La scuola ostacola le imprese e il progresso
L’economia è mutata radicalmente, mentre la scuola è la stessa di sempre.
Il sistema educativo prevalso in passato, ideato per venire incontro ai fabbisogni industriali, è oggi da considerarsi del tutto insufficiente e non più funzionale in relazione ai tempi che corrono.
Se guardiamo con attenzione le scuole dell’obbligo, non possiamo fare a meno di notare che il sistema educativo moderno non è altro che la fotocopia del sistema prussiano, basato sulla disciplina e l’obbedienza.
Si tratta infatti di un sistema creato tradizionalmente per formare soldati in grado di eseguire gli ordini, ed essere rimpiazzati al bisogno (un po’ come accade ancora oggi nel mondo del lavoro, no?). Un sistema che non serve a sviluppare le potenzialità, il talento e l’unicità di ogni allievo; bensì a livellare le coscienze, condizionare le menti e partorire diligenti soldatini incapaci di pensiero creativo e libero arbitrio.
Non è infatti un caso che, ai suoi albori (prima del XIX secolo l’istruzione pubblica non esisteva), il sistema scolastico che tutti conosciamo sia stato accolto a braccia aperte dagli industriali (visto che già a quel tempo il lavoro minorile non era visto di buon occhio dalla pubblica opinione). Nelle fabbriche gli operai dovevano infatti rimanere seduti per molte ore al medesimo posto, fare un lavoro molto ripetitivo, prendere ordini passivamente, stare in silenzio, non mettere mai l’autorità in discussione e, certamente, non fare un lavoro creativo. Esattamente come a scuola!
Ma oggi?
Nelle fabbriche ci lavorano i robot; e sempre meno esseri umani fanno, e faranno, dei lavori che possono invece essere oggi automatizzati. Inoltre, siamo nel XXI secolo, e il lavoratore della conoscenza è qualitativamente diverso dalla forza lavoro di un tempo, meno specializzata e meno qualificata. Pertanto, la formazione che poteva essere buona cent’anni fa, per andare a lavorare in fabbrica, non è più adeguata.
Aprire la conversazione sul tema scuola è oggi doveroso, soprattutto nei confronti dei nostri figli e delle nuove generazioni, ma anche per quanto concerne il business e l’economia in generale.
È infatti inammissibile che i giovani, dopo svariati anni di formazione, si trovino a essere catapultati in un mondo del lavoro al quale sono assolutamente impreparati; il mondo sta infatti cambiando molto rapidamente a livello sociale, politico, economico. Le forze del cambiamento e della globalizzazione stanno rimodellando tutto, compreso il modo di operare, il posto in cui si svolge il proprio compito e il lavoro stesso.
Da una parte, le imprese devono comprendere il cambiamento e sviluppare nuovi modelli di business; ma dall’altra, non possiamo tralasciare l’aspetto relativo alla formazione, in quanto trattasi di un aspetto tanto vitale quanto troppo spesso dato per scontato.
La scomoda domanda: a cosa serve la scuola? (Seth Godin ha scritto un ebook molto interessante sull’argomento, trovi la versione italiana nelle referenze in calce).
Per quale motivo i giovani, finite le scuole dell’obbligo, non hanno la benché minima preparazione nelle capacità e competenze che servono nel mondo reale? Come può un giovane proporre la migliore versione di sé in ambito professionale e offrire una straordinaria performance, se la sua formazione si è fermata alla preistoria? Come può una giovane donna, o un giovane uomo realizzare il suo potenziale se la sua immaginazione creativa è stata letteralmente soffocata da un sistema basato sulla memorizzazione di tonnellate di dati triviali, che vengono sistematicamente dimenticati dopo la prova d’esame?
Siamo nel 21esimo secolo, e la formazione deve, dovrebbe, essere adeguata per sviluppare le doti necessarie nella nuova economia nei leader del futuro; non generare disoccupati impreparati ad affrontare la realtà odierna…
Lo psicologo svizzero Jean Piaget disse che “L’obiettivo della scuola è quello di creare uomini che sono capaci di fare cose nuove, e non semplicemente ripetere quello che altre generazioni hanno fatto.” Certamente, su questo credo che possiamo essere tutti d’accordo, ma come possono questi ragazzi fare cose nuove se l’istruzione razionale uccide la loro creatività?
Prendendo in prestito le parole di Edward De Bono, possiamo affermare che “La creatività è senza dubbio la risorsa umana più importante.” Come infatti sostiene lo scrittore maltese, “Senza creatività non ci sarebbe progresso e ripeteremmo sempre gli stessi schemi.”
Creatività, progresso e innovazione vanno di pari passo e oggi più che mai, in generale, è proprio di creatività che abbiamo bisogno. A tal riguardo, un recente studio condotto all’Università di Oxford dal Dr. Michael A. Osborne e dal Dr. Carl Benedikt Frey (The Future of Employment: How Susceptible Are Jobs to Computerization) stima che, a causa dell’effetto dell’automazione sull’occupazione, nel giro dei prossimi vent’anni, negli Stati Uniti, il 47% dei posti di lavoro sarà a rischio. Seguendo l’andamento della robotica e gli sviluppi nel campo dell’Intelligenza Artificiale, possiamo trarne l’inferenza che ciò possa accadere anche in tempi più brevi, e non solo in America. Inoltre, è certamente condivisibile il pensiero degli autori sul fatto che, come conseguenza della meccanizzazione dei processi operativi, le competenze richieste nel prossimo futuro saranno maggiormente incentrate su social intelligence e… creatività!
Ma allora perché continuiamo a educare senza agire su basi scientifiche? Attraverso la scuola dell’obbligo quel che facciamo è insegnare ai bambini a non essere creativi. Unicamente focalizzati sull’emisfero sinistro del cervello, che è perfetto per il ragionamento, la logica e la matematica, anestetizziamo la parte destra, più creativa e intuitiva.
E questa non è un’idea campata in aria, ma è avvalorata da un importante studio del 1968, condotto da George Land e Beth Jarman. I due ricercatori erano stati contattati dalla NASA, in quanto l’Ente Nazionale per le attività Spaziali e Aeronautiche stava cercando un modo per selezionare gli ingegneri e scienziati più creativi da inserire in un team che avrebbe affrontato i problemi più complessi. Land e Jarman svilupparono dunque un test per valutare l’abilità di guardare ai problemi e risolverli con idee nuove, differenti e innovative che andò a buon fine. Essendo un test relativamente facile e non sapendo se la creatività è qualcosa di innato o qualcosa che impariamo, i due ricercatori decisero di sottoporlo poi a un campione di 1600 bambini sui cinque anni.
Il risultato fu straordinario: il 98% ottenne un punteggio a livello di genio! Il test fu dunque ripetuto con gli stessi bambini cinque e dieci anni dopo e i risultati sono stati sbalorditivi. Quando i bambini avevano dieci anni, la percentuale è scesa al 30%. A quindici addirittura al 12. Da allora, più di un milione di adulti sono stati sottoposti al test e solo il 2% arriva a quel livello!
Questi risultati lasciano di stucco! E anche i ricercatori si sono posti delle serie domande in merito. Il denominatore comune è stato identificato nel percorso formativo tradizionale. Tradotto: ogni bambino viene al mondo con uno straordinario potenziale, con una creatività innata che viene letteralmente soffocata da modelli educativi obsoleti.
Come si può dunque pretendere che arrivati sul posto di lavoro i giovani abbiano idee originali di valore, che portino un modo nuovo e diverso di vedere le cose, e arricchiscano le imprese con il loro talento se sono stati educati a essere tutto il contrario? E come possono questi ragazzi trovare soluzioni creative ai problemi se sono stati educati alla competizione, e a temere il fallimento? (si sa, diventa difficile fare cose nuove e realizzare idee originali se si è dominati da una mentalità fissa e si ha paura di sbagliare…).
La questione è molto seria, e va anche ricordato che la nuova economia non premia più obbedienza e docile remissività, bensì creatività, audacia, coraggio, motivazione, leadership… tutte qualità che sono sistematicamente represse dalla scuola! Questo, ovviamente, deve portarci a riflettere e mettere in discussione non solo il sistema scolastico, ma anzitutto il modo di educare comunemente accettato dalla nostra società e l’educazione in generale.
Oltre a ciò quel che dovremmo fare è anche ripensare l’idea che abbiamo dell’intelligenza. Grazie allo psicologo statunitense Howard Gardner, sappiamo che ci sono varie manifestazioni fondamentali dell’intelligenza. È risaputo che la più potente facoltà della mente è l’immaginazione e che quest’ultima ricopre un ruolo importantissimo nella nostra vita di tutti i giorni. Dunque, perché fossilizzarsi sui metodi tradizionali d’insegnamento e continuare a non permettere ai bambini di essere ciò che sono e di apprendere secondo i loro bisogni, sulle basi delle particolarità di ognuno?
Creatività e immaginazione sono delle qualità basilari, vitali. Innate. Per questo, più che di modelli educativi rigidi e obsoleti oggi abbiamo piuttosto bisogno di creatività: “La creatività è importante quanto l’alfabetizzazione.” (Ken Robinson)
Questa nuova economia ha portato con sé molta destabilizzazione, questo è certo, ma anche moltissime nuove opportunità. Siamo di fronte a un cambiamento mai visto prima d’ora, che sta rivoluzionando tutti gli schemi legati al consumo, alla produzione, all’occupazione; e nuove perturbazioni economiche sono all’orizzonte. Molte sono le sfide, che richiedono a imprese, organizzazioni e individui agilità, abilità di conduzione e capacità di adattamento.
Senza creatività non può esserci innovazione, né progresso. Per questo è fondamentale aprire il dibattito su questo tema. Come disse Malcolm X, “La scuola è il nostro passaporto per il futuro, poiché il domani appartiene a coloro che oggi si preparano ad affrontarlo.”
Diciamolo chiaramente: non possiamo andare nel futuro con un passaporto scaduto.
L’educazione è un tema importantissimo che riguarda noi tutti da vicino, come famiglie e come società. Il mondo sta cambiando molto velocemente e non sappiamo come sarà fra cinque o dieci anni. Il futuro è incerto, ma noi abbiamo il compito e la responsabilità di preparare i nostri figli e le nuove generazioni ad affrontarlo e questo implica un cambiamento radicale a livello educativo. Altrimenti, se continuiamo a rimanere fermi sulle barricate dei vecchi modi di fare e pensare, lo scenario peggiore che offre il prossimo futuro è quello di un enorme sviluppo tecnologico, accompagnato da carenza di talenti, aumento nelle diseguaglianze e disoccupazione di massa: una società indesiderabile sotto tutti i punti di vista.
“L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo, stimolando il progresso, facendo nascere l’evoluzione.” Albert Einstein
Referenze
- Non rubate i sogni (ebook versione italiana), Seth Godin
https://www.nonrubateisogni.com/wp-content/uploads/2013/02/non_rubate_i_sogni__a_cosa_serve_la_scuola.pdf - The Failure of Success, TEDxTucson
https://www.youtube.com/watch?v=ZfKMq-rYtnc - The Future of Employment: How Susceptible Are Jobs to Computerization, University of Oxford
https://www.oxfordmartin.ox.ac.uk/downloads/academic/The_Future_of_Employment.pdf
Articolo a cura di Francesco Ferzini
Francesco Ferzini è uno scrittore, ricercatore e formatore che si occupa di leadership e sviluppo del potenziale umano.
La sua missione è quella di promuovere una nuova educazione, aiutare le persone a sviluppare il talento della leadership e riscoprire chi sono, con l’obiettivo che ognuno possa allinearsi alla propria vocazione, realizzandosi nella propria vita professionale e privata.
Pluriennale esperienza nel business internazionale, ha conseguito il Master of Business Administration (MBA) presso Curtin University of Technology CGSB in Australia, è specialista in marketing e vendita con attestato federale presso Swiss Marketing Club SMC, Svizzera.