Il coraggio di cambiare “pelle” alla propria azienda
Sempre più spesso sento lamentarsi imprenditori di PMI e manager funzionali che le loro marginalità non sono più quelle di una volta, vuoi per la concorrenza sempre più agguerrita sui prezzi, difficoltà oggettive nel recupero crediti, costi aziendali (sia diretti sia indiretti) che aumentano, tasse sempre molto alte ecc.; infatti analizzando i bilanci di molte aziende si evince questo problema, tant’è vero che l’utile netto d’esercizio raramente supera il 10%; a volte ci si accorge, alla fine dei conti, che l’azienda non crea valore e copre a malapena il costo del capitale.
In questi casi le domande da porsi, a mio parere, sono: il mio modello di business è ancora attuale? I prodotti che produco e vendo sul mercato, oppure i servizi che fornisco, sono ancora remunerativi? Nel mio mercato di riferimento come posso distinguermi dalla concorrenza e creare valore aggiunto? Quale percorso devo attuare per avviare un processo di innovazione nella mia azienda?
Questi sono solo alcuni esempi di domande che bisognerebbe porsi e a ognuna di esse, dopo varie analisi e possibili soluzioni, dare delle risposte. Ma questa procedura a volte non viene fatta dall’imprenditore o manager, troppo preso dal core business e dal risolvere questioni quotidiane. Bisogna invece imparare a “fermarsi” e ragionare con una visione prospettica: come prevedo sarà il mercato in cui opero tra 5/10 anni? I bisogni dei miei clienti in futuro saranno gli stessi o evolveranno in altro modo? La mia azienda è attrezzata per recepire il cambiamento in atto? Quali sono gli interventi che devo attuare per far sì che non venga colto impreparato? Oppure, cosa ancora migliore: come posso anticipare gli eventi ed essere il primo a offrire un prodotto o servizio che non esiste nel mercato attuale?
Il problema alla base è che diverse imprese non avviano processi di cambiamento nella propria azienda, perchè troppo “innamorate” del proprio modello di business in cui per anni hanno fatto sempre le stesse cose, con una certa soddisfazione. Solo il pensiero di trasformare il proprio ciclo produttivo crea generalmente panico all’imprenditore, figuriamoci affrontare nuovi mercati che non si conosce. Quindi si preferisce preservare lo status quo confidando in tempi migliori, non prendendo troppo sul serio “la parabola discendente” della propria azienda e non considerando che essa potrebbe diventare irreversibile, se non si prendono al più presto decisioni strategiche.
A volte non basta aggiungere nuovi prodotti o servizi se il bacino di clientela è sempre lo stesso: occorre analizzare i vari mercati, sia interno sia esteri, valutando quali saranno i bisogni nel tempo, le possibilità di penetrazione nel mercato locale e le attuali concorrenze presenti, analizzando i loro punti di forza e di debolezza e in che modo essere vincenti.
Bisogna avere il coraggio di cambiare “pelle” alla propria azienda, se necessario, anche modificando completamente il proprio modello di business con nuovi prodotti e servizi ad alto valore aggiunto; avviando processi di internazionalizzazione nei Paesi in cui si ritiene che ciò che si offre possa essere apprezzato e, di conseguenza, permettere la crescita della propria azienda in quel dato mercato.
Ovviamente, ogni azienda ha un discorso a sé in base alle dimensioni, alla struttura organizzativa interna, al mercato in cui sino ad oggi si è rivolta. Sicuramente avviare un processo di cambiamento richiede forte convinzione, innanzitutto da parte dell’imprenditore o del manager che la vuole attuare, entusiasmo nel trasmettere ai collaboratori la propria decisione evidenziando gli aspetti positivi che porterà tale cambiamento e mettere chi “subirà” tale trasformazione nelle condizioni di trarne dei benefici, non solo economici ma anche di accrescimento professionale.
Ogni giorno sentiamo in televisione e leggiamo sui giornali che il problema, in Italia, è che non cresciamo da molti anni e non investiamo sufficientemente da aumentare la capacità produttiva delle nostre imprese; questa problematica viene riscontrata principalmente perchè, nella maggioranza dei casi, non abbiamo il coraggio di prendere decisioni importanti di cambiamento nelle nostre aziende.
Dobbiamo imparare a fare autocritica e cercare, nel nostro “piccolo”, di modificare questo trend.
Qualora un’azienda non riuscisse a sostenere economicamente un processo di cambiamento e innovazione dovrebbe fondersi ad altre imprese complementari (ovvero che sono in grado di fornire valore aggiunto) creando un’azienda nuova in cui unendo le forze, sia economiche sia manageriali e organizzative, si possa sviluppare quel cambiamento che singolarmente non potrebbero attuare.
In questo caso l’imprenditore o manager d’impresa dovrebbe capire che questo tipo di soluzione comporterà sicuramente una riduzione del potere decisionale, in precedenza totalmente a suo carico; e che dovrà imparare a condividere problemi e successi della nuova azienda ma avrà, in compenso, il grosso vantaggio di far parte di un progetto importante che gli garantirà nel futuro maggiori soddisfazioni sotto ogni punto di vista.
Concludendo, questo articolo ha lo scopo di far riflettere e spingere l’imprenditore e il management ad analizzare nel profondo la propria azienda e, in base alle conseguenti valutazioni e analisi, ad avere il coraggio di prendere importanti decisioni di cambiamento – anche radicali – in una visione prospettica di medio/lungo periodo, senza cadere nella trappola della quotidianità e dell’operare giorno per giorno subendo gli eventi esterni ma sforzandosi, invece, di essere i precursori del domani.
A cura di Pierluigi Zappaterra
Classe 1967, nato e residente a Milano, recentemente conseguito Diploma del Master "Executive MBA" (EMBA) del Mip-Politecnico di Milano, con cui ho coronato una formazione manageriale a 360° acquisita nel tempo, sia presso ambiti aziendali che centri di formazione manageriale per dirigenti (CFMT). Quest’anno ho raggiunto 30 anni di attività nell’ambito del Business e management in cui ho operato in svariati settori: dall’Assicurativo all’ambito del Marketing Pubblicitario, per poi passare alla vendita diretta di attrezzature per l’ufficio per una multinazionale giapponese, sino a operare nell’ambito dei servizi di noleggio delle attrezzature da cantiere nell’edilizia e industria sia in una multinazionale Franco-Americana per 16 anni in cui mi sono formato a livello manageriale ricoprendo vari ruoli sempre più crescenti (da Area Manager Nord Italia a Responsabile di Filiali Commerciali), sino a prendere in mano una Società “Start Up” nel 2008 (luogo in cui opero tutt’ora) nella funzione di Direttore Commerciale Italia avviandola e sviluppandola sia a livello commerciale che organizzativo su tutto il territorio nazionale.