La Leadership Intrappolata

Esistono due visioni della realtà. Una lineare e meccanicistica che percepisce la realtà come qualcosa di sostanzialmente meccanico; ed una più complessa e sistemica, più aderente al modello della Natura. La nostra mente, progettata in modo tale da assicurare la sopravvivenza dell’individuo (nel senso più ampio del termine) e della specie a cui appartiene, ha bisogno di esercitare su di esso un controllo pressoché totale per riuscire nel suo compito e nel corso di oltre 400 milioni di anni ha avuto tempo e modo di evolversi, mettendo a punto delle strategie pressoché perfette di controllo.

Il suo “capolavoro” è lo sviluppo di una sorta di sistema operativo nella nostra mente che impone una visione meccanicistica della realtà che ci circonda e ci induce a vedere tale realtà come una “macchina” che dobbiamo imparare a gestire e guidare. Perfino la visione che abbiamo di noi stessi è quella di un individuo-macchina che opera grazie ad un corpo-macchina, che fa parte di una famiglia-macchina, che si guadagna da vivere lavorando in un’azienda-macchina, che produce benessere per una società-macchina, ecc.

I primi gruppi umani vivevano un rapporto molto più simbiotico con l’ambiente (la Natura) nel quale erano immersi e sebbene tale ambiente fosse molto più ostile di quanto non lo sia oggi, nel senso che gli strumenti per contrastarne la forza (e spesso la violenza) erano assolutamente limitati, non veniva visto come nemico, bensì come un dono straordinario, un dio, in quanto unica fonte di sussistenza e di sopravvivenza.

Paradossalmente, col passare dei secoli, quanto più l’uomo imparava a conoscere e gestire tali forze, tanto più la sensazione di dover controllare sempre di più l’ambiente in cui operava si è rafforzata, fino al punto di trasformare la Natura in qualcosa di ostile, un impedimento al raggiungimento di un benessere che, per forza di cose, deve passare attraverso il suo totale controllo. E se questo è vero per la Natura, figuriamoci per i nostri simili!

Questa sfasatura nella visione della realtà poteva non rappresentare un grosso problema fino a pochi decenni fa, ma le cose sono cambiate di molto negli ultimi anni, assumendo sempre più livelli parossistici di emergenza e le cose non possono che peggiorare negli anni a venire. Con la globalizzazione e l’avvento di internet, il mondo è diventato irreversibilmente interconnesso e questo ci ha messo di fronte ad una realtà molto più complessa, mettendo in risalto la sua natura sistemica, cosa che fino ad oggi veniva percepita solo marginalmente… e anche questo è un processo irreversibile, qualcosa con cui dobbiamo fare i conti al più presto.

Non c’è dubbio che questa sia la più grande sfida che il leader di oggi si trovi ad affrontare. Non dobbiamo fare grossi sforzi per pensare in modo meccanicistico, poiché questo è il nostro modus operandi di default. Certamente più difficile è decidere di cambiare diametralmente ottica e sviluppare una visione della realtà che veda tutto e tutti operare per la produzione di un benessere comune, dove non esistono nemici, ma solo dinamiche emotive e mentali, proprie o altrui, che possono agevolare ovvero ostacolare il processo naturale di creazione di un reale benessere.

Come dicevo, le buone intenzioni sono del tutto insufficienti. La nostra mente meccanicistica, ossessionata dal controllo, farà sempre prevalere l’interesse personale su quello collettivo, costringendoci ad operare all’interno di confini considerati sicuri al fine di limitare i rischi ma, al tempo stesso, anche le opportunità. E per raggiungere il suo obiettivo, che è quello di impedirci di debordare, ci tende alcune trappole che potremmo condensare in quattro, tra le più importanti.

La Trappola culturale

Qui non si fa alcun riferimento alla cultura intesa come conoscenza o tradizione, ma a quell’insieme di convinzioni e di valori (sistema di credo e di valori) che condizionano il nostro modo di pensare e di agire. Questo minestrone di convinzioni e valori che ribolle nella nostra mente sarebbe impossibile da gestire e per questo motivo vengono create delle strutture chiamate paradigmi che altro non sono che “lenti” mentali costituite da convinzioni e valori omogenei attraverso i quali vediamo ed interpretiamo la realtà.

Pertanto è sulla base di tali paradigmi che elaboriamo (inconsapevolmente) le strategie che metteremo in atto per raggiungere i nostri obiettivi, che si tradurranno in azioni e, quindi, in tutta una serie di risultati che plasmeranno il nostro futuro destino. A sua volta, in funzione di come interpretiamo il nostro destino, questo andrà a confermare, ovvero modificare, la nostra cultura, creando così un circuito obbligato.

Ed ecco la trappola. Stando così le cose, esse sono inaccettabili per la nostra mente. Infatti, poiché essa persegue un controllo basato sullo status quo, non può permettere che questa struttura diventi troppo flessibile, cosa che avverrebbe se decidessimo di intervenire ogni volta sulla nostra cultura, e a cascata sui nostri paradigmi, qualora i risultati (ed alla lunga il destino) che otteniamo non fossero per noi soddisfacenti. Al fine di ovviare a questo, la nostra mente interviene in questo modo: pone uno sbarramento a monte delle Strategie (Linea della Consapevolezza) ed a valle dei Risultati (Linea della Visione), come si può vedere nella figura.

La Linea della Consapevolezza ci impedisce di vedere e comprendere l’influenza che esercitano i nostri paradigmi sulle strategie che attuiamo e di vedere a medio-lungo termine in che modo i risultati che stiamo ottenendo stanno costruendo il nostro destino. Questo crea un corto circuito all’interno della struttura per cui quando vogliamo cambiare i risultati, anziché lavorare sui paradigmi, ci limitiamo ad apportare dei cambiamenti nelle strategie. Il problema è che senza modificare i paradigmi, le strategie non possono veramente cambiare e quelli che noi chiamiamo “cambi di strategie” sono solo diverse tattiche che hanno poco o nessun effetto sui risultati e, di conseguenza, sul destino.

Questa rigidità, linearità e meccanicità della struttura garantisce alla nostra mente un controllo totale, pur dandoci l’illusione della libertà di scelta.

La Trappola Mentale

Questa trappola, molto legata alla precedente (tutte le trappole qui descritte hanno un forte legame fra loro), è la nostra tendenza a spiegare un effetto risalendo ad una causa la più vicina possibile da un punto di vista temporale. Ancora una volta, è la necessità da parte della nostra mente di imprimere un controllo sulla nostra realtà a determinare questa distorsione. Partiamo da un presupposto: quasi mai un effetto è determinato da una causa immediatamente a monte.

Ad esempio, è stato commesso uno sbaglio che si è ripercosso su un determinato settore della nostra attività. La prima cosa che ci viene in mente è: chi è stato? Determinare quanto prima una causa ci conferisce una sensazione di controllo. Quindi, il fatto è accaduto a causa della negligenza, distrazione, incapacità, svogliatezza, ecc. del nostro dipendente che dovrà subirne in qualche modo le conseguenze (anche solo con una rampogna): caso chiuso, tutto rientra nei ranghi, il controllo è ristabilito.

Questa trappola è tra le più insidiose per un leader, poiché l’individuazione e la gestione della reale causa di un problema è fondamentale per avere una lettura affidabile della realtà e di conseguenza elaborare le strategie più efficaci.

La Trappola Morale

Abbiamo visto che, al fine di mantenere il controllo, la nostra mente ha bisogno di riferimenti precisi con cui confrontare ciò che avviene attorno a sé ed elaborare valutazioni che le consentano di capire quando si trova al sicuro. Molti di questi riferimenti sono di tipo “morale” che forniscono informazioni e valutazioni moralistiche, appunto, sulle diverse situazioni che si presentano. Essa ha già predisposto un preciso schema estrapolato dai sistemi di credo e di valori che segue pedissequamente al fine di determinare ciò che è giusto o sbagliato, opportuno o inopportuno, buono o cattivo e così via.

Questa trappola è talmente potente che ci induce perfino a negare l’evidenza pur di restare fedeli a tale schema per sentirci al sicuro. Questo non solo sta alla base di tutti i conflitti che si accendono nell’ambiente in cui stiamo operando, ma compromette pesantemente la nostra capacità di analizzare obiettivamente lo stato delle cose. Quando pronunciamo frasi del tipo: “Qui da noi si è sempre fatto così”, “non è il modo di comportarsi”, “occorre seguire i protocolli aziendali”, “la disciplina è una componente importante del successo”, ecc., a prescindere dall’effettiva validità di tali affermazioni, stiamo sottoscrivendo dei dogmi costruiti su semplici supposizioni che non necessariamente descrivono la realtà del fatti.

Stabilire a priori ciò che è giusto o sbagliato, bene o male, è del tutto inutile e fuorviante. Ciò che, invece, occorre determinare è se una strategia o una misura sia efficace o inefficace, se funziona o non funziona, possibilmente nel medio e lungo termine.

La Trappola Spirituale

Fa un certo effetto leggere la parola “spirituale” in un contesto lavorativo, eppure è esattamente questa la trappola che miete più vittime in ambito professionale e che mette maggiormente a dura prova la leadership di chicchessia. Non solo, ma la trappola spirituale è quella che innesca le precedenti tre! Quelle sono infatti facilmente spiegabili da un punto di vista psicologico o mentale, ma questa riguarda il nostro rapporto con gli eventi della vita, come li interpretiamo e come ci poniamo nei loro confronti.

Gli eventi sono solo eventi e l’impatto che essi hanno su di noi dipende dal nostro grado di crescita e dalla nostra conseguente capacità di gestirli. Ciò che ci crea angoscia non è l’evento “avverso” in sé e nemmeno la scarsa conoscenza ed esperienza che abbiamo maturato rispetto ad una determinata problematica, ma il fatto di non essere ancora riusciti ad interiorizzare ciò che quell’evento intende insegnarci per farci crescere come individui. La nostra mente meccanicistica ci induce così ad etichettare come “negativi” gli eventi che essa percepisce come indesiderabili e come “positivi” quelli desiderabili. Di fatto, rende oggettiva un’esperienza del tutto soggettiva, come si può vedere nella figura qui in basso.

La Trappola Mentale, che altera il rapporto di causa ed effetto (vedi sopra), attribuisce all’evento in sé la causa del disagio (effetto) percepito, quando in realtà tale disagio è dovuto al fatto che ci poniamo come vittime (effetto) di cause che riteniamo essere al di sopra della nostra portata, andando a toccare le nostre corde più intime e profonde, cioè quelle spirituali. Per questo, ad esempio, la mentalità vittimistica è uno stato mentale tra i più devastanti e difficili da superare.

Per saperne di più su questo argomento o su altri temi che riguardano le dinamiche dei sistemi, si possono consultare i seguenti libri:

  • I 5 principi del successo aziendale – A. Carli, ed. Franco Angeli – 2003
  • E la borsa e la vita! – A. Carli, ed. Franco Angeli – 2008
  • La Quinta Disciplina – Peter M. Senge, ed. Sperling & Kupfer – 2006
  • La leadership centrata sui principi – Stephen R. Covey, ed. Franco Angeli – 2009
  • Leadership e visione creativa – Robert Dilts, ed. Guerini Next – 2016

 

A cura di: Alessandro Carli

Profilo Autore

Alessandro Carli è un trainer e coach italocanadese che da trent’anni opera nel settore del personal development.
Durante questo arco di tempo ha avuto modo di lavorare molto da vicino con qualche migliaia di persone tra imprenditori, dipendenti, privati e studenti, che gli ha permesso di farsi un’idea piuttosto chiara sul funzionamento della realtà in cui tutti operiamo, individuando degli schemi che si ripetono nei diversi contesti delle nostre vite.
Dal 2012 si è dedicato allo sviluppo di un vero e proprio “studio” che riguarda le dinamiche dei sistemi, che ha poi codificato nella cosiddetta Intelligenza Sistemica. Applicata al coaching e/o alla formazione in senso lato, questo studio può consentire a chiunque di scendere alla radice delle problematiche che ci troviamo tutti ad affrontare quotidianamente e risolverle a quel livello.

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