Il Breviario del manager
Dal Breviario dei politici secondo il Cardinale Mazzarino:
“Con quest’arte potrai, mio riverito Lettore, guadagnarti l’immortalità del nome, segnalandoti con una sopraffina prudenza fra tuoi Cittadini, che ti consulteranno, come un Nestore, e ti ammireranno come un Solone del tuo secolo. Adoperala dunque, non già per l’altrui inganno, ma per prevenire gl’inganni altrui, e valertene, come di antidoto al veleno della frode, che tanto oggi giorno serpeggia, e in cui riparo anche l’Agnello senza fiele ci volle forniti d’una prudenza serpentina: Estote prudentes, sicut serpentes. (Lo stampatore a chi legge Epilogo de Dogmi Politici secondo i dettami rimastine dal cardinal Mazzarino, Napoli MDCCLV)”
Per quanto si ritenga che il testo appartenga alla vasta categoria degli apocrifi, che generalmente si divulgano dopo la morte di celebri personaggi, anche a distanza di parecchi anni il Breviario dei politici – per le sue caratteristiche e intenti – si ritiene opera del cardinale, anziché di un ignoto discepolo. Tuttavia, se si prende in considerazione lo spirito che connota tutte le “massime” contenute nel testo, si può verosimilmente attribuire a Mazzarino la paternità dell’opera che si sviluppa attraverso un percorso disseminato di astuzie e inganni, frodi e dissimulazioni, intrighi e lusinghe necessari per raggiungere e mantenere il potere.
L’uomo politico, afferma Mazzarino, deve conoscere se stesso, le proprie passioni e i propri difetti per poterli governare al fine di porvi rimedio quando necessario o giovarsene al momento opportuno. Prosegue mostrando la necessità di comprendere la psicologia di coloro con i quali si viene a contatto, conquistarsi il favore degli altri procedendo nelle relazioni interpersonali con “natura guardinga”. Il Breviario, scritto con l’ imperturbabilità di un anatomopatologo, definisce le linee guida per recitare il ruolo del politico e suggerisce alcuni aspetti che bene si possono attribuire al manager, dove la “politica” intesa come arte del governo diviene l’arte del gestire le risorse a lui affidate, nella definizione degli obiettivi e dei programmi, nella responsabilità soggettiva relativa ai risultati.
Ho pensato di proporre alcune delle massime che per la loro attualità possono essere un valido spunto per riflettere sul proprio ruolo inteso come “uomo politico” al quale i propri elettori, ovvero gli stakeholder, hanno attribuito un portafoglio di risorse per gestire al meglio il suo ministero.
In alcune massime è possibile rilevare una certa ironia, amara, che tuttavia non è possibile classificare come satira. Anzi, è un libro sostanzialmente severo, un viaggio sotterraneo che approda ai confini della psicopatologia.
Il testo di riferimento (corsivo) è tratto dal “Breviario dei politici secondo il Cardinale Mazzarino”, Nino Aragno editore, 2008 (traduttore: Serafino Balduzzi).
Conosci te stesso
“Nei tuoi atti devi essere cauto, come t’insegna questo testo, e tener conto di tempo e luogo, dei ranghi rispettivi, tuo e delle persone che hai di fronte.”
“Quali punti deboli emotivi: sei irascibile, pauroso, sventato, o simili? Quali difetti può scoprire in te uno che osservi le tue abitudini, il modo di fare a tavola, in chiesa, in conversazione, nel gioco, o nelle altre circostanze della vita sociale?”
Occorre essere cauti nel modo di procedere. Un consiglio posto all’inizio di tutti gli altri. Tutto sommato, appare facile. Ma ne siamo sicuri?
Dovete ammettere la necessità di comprendere voi stessi, produrre un inventario della vostra personalità, dei vostri atteggiamenti e del modo di comportarvi attraverso uno sforzo risoluto ed orientato per cambiare in meglio. Se questa sarà la vostra base di partenza, “ogni” domani vi offrirà il pieno compenso. La rinuncia vi porterà inevitabilmente verso il “domani è un altro giorno”, esattamente uguale a quello di ieri. Scelte erronee si operano anche quando si pongono in secondo piano le proprie inclinazioni ed aspirazioni, quando non si vuole riconoscere le proprie debolezze per concentrarsi esclusivamente su ciò che sappiamo fare meglio, senza voler apportare le necessarie correzioni alla rotta che abbiamo tracciato.
Nel leggere le massime che seguono cercate di fare un’autodiagnosi, proprio per conoscervi meglio.
Conoscere gli altri
“Non ci sono da scoprire solo vizi e difetti. Vedrai che l’uomo perbene se è pio evita i conflitti, non è ambizioso né scalatore sociale; è modesto senza affettazione e mostra abitudini ordinate; non cinguetta come un passero, non si esibisce in pratiche ascetiche, non esagera nel mangiare e nel bere, eccetera.
Se conoscere se stessi è irrinunciabile, altrettanto importante è saper conoscere glia altri.
La vita del manager è scandita da un continuum di relazioni: la struttura e i suoi componenti, clienti, colleghi, collaboratori. L’abilità non sta, dunque, nel voler riconoscere solo i vizi e i difetti per operare una sorta di screening per decidere se valga la pena continuare, o interrompere, il rapporto. Esprimere giudizi sulla realtà che ci circonda e sulle persone che ne fanno parte è un evento non solo importante ma anche decisivo per la gestione delle attività di un manager. La realtà, infatti, costituisce il carattere di ciò che esiste in sé e per sé, indipendentemente dalla conoscenza che un soggetto può averne. I fatti costituiscono ciò che è accaduto ed è divenuto parte integrante della realtà. Le valutazioni che un manager è tenuto a fare devono essere ancorate saldamente alla realtà, sia nei riferimenti che nelle conclusioni.
Ponendosi come obiettivo iniziale il ricercare se sussistano caratteriste negative, si rischia di cadere nell’effetto alone: sarà sufficiente un’apparenza che non corrisponde alle nostre aspettative per porre un filtro potente che proietterà sull’interlocutore un’immagine ricca di suggestioni negative.
Conoscere gli altri significa abituarsi a considerare con estrema attenzione le loro parole e per quanto possibile entrare nell’anima di chi ci sta di fonte. Le persone “per bene”, tutto sommato, sono persone assolutamente normali.
Acquistar credito
“Non sobbarcarti troppe cose da fare tutte insieme: non guadagni nulla dal mostrarti indaffarato. Fa’ una cosa per volta, e falla bene. Parlo per esperienza”.
“Quando sei impegnato in un affare, nulla al mondo ti deve far perdere la concentrazione e sviarti su altre cose. Se manchi a un dovere, non servirà a niente che tu ne abbia inseguiti tanti: il tuo eccesso di attività ti sarà rinfacciato come un errore”.
In ogni gruppo di persone avviene sempre che alcuni, in seguito alle più varie circostanze, cominciano a essere al centro di una maggiore considerazione sociale: giungono, cioè, ad una posizione con ascendente sugli altri. Tuttavia le caratteristiche come l’estroversione, l’intelligenza, il possesso di determinate competenze, il sapersi imporre e la predisposizione a emergere non sono sufficienti a garantire il successo. Occorre anche sapersi vendere bene, farsi conoscere, mettersi in mostra, senza naturalmente cadere nel narcisismo. La vostra immagine è il vettore naturale sulla base della quale molto spesso sarà giudicata la vostra e credibilità. Certamente una “buona” immagine non può da sola sostituire la vostra qualificazione professionale, ma potrà compensare eventuali giudizi di corridoio o consolidare una buona impressione già diffusa.
Il manager sicuro di sé progetterà il suo futuro in termini di strategie, il pessimista cercherà modalità preventive di tipo tattico, l’esperto rischia di cadere nella pseudocertezza che può derivare dalla lunga esperienza e su questa base si porrà gli obiettivi (sempre gli stessi), il neofita cercherà l’aiuto degli altri.
Utilizzare il tempo negli affari
“Lascia ai collaboratori le faccende di minor rilievo. Assegnati un metodo rigoroso da non trasgredire mai, che dia spazio a ogni cosa secondo la sua importanza: non dedicare a nessun affare un minuto di più del minimo necessario per condurlo a buon fine”.
La gestione efficace del tempo è un’esperienza di autodisciplina che deve essere presidiata per poter amministrare la risorsa tempo a vantaggio dell’organizzazione e del manager.
Il vostro tempo e quello delle risorse a voi affidate costituisce un costo per la struttura. Il conto corrente che amministra il tempo del manager deve essere sempre in attivo. Poiché il tempo non si può risparmiare, ma deve essere utilizzato contestualmente alle necessita della struttura, occorre attuare i mezzi che si hanno a disposizione. Uno di questi strumenti è la delega. La delega di alcune operatività è affidata a ogni responsabile che ha il mandato di gestire al meglio le risorse di cui dispone per garantirsi, attraverso il loro contributo, una fattiva e costante capacità di collaborazione.
Un ulteriore strumento è costituto dall’agenda. Utilizzate completamente le fattibilità offerte dall’agenda, come ad esempio la possibilità di ancorare fatti a ore ben determinate. Qualsiasi cosa scriviate sulla vostra agenda deve essere sempre esaustiva. Evitate di scrivere “condensati” che possono farvi correre il rischio di successive dubbie interpretazioni o, a distanza di tempo, di avere difficoltà a ricostruire quanto è successo (o, peggio, deve ancora succedere). Sfruttate il vostro piano settimanale per avere una visione d’insieme del vostro lavoro e fatelo diventare il follow-up del vostro modo di lavorare: è un valido sistema per consolidare i vostri successi.
Un attento processo di pianificazione e programmazione è un dovere imprescindibile.
“Quando ti senti affaticato accantona il lavoro e distraiti facendo un po’ di moto; alla ripresa constaterai di aver riacquistato una perfetta efficienza. Oppure dedicati per un momento a un’incombenza non faticosa”.
Quando decidete di finire con il lavoro, è l’ora di finire veramente. Chiudete nei cassetti della vostra scrivania tutto quello che lo riguarda e chiudetevi alle spalle la porta dell’ufficio.
Acquistar dignità
“Non caricare le tinte quando lodi o rimproveri qualcuno: sii sempre equilibrato. Le persone di carattere difficile e irrequieto, che non sanno adattarsi agl’interlocutori o cadono nell’impazienza o reagiscono con rabbia, non sono adatte a gestire grandi affari”.
Il ruolo è un modello di comportamento, in varia misura predeterminato, che una persona ha riguardo agli altri membri dl gruppo. Un ruolo è concretizzato dal modo personale di assumere o gestire i compiti lavorativi, dallo stile di relazionarsi, dall’inventiva, dallo spirito critico, dalla continuità d’impegno, dalla disponibilità. In ogni organizzazione aziendale i ruoli sono delle aspettative comportamentali associate in maniera determinata ai propri appartenenti e si differenziano per la qualità e quantità di potere e prestigio. Questa differenziazione di status risiede nei processi di confronto sociale per mezzo dei quali i manager possono valutare le proprie capacità. I confronti sociali influenzano non solo le percezioni di sé stessi e degli altri, ma possono riguardare il comportamento effettivo e l’esecuzione del compito. Non esistono tratti della personalità precostituiti che possono agevolare il presidio del ruolo di manager o di leader. Migliorare la corrispondenza tra ruolo e presidio è frutto di apprendimento e formazione.
Donare, ricompensare
“Non promettere mai i tuoi regali; chi promette vuol farsi dire dal beneficiario che non è degno, o vuol farsi sollecitare. Chi dona e basta, dona due volte”.
“Non aver l’aria di distribuire doni a pioggia, e non cercare di valorizzarli per farli apprezzare. Regolati sull’utilità attuale per i destinatari. Non parlare dei regali che hai fatto, o sembrerà che tu li rinfacci ai beneficiari; se vi sarai costretto, dirai che non meriti ringraziamenti, perché non hai fatto altro che saldare un debito di riconoscenza”.
La valorizzazione e il riconoscimento devono costituire una leva gestionale irrinunciabile perché valorizzazione e formazione delle risorse umane si traducano in valore economico per l’organizzazione. Miglioramenti negli inquadramenti contrattuali e retributivi, avanzamenti di carriera, sistemi di profit-sharing e/o di gain-sharing, sono tutti dispositivi con cui il management può dimostrare concreto interesse e apprezzamento nei confronti dei collaboratori per un lavoro ben svolto e un impegno costante e continuo. Il merito è costituito da ciò che una persona riesce a ottenere, che è degna di avere in virtù delle proprie capacità, impegno, opere, prestazioni, qualità, valore.
Richiedere
“Valuta se ciò che chiedi non sia troppo oneroso o faticoso per l’amico. Semmai manifestagli il bisogno in cui ti trovi, e vedi che cosa può fare; sta’ certo che non farebbe di più neppure se tu insistessi. In ogni caso mostra la tua gratitudine, perché si renda conto che continui ad aver bisogno di lui e tornerai alla carica”.
Assegnare un compito o un obiettivo significa richiedere una prestazione.
Ogni comportamento umano deve avere una spinta originale verso una determinata direzione, e indagare sulla direzione di questa spinta significa indagare sulla motivazione che la sostiene. In passato l’oggetto che consentiva di soddisfare il gran numero delle motivazioni era il danaro, e in questa prospettiva l’uomo che lavora poteva essere definito come l’uomo economico. Ma l’uomo non può essere solo economico, né il danaro rappresenta il principale oggetto verso il quale si indirizzano le energie delle risorse che lavorano. Il lavoro può e deve garantire alle persone di usare le proprie capacità e conoscenze.
Il merito è costituito da ciò che una persona riesce a ottenere, che è degna di avere in virtù delle proprie capacità, impegno, opere, prestazioni, qualità, valore. L’impegno corrisponde all’atteggiamento morale proprio di chi impiega tutte le proprie forze nel raggiungimento di un obiettivo. I risultati sono gli effetti di azioni e di comportamenti volutamente agiti.
Non lasciarsi ingannare
“Quando sei a tavola o alla scrivania, ti converrà aver davanti uno specchio, per tener d’occhio che cosa si fa alle tue spalle”.
La possibilità di essere ingannati esiste perché esiste l’influenzabilità cognitiva di ciascuno noi. La possibilità dell’inganno risiede in particolare nel linguaggio, strumento primo di comunicazione umana. L’inganno è strumento di influenzamento sociale. Fatta eccezione dell’inganno finalizzato allo scherzo o le cosiddette menzogne di cortesia, non si inganna per il gusto di ingannare ma con il “meta scopo” di manipolare le conoscenze dell’altro in modo da influenzare di conseguenza i suoi comportamenti, ed indurlo ad agire così che noi possiamo perseguire i nostri scopi, ottenere un vantaggio e così via.
Tra lo scopo di far credere il falso e lo scopo di non far sapere il vero, tra il simulare e il dissimulare, si possono dedurre sei strategie d’inganno: omissione, occultamento, falsificazione, falsa conferma, negazione, mascheramento.
Le occasioni sono dunque molteplici. L’ingannatore “faccia a faccia” è, normalmente, abbastanza riconoscibile. La comunicazione non verbale, ovvero il tono della voce, la mimica facciale e la gestualità sono indicatori della menzogna.
Occorre fare attenzione all’inganno “trasversale” quello eseguito, appunto, alle nostre spalle, cogliendo i cosiddetti segnali deboli che possono venire dall’ambiente in cui si lavora. Senza generare o alimentare sospetti ogni tanto guardiamo nello specchietto “retrovisore” delle nostre percezioni e se occorre attuiamo delle verifiche.
Evitare rancori
“Davanti a molte persone, non trattare nessuno meglio degli altri, o li indispettirai e se la prenderanno con te”.
“Tieni presente questo fatto universale e inevitabile, specialmente quando hai a che fare con i nobili: che tu parli bene o male di qualcuno, che tu riferisca fatti o misfatti, che tu lodi o rimproveri, ci sarà sempre chi si offende. Chi non è presente se lo farà raccontare da un amico. Le tue critiche saranno rincarate, e si penserà che hai lodato chi non lo merita.”
L’obiettare e il discutere, lodare o criticare, nei limiti della temperanza e della sensibilità psicologica, rappresenta un segno di attenzione ed agisce quindi favorevolmente all’instaurarsi di rapporti simmetrici, consolida quelli complementari e li rende maggiormente trasparenti. Quando non si è d’accordo su un qualsivoglia argomento, bisogna evitare un confronto che spesso è sostenuto da atteggiamenti difensivi di tipo polemico e avverso, ma, nel rispetto dei ruoli, evidenziare le motivazioni del dissenso e ricercare una costruttiva condivisione.
I “nobili”, ovvero la struttura, sono generalmente al vertice della rete di relazioni dove vengono canalizzate ogni genere di informazioni che, poi, possono essere riversate di ritorno. Se non siete presenti al momento della prima emissione adoperate cautela nell’ascoltare, altrettanto quando ciò che dovete dire è frutto di una vostra opinione.
Incentivare all’azione
“Per incentivare le persone all’azione, dichiara che ti addosserai ogni eventuale danno, e stabilisci ricompense. Fa’ come il comandante, che prima della battaglia stabilisce le tariffe di risarcimento delle ferite e dei danni alle cose, e intanto dota l’accampamento di un buon presidio alle salmerie, perché i soldati non siano distratti da preoccupazioni per la propria sussistenza.”
Ogni comportamento umano deve avere una spinta originale verso una determinata direzione, e indagare sulla direzione di questa spinta significa indagare sulla motivazione che la sostiene. Per ogni genere di motivazione (fisiologica o psicologica) esiste un oggetto in grado di soddisfarla, e una motivazione che non trova il suo oggetto è una motivazione frustrata. Diverse sono gli orientamenti verso il lavoro e diverso il “voler” lavorare bene a seconda dei diversi livelli di motivazione. Non bisogna dare per scontato che ogni persona sappia cosa ci sia dietro il proprio lavoro e perché debba muoversi in una certa direzione. La motivazione non è un fatto di volontà, ma una spinta che “nasce dentro”. Ecco perché è necessario aiutare i collaboratori non a crearsi delle motivazioni, ma trovarle dentro di loro.
Un comportamento manageriale che mostra di interessarsi delle molteplici esigenze dei propri collaboratori, della preparazione e del loro sviluppo e della loro percezione rispetto al lavoro, potenzia il livello delle motivazioni al lavoro.
Accettare le critiche
“Non cercare scuse per le critiche che ti fanno, nemmeno se infondate, anzi mostrati grato; altrimenti nessuno più ti criticherà, e tu perderai utili riscontri. Però, nel caso che si tratti di sciocchezze, ribatti o lascia perdere.”
La maggior parte delle persone è in grado di accettare solo una quantità molto limitata di critiche, in quanto queste mettono in discussione il modo di essere, di agire, di pensare: in sintesi la dignità professionale. La maggior parte delle persone ha l’abitudine a reagire alle valutazioni sminuenti con la negazione o con la controffensiva. La persona assertiva è sicura di sé, non si lascia prendere dall’avvilimento, ma si impegna in una completa disamina della situazione che ha condotto a sollevare delle critiche, non per verificarne la validità, ma per comprendere meglio cosa realmente sia avvenuto, chiedere alternative, ricercare suggerimenti e concordare cosa fare. La persona assertiva, quando riceve critiche infondate e manipolative, sa reagire in modo tale da mantenere il rispetto di se stessi, senza tuttavia sminuire l’altra persona.
Acquistar prudenza
“Tieni un registro degli amici e dei dipendenti. Per ciascuno, compila quattro colonne: 1. quali danni ti ha portato; 2. che cos’hai fatto per lui e con quanta fatica; 3. che cos’ha fatto lui in cambio; 4. il normale incomodo che gli dai e le prestazioni straordinarie che gli hai chiesto. Così, se viene a lamentarsi, sai che cosa rispondere; e prendi tu stesso periodicamente l’iniziativa di farne un bilancio con lui.”
Una sintesi di ciò che generalmente si definisce “valutazione delle prestazioni o del potenziale” che viene sottolineata dall’ultima indicazione: “e prendi tu stesso periodicamente l’iniziativa di farne un bilancio con lui.”
Agire con circospezione
“L’uomo prudente fa due cose: è cauto nel dar confidenza, perché molti offrono amicizia per ingannare meglio; ed è reticente, perché non conviene dir troppe verità né pretendere di correggere errori e ignoranze altrui. Questa discrezione reticente è ancor meglio dell’ipocrisia, ed è molto utile.”
Esprimere giudizi sulla realtà che ci circonda e sulle persone che ne fanno parte è un evento non solo importante, ma anche decisivo per la gestione delle attività di un manager. La realtà, infatti, costituisce il carattere di ciò che esiste in sé e per sé, indipendentemente dalla conoscenza che il soggetto può averne. I fatti costituiscono ciò che è accaduto ed è diventato parte integrante della realtà. La suggestione o le impressioni sono il risultato di percezioni soggettive. Occorre avere sempre presente che ciò che ascoltiamo o ciò che viene ascoltato deve corrispondere necessariamente alla realtà.
Sbarazzarsi dell’ospite importuno
“Da’ disposizione a un servitore che, al tuo segno, ti venga a sussurrare all’orecchio che sei convocato d’urgenza chissà dove; o che introduca il corriere con false lettere urgentissime: disastri accaduti nelle tue proprietà, rivoluzioni scoppiate nel paese; o racconta che i medici ti proibiscono di parlare; oppure ordina di sellarti subito il cavallo, come se dovessi partire senza indugio.”
La vostra programmazione ha assegnato diversi intervalli di tempo, più o meno estesi, per le diverse e, soprattutto, vostre responsabilità. Ecco perché non dovete lasciarvi insidiare dalle richieste che provengono dall’esterno, spesso determinate da chi non ha saputo programmare le “proprie” responsabilità. Date disposizioni alla vostra segretaria di applicare un filtro molto stretto alle telefonate in arrivo, fatele un elenco delle persone alle quali intendete concedere sempre un accesso e un elenco di quelli che ritenete disturbatori. Imparate a dire «no!» per evitare che impegni di altri debbano impegnare voi. Dire «no» non significa essere scortesi, se potete sempre offrire un’alternativa. Difendete anche le vostre pause, non lasciatevi sedurre dall’utilizzare il tempo dedicato al riposo per fornire aiuto. La stanchezza che ne deriva, prima o poi si farà sentire su ciò che ancora dovrete ancora fare. Una indicazione utile, soprattutto per i cosiddetti “ladri di tempo”.
Conversare
“Risparmiati le parole con i signori: loro preferiscono parlare che ascoltare. Con loro devi fare il filosofo, più che l’oratore.”
L’efficacia interpersonale del manager è regolata da tre tipi di variabili: la sua personalità, le personalità degli altri, le situazioni. Attraverso una buona e corretta conoscenza di sé stessi e una buona capacità comunicazionale si possono affrontare con serenità e profitto le relazioni interpersonali. La flessibilità d’azione, sulla base di una efficace dinamica relazionale, si realizza attraverso l’accettazione della prescrizione che deriva dai modelli regole e procedure.
In questa prospettiva il “filosofo” è colui che sa riflettere, dote assai rara, l’oratore è invece chi ha tempo per esprimere ciò che generalmente è già conosciuto.
Far carriera
“La miglior cosa è sempre mirare più in alto che si può. Se sei uno studioso, concentrati negli studi e disprezza le affettazioni ingegnose ed erudite in cui cadono tanti dotti. Se vuoi la virtù, diventa un santo. Se vuoi il potere, non ti basti il secondo posto. Datti da fare, e vedrai che è anche il modo migliore di provvedere alla tua sicurezza.”
Cercare di fare carriera è un’aspirazione molto comune, ma resta un comportamento legato ad un desiderio. Avere l’ambizione di fare carriera significa avere un irremovibile volontà di raggiungere l’obiettivo che ci si è proposti. L’ambizione è intenzionale, motivata, strumentale, cosciente e richiede continuità d’impegno e sforzo.
La visibilità di chi vuole fare carriera è prodotta dal mostrare la decisione di avere maggiori responsabilità, dalla ricerca di obiettivi cosiddetti sfidanti, dalla ricerca dell’approvazione, dal realizzare progetti impegnativi, dalla frequentazione delle persone che occupano livelli di ampia responsabilità, dall’essere leali senza però auto-danneggiarsi, dal saper prendere decisioni che possono suscitare anche malumore, dal conoscere i punti di forza e di debolezza dei top-executives per imparare o offrire sostegno.
La carriera è una strada in salita, ma non deve avere arrivi o traguardi. Per andare avanti, bisogna guardare avanti.
Introdurre novità
“Valuta prima quattro cose: primo, se tu personalmente hai da guadagnare o da perdere; secondo, se sei capace di realizzarle; terzo, che figura ci fai; quarto, che autorevolezza hai nell’ambiente dove vuoi introdurle”.
La gestione del cambiamento richiede l’orientamento e la capacità pervasiva ad anticipare e governare i mutamenti, così da favorire l’adattamento alle nuove condizioni, coglierne le opportunità positive e limitare gli inevitabili costi economici e sociali delle trasformazioni.
In particolare il manager deve possedere competenze analitiche e revisionali per procedere all’individuazione, all’analisi e all’interpretazione dei fattori che influiscono sul sistema di riferimento, nonché saper operare un’analisi congiunturale e previsionale; saper definire e individuare le risorse necessarie alla gestione del cambiamento e della modalità del loro utilizzo, controllandone l’azione e l’impiego; buone capacità relazionali per agevolare la comunicazione interna ed esterna e creare interrelazioni complesse; mostrare uno stile direzionale motivante e rivolto alla creazione di un ambiente proattivo, nel quale ogni risorsa possa portare il proprio contributo creativo e innovativo; sviluppare un clima collaborativo e partecipativo per promuovere l’azione di gruppo e garantire la diffusione della visione e creazione di consenso sulla missione e sugli obiettivi.
È bene riflettere che l’apertura al cambiamento non riguarda solo le risorse operative, ma anche alcuni appartenenti al management, che devono cambiare la loro visione della realtà per riprogettarla. In questa prospettiva il manager supera il ruolo di organizzatore per diventare uno stratega in grado recepire gli stimoli ricevuti, interpretandoli secondo una visione globale e di lungo termine per tradurli in comportamenti operativi.
Controllare l’ira
“Non adirarti subito: spesso vedrai che ti hanno informato male. Se tu reagissi prima di verificarlo, il danno resterebbe tuo.”
“La cosa migliore da fare se ti offendono è far finta di niente, per non perdere la pace: prevalere in una lite può essere peggio che soccombere, se ti espone ad altri conflitti.”
L’ira non è un fatto accidentale ma un’emozione, e, come tutte le emozioni, è il prodotto di un ragionamento. Ci si arrabbia perché un certo evento non si è risolto come avevamo auspicato, e, anziché cercare il rimedio si cerca la colpa, che è sempre di qualcun altro sul quale scaricarsi e addossare tutte le responsabilità.
I comportamenti aggressivi sono comunque destinati a provocare reazioni di difesa che inquinano una sana relazione, costituiscono uno spreco inutile di energia, distruggono i rapporti affettivi, degradano la comunicazione, lanciano sensi di colpa, alimentano gli stati di depressione, demotivano e demoliscono l’amor proprio degli altri, svalutano la loro autostima, negano o tolgono alle persone il diritto di essere come vogliono. E gli altri non vorranno mai essere sempre come volete che siano. Al momento dell’attacco d’ira razionalizzare la situazione o il comportamento che non condividiamo. Dopo uno scoppia d’ira, auto-valutare l’errore e registrare dove, come e perché ci si è adirati. Poi rileggere e riflettere.
Conservare la serenità
“Non avere il puntiglio di portare a termine ogni cosa in un tempo assegnato, e non darti troppe scadenze. Sennò rischi di trascurare gli imprevisti, oppure perdi la testa al primo ostacolo che incontri.”
Le attività che sono considerate urgenti, all’interno dei diversi obiettivi, devono essere diagnosticate preventivamente per poter attribuire il giusto livello di importanza e di urgenza per espletarle. Il fatto di avere delle scadenze non deve costituire un assillo (o uno stress) che impegna la mente impedendo di concentrarsi su tutto il resto. Il pensiero costantemente coinvolto dalle scadenze farà perdere la visione d’insieme e la concentrazione, stimola a lavorare senza coordinazione e, soprattutto, vi farà sprecare tempo.
Le scadenze hanno un limite entro il quale devono essere realizzate alcune azioni: programmate il tempo necessario al loro compimento e fissate una data d’inizio. Avrete quindi riportato un’urgenza in un contesto di normalità, eliminando la zavorra psicologica della dipendenza temporale.
Articoloa cura di Antonello Goi
Laureato presso l’Università Statale di Milano in Filosofia, ho acquisito un’esperienza nell’ambito delle Risorse Umane.
In particolare ho assunto la responsabilità, in azienda Leader delle telecomunicazioni, della Selezione del personale, della Formazione, Gestione HR, Relazioni Industriali.
Collaboro per gambelassociati per quanto riguarda la Formazione Manageriale Aziendale e Interaziendale, attraverso attività di consulenza, progettazione ed erogazione di corsi di formazione.