Innovare la formazione per formare l’innovazione
“Firms outperforming competitors often derive their success from innovation and in many cases such innovation is technology based”
Vittorio Chiesa, R&D Strategy and Organisation
Siamo da tempo abituati a un continuo e tumultuoso sviluppo di innovazioni tecnologiche: è il contesto attuale che offre straordinarie opportunità ma, allo stesso tempo, un imperativo per le imprese che richiede grandi sforzi e competenze per mantenere e accrescere la propria competitività. Quindi, grande attenzione al costante sviluppo di:
- prodotti/servizi innovativi (o migliorati),
- processi (produttivi, logistici, amministrativi…) innovativi (o migliorati),
che portino a migliorare fatturati e marginalità.
Per i formatori la sfida è, quindi, da un lato aiutare lo sviluppo di figure professionali con competenze specifiche al passo con i tempi e dall’altro, allo stesso tempo, instillare una vera e propria predisposizione e propensione all’innovazione in grado di seguire la dinamica evoluzione delle tecnologie, abbracciando di volta in volta quelle più adeguate all’impresa in cui si troveranno a operare.
È sicuramente questa seconda la sfida più difficile da affrontare ma le opportunità e le buone pratiche non mancano, come dimostrano le esperienze riportate di seguito.
A livello italiano i corsi che hanno come tema centrale la gestione della tecnologia e dell’innovazione sono una pratica largamente consolidata, ne esistono a centinaia e sono in continua evoluzione. Infatti, tutte le Università e le Business school prevedono corsi, indirizzi, Master; parole chiave quali creatività, sviluppo di nuovi prodotti, organizzazione delle attività di R&D, gestione dell’innovazione, innovation manager, innovazione aperta (open innovation) sono tra le più comuni.
Un’offerta estremamente valida e variegata dunque, in grado di dare ai partecipanti le opportune conoscenze specifiche così come una visione olistica sul tema e richiedendo da una giornata ad un anno o più di impegno in aula. Cosa manca in questo contesto? Esiste un gap nell’offerta formativa?
Forse sì.
Da un lato la gestione dell’innovazione è “facile” da raccontare ma, al pari di altre discipline, difficile da praticare. Il passaggio da conoscenze a competenze è tutt’altro che banale, in particolare quando ci si trova a operare in organizzazioni dove non esiste un’esperienza aziendale consolidata e colleghi più esperti a cui fare riferimento per “scaricare a terra” quanto appreso in aula. È altrettanto vero che “riprodurre” in aula le condizioni tipiche in cui si sviluppa la gestione dell’innovazione aziendale è altrettanto complesso.
Dall’altro, non è solo una questione fornire competenze tecniche o strumenti specifici. C’è una propensione all’innovazione che prevede sì una conoscenza di base della soluzione tecnologica ma anche uno spirito imprenditoriale, la capacità di lavorare in team allargati e di adattamento a contesti (mercati, clienti…) diversi, il senso del tempo per muoversi nel momento più opportuno, ecc.
Nel mio ruolo mi sono posto il problema e ho elaborato alcune soluzioni, che presento di seguito.
Il corso di “Innovazione e design industriale”
Una prima esperienza[1] ormai consolidata è il corso della LIUC – Università Cattaneo, di cui sono titolare, che affronta il tema dello sviluppo nuovo prodotto ma con un approccio originale. Ogni anno un’azienda partner ci propone un proprio prodotto che intende innovare. Gli studenti, divisi in team, sono chiamati a elaborare e presentare a fine corso la propria innovazione, non solo un’idea ma un vero e proprio progetto organico e declinato in termini di (i) design e concept del nuovo prodotto, (ii) ingegnerizzazione del nuovo prodotto, (iii) progettazione e realizzazione dell’impianto produttivo e (iv) business planning e valutazione economico-finanziaria. Per ciascuna parte i gruppi potranno contare sul supporto dei professori, che svolgono il ruolo che in impresa sarebbe tipico del Senior Manager. Il corso ha, infatti, anche il pregio di far vivere di un’esperienza di vita d’azienda, con le dinamiche competitive, i tempi “sempre tirati”, le scadenze impellenti, le relazioni con clienti e fornitori, la gestione di team di progetto e tutti gli ostacoli che da lì a breve si troveranno di fronte nella vita professionale.
I risultati ottenuti sono stati di grande soddisfazione. Nel tempo abbiamo lavorato con aziende importanti (tra le quali ricordiamo Samsung, DeLonghi, Fiera di Milano e Fiamma, solo per citarne alcune) e nel tempo tre nuovi prodotti sviluppati nel corso sono stati brevettati.
Il corso di “Technology and innovation management in the industry 4.0 era”
La seconda esperienza è il corso che tengo presso la Scuola Mattei – Eni Corporate University. In questo contesto, i partecipanti hanno una seniority più alta e, in molti casi, esperienze professionali significative. Il corso sviluppa competenze per la gestione e l’organizzazione delle attività di ricerca e sviluppo aziendali.
La novità di quest’anno è che al posto del tradizionale esame di fine corso gli studenti saranno chiamati a partecipare a un hackaton interno a Eni. Un hackaton è un evento, nato nel mondo dell’informatica, nel quale gruppi di esperti multidisciplinari si sfidano tra loro per risolvere un problema specifico in un lasso di tempo definito (tipicamente un giorno o due ma possono durare anche una settimana). L’evento si apre con l’illustrazione del problema oggetto dell’hackaton e si conclude con la presentazione da parte di ogni gruppo della soluzione proposta. L’evento risulta, così, molto intenso e competitivo e questa modalità favorisce la concentrazione (l’evento è continuo, non ci sono distrazioni né interruzioni), la creatività (si lavora in un gruppo di pari e senza inibizioni) e lo spirito di collaborazione nel gruppo di lavoro (il tempo è poco e servono le competenze e la creatività di tutti).
Le esperienze sviluppate sia attraverso questi corsi innovativi che in corsi tradizionali mi portano a concludere che – sia per le imprese sia per i singoli partecipanti – nel mare magnum di offerte formative è bene scegliere un programma che offra la possibilità di sperimentare in prima persona le sfide che l’innovazione comporta; che non offra, quindi, solo le debite conoscenze tecniche ma anche un’esperienza più completa e immersiva.
Ne beneficeranno la soddisfazione dei partecipanti e l’efficacia della loro azione e delle loro decisioni nel contesto aziendale.
Note
[1] Nato da un’intuizione del prof. Carlo Noè e della prof.ssa Raffaella Manzini
Articolo a cura di Emanuele Pizzurno
Emanuele Pizzurno, PhD, è ricercatore nell’area dell’ingegneria economico-gestionale presso la Scuola di Ingegneria Industriale della LIUC Università Cattaneo dove ha svolto gran parte della propria attività accademica. In parallelo ha svolto numerosi incarichi di advisory strategico e di studi e ricerche scientifiche affidati da qualificate istituzioni pubbliche e private e, nel 2014, è stato co-fondatore del Centro sull’Imprenditorialità e la Competitività, affiliato ad Harvard Business School. È inoltre collaboratore alla ricerca e professore a contratto presso la Scuola Mattei – Eni Corporate University e presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano e si occupa di formazione manageriale presso primari Istituti Bancari. I temi di ricerca e di didattica prevalenti riguardano la gestione della tecnologia e dell’innovazione e la competitività e si è inoltre occupato a lungo di strategie e gestione ambientale d’impresa. Su questi temi è autore di numerose pubblicazioni scientifiche internazionali.