Il contributo della UE per lo sviluppo delle competenze

Il focus sulla formazione professionale in Europa

Nello spirito di favorire gli investimenti destinati a una formazione più efficace e inclusiva, in grado di migliorare il potenziale della forza lavoro europea e di facilitare la mobilità tra un posto di lavoro e l’altro, l’Unione Europea ha deciso di proclamare l’anno 2023 “Anno europeo delle competenze”. Dalla lettura dei più recenti dati EUROSTAT sulla formazione professionale[1], infatti, si ricava che solo il 37% degli europei adulti segue con regolarità corsi di formazione e che oltre tre quarti delle imprese dei paesi della UE incontrano difficoltà nel trovare lavoratori qualificati. Inoltre, 4 cittadini europei su 10 (1 lavoratore su 3) non dispongono delle competenze di base tant’è che già nel 2021 si registravano carenze in termini di competenze in ben 28 attività lavorative (dall’edilizia all’assistenza sanitaria, all’ingegneria all’informatica).

Ciò nonostante le attività occupazionali risultino già da tempo alla base di molteplici interventi messi in campo dalla UE per facilitare la (ri)qualificazione della forza lavoro dei paesi aderenti; interventi peraltro rafforzati nell’ultimo biennio nell’intento di arginare i disastrosi effetti legati sia alla pandemia da Covid 19 che al conflitto in Ucraina a cui vanno a sommarsi la crisi mondiale riguardante il clima e le energie, che spingono verso nuovi paradigmi del lavoro prodromici di una sempre più celere dematerializzazione delle attività occupazionali.

Il sostegno europeo di cui si tratta si concretizza nelle risorse messe a disposizione da:

– il Fondo sociale europeo Plus (FSE+) che, con un bilancio di oltre 99 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, è il principale strumento della Unione per investire sulle persone;

– il NextGenerationEU, destinato alle riforme e agli investimenti degli stati membri anche nel settore delle competenze e dell’occupazione[2];

– il programma Digital Europe, che prevede un budget di 580 milioni di euro per lo sviluppo di competenze digitali avanzate come presupposto per lo sviluppo di un bacino di esperti digitali qualificati e di talento capaci di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri della Unione e i portatori di interessi in materia di competenze e posti di lavoro digitali;

– il programma Horizon Europe, finalizzato a sostenere le competenze dei ricercatori, degli imprenditori e degli innovatori, in particolare attraverso le azioni Marie Skłodowska-Curie;

– l’Erasmus+ , che con un bilancio di 26,2 miliardi di euro sostiene, tra l’altro, lo sviluppo, sul piano personale e professionale, di studenti, di corpo docente e di istituti di istruzione e formazione professionale attraverso il finanziamento di attività di mobilità e di partenariato per la cooperazione[3].

Il contesto italiano

Dai dati, relativi all’anno 2022, resi noti dall’INAPP[4], si ricava che la palma d’oro del paese più impegnato nelle politiche di (ri)qualificazione dei propri lavoratori spetta, senza alcun dubbio, alla Svezia, seguita da Finlandia e Olanda. L’Italia, nonostante un graduale miglioramento degli ultimi tre anni, resta al di sotto della media europea occupando solo il quindicesimo posto stante il fatto che la percentuale di popolazione tra i 25 e i 64 anni che partecipa costantemente a corsi di formazione e di qualificazione professionale raggiunge appena il 9,9%.

Sebbene l’Agenzia Nazionale delle Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) nella “Relazione sullo stato del mercato del lavoro”, redatta in collaborazione con il Ministero del Lavoro e la Banca d’Italia, evidenzi che nel 2022 risultano attivate circa 380mila posizioni lavorative (che superano quelle registrate nel 2019, prima dell’emergenza Covid), dalla “Relazione sul mercato del lavoro 2022” del Consiglio Nazionale Economia e Lavoro emerge il dato preoccupante del bisogno esasperato di nuova forza lavoro in quanto nel quinquennio 2022/2026 al nostro Paese occorreranno oltre 4 milioni di lavoratori di cui almeno un milione e quattrocentomila per rimpiazzare i pensionamenti, che si valuta peseranno almeno nella misura del 70%.

Il panorama mette in luce il bisogno per le imprese e le istituzioni[5] del nostro Paese di lavoratori qualificati, soprattutto con riferimento alle attività collegate all’utilizzo delle nuove tecnologie, in generale e alla green economy, in particolare.

La strada verso l’implementazione delle competenze

Da quanto innanzi consegue l’evidenza di dovere attivare processi virtuosi vuoi per quanti siano alla ricerca di lavoro o lo abbiano perso vuoi per gli occupati, così da rispondere compiutamente alle sfide del domani ed essere al passo con i cambiamenti imposti dalla globalizzazione.

Investire nella educazione, in generale, e nella formazione professionale, più specificatamente, diventa allora strategico a partire dalla opportunità di adeguare il sistema scolastico alle esigenze di arricchimento delle competenze dei futuri lavoratori; come resta vitale pure contrastare l’abbandono scolastico e il flusso di emigrazione giovanile.

A fronte di questo impegno è ancora vivo il bisogno di dare riscontro all’auspicio contenuto nel COM (2020) 575, adottato a Bruxelles il 17settembre del 2020, che nell’esporre la “strategia annuale per la crescita sostenibile 2021” aveva auspicato nuovi sforzi per l’accrescimento delle competenze professionali dei cittadini europei.

Uno spazio irrinunciabile su questa direttrice è rappresentato dalle risorse finanziarie che l’UE ha messo a disposizione dei diversi stati[6], per l’impiego dei quali il Governo italiano ha varato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

La formazione e il sostegno del PNRR

Con riferimento alla formazione, le azioni del PNRR si prefiggono di recuperare il potenziale delle nuove generazioni per rendere i giovani sempre più protagonisti a tutto campo. Gli obiettivi specifici del Piano riguardano sostanzialmente:

  • l ‘alfabetizzazione digitale;
  • la formazione green economy;
  • la formazione professionale continua;
  • il potenziamento dell’istruzione tecnica e professionale.

Quanto al primo intento, che mira a migliorare le competenze digitali della popolazione italiana, si tratta di assicurare l’alfabetizzazione digitale di base[7] avviando all’utilizzo dei computer e di Internet, promuovendo pure competenze avanzate come la programmazione, il machine learning e l’analisi dei dati. Per queste finalità si prevede un implemento della digitalizzazione scolastica a partire dal potenziamento dell’uso di strumenti e di risorse digitali nell’insegnamento e nell’apprendimento.

Con la formazione in green economy, invece, il Piano intende dare spazio ad una forza lavoro che si auspica possa dare sostenere una transizione verso una economia circolare e più verde puntando soprattutto sui giovani, che dimostrano possedere una sensibilità più forte per i temi dell’ambiente.

La formazione professionale continua, dal canto suo, favorendo la collaborazione tra imprese e istituti di formazione professionale, così da fare fronte alle sfide e alle opportunità dei cambiamenti tecnologici e sociali, ha come bersaglio di consentire sia l’acquisizione delle competenze necessarie sia fare upskilling e reskilling.

Da qui il potenziato ruolo della istruzione tecnica e professionale nel fornire competenze specifiche e pratiche.

Ma questi propositi rischiano di restare impraticabili laddove non vengano sviluppati specifici, nuovi programmi formativi (a partire dalla scuola di ogni ordine e grado), atti a rispondere adeguatamente elle richieste del mercato del lavoro. Ciò consentirebbe di fare fronte all’abbandono scolastico, che in Italia è pari al 3,8 % già nelle scuole secondarie di primo grado ed è origine di quella diseguaglianza che produce povertà e deprivazione materiale che colloca gli studenti italiani di età intorno ai 15 anni al di sotto della media OCSE in lettura, matematica e scienze (anche il 14,5% dei giovani italiani, compresi tra 18 e 24 anni risulta possedere un livello di istruzione non superiore a quello secondario di primo grado).

Con il PNRR l’Italia punta quindi a garantire innanzitutto una scuola inclusiva e di qualità; per non mancare l’obiettivo, tuttavia, appare vitale anche un’attenzione alla formazione dei docenti a cui va sommato l’irrinunciabile incremento della spesa destinata a Ricerca e Sviluppo.

Per dare spazio alla transizione verso una economia basata sulla conoscenza, unica via per dare corpo a inclusione e coesione e ridurre le disuguaglianze nel campo della istruzione e perfezionare le competenze occorrenti per una economia al passo con i tempi, è imprescindibile un cambio di rotta delle attuali politiche educative oggi pregiudizievoli alla realizzazione di un ambiente aperto all’apprendimento, all’innovazione e all’inclusione[8].

Il ruolo del management

Come per ogni progetto anche nel caso in disamina ci vorranno attori capaci di adottare le azioni utili a dare maggiore forza alle misure previste.

A imprenditori e manager quindi l’incombenza di calibrare i modelli di business per tesaurizzare appieno i finanziamenti destinati nel PNRR ai servizi, compresi quelli per il rafforzamento della cybersecurity e la possibilità di usufruire di reti ultraveloci.

Ecco che, nella convinzione dell’attualità del messaggio di Nelson Mandela, che sosteneva che “l’istruzione e la formazione sono le armi più potenti che si possono utilizzare per cambiare il mondo“, appare indispensabile che nelle imprese trovi terreno fertile la cultura dell’innovazione e della qualità su cui poggiare una visione proattiva oltre che strategica.

A queste condizioni il ruolo dei manager assicurerà il successo alle organizzazioni, perché troverà spazio di manovra la consapevolezza che stabilizzare e rafforzare l’educazione e l’apprendimento permanente può produrre il risultato di fare crescere le competenze occorrenti a realizzare qualsiasi impresa.

Note

[1] Il 18 novembre 2022 la Commissione europea ha adottato la relazione sui progressi compiuti per realizzare lo spazio europeo dell’istruzione entro il 2025, un’area in cui le barriere all’apprendimento sono eliminate e tutti hanno un migliore accesso a un’istruzione di qualità.

[2] Nei Piani nazionali approvati finora dalla Commissione e dal Consiglio, circa il 20% della spesa sociale è dedicato a “occupazione e competenze”.

[3] Il Fondo finanzia anche le università europee che stanno sperimentando lo sviluppo di microcredenziali per la formazione e il miglioramento del livello delle competenze e la riqualificazione.

[4] L’ Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche è un ente pubblico di ricerca che svolge analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche del lavoro e dei servizi per il lavoro, delle politiche dell’istruzione e della formazione, delle politiche sociali e di tutte quelle politiche pubbliche che hanno effetti sul mercato del lavoro.

[5] Sul tema delle professionalità occorrenti alla PA si veda Di Sabato T., Per rilanciare la PA occorre un cambio di passo, << https://www.leadershipmanagementmagazine.com/articoli/per-rilanciare-la-pa-occorre-un-cambio-di-passo/>> , 6 marzo 2023.

[6] Si tratta del “NextGenerationEU”, strumento temporaneo pensato per ricostruire l’Europa dopo la drammatica esperienza del COVID-19. Esso prevede di mettere a disposizione dei paesi membri della UE 750 miliardi di euro di prestiti e di sovvenzioni per sostenere le riforme e gli investimenti che saranno effettuati dagli stati con l’obiettivo di attenuare l’impatto economico e sociale della recente pandemia e rendere le economie e le società delle nazioni europee più sostenibili, resilienti e preparate alle sfide e alle opportunità della transizione ecologica e di quella digitale. Di detto stanziamento l’Italia ha avuto accesso ad una quota di 209 miliardi (il 27,8% dell’intero importo).

[7] Sul tema della digitalizzazione del nostro Paese si veda, Di Sabato T., La digitalizzazione del nostro Paese: perché e come <https://www.leadershipmanagementmagazine.com/articoli/la-digitalizzazione-del-nostro-paese-perche-e-come/>>,14 luglio 2021.

[8] Cfr. Bochicchio F., Di Sabato T., Apprendimento e cambiamento nelle organizzazioni, Libellula Edizioni, Tricase, 2018.

 

Articolo a cura di Tommaso Di Sabato

Profilo Autore

Docente presso la Scuola di Alta Formazione della UNINT- Roma e Collaboratore del Consorzio Interuniversitario sulla Formazione – Torino.
Già Direttore vicario della Ripartizione Risorse Umane di UNISALENTO e Professore a contratto dei Corsi di Laurea in Scienza dell'Amministrazione - Facoltà di Giurisprudenza di UniTELMA – Roma.

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