La nuova partita dei manager e degli imprenditori è far vincere le diverse generazioni in azienda
Se per qualsiasi impresa la gestione della successione diventa fondamentale per il benessere aziendale, questo concetto vale tanto più per le imprese familiari (un’indagine Unioncamere e Mediobanca registra che 93% delle aziende italiane ha un assetto societario di carattere familiare).
È un passaggio di testimone che in Italia, più che in altri Paesi, viene procrastinato moltissimo come testimonia la presenza di ultrasettantenni al comando che vengono addirittura definiti “perennials” e che non ritengono la generazione successiva sufficientemente preparata a raccogliere l’eredità.
È possibile affermare che il 10% dei fallimenti delle aziende deriva dalla mancata pianificazione e gestione del passaggio generazionale che deve essere organizzata non solo per gli aspetti patrimoniali e giuridici, bensì per la rilevanza psicologica che interessa tutte le persone coinvolte, oltre che la gestione e lo sviluppo della leadership di chi assumerà la direzione.
Per le aziende familiari servono, dunque, piani diversificati a seconda dello scenario in cui si trovano ad operare, tenendo conto di molti fattori. C’è un aspetto su cui è necessario lavorare: la managerializzazione dell’impresa, lavorando a stretto contatto con i membri della famiglia e provando a comprenderne le prospettive e le diverse sensibilità, si possono creare le giuste condizioni per crescere in modo solido, allineati con DNA familiare, ma includendo al contempo skills e competenze evolute.
La convivenza di diverse generazioni in azienda
Per la prima volta nella storia vediamo all’interno delle nostre aziende il coesistere di 4 generazioni: Baby Boomers, Generazione X, Generazione Y o Millennials e Generazione Z o nativi digitali. Talvolta, possiamo trovare la presenza di un’ulteriore generazione, quella dei Maturi o Tradizionalisti (età superiore ai 70 anni).
Ogni generazione porta con sé un bagaglio culturale sociale e valoriale potenzialmente differente rispetto alle altre e la convivenza, oltre che la gestione, può risultare difficoltosa con importanti ripercussioni sull’efficienza dell’intera organizzazione.
La vera sfida è farle interagire in maniera proficua, valorizzandone le peculiarità e soprattutto i talenti. Le principali caratteristiche delle singole generazioni
Le principali caratteristiche delle singole generazioni
Ecco, quindi, le principali caratteristiche di ciascuna generazione:
Maturi o tradizionalisti (1923-1945): raramente sono ancora in attività, tuttavia quando presenti hanno una rilevanza sostanziale in termini di gestione. Vogliono lavorare da soli, non amano la tecnologia e sono poco inclini alla formazione. Considerano come un aspetto negativo il cambio di azienda e danno per scontato che la vita professionale sia più importante di quella personale. Non chiedono alcun feedback perché non ne hanno bisogno e sono convinti che tutti debbano imparare lavorando, come lo è stato per loro.
Baby Boomers (1946-1964): vogliono fare esperienze pratiche interagendo con gli altri. Vogliono essere considerati sempre giovani, odiano la maleducazione e la mancanza di rispetto, sono tendenzialmente dei “controllori”. Vogliono fare carriera, vogliono i soldi e il titolo, credono che cambiare lavoro rallenti il raggiungimento del loro obiettivo. Vogliono un feedback annuo sostenuto da dati. Sono connessi alla rete per molto tempo: per l’home banking, per leggere e rispondere alle email, per cercare notizie di salute e medicina. Con loro nasce il mito del “self-made man”.
Generazione X (1965-1979): cercano la velocità e la sintesi attraverso concetti chiari. Detestano perdere tempo, scendere nei dettagli e i formalisti, amano la tecnologia e le discussioni animate. Vogliono una carriera che permetta loro di andare altrove in quanto cambiare lavoro è, per loro, necessario. Considerano importante la libertà di gestire il proprio tempo. Sono la prima generazione a richiedere feedback per sapere come precedere. A differenza dei Baby Boomers accettano la formazione a condizione che sia da loro selezionata. Cercano un equilibrio tra la vita privata e quella professionale.
Generazione Y o Millennials (1980-1999): cercano ordine e struttura, velocità e sintesi. Imparano facendo e vogliono essere parte attiva nei progetti. Vogliono un lavoro con un significato, che sposi una causa specifica. Richiedono e hanno bisogno di feedback dettagliati e tempestivi. Per questa generazione l’apprendimento deve essere continuo e costante. Se non ritrovano in azienda la possibilità di un accrescimento di conoscenze e competenze, per loro diventa normare cambiare lavoro. Per sentirsi realizzati, sono disposti a rinunciare ad una promozione o ad un aumento di stipendio. Per comunicare, socializzare e condividere utilizzano molto le chat e i social nertwork.
Generazione Z o nativi digitali (2000-2015): sono realisti e pragmatici, ottimisti e spinti dalle proprie ambizioni personali, consapevoli delle forze che sfuggono al loro controllo. Hanno un arco di attenzione molto breve (circa 8 secondi), sono cresciuti circondati da una quantità importante di informazioni e hanno imparato a valutarne velocemente la qualità e l’utilità. Comunicano velocemente, meglio se attraverso le immagini. Sono attenti a come spendono il proprio denaro, non cercano l’affare, bensì qualcosa che li rappresenti. Sognano di avviare una propria attività e sono molto attenti e sensibili all’impatto dell’uomo sulla società e sul pianeta. Per loro è fondamentale la sicurezza dei propri dati.
Come si può notare delle caratteristiche di ciascuna generazione è evidente come la convivenza in azienda, se non gestita adeguatamente, anziché dimostrarsi un valore aggiunto, può risultare difficoltosa.
Perchè costruire un’Academy?
L’attuale mercato richiedere adattabilità e costante miglioramento delle performance e le aziende hanno la necessità di mantenere e/o incrementare la densità di talento al fine di rispondere prontamente e adeguatamente.
Per questo è opportuno porsi le seguenti domande:
come selezionare e formare al meglio le nuove risorse e come permettere un passaggio di conoscenze e competenze?
come meglio garantire la continuità operativa e organizzativa oltre che la crescita dell’azienda?
Come valorizzare i talenti presenti in azienda?
La risposta è semplice: focalizzarsi sul valore del capitale umano con la creazione di un’Academy aziendale o Business School.
Cos’è un’Academy aziendale?
L’Academy aziendale è uno strumento che permette di mettere in condivisione saperi, valori, comportamenti, strategie per la crescita di tutte le professionalità all’interno dell’azienda. Serve a consolidare lo sviluppo del capitale umano, a mantenere il patrimonio di conoscenze aziendali e a tramandare le diverse professionalità potenziando gli ambiti relazionali e comportamentali. Permette lo sviluppo delle competenze trasversali e la contaminazione delle conoscenze, rendendo flessibili e adattabili le risorse all’interno della stessa azienda.
Ciò che la rende una vera innovazione è che non si tratta di consolidare un aspetto formativo, bensì è strettamente legata alla strategia dell’organizzazione; infatti, l’Academy o Business School contribuisce in maniera importante a raggiungere gli obiettivi di business dell’azienda e a creare valore e occupabilità.
In sostanza l’Academy crea una struttura che presidia e coordina le diverse aree aziendali, tutte sono coinvolte in quanto l’impresa è una e unica, inoltre attiva modalità di collegamento e cooperazione sinergica, mettendo così a sistema le competenze distintive dell’azienda con una visione di sviluppo integrale e trasversale. Deve, in altre parole, divenire lo strumento a disposizione della vision aziendale per guidare le strategie e le scelte delineando il Business Model e il Knowledge Management.
Per dar vita ad un’Academy aziendale è, pertanto, necessario definire la vision, analizzare l’azienda e i processi esistenti, costruire un linguaggio condiviso, sviluppare consapevolezza e competenze in grado di innovare la formazione e la condivisione della conoscenza.
Un’impresa senza uomini e senza donne, è un’impresa senza anima
A fare la differenza nelle aziende sono le persone, qualsiasi funzione ricoprano, con le loro esperienze, culture, conoscenze e competenze. Conoscerne le peculiarità generazionali e allinearle alla vision aziendale attraverso l’utilizzo di metodi e strumenti, permette di non disperdere il patrimonio primario di ogni impresa, custodirlo e tramandarlo. Questo favorisce altresì di sviluppare o mantenere la leadership aziendale in un mercato come quello attuale, sempre in costante evoluzione che richiede continuamente maggiori competenze e talento, flessibilità e adattabilità delle risorse.
Tutto ciò è stato da noi racchiuso nell’acronimo
R.A.E., al quale ogni azienda moderna dovrebbe necessariamente pensare:
Reinventarsi nel modello di business,
Anima dell’azienda (mission e valori), dei collaboratori (welfare aziendale personalizzato con attenzione alle diverse generazioni) e dei clienti, creando una customer experience davvero WOW.
Evolversi come struttura organizzativa, snella, liquida, pronta ad affrontare i continui mutamenti del mercato.
Articolo a cura di Simone Teso
È co-founder di Indaco Italia, ha studiato alla Luiss Business School di Milano ed è preparato cultore delle organizzazioni. Studioso delle generazioni e della comunicazione, che applica per la costruzione di una customer experience vincente. Svolge la propria professione al fianco di imprenditori, manager, squadre sportive e team aziendali. Allena e ispira le persone e le aziende a trarre il meglio dalle loro possibilità. È docente di comunicazione, public speaking e soft skills in diverse realtà formative.
Autore dell’ebook “Preparati a vincere”. Gestire, Motivare, Vendere. Come vincere con le nuove generazioni (2018) - scaricabile gratuitamente al sito www.preparatiavincere.it – Coautore del libro “L’incastro perfetto, come lo sport può aiutare concretamente il mondo del business” (2020)