La figura del Temporary Manager: caratteristiche e prerogative
Introduzione: di seguito desidero presentare la figura del Temporary Manager, in modo che ogni imprenditore abbia chiare le peculiarità di questa particolare figura professionale che, senza dubbio, insieme ai professionisti di fiducia dell’imprenditore, è il supporto ideale per governare, gestire e mettere in atto il passaggio generazionale,
Verranno indicati i consigli utili per ottimizzare l’eventuale affiancamento di un Temporary Manager in azienda, per il tempo necessario ad aiutare l’imprenditore a svolgere correttamente il passaggio del testimone, diminuendo al massimo i rischi di insuccesso o gli errori marchiani che possano pregiudicare la continuità dell’azienda stessa.
È di fondamentale importanza, naturalmente, farsi seguire da Temporary Manager esperti e che abbiano già gestito con successo diverse missioni di gestione del passaggio generazionale; ciò vale ancor di più nel caso in cui l’azienda versi in un momento di difficoltà contingente: in questo caso il manager prescelto, o il team dedicato, avrà una doppia valenza ed efficacia, derivanti dalla specifica preparazione e competenza, nonché dall’esperienza maturata grazie ad una comprovata serie di successi professionali.
Chi è il Temporary Manager, Parte 1°- Il Temporary Manager non è un consulente
Innanzitutto è sempre bene partire dalle definizioni per sgomberare il campo da eventuali malintesi e chiarire nel modo più oggettivo possibile: il consulente è una persona che, avendo accertata esperienza e pratica in una materia, consiglia e assiste il proprio cliente nello svolgimento di atti, fornisce informazioni e pareri. Compito del Consulente è quindi, una volta acquisiti gli elementi che il cliente possiede già, di aggiungervi quei fattori della sua competenza, conoscenza e professionalità che possano favorirne gli sviluppi nel senso desiderato; in tale contesto è sostanziale il rapporto di fiducia tra il committente e il soggetto che fornisce consulenza. Tale fiducia può fondarsi su un rapporto consolidato, sulla notorietà del consulente o sui titoli accademici e professionali che egli possiede. Volendo parlare di management consulting, conosciuta in Italia come “consulenza direzionale”, quest’ultima può essere definita come quella funzione, svolta da professionisti esterni all’impresa, finalizzata a indirizzare il management aziendale verso la prevenzione o soluzione di problemi strategici e gestionali.
Per contro il Temporary Manager è “l’attuatore” di un progetto specifico, che può voler dire cambiamento, ma anche cessione di attività, dismissione di un’unità produttiva, fusione e acquisizione, creazione e lancio di nuove società o attività, internazionalizzazione, gestione di difficoltà strutturali o transitorie, gestione di una crescita rapida, ottimizzazione di costi e risorse o, anche, guida di progetti specifici. Il Temporary Manager quindi fa, agisce, è operativo e, altro aspetto da non trascurare, deve sapersi rendere inutile il più presto possibile. Per poter intervenire – e per farlo con la minuzia e l’efficacia di un bravo chirurgo – è necessario che abbia maturato una visione d’insieme delle interazioni aziendali, sia verticali, cosiddette “gerarchiche”, sia trasversali, i cosiddetti “processi”. Soltanto questo bagaglio di conoscenze gli consentirà di identificare rapidamente le ambiguità tra gli obbiettivi concordati con l’azienda e l’insieme di competenze, comportamenti e strumenti che caratterizzano la realtà aziendale del momento e, quindi, come questi dovranno cambiare. Appare evidente come, invece, un ottimo Consulente, per essere tale, non deve necessariamente aver maturato una tale visione d’insieme delle interazioni verticali e trasversali di un’azienda, mentre un bravo Temporary Manager, semplicemente, non potrebbe farne a meno. E così affiora una nota caratteristica del Temporary Manager, estremamente importante: l’essere sovradimensionato rispetto all’incarico.
Il Temporary Manager, per attuare questi progetti di cambiamento, di crescita, di ottimizzazione o di gestione, si assume delle responsabilità con forte potere decisionale, cioè le famose deleghe senza le quali ogni azione diventa impossibile e viene vanificato il ricorso stesso a un Temporary Manager.
A sua volta, la questione delle deleghe operative introduce un aspetto che traccia una successiva linea di demarcazione tra la figura del Temporary Manager e quella del Consulente: il potere esecutivo, il quale, conferito con apposite deleghe, si rende necessario per dare attuazione a quei contenuti effettivi che contraddistinguono ogni incarico affidato a un Temporary Manager. Sebbene in alcuni casi le modalità contrattuali con cui può operare un Temporary Manager siano assimilabili a quelle di un Consulente, favorendo, per certi versi, una lieve confusione dei ruoli (dovuta anche al vuoto legislativo italiano in materia), di fatto un Consulente non dispone normalmente delle deleghe che, invece, per il Temporary Manager sono una condizione imprescindibile di lavoro, deleghe magari non formalizzate per iscritto, ma reali nei fatti. Inoltre, al di là delle modalità contrattuali con le quali le parti interessate (azienda, cliente e Temporary Manager) decidono di collaborare, l’attenzione non va mai distolta dai contenuti che caratterizzano la collaborazione e qualificano le varie fasi di realizzazione di un progetto.
Del resto, se fosse il Consulente stesso che, in prima battuta consiglia e poi mette in pratica ciò che ha precedentemente consigliato di fare, si potrebbe generare una sorta di “autoreferenzialità”, a scapito dell’oggettività della futura valutazione, in corso d’opera, su consulenza ed azione. Invece sarebbe auspicabile che la “mente” ed il “braccio”, per così dire, siano in capo a due soggetti distinti. Capita spesso, infatti, che sia il Consulente (o più spesso il commercialista o l’avvocato fiduciario del cliente) a suggerire l’intervento di un Temporary per mettere in atto cambiamenti in azienda. Non dimentichiamo che è la focalizzazione stessa delle attività di temporary management e consulenza a essere diversa. Effettivamente, mentre il consulente deve concentrare la propria attività sull’analisi, sull’espressione di pareri e sulla fornitura di informazioni, il Temporary Manager è impegnato nell’intervento concreto, mettendo in campo tutte quelle competenze che ha acquisito nel corso della sua esperienza aziendale pregressa, per poter sviluppare e condividere un Business Plan, suscitare mobilitazione sugli obbiettivi condivisi dalle risorse umane coinvolte ed essere efficace e rapido nel conseguimento di questi stessi obbiettivi.
In questa fase della distinzione tra le due professionalità, Temporary Manager e Consulente, è a dir poco illuminante un’affermazione di Thurow[1]: «La preparazione della forza lavoro è destinata a essere l’arma più importante per la concorrenza del XXI secolo (…) le persone qualificate rappresenteranno l’unico vantaggio competitivo sostenibile». Purtroppo, però, non si può far a meno di sottolineare come una mentalità di questo genere sia ancora limitata dalle prassi consolidate, dai budget aziendali e anche dalle radici culturali.
Il Temporary Manager non può pertanto essere considerato una via alternativa rispetto alla consulenza, perché incarna di fatto una professione diversa, tutto qui. Quella del Temporary Manager è un’attività che richiede competenze e motivazioni diverse da quelle che solitamente identificano la professione del Consulente.
Profilo psicologico del Temporary Manager
Il vero Temporary Manager professionista è un manager decisamente speciale e sicuramente particolare: non è interessato alla carriera tradizionale, non cerca le sicurezze del posto fisso e le stabilità delle dirigenze a lungo termine, si annoia nella routine e nel mantenimento delle posizioni.
Al contrario, trae linfa vitale dalle nuove sfide, in particolare da quelle sempre più difficili e delicate; non vuole più padroni, ma committenti.
Si tratta sostanzialmente di stimoli continui che, da una parte, arricchiscono continuamente il manager; dall’altra, aumentano il suo desiderio di formazione, di innovazione strategica, perfino, e completano il suo profilo anche dal punto psicologico, comportamentale e personale.
Il vero Temporary Manager è, in buona sostanza, “uno spirito libero” che riconosce come unico capo il Tempo ed i Risultati da ottenere in quella frazione dello stesso che gli è concessa.
Occorre, ovviamente, essere uno specialista nel proprio settore, avere un passato di successi nel raggiungimento degli obbiettivi assegnati, avere un gusto pronunciato per l’azione e per i risultati concreti, aver consapevolezza che la mobilità, in termini di esperienza e crescita professionale, crea valore aggiunto e che, oggi, ogni manager deve essere imprenditore e professionista: non è più possibile pensare ad un dirigente che non abbia una dimensione predominante di tipo imprenditoriale e consulenziale.
Queste ultime considerazioni mi danno lo spunto per suggerire agli imprenditori di non cercare – sempre, solo e per forza – manager che provengano dal proprio settore (spesso inquinati ed imprigionati dai paradigmi dello stesso), troppo spesso scelti solo perché portano clienti dall’azienda precedente o perché conoscono già il vocabolario del settore e, quindi, sono di più veloce inserimento in azienda; meglio, molto meglio selezionare (soprattutto quando serve profondo cambiamento) competenze e capacità trasversali, multisettoriali e multicanale, con un grado di apertura mentale pronta alle sfide di un mercato globale e veloce… molto veloce, come l’attuale.
Nel corso della lettura emergerà, inoltre, come non tutti i manager, seppur di successo, possano diventare degli ottimi Temporary Manager. Servono una serie di caratteristiche aggiuntive. Lo stesso vale anche per gli imprenditori che desiderano avvalersi di un Temporary Manager. Questi diversi aspetti saranno meglio spiegati nei paragrafi successivi.
L’importanza della priorità di una svolta aziendale ed il valore della risoluzione del problema
Per introdurre un altro aspetto operativo caratteristico del Temporary Manager, ma assente in altre figure professionali, affrontiamo a questo punto una realtà con cui le aziende italiane sono chiamate molto spesso a fare i conti: non di rado la realizzazione concreta di un nuovo progetto o anche l’avvio di un cambiamento si bloccano davanti alla mancanza di disponibilità, da parte dell’azienda, di risorse umane e capacità adeguate per portare a termine tali interventi. La conseguenza è che molti progetti, anche estremamente validi e brillanti, non giungono mai alla fase di realizzazione, appunto per la carenza di risorse adeguate, interne, che possano occuparsi della gestione del progetto stesso. Questo genere di ostacolo è tutt’altro che trascurabile perché, di fatto, dalla rinuncia all’attuazione di un progetto, deriveranno all’azienda ripercussioni negative a vari rivelli della sua attività. Infatti, ogni volta che si è costretti a fare marcia indietro, rispetto a un determinato progetto o a rimandarlo nel tempo, si pregiudica sensibilmente lo sviluppo futuro delle attività dell’azienda, oltre ad andare incontro a costi per nulla irrisori, quand’anche indiretti e non evidenti, e al mancato fatturato.
Un’altra considerazione quasi obbligata è poi il fatto che, spesso, la rapidità di una svolta è prioritaria rispetto alla portata del cambiamento che questa introdurrebbe, ossia il fattore tempo continua pur sempre ad avere un ruolo determinante nello sviluppo delle attività di un’azienda, a maggior ragione nell’attuale contesto economico internazionale, basato sulla conoscenza, sulla rapidità di cambiamento e sulla condivisione delle informazioni. Una spiegazione è senz’altro nel cambiamento strutturale che si è verificato nell’economia, come ben illustra questa frase di Alan Greenspan, Presidente della Federal Reserve dal 1987 al 2006: «L’aumento dei componenti immateriali (cioè il progresso della cultura e delle idee) è ormai in grado di spiegare la maggior parte dell’incremento del prodotto nazionale lordo negli Stati Uniti e in tutti i Paesi industrializzati». Decisamente emblematica e meritevole di più d’una riflessione. L’innovazione passa anche attraverso la capacità di cogliere e anticipare i cambiamenti del mercato, del modo di produrre, distribuire e vendere.
Per gli imprenditori, un aspetto importante che va sottolineato e di cui devono tenere conto nella valutazione dei costi di un Temporary Manager, è il valore della risoluzione del problema, non soffermandosi sul costo del manager a giornata, ma mettendo a budget il costo totale della missione, con tutti i ritorni e benefici attesi, tra cui non solo gli aumenti in percentuale delle performance aziendali, ma anche, appunto, il valore della risoluzione di un problema e del know how acquisito, affinché lo stesso problema non si ripresenti in futuro.
NOTE
[1] L. Thurow, Testa a testa : USA, Europa, Giappone : la battaglia per la supremazia economica nel mondo, Milano, Mondadori, 1992
Video intervista: https://vimeo.com/258244978
Link utile: http://www.passaggiogenerazionale.info/metodo-4p/
Fonte: “Come gestire il passaggio generazionale nelle PMI italiane” di Gian Andrea Oberegelsbacher & Leading Network, Wolters Kluwer Italia (Ipsoa) 2017
A cura di: Gian Andrea Oberegelsbacher
Gian Andrea Oberegelsbacher, nato a Verona nel 1964, dal 2005 nella veste di Executive Temporary Manager, può contare su 25 anni di esperienza a livello direttivo, in multinazionali statunitensi e tedesche, come Gore-Tex® e Quelle Schikedanz Group; è stato Amministratore Delegato di Air Machine e di Zippo Fashion Italia. Manager dal taglio operativo, esperto nel "far succedere le cose", nella gestione del cambiamento, in start-up di nuovi business ed in M&A, in implementazione strategica di business esistenti e in ottimizzazione, riorganizzazione e rilancio aziendale, anche in veste di Consigliere indipendente nei C.d.A. in situazioni delicate, conflittuali o con passaggi generazionali in fieri. Dal 2010 è Vice-presidente di Leading Network, dal 2003 al 2005 è stato Consigliere di A.I.M.P.E.S. (Associazione Italiana dei Produttori di Pelletteria e Succedanei); è socio fondatore di Studio Temporary Manager e di Leading Business School.