La CSR e la sostenibilità nei trasporti marittimi. Il caso della Gallozzi Group
Premessa
La Responsabilità Sociale d’Impresa, nota come CSR (Corporate Social Responsability), supera la mera compliance degli obblighi legali ed informativi a cui sono sottoposte le imprese e permette di integrare pratiche e comportamenti che si adottano su base “volontaria”, a corredo di quella componente della comunicazione aziendale che viene appellata in letteratura economica aziendale come “Voluntary Disclosure”.
La CSR non è solo una questione di eticità e di evoluzione del concetto di qualità nel senso più “allargato” della sua accezione: si tratta di un fattore di competitività per le imprese che possono, attraverso i loro comportamenti socialmente responsabili, rafforzare la propria reputazione e stabilire relazioni proficue e di grande valore aggiunto con gli stakeholder.
La CSR nasce in Europa con il Vertice Europeo di Lisbona che, nel marzo 2000, ha definito l’obiettivo strategico dell’Unione, ovvero diventare la società della conoscenza più dinamica e competitiva nel mondo. L’anno successivo, la Commissione pubblicò il Libro Verde “Promuovere un quadro per la responsabilità sociale delle imprese”. Il tema suscitò interesse e pose il quesito relativo all’evoluzione del ruolo dell’impresa nella società.
Nel 2006 la Commissione Europea ha pubblicato una nuova comunicazione intitolata “Il partenariato per la crescita e l’occupazione: fare dell’Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese”. Lo scopo del documento era quello di incoraggiare la diffusione della CSR nell’universo imprenditoriale in modo da ottimizzare il suo contributo allo sviluppo sostenibile, alla crescita e all’occupazione in Europa. Dopo dieci anni dal primo intervento normativo, il tema della CSR è stato ripreso dalla Commissione Europea con la Comunicazione n. 681 del 25 ottobre 2011, che ha riesaminato la nozione di CSR contenuta nel Libro Verde.
Ad oggi, “la responsabilità delle imprese per gli impatti che hanno sulla società” mira a soddisfare le esigenze del cliente ed a saper gestire allo stesso tempo le aspettative della moltitudine variegata di stakeholder, come i clienti interni, i fornitori, le amministrazioni locali e tutta la comunità locale di riferimento portatrice di interessi.
L’elemento distintivo della Corporate Social Responsability è quello di affiancare alla responsabilità economica-finanziaria anche una responsabilità sociale, che crei valori vincenti per l’impresa, per le persone e il territorio circostante.
La Responsabilità sociale e la sostenibilità nell’ambito dei trasporti marittimi
La CSR ha interessato anche il settore del trasporto marittimo che, per propria natura, è il più globalizzato e regolamentato al mondo. La RSI nel settore dei trasporti marittimi si è concentrata prevalentemente sullo studio della gestione delle esternalità ambientali prodotte dal settore, anche nei porti di approdo. Il tema della responsabilità si intreccia con la normativa sul principio dello sviluppo sostenibile, che una volta affermatosi come imperativo categorico del diritto internazionale e quale priorità della politica comunitaria, non poteva non trovare piena e diretta applicazione nel settore dei trasporti, attività che svolge la funzione di volano per l’economia e per il benessere sociale collettivo, e pertanto è considerato fattore di sviluppo, sebbene comporti un forte impatto negativo sull’ambiente.
Per meglio comprendere il legame tra trasporti marittimi e CSR, bisogna andare un po’a ritroso con il tempo. Nel primo Libro Bianco del 1992, dal titolo “Lo sviluppo futuro della politica comune dei trasporti”, la Commissione, sebbene non applicasse ancora il principio di sviluppo sostenibile al settore dei trasporti, nondimeno prevedeva un miglioramento della qualità dei servizi e un’armonizzazione in materia di sicurezza. Non può certo sfuggire il tenore dell’art. 71 TCE, come modificato dal Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, che nel prevedere l’adozione di “misure atte a migliorare la sicurezza dei trasporti” introduceva una nuova competenza del Consiglio[1]. Né può destare meraviglia il fatto che, per adattare il modello di crescita dell’Unione Europea agli obiettivi di sostenibilità di Rio, sia stato contemporaneamente emanato il Libro Verde “relativo all’impatto dei trasporti sull’ambiente: una strategia comunitaria per uno sviluppo sostenibile dei trasporti nel pieno rispetto dell’ambiente”. In quel contesto vennero dettate delle linee guida per una politica comune della sicurezza dei mari, seguite dall’adozione di una serie di atti normativi di diritto derivato e, dall’altro, venne varato un Protocollo d’azione in materia di sicurezza dei trasporti, cui fecero da corollario i piani elaborati con riferimento alle singole modalità.
La Comunicazione della Commissione dal titolo “Per una politica comune sulla sicurezza dei mari” del 1993 sottolinea che le misure adottate nel campo della sicurezza marittima e della prevenzione dell’inquinamento dei mari dovessero applicarsi a tutte le navi, a prescindere dalla bandiera, al fine di proteggere i litorali, la vita umana, la flora e la fauna, senza mettere a repentaglio la competitività della flotta comunitaria. Ma la politica dei trasporti iniziò ad assumere un ruolo importante con l’Agenda di Göteborg, una “Strategia europea di sviluppo sostenibile”, adottata nel 2006 che evidenziò l’esigenza di garantire la complementarietà tra le due strategie, quella di Lisbona del 2000, fondata sulla competitività e quella di Göteborg, fondata sullo sviluppo sostenibile anche nei trasporti. Successivamente, con l’ingresso di nuovi Paesi all’interno dell’Unione Europea, si sentì l’esigenza di prendere in considerazione l’impatto dei nuovi paesi sullo sviluppo sostenibile globale, tanto da portare alla formazione dell’Agenda del 2006. Gli Stati assumevano l’impegno di integrare gli obiettivi di sostenibilità ambientale con quelli di sviluppo economico e sociale. Inoltre, il documento ha messo in luce la stretta relazione tra trasporti, salute e ambiente, sottolineando che “una politica sostenibile in materia di trasporti dovrebbe affrontare i volumi di traffico e livelli di congestione, rumore e inquinamento crescenti e promuovere l’impiego di modi di trasporto rispettosi dell’ambiente, in particolare passando dai trasporti su strada ai trasporti su rotaia e ai trasporti pubblici di passeggeri”, al fine di promuovere uno sviluppo “economicamente equo e rispettoso dell’ambiente” in generale e, più in particolare, dell’ecosistema integrato marino-costiero, sì da rispondere alle nuove sfide[2]; prima tra tutte, permettere lo sviluppo di “trasporti sostenibili”.
La sostenibilità da qui in poi iniziò ad avere un ruolo centrale nello sviluppo economico dei Paesi e la leva che portò avanti l’attuazione di tale principio fu la convinzione della forte interazione tra la CSR e lo sviluppo sostenibile.
L’evoluzione della Responsabilità Sociale dell’impresa verso la “sostenibilità” ha progressivamente segnato un cambiamento radicale dell’impegno delle imprese verso le aspettative degli stakeholder e, in più, un comportamento etico soggettivo qualifica le linee di sviluppo economico che “contribuisce a promuovere lo sviluppo sostenibile secondo una concezione più coerente con gli indirizzi internazionali e con la stessa cultura europea del ruolo dell’impresa nella società”[3].
Con la Comunicazione della Commissione del 2002[4] si individuarono ulteriori caratteristiche della responsabilità sociale: la volontarietà ad avere un comportamento socialmente responsabile; la connessione della responsabilità con lo sviluppo durevole e la correlazione con il tipo di gestione stessa dell’impresa.
Sempre nell’ottica di promuovere una politica che favorisca uno sviluppo sostenibile, la Commissione europea nel 2005 si è attivata su più fronti contemporaneamente, rinnovando da un lato la strategia di Lisbona e la relativa politica sociale, dall’altro la sua strategia per lo sviluppo sostenibile[5].
Per concludere il discorso normativo bisogna richiamare la Comunicazione “Obiettivi strategici e raccomandazioni per la politica U.E. dei trasporti marittimi fino al 2018”, un piano strategico decennale, finalizzato all’incremento della competitività del trasporto marittimo e, nel contempo, al miglioramento delle sue prestazioni sotto il profilo ambientale.
Le prospettive a lungo termine individuate nel documento sono indirizzate a ridurre le emissioni di gas serra generate dalla navigazione internazionale, a rafforzare la legislazione comunitaria in materia di impianti portuali di raccolta dei rifiuti e dei residui prodotti dalle navi mercantili, nonché a promuovere un sistema europeo di enviromental management per i trasporti marittimi.
In altri termini, il miglioramento ambientale associato alla responsabilità sociale d’impresa, prima inteso come un costo e come un limite allo sviluppo, diviene un fattore di competitività sia tra le flotte, sia tra differenti modalità di trasporto.
L’industria marittima nelle dinamiche economiche globali copre il 90% del commercio mondiale. Essa coinvolge sia operazioni di trasporto merci e passeggeri che operazioni logistiche di supporto. Per questo costituisce uno dei settori con maggiori portatori di interesse: tutti gli stakeholder inseriti nella catena logistica integrata. Il settore è inoltre uno tra i più coinvolti nella creazione di esternalità sociali e ambientali e nella produzione di fattori di rischio per la società. Si pensi ad esempio all’impatto ambientale della navigazione, ai disastri ecologici provocati dagli incidenti in mare, all’inquinamento atmosferico che si riversa nelle città di porto in cui i motori delle navi in sosta rimangono costantemente accesi e alle condizioni spesso drammatiche in cui versa il capitale umano all’interno dei vettori.
La tematica della RSI nel settore dei trasporti marittimi si è concentrata prevalentemente sullo studio della gestione delle esternalità ambientali prodotte dal settore, anche nei porti di approdo. In questo ambito si rileva l’interesse espresso dal mondo industriale a realizzare iniziative di RSI volte a contrastare gli effetti negativi prodotti sull’ambiente, mentre si registra scarso interesse circa l’adozione di strumenti di responsabilità sociale volti a gestire le problematiche di natura sociale prodotte dal settore[6].
Case History Gallozzi Group
La Gallozzi Group S.p.A. è nata nel 1952 con la fondazione dell’Agenzia Marittima Giuseppe Gallozzi, che segnò una svolta decisiva per l’economia locale: dal porto di Salerno i carichi delle industrie conserviere della provincia di Salerno potranno finalmente raggiungere i mercati esteri, senza passare per Napoli.
La società subisce una rapida evoluzione quando negli anni 60 si dà avvio al “door to door”, un servizio di porta a porta tra Salerno e i magazzini nordeuropei; il successo di queste iniziative porta la Gallozzi a diventare una società per azioni nel 1980, aprendo le porte a una serie di nuovi investimenti infrastrutturali.
La realizzazione del nuovo porto turistico Marina d’Arechi a Salerno è infatti frutto di un investimento di 120 miliardi di euro operato dal gruppo per ospitare fino a mille imbarcazioni di grandi dimensioni.
Il Gruppo Gallozzi allinea la sua mission aziendale alla pianificazione e implementazione di un Sistema di Gestione della salute e sicurezza basato sul sistema volontario OHSAS 18001 edizione 2007 (ISO 45001) e finalizzato alla limitazione ed eliminazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute, al fine di prevenire ogni possibile causa di incidenti e/o malattia professionale o infortuni sul lavoro.
Ogni scelta strategica del Gruppo Gallozzi passa attraverso una valutazione accurata dei rischi per la società e per l’ambiente circostante, e sfocia nella creazione di valore che viene condiviso col territorio e con i tanti stakeholder con cui ogni azienda del gruppo si relaziona.
Al fine di monitorare e gestire al meglio la politica integrata della qualità e dell’ambiente, il Gruppo ha istituito un Comitato Interno per la Qualità e l’Ambiente, presieduto dal Responsabile della Qualità e ambientale, e composto dai Responsabili di funzione dei principali dipartimenti e settori del Gruppo, ed elabora annualmente un Piano di miglioramento che viene approvato dal CdA. Il Comitato si riunisce almeno una volta l’anno, per il riesame del Sistema Gestione Qualità e Ambiente, ed ogni qualvolta risulti necessario tenere ulteriori incontri per eventuali esigenze. In linea con quanto definito nella Politica Integrata Qualità-Ambiente, il Gruppo opera con un approccio di miglioramento continuo delle prestazioni ambientali e di utilizzo di processi tecnologici che soddisfino i criteri di efficienza, efficacia e riduzione degli impatti.
Pur essendo ancora in fase di definizione una politica ambientale univoca a livello di Gruppo, le società controllate stanno portando avanti significative iniziative di efficienza energetica, il graduale passaggio all’adozione di mezzi elettrici all’interno del porto commerciale di Salerno finalizzato alla riduzione delle emissioni di CO2; l’impiego di impianti per il trattamento delle acque reflue; l’attivazione del servizio gratuito di bike-sharing all’interno del porto turistico di Marina d’Arechi che consente ai diportisti di spostarsi agevolmente e a impatto zero all’interno della struttura. La stessa opera del Marina, concepita secondo criteri di ecosostenibilità e anch’essa dotata di un impianto adibito al trattamento delle acque prodotte da lavori di piccola cantieristica, si fregia della Bandiera Blu 2016 e può vantare un punteggio massimo di cinque timoni su cinque assegnati dal RINA nell’ambito della certificazione di Qualità Marina Excellence.
Il Gruppo opera nel rispetto della normativa vigente in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. In particolare, per la specifica attività condotta e la peculiarità dell’ambiente di lavoro, tutti i lavoratori sono sempre preparati in maniera specifica sulla base delle mansioni da svolgere ricevendo adeguata formazione sulle corrette pratiche di lavoro e sulla prevenzione dei rischi.
In particolare, in continuità rispetto agli anni precedenti, il Gruppo ha provveduto a erogare attività di formazione circa le disposizioni contenute nel D.Lgs. 81/08 (Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro) sulle specifiche attività condotte dal Gruppo, sui rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori connessi alle singole mansioni e sulle misure e attività di prevenzione e protezione implementate e/o in programmazione.
Particolare attenzione si è posta, in occasione delle attività di informazione e formazione, oltre che sulle metodologie e procedure di lavoro da adottare per garantire condizioni di sicurezza sul lavoro, anche sul corretto utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale necessari sulla base della valutazione dei rischi effettuata.
Proprio la costituzione del Gruppo Gallozzi, formato da 8 aziende che integrano, con diverse specializzazioni, diversi processi e funzioni chiave dell’industria marittima, rappresenta un elemento trainante per lo sviluppo della responsabilità sociale del gruppo.
Il percorso “etico” della Gallozzi Group parte dalla sensibilità del vertice aziendale, che decide di elaborare un codice etico per l’azienda. Il Gruppo ha demandato la verifica dell’applicazione e del rispetto dei principi del codice etico al Comitato di Controllo Interno, in relazione al controllo e alla diffusione del codice ed è impegnato nel mantenere sempre aggiornato il codice rispetto alla normativa vigente.
La Gallozzi Group si impegna nel far rispettare a tutti i propri lavoratori i principi d’azione in ambito della responsabilità sociale. Gli amministratori, dirigenti e dipendenti, sono tenuti a osservare le norme dell’ordinamento giuridico (nazionale, sovranazionale o straniero) in cui essi operano e devono in ogni caso astenersi dal commettere violazioni delle leggi e dei regolamenti.
L’azienda, secondo la SA8000, oltre ad assicurare un luogo di lavoro sicuro e igienico, prevenendo situazioni di possibili incidenti, nomina un responsabile per la sicurezza e la salute dei dipendenti creando un ufficio destinato ad occuparsi, in via esclusiva, della sicurezza negli ambienti di lavoro. La Gallozzi, quindi, ha come obiettivo l’implementazione della norma SA8000 e, in ottemperanza ai requisiti della stessa normativa, intende garantire i diritti fondamentali dei lavoratori nel rispetto delle leggi vigenti.
Il management della Società assicura che gli impegni espressi nel codice etico vengano attuati garantendo e sorvegliando anche la esclusione di ogni forma di molestia o discriminazione. Le violazioni del codice possono emergere tramite segnalazione agli organi gerarchici e determinare sanzioni quali richiamo verbale, ammonizione scritta, sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino a un massimo di tre giorni o licenziamento.
Il Group Internal Audit, preposto per effettuare controlli su tutte le società del Gruppo, è composto da un responsabile (il RIA, Responsabile Internal Audit), che riporta direttamente al Comitato Controllo Interno, al Collegio Sindacale ed all’Amministratore Delegato della società Capogruppo, e da 2 auditor. Il Responsabile Internal Auditing ha il compito di definire e far approvare il Piano di audit annuale, di predisporre le relazioni periodiche per i preposti organi di controllo aziendali e gestire e coordinare, come descritto nel mandato di Audit, la funzione di Internal Auditing. Il Gruppo Internal Audit, oltre al RIA, si compone di due auditor che svolgono l’attività in modo complementare; per questo motivo è stato scelto di abbinare un avvocato con un economista. Un auditor si occupa maggiormente della gestione degli audit nelle società italiane e l’altro si occupa di gestire gli audit esteri, entrambi sotto il controllo del RIA.
Conclusioni
La scelta di un’impresa di attuare comportamenti socialmente responsabili implica che quest’ultima detiene un alto valore morale, dal momento in cui questa condivide la visione di essere compartecipe di un ruolo sociale nella collettività di riferimento.
È anche vero che difficilmente l’impresa si muove su questo versante solo perché mossa da uno spirito di giustizia sociale. Il manager infatti opera per tutelare in primis l’interesse dello stakeholder, ovvero dell’azionista, che ha come obiettivo primario la massimizzazione del profitto.
L’interesse dell’impresa ad attuare politiche socialmente responsabili oltre che da un voler agire in modo etico, anche dall’atteggiamento sempre più attento e vigile del consumatore.
Adottare un codice è certamente un passo rilevante per l’azienda, che introduce una sorta di “sistema morale” al suo interno dichiarando chiaramente e esplicitamente le responsabilità etiche e sociali di tutti i suoi stakeholder; inoltre lo scopo dei principi del codice stesso, è quello di indirizzare univocamente l’azione degli individui, riducendo al minimo l’indice di discrezionalità, onde evitare comportamenti illegali o non confacenti all’interesse dell’azienda.
È importante sottolineare che adottare un codice etico non garantisce di per sé il rispetto di valori e principi etici nell’azienda, in quanto questo strumento deve essere accompagnato dalla volontà dei singoli individui, senza la quale tale orientamento comportamentale non avrebbe significato.
La Gallozzi, con l’ingresso nel gruppo di Spinelli Srl-iCon, ha avviato un percorso verso un bilancio sociale utile a rendicontare la propria responsabilità verso il territorio e alla comunità, per lanciare un messaggio di interesse e attenzione verso l’ambiente, al fattore lavoro e al benessere della comunità. Tale progetto stimola un processo di qualificazione dei processi strategici e di governance che nel tempo migliorano e rafforzano la capacità dell’azienda di agire in modo responsabile e di sviluppare politiche di CSR sempre più efficaci.
Note
[1] A. VERRILLI, S. MINIERI, L’integrazione europea dopo Maastricht, Napoli, 1993
[2] V. DELLA FINA, Le Nazioni Unite e l’ambiente globale, in Affari Esteri, n. 119, 1998
[3] Federtrasporto, Corporate Social Responsability, La reputazione è valore d’impresa, Federtrasporto Quaderni, n. 1, settembre 2009, Roma, p. 17.
[4] Commissione delle Comunità europee, Comunicazione Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile, Bruxelles 2 luglio 2002, COM (2002)347 definitivo, pp. 5-6.
[5] Commissione delle Comunità europee, Comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo sul riesame della strategia per lo sviluppo sostenibile. Una piattaforma d’azione, Bruxelles 13 dicembre 2005, COM (2005)658 def.
[6] L. COADY, J. LISTER, “The role of corporate social responsibility (CSR) in international shipping sector”. Paper prepared for the Northern European Symposium on CSR Shipping, Copenhagen, 12 November 2013
Bibliografia
BONCIANI B., Etica e Impresa: quale responsabilità sociale. Un equilibrio complesso, Pisa, 2017
COADY L., LISTER J., “The role of corporate social responsibility (CSR) in international shipping sector”. Paper prepared for the Northern European Symposium on CSR Shipping, Copenhagen, 12 November 2013
DELLA FINA V., Le Nazioni Unite e l’ambiente globale, in Affari Esteri, n. 119, 1998
DI GIROLAMO M. E., Il bilancio sociale e il modulo aziendale etico, Milano, 2008
FEDERTRASPORTO, Corporate Social Responsability, la reputazione è valore d’impresa, Federtrasporto Quaderni, n. 1, settembre 2009, Roma
HINNA L., MONTEDURO F., Responsabilità sociale, Accountability e Strumenti di Rendicontazione Sociale, 2005
LEKAKOU M., STEFANIDAKI E., THEOTOKAS I., “CSR in shipping: the stakeholders’ perception”, 2nd international Conference in Socially Responsible and Sustainable Entrepreneurship and Innovation, Southampton, UK, 2012
PELLEGRINO F., Sviluppo sostenibile dei trasporti marittimi, Milano, 2009
Articolo a cura di Claudio Del Regno
Laureato in Economia e Commercio nel 2016, continua gli studi in ambito manageriale e aziendale conseguendo la laurea magistrale in Consulenza e Management Aziendale nel 2019 con una tesi sperimentale in Responsabilità Sociale delle Imprese. A Luglio 2019 ha conseguito un Master in Gestione e Controllo Qualità.