Il Patto di Famiglia per una Successione d’azienda “Pacifica”
Premessa
In un periodo di forte discontinuità, come quello che stiamo vivendo a causa della pandemia da Covid-19 e non solo, il Passaggio Generazionale in azienda è un tema oggi più che mai di grande attualità e importanza.
In Italia la percentuale delle Imprese a conduzione familiare è circa dell’87%, e solo un 25/30% di esse resta in vita attraverso la seconda generazione. Questo dipende principalmente dall’assenza di un’adeguata pianificazione per tempo del passaggio generazionale: un Processo [e non un Evento] “psicologicamente significativo” per l’imprenditore che entra in contatto con le proprie Emozioni che gli possono far vivere tale processo sia come occasione di crescita che di regressione.
Diventa perciò molto importante, per tutelare la continuità d’impresa, che l’imprenditore adotti una precisa linea strategica per fortificare le proprie competenze manageriali per il “cambiamento organizzativo” e la consapevolezza emotiva per sé e per gli atri.
Eviterà in tal modo che il passaggio generazionale impatti negativamente sull’impresa e al contrario, diventi un’opportunità di trasferimento, non solo di quote e/o ruoli, ma anche di know-how e di valori sia personali che familiari.
Di fatto, se efficacemente gestita, la successione in azienda può rappresentare un’importante opportunità di rilancio e di crescita per l’impresa, in un’ottica più moderna e innovativa.
Ragion per cui è indispensabile che l’imprenditore non perda mai di vista il fatto che il ricambio generazionale è un processo graduale composto da un insieme di fasi di cui la prima è proprio quella della Pianificazione per tempo, che prende avvio molto prima che avvenga il passaggio formale di consegne.
Tuttavia, purtroppo i dati non sono incoraggianti per quanto riguarda la percentuale degli imprenditori che affronta il problema della Pianificazione Successoria: sono solo il 2%.
Uno strumento che può essere di grande aiuto in questa situazione è il “patto di famiglia” in quanto finalizzato ad accompagnare l’imprenditore e le persone con lui a stretto contatto, nella delicata fase di garantire continuità alla propria azienda, con una serie di prerogative e di vantaggi strutturali.
Tale strumento giuridico è, in buona sostanza, un processo (o una serie di processi) a mezzo del quale un’impresa passa dalla conduzione diretta dell’imprenditore, attualmente gestore in senso ampio della vita dell’azienda, ai suoi discendenti.
Il PF viene ad innestarsi in uno scenario complessivo che vede in prima linea i bisogni, le attitudini e i desideri dell’imprenditore in merito ad una successione mirata e focalizzata, attraverso doverose analisi di natura psicologica e comportamentale. L’imprenditore si libera delle incombenze di direzione e coordinamento della propria azienda, pur senza esserne escluso, in un contesto di trasferimento di posizioni managerialmente e giuridicamente rilevanti, nei riguardi dei propri successori per causa di morte, anticipando un ricambio generazionale soft e senza traumi, in piena consapevolezza e senza un distacco improvviso e traumatico.
Infatti il ricambio generazionale si rivela spesso difficile, in alcuni casi traumatico, poiché non attiene solo alla dimensione economico-finanziaria o di mera successione al vertice dell’impresa, bensì coinvolge anche dinamiche di tipo psico-relazionale e familiare.
Per questo fatto vogliamo evidenziare uno tra i settori più importanti del passaggio generazionale: la relazione tra imprenditore ed erede. Più precisamente, le difficoltà dal punto di vista psicologico e relazionale che sia il fondatore che il successore incontrano durante la preparazione alla successione.
La relazione tra imprenditore ed eredi
I principali problemi che i successori si trovano ad affrontare sono attribuibili al loro bagaglio di competenze, sicuramente da perfezionare, e alla necessità di doversi adattare ad un contesto nuovo in cui l’approvazione del proprio ruolo e la possibilità di esprimere le proprie abilità diventa un elemento di grande importanza.
Al contrario, i problemi maggiori che i Senior devono affrontare sembrano essere riconducibili alla difficoltà di “lasciare la presa” sul potere gestionale che si sono conquistati nel corso degli anni. Sapersi “abbandonare” al cambiamento senza opporre resistenza è per il Fondatore davvero molto difficile.
Di fondamentale importanza è tenere sempre presente quali sono state le reali motivazioni che hanno spinto l’imprenditore ad investire nella propria attività e, in particolare, comprendere in che modo tali motivazioni hanno condizionato sia la conduzione che il legame con la propria azienda.
Spesso l’imprenditore di prima generazione è spinto da motivazioni quali l’ambizione, che nel suo significato positivo, indica il desiderio di migliorare la propria posizione sociale, lavorativa e relazionale per raggiungere sempre nuovi obiettivi di crescita personale e di successo lavorativo.
L’imprenditore di seconda o terza generazione inizia, invece, la sua attività in un’impresa ben strutturata e avviata ad immagine e somiglianza del Senior.
Questa situazione lo porterà ad affrontare spinte motivazionali più orientate a “lasciare il proprio segno” cercando di dare un proprio marchio alla conduzione della propria azienda.
Una variabile di primaria importanza nella determinazione delle sorti del family business è la relazione genitore – figlio che se è ben strutturata nei ruoli familiari risulta invece, molto confusa in quelli aziendali.
C’è una tendenza tra Senior e Junior a non voler approfondire tale relazione, evitando di chiarire le proprie aspettative, motivazioni e i valori (familiari) che sottendono la cultura organizzativa dell’azienda.
Ai fini del ricambio generazionale, è importante sottolineare le componenti psicosociali del rapporto genitori-figli che possono essere co-determinanti del buon esito della successione perché tale momento rende espliciti elementi sommersi tra Senior e Junior quali conflitti, divergenze di idee, aspettative, motivazioni e aspirazioni.
L’imprenditore Senior vive con la propria azienda un rapporto “Generativo”: la considera una sua creatura verso la quale proietta sentimenti, comportamenti e aspettative che sono tipici di un padre verso i propri figli.
Tuttavia, un desiderio eccessivo di “generatività” sviluppa nell’imprenditore Senior, un bisogno d’identificazione con la propria azienda che diventa un problema inconscio quando tale fattore incomincia a rendere difficile il distacco; di conseguenza, tale momento viene affrontato solo quando non sarà più rimandabile.
Il connubio così forte tra impresa/imprenditore porta al contrario, l’imprenditore Junior ad avvertire la responsabilità, sia di non essere all’altezza delle aspettative familiari, sia di non essere adeguatamente preparato
L’alternanza generazionale e le fasi del “ciclo di vita” in cui si trovano i soggetti coinvolti
Nell’alternanza generazionale sono differenti le fasi del “ciclo di vita” (Life-span Psycology) in cui si trovano sia il Senior che il Junior e questo elemento non può essere trascurato poiché può determinare atteggiamenti diversi nei confronti dei vari aspetti che costituiscono le delicate fasi di un passaggio d’impresa e rendere problematica la compresenza all’interno dell’azienda.
Cambiamenti fondamentali nella personalità si verificano nella seconda metà della vita, tra i quali: la tendenza a percepire il tempo più come passato che, come futuro, auto-riflessione e introspezione, maggiormente sviluppate.
Riflettere su questi aspetti permette di non sottovalutare le diverse caratteristiche dei principali attori coinvolti nel passaggio.
In tal senso possiamo notare una certa difficoltà da parte degli imprenditori a circoscrivere in un periodo specifico il passaggio generazionale che viene invece localizzato in un arco di tempo abbastanza indefinito. Infatti, la possibilità di collocare in una prospettiva temporale futura/lontana gli eventi che si verificheranno è uno degli elementi che gli permettono di mantenere la sensazione di poter controllare l’ambiente e di progettare comportamenti e strategie; se viene meno una collocazione temporale, sia pure approssimativa, ogni linea di azione diviene di per sé stessa più difficile.
Come spesso accade in situazioni che richiedono decisioni/comportamenti a forte impatto emozionale e a rischio elevato, ognuno dei partecipanti tende a una sorta di chiusura cognitiva sul proprio orizzonte; ciascuno interpreta le situazioni problematiche dal proprio punto di vista, con scarsa capacità di self-monitoring con conseguente irrigidimento dei rapporti.
In comune con i propri figli c’è il riconoscimento delle difficoltà relative ai rapporti con altre persone che operano in azienda. Più precisamente, il Senior riconosce l’aspetto cruciale del rapporto che il Successore riuscirà ad instaurare con i diversi stakeholder per riuscire a trasformare quelli che inizialmente sono severi controllori, a volte contrari, in sostenitori e seguaci. Il futuro leader dovrà tenere conto di questi differenti rapporti per imparare a conoscere e farsi conoscere favorendo così la costruzione di una reciproca fiducia.
In conclusione, possiamo dire che il Passaggio Generazionale è una realtà attuale che si presenta in ogni tipo di impresa e con il quale ogni imprenditore si deve confrontare. Rappresenta uno dei momenti più critici durante il ciclo di vita delle aziende in quanto rappresenta un processo di cambiamento e di ridefinizione per l’intera organizzazione. La successione in primis non è un evento ma un processo e come tale va programmato e attuato professionalmente. Non è un percorso lineare ma si deve adeguare ai continui mutamenti dell’impresa e di chi la dirige. Appare quindi evidente che affidare tale percorso all’improvvisazione aumenta il rischio di generare effetti destabilizzanti e potenzialmente sfavorevoli per l’impresa.
Per evitare tale “debacle” tra gli strumenti per l’attuazione e la gestione di un passaggio generazionale, il Patto di Famiglia a nostro parere, assume una connotazione di estrema rilevanza, con una serie di vantaggi che altri strumenti non permettono.
Ciò che è certo, è che un attento lavoro di pianificazione della trasmissione del patrimonio aziendale può avvenire solo se l’imprenditore coinvolgerà per tempo e in modo prudente, le diverse figure professionali coinvolte in questo processo.
Viceversa, una volta chiamati in causa i vari professionisti, [avvocati, commercialisti, notai, consulenti finanziari, psicologi delle organizzazioni…] sarebbe davvero auspicabile che quest’ultimi avviassero tra loro uno scambio di reciproche informazioni professionali che ognuno possiede in base alla relativa specifica e profonda conoscenza dei complessi e articolati temi della successione d’impresa per consegnare all’imprenditore un progetto condiviso che segue lo stesso obiettivo: consegnare lo strumento giuridico più idoneo a tutela del patrimonio familiare di quella determinata Azienda-Famiglia.
Si tratta senza dubbio di un compito complesso, in quanto privilegia oltre a specifiche competenze tecniche anche doti personali che coinvolgono la sfera comunicativa, di ascolto e di riflessione.
In questo articolo, abbiamo privilegiato il PF perché rappresenta bene il bisogno che ogni genitore/imprenditore ipotizza durante la successione della propria Azienda-Famiglia: evitare contrasti tra i propri successori.
Difatti il PF è normalmente finalizzato a creare un ambiente di pace e serenità in tutto il gruppo familiare, anticipando pessime esperienze che potrebbero essere indotte da una certa superficialità ed un ritardo nella sua attuazione pratica. Il PF, in altri termini, è finalizzato ad impedire – ovvero a prevenire – possibili scenari di conflittualità nel corpo familiare in cui si inserisce, in una logica di consentire un ambito di gestione dall’imprenditore a quello dei propri discendenti che è più interessato di altri a proseguire nel prendere il timone e le redini dell’azienda.
Gli altri discendenti e/o successibili saranno adeguatamente e tangibilmente salvaguardati nelle loro posizioni attraverso lasciti diretti, in denaro o in natura.
Il Patto di famiglia: caratteri generali
Non è necessario trasferire un’azienda direttamente ai figli, se alcuni di loro non sono interessati, perché questa sarebbe una forzatura, fonte di possibili criticità, sia nell’immediato, sia nel futuro prossimo. Quando si struttura un PF è sempre possibile lasciare alcune prerogative all’imprenditore interessato, che non cesserà mai, così, di essere un punto di riferimento e di supporto per i successori, verosimilmente in momenti critici, laddove un apporto dell’imprenditore possa ancora fare la differenza. All’occorrenza è possibile anche prevedere un graduale distacco dell’imprenditore, il quale potrebbe continuare ad essere remunerato con una quota sugli utili.
La tentazione di agire immediatamente e preventivamente ad operare una successione di fatto, ad esempio attraverso lo strumento della donazione, deve essere accantonata, in quanto foriera di possibili problemi al momento del decesso e dell’apertura della successione ereditaria, considerato che il codice civile prevede, in caso di morte, un ricalcolo virtuale dell’intero patrimonio del defunto, ricostituito con le dazioni liberali effettuate in vita, per poi procedere rigidamente ad una ripartizione secondo le quote di legge o, in caso di testamento, secondo le disposizioni di questo. In ogni caso, come ben noto, il testatore non può evitare di considerare le quote di legge comunque spettanti a determinati soggetti, quali i figli ed il coniuge (e, in assenza di figli, gli ascendenti). Laddove l’imprenditore abbia fatto donazioni in precedenza del PF, in questo strumento giuridico le stesse potranno essere rivalutate ed inserite per creare un equilibrio nelle quote che sia in linea con i valori di legge.
Il PF è frutto di una operazione sempre “reversibile”, attraverso il rilascio di determinati poteri all’imprenditore, sia di ordine economico, sia di ordine negoziale. Potranno essere inserite clausole che prevedano il raggiungimento di determinati obiettivi, attraverso un utilizzo dei poteri di gestione eventualmente convenuti ed innestati nel Patto.
Società di persone e società di capitali
L’imprenditore titolare di una società di persone può sempre procedere con un PF, indipendentemente dal valore della sua quota di partecipazione nella società, salvo il rispetto di determinate regole in ordine al trasferimento delle quote, le quali sono normalmente incluse nello statuto della società e possono richiedere, per il trasferimento l’accordo fra tutti i soci. Diversamente, nelle società di capitali, la circolazione della partecipazione sociale è più libera, essendo questa la regola generale, salvo deroghe contenute nello statuto. Ad una analisi attenta dello stesso è rimessa la preventiva attività di controllo, alla ricerca di possibili ed eventuali limiti esistenti, procedendo con accordi con tutti i soci per la modifica di questi limiti e la creazione di un ambiente giuridicamente idoneo a consentire la libera attuazione di un PF.
Il PF può essere stipulato a favore dei figli, o di quelli tra essi interessati a continuare l’attività avviata dal padre. La regola vale anche per i discendenti dei figli, i nipoti. Nel momento della stipulazione di un PF devono essere considerati tutti i c.d. “legittimari”, di cui si è accennato sopra: questi sono il coniuge e i figli (e, in assenza di figli e/o discendenti, gli ascendenti).
L’oggetto del PF è dunque l’azienda familiare. Questa può essere trasferita, in tutto o in parte, ai discendenti, mixando con attenzione i beni che formano oggetto del patto, con tutti gli asset immateriali che costituiscono l’avviamento ed il valore della stessa, trasferendo la propria quota di partecipazione. Nel caso di società, di ogni genere, il titolare può trasferire ai figli interessati, ritenuti più capaci e meritevoli, una quota della azienda. Non sono previsti limiti in ordine alla misura della quota.
Il controllo gestionale dell’attività
Se il titolare vuole mantenere il controllo gestionale della società, finché i destinatari delle quote conferite non abbiano raggiunto una certa autonomia gestionale e funzionale, può farlo liberamente, con ogni strumento idoneo. Agli altri figli non interessati, sarà possibile trasferire somme di denaro o beni immobili in grado di attuare un equilibrio nei valori complessivamente conferiti.
È possibile mantenere l’usufrutto della azienda, per avere un adeguato controllo, con la garanzia di una rendita a favore del proprietario, cosicché, in caso di decesso il discendente unirà la nuda proprietà con l’usufrutto, senza alcuna attività specifica, essendo questa una previsione di legge ben conosciuta. Può essere prevista una clausola di risoluzione del PF, per il caso in cui il discendente muoia prima del padre e questi voglia evitare la trasmissione agli eredi del figlio scomparso, cosa che potrebbe generare problemi di ogni tipo, primo fra tutti quello dell’eccessivo trasferimento del valore della quota.
Il PF prevede anche la possibilità di preservare a favore dell’imprenditore, particolari prerogative e diritti, che influiscano sulla gestione concreta dell’attività.
Il PF è stato introdotto con la finalità (non esclusiva) di evitare le potenziali liti giudiziarie a seguito di donazioni effettuate dall’imprenditore (persona fisica, persona giuridica), per il meccanismo sotteso alla violazione della quota di legittima spettante al coniuge ed ai figli, con l’avvio di complicazioni giudiziarie, soprattutto da parte dei successori che non hanno ricevuto la quota societaria in donazione, ma solo una quota di denaro o altri beni immobili. Il problema è sempre quello correlato alla ricomposizione dell’intero patrimonio del defunto al momento della morte, cosa che potrebbe verosimilmente pregiudicare i diritti dei discendenti o del coniuge, che non hanno avuto una quota della società.
Il Trust
Nel Trust, diversamente che nel PF, il trasferimento viene effettuato non ai beneficiari, ma ad una terza persona (trustee), la quale dovrà amministrare l’azienda, o le quote di essa, a vantaggio dei futuri discendenti ed in seguito trasferirla a loro. È uno strumento molto diffuso, ma occorre subito chiarire che presenta gli stessi rischi della donazione, una volta che sia necessario ricostituire virtualmente il valore dell’intero patrimonio dell’imprenditore, che dovrà essere considerato come comprendente le quote gestite nel Trust, con i valori attualizzati, ancora una volta fonte di prevedibili e possibili liti, anche giudiziarie.
D’altro canto, una regola generale di prudenza e prassi, è quella di attuare il PF quando i rapporti familiari – tutti – sono sereni e ben organizzati, in uno scenario nel quale l’azienda si trovi in una posizione di sicurezza e di potenziale crescita. Questo per attivare subito i desiderata dell’imprenditore, in un clima sereno e collaborativo.
La struttura del patto di famiglia
Dal punto di vista pratico, vale la pena di ricordare che il PF è un contratto, che deve essere redatto davanti al notaio e che prevede tre figure in gioco: il “disponente” i “legittimari” e i “discendenti”. Coloro ai quali viene intestata l’azienda – o una quota di essa – sono gli assegnatari e, in questo momento di stipulazione, dovrà essere valorizzata l’azienda, nel suo valore di mercato, attraverso una perizia giurata da allegare al contratto.
In questo contesto, ai beneficiari non assegnatari verrà ceduta una somma di denaro o proprietà immobiliari e mobiliari, da valere come liquidazione della loro quota di legittima. Questo potrà avvenire ad opera del soggetto che ha ricevuto la società o la quota, ovvero direttamente dal disponente. Accade spesso che il coniuge dell’assegnatario rinunci alla propria quota di liquidazione, a favore degli altri soggetti.
Il PF è uno strumento che ha molte prerogative sui profili fiscali, attraverso esenzioni ed agevolazioni. Il trasferimento dell’azienda o delle quote all’assegnatario non subisce alcuna tassazione per imposte dirette, alla condizione che l’assegnatario prosegua l’esercizio dell’attività, o mantenga il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dal trasferimento, dovendo rendere, nel contratto attuativo del PF, una dichiarazione con la quale si impegna ad osservare le suddette condizioni. Per le assegnazioni agli altri eredi non vige il sistema di esenzione come per gli assegnatari, ma le donazioni eventualmente effettuate dall’assegnatario a conguaglio dovranno scontare la relativa imposta, seppure con esenzioni e franchigie. La liquidazione ai discendenti non assegnatari, coinvolti nel patto di famiglia, non è soggetta ad alcun onere fiscale (salve le imposte ipotecarie e catastali se nella quota vi sono beni immobili).
Articolo a cura di Alessandra Bussi Moratti e Pasquale Dui