La comunicazione aziendale moderna: le nuove regole del gioco

La comunicazione è un’arte primordiale connaturata nell’uomo quale essere sociale, che necessita del gruppo per la propria sussistenza e sopravvivenza. Allo stesso modo l’universo delle imprese è sottomesso a tale assiomatica e dura legge di natura. In tal contesto Darwin e Hobbes nulla avrebbero da obiettare alla metafora dell’ambiente competitivo quale fedele riproduzione dell’antico Colosseo: un mondo spietato e privo di qualsiasi remora morale. Questa è l’epoca dove le fake news, fabbricate spesso con logica imprenditoriale, hanno più visualizzazioni e condivisioni delle verità e dove ognuno può esprimere la propria opinione innanzi al mondo senza preoccuparsi di giustificare fonti o dati.

Dal predominio della comunicazione d’impresa che ha caratterizzato il secolo scorso oggi rimane certo una realtà più zoppicante, in cui non vi è limite all’affollamento mediatico e dove il compito di attirare l’attenzione del potenziale cliente rappresenta un arduo compito, per cui il marketing manager ha a disposizione un budget limitato e nient’altro che le proprie competenze.

Questa è la realtà del comunicatore d’impresa, spesso visto dai colleghi come un dispendioso imbonitore da circo in una funzione marketing di cui così poco si riesce a quantificare la funzione.

Ma come qualsiasi imbonitore conosce i suoi trucchi per attirare la folla nel tendone, così anche per le imprese esistono alcune accortezze utili a non commettere gli innumerevoli passi falsi possibili nel ginepraio della moderna comunicazione. Innanzitutto bisogna riportare un po’ di dignità al compito del comunicatore. Nell’attuale ambiente in cui opera l’impresa, l’innovazione di prodotto esiste solo ed esclusivamente quando si riesce a innescare nel cliente l’idea di novità. Allo stesso modo la qualità di un prodotto o servizio rimane del tutto isolata nei confini aziendali, finché il marketing non riesce a trasferire tale qualità anche nella mente del consumatore.

Ci sono alcuni elementi cruciali per far sì che la comunicazione possa diventare efficace e con un buon rapporto costi-benefici e in questo articolo si prova a descriverne a grandi linee i principi generali.

CONCORRENTI

Il concetto stesso di concorrenti, così come si studia all’università nel modello delle cinque forze di Porter è ad oggi incompleto. Infatti il marketing ha abituato le imprese a monitorare e superare le iniziative di comunicazione dei propri concorrenti, diretti o potenziali. Nulla di sbagliato in questo concetto che però è del tutto insufficiente se si pensa all’attuale situazione ambientale. Il messaggio dell’impresa compete con tutte le altre realtà che comunicano in quel dato momento con un potenziale cliente. Il sistema di concorrenza per il comunicatore è l’affollamento mediatico. Che sia una pagina che promuove ricette o una notifica da un’app, l’attenzione del consumatore è perennemente distratta e latente. Per il comunicatore l’obiettivo è prevalere nello scontro per l’attenzione di un’audience. La dimensione chiave è la scarsità del tempo che un soggetto può dedicare al moderno eccesso di offerta informativo. L’audience non ragiona per classi di prodotto, la sua attenzione è labile e incoerente perché soggetta al bombardamento dalle fonti più diverse. Un individuo può essere attento a uno qualsiasi dei banner pubblicitari di un sito web. Può vedere passivamente uno spot tv mentre aggiorna il feed di Facebook, oppure può aprire un’app nel momento in cui ascolta la radio.

Si pensi a Times Square a New York. La tradizione ci impone di guardare tale piazza come monumento agli sforzi di marketing. Nel cuore della città commerciale per eccellenza, popolata da più di 8 milioni di potenziali clienti e sita nella nazione che ha inventato il marketing. Pensate di essere al centro di quella piazza: a cosa darete attenzione? Gli spot sugli schermi appartengono alle classi di prodotto più diverse eppure presterete un interesse attivo solo ad alcuni di questi, escludendone altri per motivi avulsi dal gioco competitivo.

TEMPO

Il tempo è da sempre dimensione fondamentale della vita umana. Razionalizzando il tempo, si osserva un continuum composta dal susseguirsi di singoli momenti. Raggiungere il cliente in una determinata frazione di tempo consente di aumentare le possibilità di un acquisto. Ogni smartphone è potenzialmente un registratore di cassa, la questione è proporre un prodotto nel momento più opportuno.

Questo aspetto interviene pesantemente nella pianificazione pubblicitaria moderna. Negli anni passati una grande porzione di investimenti, soprattutto in televisione e radio, era utile a mantenere vivo il ricordo del marchio, nel garantire nell’audience che l’impresa esisteva e che offriva un prodotto, o un insieme di prodotti specifico.

Oggi se si pensa al rapporto costi-benefici è più utile investire in una comunicazione volta a stimolare un acquisto immediato. La pubblicità su mobile ha una connotazione più legata all’acquisto piuttosto che a caratterizzare l’immagine. Il prezzo e le offerte sulla convenienza stanno raggiungendo quote di visibilità maggiori e l’attivazione di contratti in forma rapida, senza presenza fisica, stanno aumentando considerevolmente. Un messaggio pubblicitario che si manifesta all’apertura di un’app di intrattenimento coglie un momento in cui il potenziale cliente ha del tempo libero. Grazie alla raccolta di informazioni sugli utenti, la pubblicità può essere fortemente tarata solo su quei soggetti che hanno un potenziale interesse all’acquisto.

La comunicazione utili a promuovere l’acquisto di un’auto è un esempio. Uno spot televisivo può cogliere un certo target in base a informazioni come il programma in onda o la fascia oraria. Ma non può discriminare i soggetti che stanno valutando l’acquisto di un’automobile da coloro che non ne hanno alcun interesse. Internet può invece intervenire in questo, somministrando uno spot solo a coloro che effettuano ricerche legate al possibile acquisto di un’automobile. L’efficienza della campagna viene notevolmente incrementata così come la possibilità di ottenere un’interazione dovuta magari al soggetto che è interessato e clicca sulla pagina pubblicizzata.

CODIFICA

Un ulteriore aspetto cruciale riguarda il processo di codifica e decodifica di un messaggio. Purtroppo chi crea un messaggio pubblicitario, che sia uno spot tv, un promo su Youtube o un outdoor, è spesso una persona, per età e per interessi, completamente diversa dal potenziale cliente.

In questi casi la comunicazione agli adolescenti è un interessante banco di prova. Si pensi a una persona di quarant’anni che prova a dialogare alla pari e con credibilità con un quindicenne. Il comunicatore ha vissuto la sua adolescenza in un altro periodo storico, in diverse condizioni e potrebbe addirittura essere tentato di comunicare nei panni di un genitore. La distanza tra i due soggetti è tale che spesso le imprese ricorrono all’uso di costosissimi testimonial, presi a modelli di consumo dai più giovani.

Il testimonial è una scelta comune, specialmente per quelle grandi realtà imprenditoriali con un brand già affermato. Tuttavia si può comunicare con un target giovane anche attraverso la creazioni di community, magari sfruttando un terreno comune favorevole come l’ironia.

Realtà già affermate come Calciatori brutti, Commenti memorabili e iPantellas dimostrano come vi sia possibilità di creare comunità degne di un engagement solidissimo e duraturo attraverso uno stile di comunicazione semplice ma fondato su un rapporto di parità tra chi comunica e chi riceve il messaggio. La credibilità deriva dalla capacità della fonte di essere il famoso “uno di noi” per i potenziali clienti. Questo esempio dimostra come nella comunicazione non conta il contenuto in sé, ma quanto di questo si riesce a trasferire al target. Queste community sono più versatili di un testimonial, che potrebbe anche andare a oscurare la visibilità del prodotto. Tuttavia sebbene via sia un costo monetario inferiore, le community richiedono un buon investimento in termini di tempo, in cui la quotidianità diventa perno essenziale.

TEST

Il sistema di indicatori e metriche è un ulteriore chiave di valutazione della propria comunicazione. Consulenti, blog e conferenze esaltano sovente la crucialità della misurazione evitando spesso di impiegare eccessivo zelo nel ricordare che le misurazioni tipiche agiscono ex post e generano un effetto solo nelle campagne successive. Senza negare l’importanza delle valutazioni ex post, bisogna anche saper rispondere alle esigenze di quelle imprese che non si possono permettere il lusso di sprecare risorse alla prima uscita della campagna. I lanci di nuovi prodotti, i nuovi brand così come le prime impressioni sono elementi estremamente delicati nella comunicazione. Se Iliad e Dazn avessero sbagliato il lancio delle campagne di questa estate 2018, non avrebbero raggiunto quella massa critica di clienti che gli consente tuttora di rimanere sul mercato. Pertanto la tecnica più utile nel sistema di indicatori è la fase di test. Provare il messaggio su un’audience pilota garantisce di comprendere ex ante gli errori di decodifica da parte di un target, prima che la campagna sia pubblica. I metodi per fare ciò sono i più diversi, dalle comunità on line, al focus group fino ai sondaggi. Sono strumenti relativamente economici per comprendere l’impatto della comunicazione. Tali tecniche non sono prive di rischi, come una distorsione delle risposte, ma riescono a garantire un feedback utile a rimodellare il messaggio. Nella forte soggettività della fase di decodifica è quasi impossibile che colui che invia il messaggio, che quindi ne conosce i dietro le quinte e i segreti, abbia percezioni simili a un ignaro potenziale cliente.

CREDIBILITÀ

Credibilità e spontaneità sono aggettivi che caratterizzano, seppur con forte spirito di paradosso, l’era moderna. La comunicazione volta a imprimere con forza un messaggio nella mente del consumatore è in fase di declino, e comunque richiede budget proibitivi. L’impresa è credibile solo quando accompagna il potenziale cliente nella formazione di un pensiero. Le campagne di pubblicità comparativa che rimbalzavano tra i canali televisivi nei primi anni 2000 non sono state quel successo che si credeva. Non si può imporre a un individuo un’idea così facilmente come Hollywood ci ha insegnato con pellicole suggestive e intriganti come Inception di Christopher Nolan. Il convincimento è un’attività paziente in cui si cerca di accompagnare l’audience nella formazione di un’idea.

Si pensi al venditore telefonico che esordisce con “volete risparmiare?”. Ormai tale approccio è stantio e può risultare anche un po’ sospetto. L’idea di convenienza va ricercata nel tempo con forme di comunicazione trasparente che magari mostrano brevemente il funzionamento del meccanismo che consente di risparmiare. Segugio.it (https://www.youtube.com/watch?v=nlxPavzm35o) e Trivago (https://www.youtube.com/watch?v=d82OlIqPQKM) nelle recenti campagne spiegano come il risparmio sia legato a una comparazione dei prezzi. La diffidenza è conseguenza diretta dell’altissimo livello di affollamento pubblicitario. Tutti i messaggi pubblicitari promettono una situazione ideale e automaticamente l’audience, che vive in un mondo reale e da questo decodifica il messaggio, ha sempre la percezione di rilevare qualcosa di falso, di non genuino.

L’uso di testimonial dirigenziali in alcuni settori, come Rana, Doris e Amadori è un modo per limitare queste percezioni (https://www.youtube.com/watch?v=oIqUXDh1urU). È il proprietario che garantisce per i suoi prodotti e ciò sviluppa un senso di sicurezza.

IMMAGINI

L’immagine e la rappresentazione grafica sono le matriarche che stabiliscono egemonia fra tutte le forme di messaggio. Immagini, singole o in rapida successione attraverso i video, che si trovano su YouTube, Istagram, Snapchat, oppure sulle testate giornalistiche. I tradizionali elementi testuali sono vittima designata in un sistema costellato di scritte. Variare font e colori ha limiti molto più serrati di quella semilibertà di cui godono le immagini. Potenti perché immediate, perché variegate, perché facilmente immagazzinabili dalla memoria. Ma qui non c’è modernità quanto invece un ritorno alle origini.

Nei primi anni del ventesimo secolo l’analfabetismo portava a comunicare attraverso l’uso di fumetti e manifesti. Lo zio Sam, la propaganda dei partiti, tutto si manifestava tramite le immagini. Evocativi disegni fedeli alla realtà o caricaturali, a colori o in bianco e nero, ma certamente accurate forme di comunicazione moderna. Oggi l’uso persistente di una fotocamera e il poco tempo dedicato ad informarsi sui feed ha riportato alla luce l’importanza dell’elemento grafico. Se così non fosse gli artisti e le case discografiche non spenderebbero budget esorbitanti per produrre videoclip, ma si limiterebbero alla semplice proiezione del testo della canzone. Invece il trailer video diventa elemento di promozione di libri, film e prodotti altamente professionali. Questo perché si possono riempire le immagini di elementi evocativi in grado di cristallizzare l’attenzione dell’audience. Stephen King sostiene, parafrasando un breve excursus di un suo protagonista, che si può amare una storia per la sua trama o per come essa viene raccontata. Questa è l’essenza dell’arte della comunicazione. Difficile appassionarsi ad una normale bevanda, eppure Coca Cola ci ha abituati a spot emozionanti. Altrettanto difficile trasmettere il senso di amore genitoriale pubblicizzando un’automobile, eppure Volskwagen ci è riuscita. Il prodotto in vendita non è il messaggio. Il messaggio è il prodotto di una campagna di comunicazione. E in questo gli elementi testuali sono estremamente delicati. Purtroppo molte imprese disdegnano le immagini e i video e sposano ancora esclusivamente i modelli testuali. Sebbene il cinema ci insegni da un secolo che i film hanno più audience dei libri, spesso si fatica a lasciare il piedistallo delle parole scritte. Il testo ha forza, profondità e specificità ma è privo di rapidità e questo è forse il più grande limite oggi, dove almeno in una fase iniziale di una relazione serve colpire in pochi istanti.

ENGAGEMENT

Il coinvolgimento dell’audience, detto sovente engagement, è uno strumento per amplificare la ricezione del messaggio, aumentandone il potere mediante l’interazione. Creare messaggi per generare dibattito non è una novità. Le campagne di Oliviero Toscani per Benetton sono un esempio di come portare l’audience a discutere su un tema possa generare visibilità e notorietà. Oggi questo passaggio si evolve nella pratica di creare post in grado di collezionare reazioni. In questo caso si raggiunge lo stadio terminale della comunicazione, la call to action. Il potenziale cliente è interessato a reagire alla comunicazione, a volte nelle vesti di supporter, altre nel ruolo di hater ma in ciascun caso sta dedicando del tempo alla comunicazione e ha provato delle emozioni, favorendo l’interazione di altri in un effetto incrementale e, qualche volta, virale attraverso le condivisioni. L’engagement rappresenta un obiettivo primario in una campagna perché ostacola il peggior nemico di ciascun marketer: l’indifferenza, l’apatia e peggio con il tempo, la non conoscenza di una marca.

Si può concludere che il processo di comunicazione rimane una pratica aziendale in costante evoluzione che richiede massima attenzione in fase di progettazione. Essa può essere un’arma pericolosa per chi la brandisce così come eccellente strumento di dialogo con l’audience. Si deve tenere a mente che raggiungere il target è già una strada in salita e che la trasmissione del messaggio è il risultato di un enorme sforzo di empatia e conoscenza del potenziale cliente. Le suddette considerazioni sono utili a evitare alcuni errori che un manager di comunicazione potrebbe compiere, spinto dalla necessità di realizzare un messaggio in troppo poco tempo o semplicemente basandosi su regole ormai superate in questi repentini anni dove ogni individuo ha una finestra sul mondo da cui comunicare.

Bibliografia:

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  • New York Times (2018). Benetton ‘Migrants’ Ads Draw Outrage for Using Photos of Real Migrants, June 21.

Articolo a cura di Norman Lubello

Profilo Autore

Laureato in Marketing ho proseguito con gli studi manageriali presso l’Università degli studi di Milano-Bicocca nella sede del dottorato in Marketing e gestione delle imprese, dove ho trascorso in seguito un periodo come assegnista di ricerca. La passione per l’insegnamento mi ha spinto a mettermi alla prova con il ruolo di Professore a contratto nei corsi di Market-driven management e Economia e tecnica della comunicazione aziendale. Non ho mai abbandonato però la sfida costante rappresentata dal mondo della comunicazione lavorando su campagne digitali. Strategia, comunicazione e competizione restano parte integrante del mio tempo libero in veste di allenatore di pallacanestro.

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