La quarta, o quinta, rivoluzione sociale e industriale: nuove sfide per business analyst e facility manager con l’occhio della sociologia tecnologica
Ancora più attuale risulta l’opera sviluppata a novembre per Ecomondo, con il maestro Marra, per la copertina del libro “Smart Innovation – Progettare e Condurre l’Innovazione Sostenibile”, su Google (da leggere in versione web).
Un nuovo mondo che necessita della collaborazione Uomo e Macchina per condurre sostenibilmente la nostra presenza sul pianeta Terra.
La contingente situazione ha, e dovrà, accelerare l’applicazione delle tecnologie già disponibili e, per molti, fantascientifiche. Quindi controlli remoti, robotica, piattaforme intelligenti e tanto altro, applicato a modelli organizzativi quali lo Smart Working e la formazione remotizzata (VIIL – VirtualInteraction and Interactive Learning), divenute impellenze.
Abbiamo lasciato alle spalle l’applicazione delle tecnologie della quarta rivoluzione industriale, che vedremo implementare nel prossimo futuro, che subiranno variazioni per adattarle alla mutata società.
Parliamo di rivoluzioni industriali che hanno modificato i modelli sociali, o necessità mature che hanno accelerato l’applicazione di nuovi modelli tecnologici:
- La rivoluzione agricola alla base della nascita dei grandi imperi o i grandi imperi ne hanno accelerato la diffusione?
- La linea di produzione ha rivoluzionato la società o una popolazione sempre più numerosa e consumistica necessitava di maggiori beni ed un’organizzazione nuova del lavoro?
- L’interconnessione di internet, l’automazione industriale e l’informatica hanno modificato la società o risolto una necessità espressa?
- Intelligenza Artificiale, BlockChain, Big Data, ecc. hanno avviato la quarta rivoluzione industriale o ne hanno permesso lo sviluppo?
Per le prime due rivoluzioni potrei avere dei dubbi, ma non certamente per le ultime due, avendole vissute.
Le ultime due hanno accelerato l’applicazione di tecnologie già disponibili da decenni, che necessitavano di divulgazione e cultura per essere accettate dalla popolazione mondiale.
Da questa crisi sanitaria – che non è la prima e non sarà l’ultima – avremo imparato che occorre un nuovo modello sociale che, nei prossimi anni, vedrà l’integrazione di tecnologie già disponibili nei laboratori e che necessita di divulgazione.
Vedremo la diffusione e l’avvio di un nuovo modello sociale e tecnologico/industriale, 5.0. Un modello in cui gli schemi precedenti risulteranno impraticabili. Schemi che non potranno sostenere i nuovi modelli di Resilienza Sociale, e ancor meno quella economica, il cui impatto sarà di gran lunga superiore alle previsioni. Ogni attività pre-crisi ha subito un fermo, per alcuni irrecuperabile (immaginiamo una semplice pizzeria: sicuramente non recupererà la vendita delle pizze non vendute nel periodo di chiusura e in fase di ripresa, forse, ne venderà meno per esigenze di spazi diversi e per i timori che avremo assorbito).
Ma anche settori da cui ci si può attendere il recupero – ad esempio quello automobilistico, che potrebbe ipotizzare la vendita delle auto non vendute durante il fermo – dovranno confrontarsi con la disponibilità di risorse finanziarie dei loro clienti, oltre alcune nuove esigenze legate alla maggiore percezione della tutela ambientale.
Questa immagine la riporto ormai dallo scorso settembre, ma penso che oggi sia di più concreta comprensione. Le aziende dovranno obbligatoriamente puntare a un nuovo albero, in quanto per molti sarà impossibile riemergere con modelli pre-crisi, puntando al mero cestino di mele di facile realizzazione.
Le tecnologie 4.0, in relazione a quelle poche lettere, dovranno considerare altri fattori ambientali dando il via a nuovi modelli e tecnologie 5.0, principalmente nell’interfacciamento uomo-macchina-ambiente. Una nuova rivoluzione, se così si è definita quella 4.0, come ho ripetutamente scritto, è un continuo processo d’innovazione per gli addetti ai lavori ma percepita tale solo da chi confonde innovazione con fantascienza. Quindi, 2020: un anno bisestile e, per i “numerologi” di rivoluzione, l’avvio della Rivoluzione 5.0. Una rivoluzione che diffonderà un nuovo modo di comunicare, non solo negli strumenti ma, a causa di essi, anche nelle stesse parole. Parole e termini, fino a ieri riservati a pochi adulti ed alle nuove generazioni, oggi si stanno integrando nel linguaggio comune. Pensiamo solo a termini come Smart Working, che solo alcuni mesi fa necessitava di ore per trasmetterne il significato.
Le conseguenze possono riguardare sia i modelli di business, sia i processi produttivi, sia, soprattutto, una nuova modalità di relazione con i consumatori e con i mercati, attraverso percorsi di coordinamento più efficienti, personalizzati e immediati, resi possibili dalla tecnologia. La sua caratteristica è l’integrazione tra i processi fisici e le tecnologie digitali secondo un rinnovamento dei modelli organizzativi. O meglio, il divenire intelligente della produzione sta seguendo una molteplicità di percorsi, di discontinuità o continuità con il passato. Le grandi fabbriche affrontano il superamento delle linee e la loro sostituzione con “isole” autonome dove convivono uomini e macchine, team di lavoratori e robot. Modelli 5.0.
Anche il nuovo rapporto con i consumatori sconvolge l’organizzazione del lavoro, tanto che alcuni studiosi affermano che la fabbrica intelligente sta alla personalizzazione di massa come la fabbrica taylorista stava alla produzione di massa. Il pensiero manageriale non può avere oggi lo sguardo rivolto al passato, ma deve produrre lo sviluppo di soluzioni innovative e sperimentali per favorire l’emergere di principi organizzativi rivoluzionari in grado di rendere fluido, competitivo e “umano” l’ambiente produttivo.
Questa nuova Rivoluzione 5.0 metterà in crisi i modelli sviluppati per soddisfare le esigenze della razionalità dell’emisfero sinistro del cervello umano, richiedendo una visione d’insieme per affrontare la resilienza.
Soft Skills e Visione d’Insieme, generalistica, come la definisce Jeremy Rifkin, devono essere valorizzate e non soppresse. Queste le caratteristiche del capitale umano che deve condurre ed individuare i conduttori/innovatori, gli HR Manager e gli Head Hunter. Le organizzazioni, private e pubbliche, devono avere il coraggio di seguire chi dispone naturalmente di queste caratteristiche, spesso di difficile comprensione.
Il tessuto produttivo e il mercato del lavoro sono quindi destinati a cambiare con velocità, pervasività e profondità, facendo venire meno i caratteri dominanti nel secolo passato in relazione ai quali il nostro diritto del lavoro si è strutturato.
Uno dei maggiori impatti della rivoluzione in corso sul mercato del lavoro sarà, quindi, quello relativo ai nuovi fabbisogni di competenze e quindi alla preparazione dei lavoratori. Si tratta di un profilo trasversale alle diverse conseguenze del salto tecnologico, ma anche delle esigenze sociali sopravvenute.
Il riferimento è sia alle competenze di tipo tecnico-specialistico, che ruotano principalmente intorno alla componente digitale applicata ai processi di produzione, come alle attività di progettazione degli stessi, sia alle competenze trasversali (soft skills) che possono consentire ai lavoratori un miglior approccio a scenari mutevoli e complessi, inclusa l’attitudine all’autoimprenditorialità e alla resilienza. Si dovranno esaltare l’educazione morale e le conoscenze di base che generano le capacità di selezione delle fonti di comprensione, di calcolo, di accesso alle tecnologie. Per la prima volta le fonti di apprendimento informale prevalgono su quelle formali, sollecitando adeguati strumenti critico-riflessivi per un necessario discernimento. Questo è anche quanto emerso durante il convegno del Politecnico di Milano sul Digital Export, in cui il fattore umano emerge come principale barriera (ed era l’era della Rivoluzione 4.0).
In questo processo di innovazione, i Governi devono intervenire con incentivi opportuni per agevolare tutte le aziende e consentire loro di entrare in questo cambiamento epocale.
Innovazione: Business Analysis e Project Management
Il Business Analyst è la figura fondamentale per condurre l’innovazione e affrontare la necessaria resilienza che ci aspetta. Un particolare momento a cui potevamo giungere preparati, per cogliere appieno anche le nuove opportunità finanziarie che prevedono maggiori supporti alla ricerca e innovazione, per guardare oltre la crisi. Questi i temi emersi nel convegno – con oltre 1.000 partecipanti – del Politecnico di Milano del 07 aprile 2020 (tra i convegni 2020 del Wiobook). Nuovi modelli di business e nuovi prodotti sono alla base dello sviluppo, che necessitano di coordinamento e competenze, che il Business Analyst deve integrare in tavoli.
L’Innovazione: FINTECH – INSURTECH
Anche al tavolo FINTECH del Politecnico di Milano, nel convegno “Innovative Payment” l’impatto della tecnologia, sul contesto Covid19, fotografa uno stravolgimento di paradigmi validi fino a pochi mesi fa. Paradigmi che in realtà portano un’accelerazione dell’Innovazione e la nascita di opportunità per chi sarà pronto a coglierle, valorizzando gli strumenti finanziari e cogliendo le esigenze future. Nuovi Paradigmi = Nuovi Modelli, da condurre correttamente, attraverso aggiornamenti indispensabili per Manager, Business Analyst e Temporary Manager. Il FINTECH si avvicina sempre più all’utente ed alle sue esigenze, cosa che solo qualche decennio fa, quando nel 1989 sviluppai la Gestione del Credito Agrario per il Credito Italiano, era impensabile a causa dei costi delle tecnologie, oggi accessibili a tutti, agevolando la fortissima accelerazione dell’innovazione.
Ampie sono le opportunità d’innovazione nell’intera filiera di aziende che operano nei settori finanziari e assicurativi, per il cui processo d’innovazione occorrono figure con competenze e visioni innovative.
Uno spettro di possibili aree che saranno coinvolte:
- le tecnologie;
- le risorse umane;
- le strategie di approccio.
L’Innovazione tecnologica ne è un comune filo conduttore che, dai progetti sviluppati dal 1985 alla piattaforma IFM (Innovation Finantial Matching), ha beneficiato dello sviluppo delle tecnologie e del downzing dei costi, nonché agevolata dalla sempre maggiore diffusione culturale della stessa tecnologia, che la contingente situazione ha accelerato.
Le ricerche del Politecnico di Milano si sono concentrate sulle aziende Medie, Grandi e Grandissime: ma cosa occorre alle PMI, che sono la vera risorsa italiana? Nei numerosi tavoli di ricerca, e anche nei convegni del Polimi, si è sottolineato il valore delle tecnologie e l’integrazione della Supply Chain Finance ai sistemi ERP, come riportato negli esempi esposti da Accenture, e risultano interessanti gli esempi assicurativi a supporto della ERM (Enterprise Risk Management).
Rilevante, risultato delle ricerche e presentato in numerosi convegni sul tema, la consulenza di “Prossimità”, cioè la persona di fiducia.
Questo è il ruolo che può rivestire il Commercialista che, con competenza e appropriata formazione, creando un corretto matching tra le aziende, nel loro processo d’innovazione, e investitori locali, al fine di evitare quel gap a cui sono sottoposte le PMI “sane”. Commercialisti/Consulenti, in grado di valutare in termini di due diligence, sia investimenti e servizi proposti da operatori finanziari e assicurativi che aziende locali (PMI) in grado di generare valore attraverso progetti di concreta Innovazione e Ricerca. Parola chiave risultante: trasparenza. Strumenti e cultura che possano portare all’evoluzione, richiesta anche dai grandi operatori, per creare il corretto supporto e matching locale. Dai grafici riportati nelle slides delle ricerche del Politecnico di Milano si evince come le aziende, affidabili, di medie dimensioni siano soggette a tassi superiori al 6%; nel contempo investitori locali non riescono ad ottenere risultati superiori all’1%. Questi i temi affrontati nei Corsi di Alta Formazione e oggetto della piattaforma IFM (Innovation Finantial Matching). Una piattaforma di supporto a Commercialisti – considerando anche gli impegni previsti dall’articolo 2086, comma 2, cod. civ. in tema di organizzazione aziendale – e Consulenti, per la corretta gestione dell’utilizzo delle risorse finanziarie. Concordando con i risultati della ricerca, oggetto di numerosi convegni (Fintech e Insurtech), da cui emerge il valore dei Commercialisti nella corretta consulenza finanziaria, sia per le aziende che per i privati collegati ad esse. Commercialisti che spesso sono interpellati a posteriori per valutare e assistere “errati” investimenti. Il coinvolgimento competente dei Commercialisti, supportati da piattaforme e tool per la gestione di queste attività e delle attività di due diligence, permetterà di generare un corretto matching tra chi ha le necessarie risorse e aziende che necessitano di supporto, per uno sviluppo sano e sostenibile.
Articolo a cura di Michele Piano
Michele Piano (m.piano@laboratoriosostenibilita.ch), Progettista e Docente di Master in Business Analysis e Facility Management. Business Analyst in progetti internazionali di Ricerca e Sviluppo Sostenibile.
Plurilaureato, Formazione avanzata e master in M&A, Legislazione Informatica, Business Analysis e Sustainability Facility Manager. Progettista e Docente in Corsi Universitari e Master, di Informatica, Domotica e Sostenibilità. Direttore in Progetti di Ricerca. Membro di Comitati Scientifici sui temi Domotici, Energetici e della Sostenibilità. Direttore di Centro Studi sulla Sostenibilità. Direttore e Business Analyst, dal 1986, in progetti Europei di Domotica, Automazione, Energia da Fonti Rinnovabili, Edilizia Sostenibile, Social Housing, Smart Cities, Ambiente, Health ed HR.