I ritardi nei progetti di ingegneria
Circa la metà dei grandi progetti di ingegneria accusa ritardi di realizzazione anche notevoli, che corrispondono sempre ad aumenti dei costi; esiste una vasta letteratura scientifica sull’argomento, che non si estende però ai piccoli progetti per chiare difficoltà di studio e di reperimento di dati; l’esperienza insegna comunque che percentuali di ritardo ancor più alte si registrano in Italia per i progetti di medie e piccole dimensioni, anche in funzione dal minor numero ed efficacia degli strumenti di controllo; nel seguito si intende condurre un discorso generale, operando alcune considerazioni sui ritardi di completamento relativi a tutti i tipi di progetti indipendentemente dalle loro dimensioni; in mancanza però di un numero rilevante di studi sui progetti piú piccoli, ed in particolare su quelli italiani, si cercherà di utilizzare come punto di partenza la vasta messe di analisi e studi disponibile per i progetti più grandi, quelli che da oltre i 100 milioni di euro arrivano fino ai cosiddetti megaprogetti.
“Sopra il budget, oltre il tempo utile, al di sotto dei benefici previsti”: questa e’ per il professore Bent Flyvbjerg, uno dei creatori dell’Oxford Major Projects Database, la “iron law”, la legge ferrea del management dei megaprogetti. Ed in effetti fra gli oltre 12.000 progetti inclusi nel Database solo il 47,5 ha rispettato i costi, appena il 7,8 % ha rispettato sia i tempi che i costi, ed a stento il 0,5 % ha rispettato tempi e costi e raggiunto gli obbiettivi in termini di benefici previsti.
Secondo Flybjerg (2017) sono fondamentalmente la sottovalutazione dei costi e la sopravvalutazione dei benefici di un progetto che portano ad un’errata allocazione delle risorse e, per i progetti pubblici, allo spreco del denaro dei contribuenti; l’errata determinazione dei costi, spesso inconsapevole, si traduce poi automaticamente come vedremo in un allungamento dei tempi. Ovviamente queste due errate valutazioni di costi e benefici devono essere evitate non solo per motivi strumentali ma anche per motivi giuridici ed etici: nella maggior parte delle democrazie promotrici di progetti il comportamento di pianificatori e manager che non informino deliberatamente legislatori, amministratori, banchieri, pubblico e media su costi, tempi e benefici non solo sarebbe considerato non etico, ma in molti casi anche illegale. Come ha scritto Flybjerg (2014), la pratica comune di dipendere da un “errore creativo” nella stima di costi e benefici si traduce in un darwinismo invertito, cioè nella “sopravvivenza dell’inidoneo”. Non sono i migliori progetti quelli che vengono attuati, ma i progetti che sembrano migliori sulla carta; sono però questi ultimi che incontreranno il maggior numero di problemi durante la costruzione in termini di superamento di costi e tempi, e di carenze in benefici e qualità.
Letteratura scientifica sull’argomento
Esiste una vasta letteratura scientifica sui metodi per prevedere e porre riparo ai ritardi nel management dei progetti medio/grandi. Se c’è un solo fattore di ritardo di solito è abbastanza facile calcolare gli aggravi sia di tempo che di denaro derivanti da quella singola causa, ed in pratica mettere riparo al ritardo stesso; analogamente, se le possibili cause di ritardo sono poche, é agevole prevederle e, nei limiti del possibile, evitarle.
I progetti di ingegneria sono però tradizionalmente affetti da molte cause simultanee, sovrapposte o concomitanti, e ciò rende particolarmente difficile la pianificazione della gestione dei ritardi, e la gestione stessa. Tale problema ha come già scritto originato una vasta messe di studi sull’argomento.
Molti articoli di taglio più pratico si richiamano al buon senso delle best practices del PMBoK o di altri approcci metodologici, ed a strumenti meccanici ed applicativi: partendo dalla massimizzazione della scomposizione del lavoro (massimizzazione della WBS) che consente di associare al massimo grado ad ogni componente i suoi tempi, e dalla massimizzazione dell’analisi dei rischi, consigliano quindi l’applicazione dei metodi analitici di trattamento dati tipo l’analisi Montecarlo e la stima a tre valori, i metodi tipo PERT e CPM, e così via.
Altri si concentrano invece sulla gestione corrente dei grandi progetti di ingegneria, sottolineando l’impatto fortemente negativo sui tempi di carenze decisionali ed in generale di management di scarso livello, rimarcando l’importanza e l’efficacia nella riduzione dei ritardi di pratiche di buon management quali le riunioni settimanali per l’analisi del progresso, una buona gestione dei long lead items, una validazione analitica del progetto con particolare riferimento ai costi – magari ciclicamente ripetuta – un uso delle migliori strategie di comunicazione e dei migliori relativi supporti, ed infine un’appropriata applicazione delle lesson learned.
La maggior parte degli studi scientifici disponibili sono però di tipo teoretico: basandosi sull’analisi della casistica disponibile, e su interviste ad esponenti del settore, propongono modelli e distinguono casi e relative definizioni, nell’intento finale di portare all’attenzione del lettore le cause che possono portare a ritardi e di attribuire loro una scala ponderata di frequenza e di gravità, di solito riferendosi ad una precisa area geografica.
Ad esempio, Odeh & Battaineh (2002) hanno studiato 28 cause di ritardo da grandi progetti di costruzione con contratti di tipo tradizionale in Giordania e hanno classificato le cause di ritardo mediante un indice di importanza relativa calcolato da un valore di frequenza ponderato normalizzato, ed Ibironkem, Oladinrin, Adenyi ed Eboreime (2013), che hanno esaminato progetti eseguiti in Nigeria, hanno elencato ben 57 cause solo fra quelle attribuibili all’appaltatore.
In alternativa, altri autori hanno elaborato degli studi che potremmo definire comparativi, conducendo confronti sulle cause di ritardo in diversi paesi o da fonti diverse. In particolare molti articoli partono dalla distinzione fra ritardi inscusabili, attribuibili all’appaltatore, ritardi scusabili, attribuibili all’owner o al progettista, e ritardi dovuti a cause esterne imprevedibili quali disastri naturali, scioperi, interventi di legge etc. Secondo tale definizione i ritardi scusabili ed i ritardi imprevedibili sono compensabili con aumenti di tempi e costi a carico del progetto, mentre i ritardi inscusabili ricadono doverosamente sull’appaltatore, che deve porre loro rimedio a sue spese e senza danni al contratto – cioè senza allungamento dei tempi e costi aggiuntivi per il cliente.
Divya e Ramya (2015) hanno riconosciuto che le dieci cause più frequenti di ritardi sono la pianificazione impropria, la cattiva gestione del sito e l’esperienza inadeguata da parte degli appaltatori, l’inadeguatezza finanziaria del cliente con il conseguente pagamento ritardato dei lavori completati, i problemi di subappalto, la carenza di materiale, le difficoltà nella fornitura di manodopera, l’indisponibilità di attrezzature appropriate, i gap di comunicazione e gli errori di costruzione.
In particolare Majid e McCaffer (1998) hanno esaminato a fondo la letteratura riguardante l’analisi delle cause di ritardo, concentrandosi sulle cause dei ritardi non scusabili in diversi climi economici e in paesi con diversi stadi di industrializzazione, elaborando una classifica integrata per i primi 25 ritardi non scusabili. Le prime cinque cause di ritardo da loro identificate includono la consegna tardiva o la lentezza di mobilitazione ed impianto di cantiere, il danneggiamento dei materiali, la cattiva pianificazione, i guasti delle apparecchiature e l’uso di attrezzature improprie.
Ma é di nuovo il professor Flyvbjerg (2014) che introduce due elementi umani nell’analisi dei ritardi, da lui indicati come bias: i pregiudizi ed i preconcetti degli stakeholder (in altre parole le parzialità di visione dovute all’ambiente sociale, culturale e politico) e l’eccessivo ottimismo tipico delle fasi di avvio dei grandi progetti di ingegneria: «L’ambito o il livello di ambizione del progetto cambierà in genere in modo significativo nel tempo. La consegna è un’attività ad alto rischio e imprevedibile, con sovraesposizione ai cosiddetti “black swans“, cioè eventi estremi ed imprevisti con esiti massicciamente negativi. I manager tendono a ignorarlo, trattando i progetti come se esistessero in gran parte in un mondo newtoniano deterministico di causa, effetto e controllo. I dati statistici dimostrano che tale complessità e gli eventi non pianificati sono spesso non contabilizzati, il che lascia inadeguate le contingenze di bilancio e di tempo.».
Esperienze sul campo
Ed ecco quindi che Flyvbjerg si allontana dal campo strettamente analitico, per avventurarsi nel mondo reale, nel quale i problemi non sono mai ben definiti e separati l’uno dall’altro come negli studi scientifici, e, soprattutto, il fattore umano e culturale influisce enormemente sui ritardi e sulla loro percezione, al punto che spesso non hanno senso le divisioni e le definizioni teoriche finora esaminate; in altre parole, nel mondo reale – mi si passi l’espressione – le definizioni ed il peso attribuito alle singole cause di ritardo le fanno gli stakeholder ed il loro ambiente sociale, economico, culturale e politico.
In realtà, nell’esperienza sul campo, ed in particolare in quella di chi scrive, nei grandi progetti di ingegneria le carenze sono spesso degli issue o dei constraint a monte dell’azione del manager, i ritardi dell’appaltatore vengono giudicati inscusabili solo in una percentuale ridotta di casi, i ritardi dovuti all’owner tendono addirittura a scomparire dall’ufficialità, e molto passa in secondo piano di fronte alla necessità di terminare l’opera; lo studioso eccepirà che la casistica non può essere modellata sul comportamento soggettivo degli attori, ma, nel caso del management, sono le lesson learned, i casi concreti in ambienti reali, quelli che, se verificatisi un numero indicativo di volte, consentono di definire le best practices e forniscono quindi gli strumenti al manager, secondo una prassi ben stabilita su cui si fondano il PMBoK e tutti i manuali venuti dopo; a ció si aggiunga che chiunque abbia operato sul campo ha sperimentato come perfino il PMBoK e gli altri manuali basati sulle lesson learned riflettano spesso una realtà di stampo anglosassone e necessitano di adattamenti e modifiche in quanto non sempre sono totalmente applicabile in altri ambienti culturali e politici.
In altri termini, operando sul campo si deve tenere il giusto conto della circostanza inevitabile, insita nei fatti, che esista uno iato fra i modelli forzatamente astratti e generali della letteratura scientifica – ed in parte di quella applicativa – e la realtà in cui opera il manager, soggetta a continue valutazioni etiche, economiche ed utilitaristiche.
Sotto questo punto di vista, con l’esperienza di quaranta anni di vita vissuta nell’ambiente dei cantieri e delle societá di ingegneria, mi sento di poter dire che per quanto riguarda le imprese le cause di ritardo sono principalmente economiche: é evidente che se per assurdo l’impresa usasse il doppio del personale necessario ed acquistasse subito e con larghezza tutti i materiali non si registrerebbero il 90 % dei ritardi.
Ma siccome le imprese sono fatte per guadagnare e non per regalare soldi al cliente, cercano di trovare insieme alla direzione lavori o in generale insieme al management che rappresenta il cliente un equilibrio di spesa; gli operai talvolta saranno pochi ed i lavori rallenteranno, ma questo rientra nella dialettica dei lavori.
Altra causa che spesso si confonde con quella economica é la cattiva programmazione dei fornitori e dei subappaltatori: ormai le imprese generali trovano economicamente più conveniente rivolgersi per notevolissime categorie di lavori a subappaltatori specializzati (cementisti, piastrellisti, intonacisti, impermiabilizzatori, società di ponteggi e di idraulica, etc.) e la loro indisponibiltà al momento opportuno é spesso causa di ritardi. Analogamente per la programmazione dei long lead item, cioè di articoli che già si sa avranno tempi di fabbricazione e consegna lunghi, da programmare. Se questo é vero per i grandi lavori – in una mia recente esperienza in medioriente abbiamo acquistato oltre 20.000 split e più di 500 ascensori, e specialmente per quest’ultime c’erano tempi di attesa ben precisi – lo é anche, e forse più in proporzione, a livello di piccoli cantieri.
Problemi analoghi si registrano con le opere specialistiche (palificazioni, consolidamenti dei terreni, scogliere, etc.) che vengono fatte da imprese specializzate la cui disponibilità va programmata.
In generale c’é poi il problema delle coperture finanziarie: se i pagamenti del cliente ritardano é fatale che le opere rallentino, a meno che si sia in uno dei paesi arabi dove tradizionalmente si considera che gli oneri di rischio coprano anche questo aspetto (in Arabia Saudita, per esempio, il ministero può sospendere i pagamenti per 10 – 12 mesi, ma le imprese sono contrattualmente obbligate a continuare i lavori). Ci sono inoltre le liti contrattuali, per cui in Italia un’impresa firma con riserva le contabilità ed in alcuni casi può sospendere i lavori in attesa che la lite venga risolta.
Anche dalla parte del cliente l’elemento economico é uno delle cause principali dei ritardi, ed anche da questa parte del tavolo valgono gli stessi bias evidenziati da Flybjerg: parzialità di visione dovute all’ambiente sociale, culturale e politico, ed eccessivo ottimismo nelle valutazioni iniziali.
Troppo spesso le valutazioni economiche e temporali alla base di un progetto sono sbagliate, ed in generale gli stessi bias si possono applicare all’intero design, frequentemente redatto frettolosamente o superficialmente senza tenere conto di molte problematiche che poi fatalmente emergeranno nel corso dei lavori: ciò può avvenire per colpa del cliente o del suo progettista, troppo ottimisti, o su spinta degli utilizzatori finali, e comunque viene ulteriormente e fatalmente peggiorato in sede di offerta di gara da sconti troppo bassi offerti dall’impresa.
Un’altra frequente causa di ritardi dovuti al cliente é sicuramente l’indisponibilità dei cantieri, o magari di porzioni di aree di cantiere: se per esempio accade non infrequentemente che lungaggini burocratiche o ricorsi legali impediscano l’occupazione dell’area di progetto, é molto comune che in opere quali ferrovie o strade, allungantesi talvolta per centinaia di chilometri, e comprendenti quindi l’occupazione di centinaia se non di migliaia di proprietà diverse, il cantiere venga lardellato da tratte incomplete che si alternano a tratti in cui si é potuto lavorare.
Similmente, quando si opera in strutture complesse ed in attività, quali aeroporti, ospedali, fabbriche, l’impresa é spesso soggetta a riprogrammare i lavori in funzione delle necessità operative della struttura.
Altra causa di ritardi sono i permessi delle autorità di controllo preposte: spesso si avviano i lavori senza tutte le necessarie autorizzazioni (nulla osta VV.FF., autorizzazioni ed approvazioni ASL, permessi urbanistici, etc.), il cui ottenimento viene palleggiato nel corso dei lavori fra il cliente e l’impresa, che iniziano discussioni infinite sulle reciproche mancanze e responsabilità.
Il cliente può poi chiedere delle modifiche, ed ovviamente deve concedere un’estensione dei tempi contrattuali sia per la preparazione del progetto di variante e sia per l’esecuzione di eventuali opere aggiuntive.
Last but not least, ci sono poi gli act of god, le cause di forza maggiore imprevedibili che contrattualmente non sono responsabilità di nessuno, come l’attuale corona virus, alluvioni, terremoti etc.
Conclusioni
In definitiva, l’industria ingegneristica per sua stessa natura si regge su di un equilibrio fra spesa e risparmio che dovrebbe in un mondo ideale consentire di ottimizzare i rischi, i tempi ed i costi: se le imprese spendessero di più potrebbero eliminare molti rischi e far diminuire di conseguenza la possibilità di ritardi; parallelamente, se il cliente investisse fin dall’inizio in programmazione e progettazione, e se fosse sempre attento alle necessità finanziarie dell’impresa, potrebbe evitare o mitigare molte delle cause di ritardo passate in rassegna.
Ma l’industria dell’ingegneria e delle costruzioni é ben lungi da essere un mondo perfetto: é caratterizzata da un gran numero di stakeholder con aspettative spesso addirittura contrastanti, ha una tale complessità da non poter assolutamente prevedere tutti i possibili avvenimenti negativi e, soprattutto, é fatta di uomini con la loro cultura, le loro abitudini ed i loro pregiudizi.
E’ per tali ragioni che rispetto ad altre industrie il management dell’ingegneria accetta aumenti di costi e tempi anche notevoli senza considerare per questo che il progetto che si sta portando avanti sia un fallimento: in fondo, la vera differenza di questo mercato rispetto ad altri – vedi per esempio quello informatico, con i suoi sviluppi Agile ad ambito variabile – é che salvo casi particolarissimi alla fine si deve arrivare all’edificio, al ponte, alla strada finiti e funzionanti. In altre parole, in ingegneria l’ambito non può e non deve cambiare, e quindi, per fronteggiare le sue enormi volatilità, variano tempi e costi. Di questo sono ben conscie tutte le parti in causa, e per questo si genera sempre una compensazione, un incontro fra gli stakeholder che, anche se ignorato dalla letteratura scientifica, permette infine di vedere le opere finite. Non per niente le leggi dei lavori pubblici italiani prevedono fin dall’unità l’accantonamento per imprevisti nel quadro economico progettuale di somme che attualmente sono limitate al 10%, ma che negli anni ’70 ed ’80 erano ben superiori, e non per niente in qualunque grande progetto di ingegneria vengono inserite le riserve di budget e le riserve di management, sia come somme a disposizione e, soprattutto, come tempi che si prevede possano sommarsi a quelli previsti.
In Italia siamo abituati a parlare delle cosiddette cattedrali nel deserto, opere incomplete, ma esse non rappresentano che una piccola percentuale rispetto al quadro generale: prima o poi tutte le opere di ingegneria vengono infatti portate a termine. É possibile diminuire i ritardi medi nella loro realizzazione? Certamente, e certamente gli studi scientifici forniscono punti di vista ed informazioni preziose, ma la casistica e l’analisi non potranno mai essere modellate sul comportamento soggettivo degli attori, e le lesson learned, i casi concreti in ambienti reali, quelli che, se verificatisi un numero indicativo di volte consentono di definire le best practices e forniscono quindi gli strumenti al manager, saranno sempre la base dei comportamenti degli stakeholder di questo particolarissimo mercato.
Bibliografia di riferimento
- “Big project, big delay?” by James O’Malley, E&T – Engineering and Technology, published September 12, 2019.
- Bent Flyvbjerg, 2017, “Introduction: The Iron Law of Megaproject Management,” in Bent Flyvbjerg, ed., The Oxford Handbook of Megaproject Management (Oxford: Oxford University Press), Chapter 1, pp. 1-18;
- Bent Flyvbjerg, 2014, “What You Should Know about Megaprojects and Why: An Overview,” Project Management Journal, vol. 45, no. 2, April-May.
- Odeh, A. M., & Battaineh, H. T. (2002). Causes of construction delay: traditional contracts. International Journal of Project Management, 20(1), 67-73.
- Journal of Construction in Developing Countries, 18(1), 53–72, 2013 © Penerbit Universiti Sains Malaysia, 2013. Analysis of Non-Excusable Delay Factors Influencing Contractors’ Performance in Lagos State, Nigeria, Olajide Timothy Ibironke, Timo Olugbenga Oladinrin, Onaopepo Adeniyi and Idowu Victor Eboreime1
- Divya, R. and Ramya, S. 2015. Causes, Effect and Minimization of Delays in Construction Projects. National Conference on Research Advances in Communication, Computation, Electrical Science,and Structures
- Odeh, A. M., & Battaineh, H. T. (2002). Causes of construction delay: traditional contracts. International Journal of Project Management, 20(1), 67-73.
Articolo a cura di Francesco Clemente
Francesco Clemente ha maturato in oltre 40 anni di attività professionale un’esperienza al di fuori del comune, ed è uno dei pochi project, construction e design manager ad aver lavorato in tutti i ruoli sia dalla parte del committente che dell'esecutore; ha due lauree magistrali (ingegneria civile ed architettura) ed un master in project management, ha lavorato molto all’estero (Inghilterra, USA, Oman, Dubai, Albania, Egitto, Arabia Saudita, Uzbekistan) ma ovviamente anche molto in Italia. Ha avuto esperienze in tutti i campi delle costruzioni civili, militari ed industriali e del restauro storico, per un valore totale di progetti diretti di oltre 15 miliardi di euro. Ha sempre coniugato l’impegno professionale con un interesse particolare nella ricerca scientifica applicata e nell’approfondimento tecnico: ha così pubblicato numerosi studi in campi relativi alle sue specializzazioni ed esperienze tecniche, ed ha tenuto seminari in varie università su tali argomenti.