La leadership sostenibile è continua trasformazione dei conflitti
L’articolo riflette sull’essenza della sostenibilità per l’impresa contemporanea e il ruolo chiave della leadership per perseguire tale obiettivo. Si suggerisce un approccio al decision making basato su un metodo originale che considera l’impresa come una entità biologica adattativa all’ecosistema confortato da una ricerca pubblicata su HBR.
La sostenibilità, pur essendo oggigiorno piuttosto “alla moda”, è un concetto che soffre ancora di molte incomprensioni. Spesso confusa con la Responsabilità Sociale d’Impresa, a sua volta confusa con la beneficienza, la sostenibilità deve invece sostanziarsi in pratica gestionale complessa e integrata.
Secondo una definizione nota essa è “la capacità di un’organizzazione di creare prosperità economica e benessere sociale nel lungo periodo, oltre a far fronte alle proprie responsabilità per la tutela dell’ambiente, rendendo conto in modo trasparente ai propri stakeholders”.
Pare dunque evidente si tratti d’un modo di svolgere l’attività specifica dell’impresa così da generare ricchezza e apportare benessere alla comunità sulla quale essa influisce per un periodo esteso di tempo. Ciò senza dimenticare d’esercitare la propria attività in modo da tutelare l’ambiente, cioè non danneggiandolo e, quando possibile, migliorandolo.
Non mi pare invece giustificata l’interpretazione secondo la quale, poiché l’impresa possiederebbe una ricchezza “in eccesso”, il suo ruolo sociale dovrebbe espletarsi distribuendone una parte a “buone cause”.
La sostenibilità è un modo di fare impresa che deve coinvolgere l’intero spettro delle attività svolte in ogni istante della sua vita. Un soggetto che svolgesse la propria attività al 100% sostenibilmente non avrebbe alcun bisogno di svolgere attività aggiuntive di RSI, poiché avrebbe già di per sé un ruolo sociale rilevante, legittimo e positivo – l’anglosassone good corporate citizenship.
Nella realtà le imprese devono continuamente impegnarsi per mantenere un livello alto di sostenibilità, che al 100% resta spesso una meta ideale. Ma è una tendenza che rappresenta ormai il riferimento obbligato per l’imprenditore.
L’impresa va considerata alla stregua d’un essere vivente, come tale dotata di Bisogni Essenziali, la cui soddisfazione è necessaria alla sua stessa esistenza; essi sono Sopravvivenza, Benessere, Libertà e Identità. Così come questi Bisogni sono comuni a tutti gli umani essi sono comuni a tutte le organizzazioni. La relazione dell’impresa con l’intorno è tesa a creare accordi che le permettano di soddisfare tali Bisogni.
Ciò detto, l’impresa presenta una caratteristica che la contraddistingue dalle specie viventi in Natura: essa è un organismo artificiale. La chiamiamo infatti una “persona giuridica”, cioè creata in base al Diritto e non naturalmente esistente.
Ciò implica che essa deve acquisire una legittimazione a esistere che non ha di per sé. Perciò il suo Bisogno di Benessere comporta anche la soddisfazione di uno o più Bisogni dei propri Stakeholders e il non ledere alcuno dei loro Bisogni. In pratica, l’impresa dev’essere funzionale al sistema: se l’unico suo scopo è fare utili per gli azionisti, ad esempio, non c’è motivo che essa esista.
Come ormai sappiamo gli stakeholders, o “portatori d’interesse” di un’impresa sono sia interni sia esterni e tra questi, a livelli di reciproca influenza decrescenti, si trova quasi tutto ciò che esiste nell’ambiente, dagli azionisti, alle maestranze, a clienti e fornitori, alla società, allo stesso Pianeta. Per mantenere la propria legittimazione a esistere, dunque a consumare risorse, ad esempio le fonti energetiche o l’aria e l’acqua, l’impresa deve restituire ai portatori d’interesse almeno l’equivalente in valore, senza pregiudicare la loro possibilità di soddisfare i propri Bisogni Essenziali in futuro.
Questa situazione implica il continuo insorgere di conflitti tra Bisogni e priorità che le decisioni dell’imprenditore devono dirimere.
L’impresa pertanto deve certo produrre profitti, perché questo è necessario alla propria continuazione nel tempo e alla soddisfazione dei Bisogno degli azionisti, ma deve anche produrre benessere sociale, cioè valore per le comunità sulle quali impatta la sua attività.
Questo significa fornire prodotti o servizi utili, salutari, funzionali a soddisfare Bisogni reali e migliorare la qualità della vita delle persone. Significa anche proporre ai propri collaboratori opportunità di sviluppare ed esprimere il proprio potenziale traendone gratificazione.
Il tutto utilizzando processi produttivi/ distributivi che non danneggino l’ambiente in modo irrimediabile. L’interazione con la galassia degli stakeholder è continua e, come in ogni ecosistema, in un continuo e dinamico divenire.
L’imprenditore o il manager concentrato “sul proprio ombelico”, sulla prospettiva corta della trimestrale di cassa, sui budget di vendita o sui KPI aziendali rischia di perdere di vista il Bisogno Essenziale dell’impresa d’essere al servizio dei propri stakeholders.
L’ambiente nel quale l’impresa opera cambia continuamente e rapidamente; più che i classici sistemi di management rivolti all’interno è importante oggi mantenere lo sguardo sulle interazioni con gli stakeholders, per restare in accordo con il Bisogno di soddisfarne uno o più dei loro, insieme a quelli dell’Impresa.
L’impresa attenta a tali interazioni ha un vantaggio competitivo rispetto a quelle rivolte esclusivamente al profitto per gli azionisti. Essa infatti ha un potenziale innovativo molto forte, dovuto al costante flusso di feedback che riceve dal proprio ambiente vitale.
I suoi leaders saranno costantemente coscienti del cambiamento delle esigenze degli stakeholders e percepiranno rapidamente l’aprirsi di nuove nicchie di mercato, l’approssimarsi di crisi, opportunità emergenti e così via. Al contempo, la relazione intensa con gli stakeholder facilita una loro risposta efficace quando sia l’impresa ad averne bisogno: il forte coinvolgimento dei collaboratori o dei fornitori nella vita dell’impresa li rende pronti a metterle a disposizione il 100% del proprio potenziale e camminare il proverbiale extra mile quando ve ne sia bisogno.
Il conflitto tra Bisogni e priorità degli stakeholder dell’impresa è perciò apparente. Esso deriva dalla temporanea apparente incompatibilità degli obiettivi. Le parti si percepiscono ostacolate l’una dall’altra e così dirigono il proprio sforzo contro l’altro, nel tentativo di rimuovere l’ostacolo. Peraltro, così facendo, non agiscono affatto sull’ostacolo e soprattutto non muovono in direzione dell’obiettivo, il che dovrebbe essere la vera priorità.
L’approccio tramite l’analisi dei Bisogni Essenziali proposto dalla Comunicazione Trasformativa (CT) induce un movimento di posizione del leader al momento della decisione che riporta l’obiettivo al centro dell’azione, ripristinando l’efficacia nell’uso delle risorse disponibili.
La Leadership Sostenibile, dunque, diviene una continua trasformazione dei conflitti in opportunità di soddisfare i Bisogni Essenziali dell’organizzazione e uno o più di quelli dei suoi stakeholders; naturalmente di quelli che cadono nell’area di responsabilità dell’impresa.
L’approccio al problema della gestione dell’impresa come sistema vivente è autorevolmente confermato da un recente articolo della Harvard Business Review intitolato The Biology of Corporate Survival a firma di Reeves et al.
Nell’articolo si considera il crollo nella durata in vita delle imprese, dai 55 anni circa nel 1970 ai 31,6 del 2010. Lo studio ha analizzato più di 30.000 imprese Statunitensi su un arco di tempo di 50 anni. Gli Autori concludono che l’impresa, parimenti agli esseri biologici, è un “Sistema Adattativo Complesso” che deve continuamente evolvere in risposta al proprio ambiente se vuole sopravvivere e, aggiungo io, prosperare.
Le leggi evoluzionistiche ci dicono che una specie vivente la quale non sia funzionalmente adatta al proprio contesto ambientale è destinata a estinguersi. E così l’impresa considerata come entità biologica deve continuamente trasformare i propri apparenti conflitti con la galassia dei suoi stakeholders interni ed esterni per sopravvivere.
Valutando anche, su questo gli Autori insistono, i tanti fattori che non sono sotto il suo controllo, ma che comunque l’influenzano e spesso sono invece trascurati dal management.
Questo ci dice che al leader d’impresa che la voglia prospera nel lungo tempo è richiesto uno sguardo ampio, attento ai mutamenti della società e al coinvolgimento degli stakeholder della sua organizzazione in modo da cogliere i più sottili mutamenti nell’equilibrio dell’ecosistema e guidare il processo adattativo.
Non esistono circostanze assolutamente negative, né positive: la partita che gioca il leader è l’adattamento e il continuo rinnovamento. Più i suoi stakeholder sono coinvolti nel fare “squadra”, più risorse il leader avrà a disposizione al bisogno.
A supporto della teoria, l’articolo di HBR cita correttamente Kodak e Fuji- Film, due aziende un tempo concorrenti in un settore che è sostanzialmente scomparso, quello della fotografia su pellicola.
Mentre la prima ha seguito il destino del settore, prigioniera delle proprie rigidità, la seconda è ancor oggi florida avendo saputo adattarsi ai mutamenti, valorizzando nicchie di mercato, investendo molto in R&D e sfruttando le competenze in ambito chimico per sviluppare attività nel campo farmaceutico e cosmetico.
Come una specie che evolve con l’ambiente, l’impresa si è adattata a cambiamenti radicali, in parte inattesi, rispondendo flessibilmente ai feedback dalla galassia degli stakeholders.
Mi permetto per concludere un’inferenza sul crollo della longevità media delle imprese avvenuto negli ultimi quarant’anni. Il periodo coincide con l’esasperazione del lato finanziario dell’economia mondiale, dove l’attenzione degli executives è tutta concentrata, mi si passi l’espressione, sull’ombelico dell’ombelico delle imprese, cioè sulla minima parte d’attività che va a remunerare il capitale investito. Le ricadute sul resto degli stakeholders sono oggi spesso scarsamente considerate e questo indebolisce, per quanto detto sopra, la capacità di sopravvivenza delle imprese, e così il loro contributo alla soddisfazione dei Bisogni Essenziali della società nel suo complesso. Mi pare s’imponga al mondo degli affari un’accelerazione della diffusione della leadership sostenibile nell’interesse di tutti, in primis delle imprese stesse.
SUGGERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Fioretto (2015), Leadership Sostenibile. Il Metodo CASE©: trasformare i conflitti con la comunicazione, Molfetta, la meridiana
C. Laszlo, N. Zhexembayeva (2011), Embedded Sustainability: the next competitive advantge, Stanford CA, Stanford University Press
M. Reeves et al., The Biology of Corporate
A cura di Federico Fioretto, Cosulente formatore
Articolo pubblicato sulla rivista Leadership & Management – Marzo/Aprile 2016