l’entusiasmo, la determinazione, il focus, l’ambizione, ecc. Desiderare è a tutti gli effetti una competenza spirituale.
  1. La Controintuitività – La nostra mente funziona in modo meccanicistico. Lavora sulla concretezza ed è costantemente focalizzata sui risultati per misurare il livello di sicurezza in cui si trova. Tutto ciò, evento o persona, che si frappone fra noi e i nostri obiettivi diventa un nemico da abbattere perché viene percepito dalla nostra mente come una minaccia. Ciò che definiamo “intuizione”, e a cui attribuiamo un altissimo valore, in realtà non è che una risposta inconscia formulata sulla base di conoscenze, esperienze, percezioni, convinzioni, valori, ecc.: in pratica, parte dalla nostra mente e sebbene possa rivelarsi utile per superare problematiche di ordinaria amministrazione, molto difficilmente ci aiuterà a navigare in territori inesplorati.
    La storia in generale, e nello specifico quella che riguarda il business, non la fanno le persone che sono soltanto in gamba, ma quelle che pensano anche fuori dagli schemi, che prendono decisioni a partire da una visione sistemica e spirituale della realtà e quindi controintuitive. Si può ben immaginare cosa significhi sviluppare la capacità di interfacciarsi con una realtà che cambia sempre più spesso di abito, ma che nella sostanza si comporta fondamentalmente sempre allo stesso modo.
  1. L’Etica – Si parla spesso di etica, da qualche anno a questa parte. Da un lato, la sempre maggiore complessità della realtà del business richiede una più rigida osservanza di regole comportamentali e deontologiche condivise; dall’altro, vediamo una forte resistenza a qualsiasi tentativo di recepirle e questo può essere attribuito a due motivi, essenzialmente. Il primo è banalmente fisiologico, cioè legato a come funziona la nostra mente meccanicistica, che avendo la sicurezza come punto fermo e la soddisfazione dei bisogni come priorità, tutto ciò che cerca di limitare il verificarsi di queste due condizioni, viene rimosso senza tanti complimenti. L’etica è appunto percepita come limitazione al libero sfogo degli egoismi individuali.
    Il secondo motivo è che l’etica viene spesso associata ad un sistema di valori, anziché ai principi e alle leggi della Natura (o realtà). Perciò, i cosiddetti codici deontologici assumono un carattere di soggettività che li rende vulnerabili. La vera etica ha invece come assoluto riferimento la Natura ed è questo a renderla universale. Produce comunque resistenza, ma almeno abbatte i conflitti che spesso scaturiscono da una disomogeneità di valori.
  1. Il Pragmatismo – Associare la spiritualità al pragmatismo pare un controsenso. In realtà, il vero controsenso è credere che sia il pensiero meccanicistico ad essere pragmatico. Questi, infatti, produce una visione moralistica della realtà, dove tutto viene classificato in funzione di etichettature mentali che avrebbero lo scopo di aiutarci a prendere le decisioni migliori ed a muoverci di conseguenza. I business vengono normalmente guidati in questo modo, dove ancora prima di sapere quali risultati produrrà, una strategia verrà etichettata come buona o cattiva, giusta o sbagliata, ecc.
    Questo modo di procedere viene considerato “pragmatico” perché già usato, sperimentato e collaudato, ma si dimentica che l’efficacia di una qualsiasi strategia è legata ad uno specifico momento storico e in un determinato luogo. Il pensiero sistemico, d’altro canto, non si basa sui singoli episodi e momenti del passato per “giudicare” giuste o sbagliate le strategie, ma sulle dinamiche in gioco che, in quanto parti integranti della realtà, determinano in modo consistente la validità di una strategia. Può cambiare la modalità della strategia, ma mai il principio da cui scaturisce.
  1. Il Processo – Prima dicevo che il pensiero meccanicistico punta al raggiungimento del risultato per consentire alla nostra mente di accertare lo stato di sicurezza in cui si trova. Il problema è che i risultati non sono che la parte terminale di un processo in cui si sussegue una serie di cause e di effetti. Pertanto, non ha molto senso focalizzarsi sui risultati perché basta cambiare un piccolo, insignificante evento lungo questo processo per produrre risultati molto diversi. In un determinato contesto, l’impegno e il duro lavoro possono costituire la causa preminente di certi risultati. In un contesto diverso sarà invece, che so, il lavoro di squadra e la creatività.
    Porre l’attenzione sul processo significa anche fidarsi dello stesso processo, una fiducia che parte dalla consapevolezza che alla base di questo percorso, che tutto e tutti siamo tenuti ad intraprendere, ci sono dinamiche che spingono continuamente nella direzione della crescita e del contributo. Quelli che chiamiamo “risultati” non sono che bandierine aventi il solo scopo di fornirci dei feedback sul processo stesso e se si lavora su questo percorso attraverso una visione sistemica degli accadimenti, non si parla più di risultati positivi o negativi, ma di semplici eventi che, se esaminati per quello che sono, possono fornirci informazioni oggettive su come puntare ad un miglioramento continuo.

Come si può vedere, la spiritualità non è un’area a sé di questa realtà, peraltro riservata ai soli “credenti”. In effetti, non occorre nemmeno essere credenti per operare a quel livello, proprio perché la spiritualità è una componente integrante del mondo con cui tutti ci dobbiamo confrontare. La sola differenza è che riguarda il suo aspetto più intangibile, dove non solo operano forze e dinamiche proprio come nel mondo fisico, ma dove si creano le condizioni che andranno ad influenzare la nostra dimensione materiale, determinando i risultati che vediamo.

Sempre di più sarà necessario per il leader diventare consapevole di questa dimensione perché, diversamente da prima, intervenire sulla sola dimensione operativa, che è quella dell’effetto, produrrà benefici che si riveleranno sempre più di corto respiro e perfino controproducenti nel medio-lungo termine.

Come si fa? Come per tutte le cose, un piccolo passo alla volta.

Bibliografia

Se vuoi saperne di più su questo argomento o su altri temi che riguardano le dinamiche dei sistemi, puoi consultare i seguenti libri:

I 5 principi del successo aziendale – A. Carli, ed. Franco Angeli – 2003
E la borsa e la vita! – A. Carli, ed. Franco Angeli – 2008
La Quinta Disciplina – Peter M. Senge, ed. Sperling & Kupfer – 2006
La leadership centrata sui principi – Stephen R. Covey, ed. Franco Angeli – 2009
Leadership e visione creativa – Robert Dilts, ed. Guerini Next – 2016

o consultare il mio sito, ricco di risorse che vertono su questo tema: www.alessandrocarli.it.

 

Articolo a cura di Alessandro Carli

Profilo Autore

Alessandro Carli è un trainer e coach italocanadese che da trent’anni opera nel settore del personal development.
Durante questo arco di tempo ha avuto modo di lavorare molto da vicino con qualche migliaia di persone tra imprenditori, dipendenti, privati e studenti, che gli ha permesso di farsi un’idea piuttosto chiara sul funzionamento della realtà in cui tutti operiamo, individuando degli schemi che si ripetono nei diversi contesti delle nostre vite.
Dal 2012 si è dedicato allo sviluppo di un vero e proprio “studio” che riguarda le dinamiche dei sistemi, che ha poi codificato nella cosiddetta Intelligenza Sistemica. Applicata al coaching e/o alla formazione in senso lato, questo studio può consentire a chiunque di scendere alla radice delle problematiche che ci troviamo tutti ad affrontare quotidianamente e risolverle a quel livello.

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