La leadership ispirata ai metodi scientifici

Quando si parla di introdurre nella gestione manageriale delle imprese dei metodi scientifici, non sono infrequenti le reazioni negative che in genere partono da equivoci di fondo e anche da alcune posizioni preconcette che è opportuno chiarire fin da subito.

Viviamo in una società in cui alla cultura e alla ricerca scientifica, forse anche a causa dell’educazione cattolica, non è mai stata riconosciuta la necessaria importanza per la crescita economica e civile del Paese. Gli scarsi investimenti in questo settore ne sono una dimostrazione lampante.

Siamo in un Paese dove la cultura umanistica ha prevalso e favorito lo svilupparsi di un costume nazionale in cui ”fatti ed opinioni sono confusi”, e tende a persistere una visione del mondo “antiempirica”, che ha coinvolto anche le élites politiche, imprenditoriali, economiche, ecc., come sostiene il filosofo Gilberto Corbellini[1], creando un clima che spesso si caratterizza per comportamenti populisti o complottisti.

In un ambito come quello descritto, quando si sente parlare di metodi scientifici da applicare in ambito aziendale, scatta immediato il riferimento a “The Principles of Scientific Management”, il lavoro di Frederick Winslow Taylor che fu pubblicato nel 1911 e nel quale si descriveva l’applicazione del metodo scientifico alla gestione dei lavoratori per migliorarne la produttività.

Come noto, questi principi di gestione, cosiddetta scientifica, si proponevano di ottimizzare il modo in cui venivano svolti i compiti, semplificando l’attività, specializzandola, pianificandola, addestrando i lavoratori in mansioni parcellizzate e ripetitive, che tenevano principalmente conto dei tempi e dei movimenti.

Questi principi sono stati applicati in molte aziende a cominciare dalle fabbriche automobilistiche (Henry Ford) e hanno permesso un miglioramento della produttività a scapito, però, della qualità del lavoro che diventava sempre più alienante. Chi non ricorda il film di Charlie Chaplin che mostrava un operaio alla catena di montaggio, diventato nient’altro che uno strumento passivo della macchina industriale?

Lo scetticismo scientifico

E’ ovvio, ma non ci sembra superfluo ribadirlo, che non ci si vuole riferire a quegli obsoleti principi di Scientific Management che sarebbe assurdo riproporre oggi, anche se non manca chi li applica ancora. Attualmente, si assiste a una crescente attenzione verso idee che considerano le aziende come social organization e si basano su un corretto rapporto tra razionalità ed emotività, tenendo conto di valori quali l’etica, la responsabilità, lo spirito collaborativo, la multidisciplinarietà, puntando a una leadership non più autocratica.

Oltretutto, a parte certe prese di posizione relativiste, che pure persistono, pochi disconoscono i grandi progressi compiuti dalla scienza, anche se spesso non si sa con precisione cosa faccia lo scienziato, forse a causa di qualche problema di comunicazione da parte di una categoria, che, anche per colpe proprie, viene ancora percepita attraverso gli stereotipi dell’isolamento e della segretezza.

Scienza come collaborazione, concretezza, attenzione al cambiamento

Vale la pena soffermarci su alcuni miti che riguardano la scienza e che ci sembra giusto sfatare. La scienza moderna non lavora a compartimenti stagni, come spesso si pensa, ma dà grande importanza alla collaborazione tra i vari settori di ricerca. Sono sempre di più i nuovi scienziati multidisciplinari che fondono conoscenze scientifiche e tecniche con ingegneria, conoscenze mediche, ecc.

La scienza non è, come si potrebbe pensare, ricerca astratta, slegata dalla realtà ma ben consapevole delle possibili applicazioni future sulla società delle scoperte che realizza (i lunghi studi al CERN sulla tecnologia degli acceleratori di particelle, ad esempio, hanno favorito la realizzazione di scanner di imaging PET per le nuove diagnosi mediche).

La scienza, inoltre, si regge su una professionalità che tiene conto del cambiamento, dell’evoluzione continua e, oltre alle abilità tradizionali di analisi e ragionamento logico, può esprimere capacità nel lavoro di squadra e nella creatività. Insomma, gli scienziati dispongono di competenze e metodi di lavoro importanti che possono essere trasferiti con profitto anche ad ambiti esterni a quelli della scienza.

Ma come incorporare una mentalità scientifica nella cultura aziendale? Naturalmente, la risposta è complessa; qui ci limitiamo a fornire alcune suggestioni – con titoli che potremmo definire degli ossimori.

Curiosità scettica

Gli scienziati puntano a scoprire cose nuove e sono per natura curiosi, si affidano all’intuizione, alle loro conoscenze pregresse, ma sono anche scettici, nel senso che prima di abbracciare una nuova teoria o una nuova idea devono effettuare tutti i controlli necessari per verificarla, anche se possono apparire maniacali.

La scienza è innanzitutto scettica verso se stessa e lo scetticismo è un ingrediente fondamentale del metodo scientifico stesso. La scienza, tramite il metodo sperimentale, cerca continuamente di “falsificare” se stessa, e solo in questo modo può progredire.

Come applicare questa caratteristica ai manager

Nelle aziende il cambiamento e le innovazioni sono necessità imprescindibili per far fronte a problemi decisionali sempre più complessi, a causa delle nuove tecnologie, al sovraccarico di informazioni, alla necessità di modelli di business e processi aziendali sempre più adeguati. Ogni organizzazione tende per natura a sclerotizzarsi, mentre bisogna essere capaci di mettere in discussione rituali, dogmi non funzionali e distruggere eventuali paradigmi che impediscono alle persone di ragionare fuori dagli schemi.

Un sistema efficace è quello di apprendere continuamente dai propri errori, continuando nel contempo a sviluppare le proprie competenze. Mettersi in discussione è faticoso, è meglio essere attorniati da persone che adulano anziché da persone che criticano. Ma è l’unico sistema per favorire una crescita personale, professionale e, in modo indiretto, anche dell’azienda per la quale si opera.

Competitività collaborativa

Gli scienziati collaborano tra loro. Sanno che qualcuno in un campo o in un’organizzazione diversa dalla loro potrebbe avere la chiave per sbloccare il problema su cui stanno lavorando e quando tali problemi diventano difficili, gli scienziati riescono a costruire delle squadre che si avvalgono di contributi esterni, anche se il partner è un concorrente.

Come applicare questa caratteristica ai manager

La competitività è alla base del buon funzionamento di un’azienda e non è un comportamento negativo quando permette al manager di essere riconosciuto dall’azienda e avere maggiori possibilità di ottenere soddisfazioni personali non contro gli altri ma insieme agli altri. Senza vera collaborazione nessuna organizzazione può funzionare. E un’azienda è tale non quando le persone lavorano insieme ma quando hanno fiducia le une nelle altre.

Si valorizza, in altre parole, un’abilità metadisciplinare contrapposta ad una multidisciplinare, che consiste nella capacità di relativizzare le proprie abilità rispetto alle altre competenze dialogando con esse senza cadere in una commistione informe, ma mantenendo una visione complessiva della realtà.

Inoltre, è importante che all’interno dell’azienda vengano messe in comune le informazioni, condividendo il know-how e i diversi requisiti, unendo gli sforzi per arrivare più velocemente e più efficacemente a risultati significativi.

Fiducia nell’ignoto

Il ricercatore scientifico è attratto dall’ignoto. Quando si trova di fronte a qualcosa che non capisce o che non ha mai visto, lo affronta, anziché evitarlo, anche se sa che il suo cammino sarà pieno di ambiguità o incertezze. Anzi, sono proprio gli aspetti che non riesce a mettere a fuoco che più gli consentiranno di procedere intenzionalmente verso nuovi traguardi. Lo farà in modo sistematico e razionale, cercando di semplificare o isolare analiticamente i diversi aspetti del problema per facilitare la sua ricerca.

Come applicare questa caratteristica ai manager

Anche il manager accorto sa che di fronte a problemi complessi è necessario intervenire, riducendoli a ipotesi più circoscritte da testare, esplorando diverse possibilità, adottando un approccio “laico” basato su dati e fatti, senza dare per scontato nulla, armato solo di quella conoscenza imperfetta, che permette di affrontare incertezze e ambiguità, facendosi aiutare dal suo team, ispirandone la comprensione e guadagnandosene la fiducia.

Nello schema sotto, rielaborato su contributi di O’Reilly e Tushman[2], si propone un’idea schematica delle due fasi che attraversa un’azienda: quella della ricerca, della scoperta, dell’innovazione e quella dello sfruttamento, in inglese exploration ed exploitation.

Esplorazione Sfruttamento
Intenzioni strategiche Innovazione radicale, crescita Innovazione incrementale
Critical tasks Variabilità, flessibilità Efficienza
Competenze Autonomia Verifica
Rapporto con il rischio Propensione al rischio Avversione al rischio
Cultura Creatività e apertura mentale Formalizzazione
Relazioni interne Rapporti basati su fiducia Gestione controllata
Leadership Visionaria, bottom up Autoritaria, top down

Conclusioni

Questo approccio scientifico pone in luce figure di manager e leader molto diverse dall’idea tradizionale dei capi che dispongono di tutte le risposte già pronte e ai quali possiamo affidarci per superare i momenti difficili. La leadership diventa semplicemente un processo in divenire e il leader colui che è in grado di guidarlo, senza doti di intelligenza superiori alla media, ma con lo spirito giusto per valorizzare la capacità riflessiva, la responsabilità, l’autocorrezione, e per condurre i collaboratori e le imprese verso risultati più audaci e creativi, destreggiandosi con equilibrio tra le diverse strategie.

Note

[1] Scienza, quindi democrazia, Torino, Einaudi, 2011; Perché gli scienziati non sono pericolosi, Milano, Longanesi, 2009.

[2] I due autori americani hanno introdotto il concetto di “organizzazione ambidestra” nel volume “Winning Through Innovation”, Harvard Business School Press, 1997.

 

A cura di: Ugo Perugini

Profilo Autore

Ugo Perugini. Giornalista, blogger, collaboratore di “Vendere di più”- https://www.venderedipiu.it/, “Az Franchising” - https://azfranchising.com/az-franchising-magazine/ -, DM&C - http://www.dmcmagazine.it ; HR on line - www.aidp.it/riviste/indice-hronline.php. In passato, ha collaborato con “Beesness”- www.beesness.it ; Together HR, blog di Sky Lab http://www.togetherhr.com/bloghr-blog-risorse-umane/- “Senza Filtro” https://www.informazionesenzafiltro.it e altre pubbllicazioni
Il blog che cura è https://capoversonewleader.wordpress.com/

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