La fine della New Economy e della Old Economy. L’avvio della Onledw Economy (per sopravvivere)
Sono di pochi giorni fa le notizie di fallimenti di innovative StartUp, anche italiane che schiacciate dal mutato contesto economico di alti tassi, costi energetici alle stelle e crisi di liquidità atta a finanziare ed investire in progetti innovativi ha condannato alla chiusura ed al fallimento speranze della innovazione tecnologica.
Una fra tutte la genovese Kellify, fino allo scorso anno inserita dal Financial Times all’interno della classifica delle startup più innovative ad altissima crescita ed oggi con i libri in Tribunale.
Allargando l’orizzonte dimensionale un recentissimo Report di Crunchbase conferma il crollo degli investimenti nelle startup di guida autonoma.
E un grafico recentemente uscito denota come dopo anni di crescita di investimenti in Startup in Italia da Ottobre 2022 il crollo degli stessi sia stato verticale e velocissimo.
L’attuale fase vede un ritorno in auge delle società attive nella vecchia economia reale fatta di industria e di trasporti, a fronte di un parziale rallentamento di tutto ciò che ruota intorno alla new economy. Anche sui mercati finanziari si registra un rinnovato interesse verso i settori ad alta intensità di capitale, mentre negli anni scorsi la finanza, complici i tassi bassi, si è concentrata sulla tecnologia, alimentandone, e in parte gonfiandone, la crescita.
La danese Maersk, il secondo più grande armatore di navi mercantili del mondo dopo Msc, ha diffuso i conti del primo trimestre 2022 ieri, con un utile netto più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso: 6,8 miliardi di dollari a fronte dei 2,7 miliardi del primo trimestre 2021.
Le entrate sono aumentate del 55% a 19,3 miliardi di dollari, l’ebitda è più che raddoppiato a 9,1 miliardi di dollari e il flusso di cassa è aumentato a sei miliardi di dollari. ArcelorMittal diffonderà i conti trimestrali a breve ma le stime degli analisti parlano di un ebitda a 4,5 miliardi di dollari. Il secondo produttore di acciaio al mondo nel 2021 aveva registrato un utile netto record per 14,9 miliardi di dollari, dopo la perdita di 733 milioni di dollari del 2020. Nel settore alimentare, Coca Cola nel corso dell’ultimo trimestre ha registrato un utile netto di 2,78 miliardi di dollari, realizzando un fatturato di 10,49 miliardi, oltre le previsioni degli analisti.
L’italiana Eni ha chiuso i primi tre mesi dell’anno con un utile netto pari a 3,27 miliardi di euro, in crescita rispetto al 2021, concludendo nuovi accordi con Algeria, Egitto e Congo, con l’obiettivo di promuovere maggiori flussi di export di gas naturale a beneficio dell’Italia e dell’Europa.
Per contro, sul fronte della new economy alcune big mostrano un rallentamento delle performance. Amazon ha chiuso il primo trimestre con una perdita di 3,8 miliardi di dollari. E per il secondo trimestre il gruppo stima ricavi per 116-121 miliardi, meno dei 125 miliardi attesi dal mercato. Colpa soprattutto di un investimento non felice in un’azienda di veicoli elettrici. Alphabet, la holding cui fa capo Google, ha registrato un utile netto di 16,44 miliardi di dollari, otto punti percentuali sotto i risultati dello stesso periodo dell’anno scorso.
La fase che stiamo vivendo non deve stupire. La pandemia e il conflitto bellico hanno fatto schizzare i noli marittimi e i prezzi dell’oil and gas; le materie prime e la produzione di macchinari tornano a essere centrali e così resteranno per molto tempo. Assistiamo impotenti al capovolgimento di molti valori che pensavamo ormai paradigmi.
Tornano fondamentali l’industria e i processi di produzione delle merci, oltre che il loro trasporto anche se è probabile che tutto questo sarà accompagnato da una forte perdita di posti di lavoro, perché le imprese dovranno tagliare costi. I prezzi delle materie prime alimentari e fossili aumenteranno, l’industria meccanica ed elettromeccanica crescerà.
Anche la guerra Russia-Ucraina sta giocando un ruolo in questa riscoperta della old economy e spiega perché le nuove tendenze appannano la new economy: “È tornata centrale l’economia reale, fatta di trasporti, intermodalità, risparmio energetico, produzione di macchine. Il mondo high tech si basa sulla finanza e su un enorme consumo di energia. La guerra insomma rallenta la crescita mondiale e anche i mercati finanziari guardano ai settori d’investimento da una prospettiva diversa. Le società tecnologiche, spesso sovracapitalizzate, dovranno misurarsi con l’imperfezione del mondo reale. Mentre materie prime, metalli industriali e derrate agricole vanno incontro a una crescente domanda che, alzando i prezzi, permette di scaricare a terra i costi e di fare utili.
Non a caso i mercati finanziari si sono adeguati, e non ancora del tutto secondo le mie previsioni, a tale scenario con un Nasdaq sotto del 25% da inizio anno, seguito dal mercato del Dow Jones caduto del 15%
Ma perchè le StartUp (non tutte) falliscono?
Si stima che in generale circa il 95% delle startup falliscono entro i 4 anni. Questa alta percentuale di fallimento delle startup è dovuta a molteplici motivi, che spesso vanno a sovrapporsi e concorrere.
Circa il 67% delle imprese falliscono o riescono a stento a rimanere autosufficienti, rinunciando alla prospettiva di crescita che si erano augurati gli investitori. Solo una piccolissima parte, circa l’1% riesce a raggiungere il traguardo della valutazione da 1 miliardo. Inoltre, delle 1.100 aziende tecnologiche analizzate, che sono riuscite a raccogliere un primo finanziamento, solo il 48% delle startup è riuscita a raccogliere un secondo round di finanziamento, con la percentuale in netto ribasso per i round successivi.
Se nel panorama mondiale è generalmente accettato una percentuale di fallimento delle startup tra il 90% e il 95%, in Italia la situazione è un po’ diversa. Nonostante sia abbastanza noto che l’apertura di una startup nel nostro territorio richieda sforzi economici decisamente maggiori rispetto alla media europea, al 31 marzo 2020 si sono contate 11.206 startup nella penisola. Questo dato positivo trova la sua spiegazione della particolare legislazione che coinvolge le imprese innovative italiane. Nell’art. 25, comma 2, del Decreto-legge n. 179/2012 oltre a dare una definizione di startup innovativa, vengono previsti benefici fiscali che riescono a “tenere in vita” le startup innovative per un periodo minimo.
Il fallimento della startup per molti può essere visto come una fonte da cui trarre preziosi insegnamenti. Sono infatti celebri le storie di grandi e celebri figure imprenditoriali che prima di trovare la loro affermazione attraverso la fondazione di una startup di successo, hanno dovuto aver a che fare con parecchi fallimenti. Ma è lecito chiedersi anche cosa succede ai business angel e agli investitori che hanno creduto nella startup. Mentre i business angels, per la figura che ricoprono all’interno della startup, potrebbero inserire una clausola che li renda dei creditori privilegiati riuscendo ad ottenere anche solo una parte dell’investimento iniziale, gli investitori sarebbero la parte più colpita dal punto finanziario in quanto potrebbero perdere la loro intera somma investita.
Le cause che porterebbero al fallimento di una startup sono molteplice. Possiamo individuarne alcune delle più significative:
Assenza di Mercato
Una delle principali cause del fallimento di un’impresa innovativa può essere rappresentata dall’assenza di mercato per il prodotto o servizio innovativo che l’impresa intende immettere. In questo caso la startup, pur avendo l’idea o prodotto più innovativo, se non soddisfa nessun bisogno del segmento di mercato, è destinata a fallire. Senza mercato non esiste business.
Fondi Esauriti
Come sappiamo, la prima fase del ciclo di vita di una startup richiede grandi quantità di fondi per poter sviluppare il proprio business. Trovarsi senza fondi economici potrebbe costituire per l’impresa, non solo un grande intoppo per la crescita, ma anche la ragione del suo fallimento.
Team Inadeguato
La costituzione di un team composto da elementi eterogenei desiderosi di lavorare in startup, esperti nei loro diversi campi, potrebbe rappresentare l’arma vincente della neo-impresa. Al contrario, un team dalle competenze fortemente verticali, potrebbe non saper ben gestire tutti gli aspetti aziendali e portare la startup al fallimento.
Imprese Rivali
Uno dei motivi principali del fallimento vi è l’incapacità dell’impresa innovativa a saper fronteggiare la concorrenza delle imprese rivali. Un’adeguata analisi dei competitor potrebbe aiutare ad individuare i punti critici di ogni concorrente, tali da poter attuare una strategia che permetta di competere per lo stesso segmento di mercato.
Prezzo Errato e Costi Eccessivi
La fissazione del pricing ha una rilevanza maggiore di quel che può sembrare. Sarà fondamentale valutare bene i costi e stabilire il giusto prezzo in modo tale che permetta il giusto guadagno per il sostentamento dei costi senza determinare un prezzo troppo elevato per il target di riferimento.
Prodotto che non Soddisfa le Richieste del Mercato
Si stima che circa il 13% delle startup falliscono a causa della pessima qualità del prodotto o servizio immesso sul mercato. Si può avviare una perfetta strategia di marketing ma se il prodotto offerto è scadente ciò non è sufficiente a garantire il successo sperato.
Business Model Errato o Inesistente
Adottare un corretto business model, accompagnato da una strategia che permetta di avere più canali per la capitalizzazione permette una più facile scalabilità, tale da trasformarla in una scaleup. Al contrario potrebbe portare alla dipendenza da un singolo canale e al molto probabile fallimento.
Errate Strategie di Marketing
Uno dei fattori principali del successo di una startup è il saper conoscere il pubblico con cui si intende interfacciarsi e sapere su quali canali poterli intercettare. Se le startup non hanno una storia da raccontare data la loro giovane età, e non possono contare sulla riconoscibilità del brand, spetterà al marketing saper ideare la giusta strategia per intercettare il segmento target con il prodotto o servizio offerto.
Incapacità nel Mantenere i Clienti (Retention)
I clienti sono il motore principale di ogni impresa, in particolare per le startup. Da loro è possibile ricevere preziosi feedback. Sottovalutare l’importanza di quest’ultimi, dei loro feedback, potrebbe creare aspettative errate circa la risposta dell’utenza verso il loro prodotto o servizio e portarli ad un inevitabile fallimento.
Lancio del Prodotto o Servizio nel Momento Sbagliato
Non sempre il target della clientela a cui è destinato il prodotto o servizio è pronto per ricevere l’idea innovativa. Celebre è il caso delle sigarette elettroniche, che hanno inizialmente riscontrato un fallimento per poi anni dopo avere successo.
Perdita del Focus
Spesso distrazioni, problemi personali, progetti differenti, possono portare alla perdita del focus principale, dello startup mindset. Questo avviene perché fin da subito non si decidono le priorità, gli obiettivi e le scadenze con una visione realistica. Molte startup sognano di rivoluzionare il mondo, senza fare i conti con prodotti ancora in fase di sviluppo, dispendio di energie e risorse e la comparsa di imprevisti che rallentano il processo.
Mancanza di Coinvolgimento
Un’ulteriore causa diffusa del fallimento di una startup è la semplice perdita di passione verso il progetto innovativo. Senza questo elemento chiave le numerose difficoltà che si potranno riscontrare lungo il cammino sembreranno insormontabili.
Problemi Legali
In alcuni casi una startup pur avendo un’idea rivoluzionaria può andar incontro a cavilli legali, difficoltà burocratiche che possono porre fine alla sopravvivenza della startup senza che gli startupper possano far nulla.
Mancanza di una Rete di Contatti
Non riuscire a creare o sfruttare la propria rete di contatti, il proprio network, potrebbe essere una delle cause che portano al fallimento della startup. Coinvolgere gli investitori, i partner, i fornitori sin dall’inizio è molto importante per farli sentire parte del progetto. Inoltre ogni collaborazione tende ad aprire porte.
Burnout
Il burnout è un’ulteriore causa di fallimento startup e un buon modo per evitarlo è quello di avere un team solido e diversificato con responsabilità condivise e distribuite tra i vari membri.
Mancanza di Cambiamento di Rotta e Pivot Andato Male
Una delle caratteristiche che non può mancare ad una startup è la capacità di adattarsi ed evolversi sulla base dei feedback ricevuti dal mercato e dal suo segmento target ed elaborare uno startup pivot. L’ostinata voglia di portare avanti la propria visione è spesso una delle maggiori cause che portano al fallimento le imprese innovative.
Tutti elementi che devono essere valutati con estrema attenzione per chi vuole investire o avviare delle StartUp
Non dobbiamo però come al solito generalizzare e parlare di De Profundis della New Economy o del ritorno in massa ed in auge della Old Economy. Questo sarebbe sbagliato e porterebbe fuori strada.
Ritengo da analista invece che si debba andare, e penso si andrà, verso un mix di Old e New Economy, prendendo il meglio da una e fondendolo nell’altra. L’economia è di per se ciclica e per poterla affrontare, come adesso, nella sua variabilità vanno messe in atto tutte le migliori strategie apprese nel passato e messe a frutto nel presente.
Non a caso parlo con un nuovo neologismo di Onledw Economy (un anagramma di New e Old)
Le imprese dovranno conservare parte delle capacità e competenze che hanno funzionato in passato, ma se aspirano a prosperare devono anche acquisire nuove mentalità e abilità soprattutto velocità, flessibilità ed agilità.
Solo così si potrà sopravvivere in un mercato cosi mutevole e molto veloce a cambiare, talmente veloce che qualsiasi previsione può essere fallimentare nel giro di pochi mesi.
Articolo a cura di Marco Contini
Expert in Reorganization and Corporate Restructuring Expert in Underwriting, Claims, Marketing Distribution, Insurtech , Business Advisor, Blockchain
Milan Area, Italy
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