Leadership e performance decisionale

In questi ultimi anni si sta alimentando il dibattito sul contributo delle scienze comportamentali all’arricchimento degli strumenti in mano agli economisti. Il Nobel per l’Economia, assegnato a Richard Thaler nel 2017 e a Michael Kremer, Abhijit Banerjee ed Esther Duflo nel 2019, pur non rinnegando la rilevanza dei modelli tradizionali, ci fa capire altresì l’importanza di elaborare modelli di analisi alternativi capaci di tener conto sia dei “limiti” degli agenti economici reali, sia delle interazioni tra gli stessi e le influenze esterne, al fine di valutarne gli effetti.

Ma per fare previsioni accurate abbiamo bisogno di arricchire quelle stesse teorie con le intuizioni di altre, figlie delle scienze sociali adattando a modelli economici modelli sociali per migliorare l’accuratezza della scienza economica. A tal proposito vorrei porre l’accento sulla profonda differenza fra imposizioni e spinte gentili. Le minacce (anche velate) e l’imposizione di regole, inducono le persone a ridurre l’iniziativa, a osare di meno e ad essere meno innovative.

Al contrario, l’approccio delicato dell’architettura delle scelte salvaguarda la libertà di ognuno di esprimersi, intervenire, acquisire maggior consapevolezza dei propri errori ed adottare, con convinzione, strategie correttive.

Si sente parlare sempre più spesso di “nudge”, una parola per molti sconosciuta che obbliga a ricorrere ad un dizionario di inglese. Letteralmente vuol dire “gomitata”, ma viene tradotto in maniera più semplice come “spinta gentile”, ovvero l’intervento di carattere umano che modifica il contesto in cui una determinata scelta viene presa. Non obbliga a prendere una decisione, ma aiuta e indirizza colui che deve compiere una scelta.

Il nudge è uno stimolo, che ci orienta a prendere alcune decisioni piuttosto che altre, salvaguardando la nostra libertà di decidere.

Il nudge trova vari ambiti di applicazione ed è molto interessante capire come sia applicabile in contesti aziendali. Deve essere uno strumento basato sulla facilità di scelta, che cerca di coinvolgere nelle attività dell’azienda i dipendenti in qualità di co-creatori di valore. L’idea è quella di creare dei canali di comunicazione aperti, trasparenti, facili, affinché il dipendente sia totalmente libero di agire. Il nudge in questo caso ha lo scopo di indurre comportamenti più ragionati.

Nelle aziende la responsabilità delle decisioni alle quali devono seguire dei risultati, è in capo a uno o più manager (a seconda della dimensione aziendale). Lo scopo qui non è nel discutere sulla bontà delle decisioni prese ma piuttosto sulla trasparenza di queste decisioni e nella capacità di engagement conseguente. Far conoscere coinvolge molto di più rispetto a obbligare; e la comunicazione trasparente stimola il comportamento a cui si auspica. L’idea ruota su comportamenti virtuosi, senza obblighi di sorta che invece danno rigetto.

Allora è una scelta più saggia proporsi di modificare un comportamento, proponendo alternative più piacevoli che stimolano la curiosità o eventualmente la competizione: non si definiscono né impongono le scelte “migliori”, ma si responsabilizza a creare migliori ambienti di scelta, più semplici, funzionali, positivi, sostenibili e quindi potenzialmente vantaggiosi per tutti.

Se si vuole dunque mirare all’aumento della performance decisionale, è solo questa la strada da percorrere: economia comportamentale docet.

 

Articolo a cura di Andrea Zirilli

Profilo Autore

Andrea Zirilli è nato a Roma nel 1975. Dopo la Laurea in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi La Sapienza di Roma, ha iniziato la sua esperienza professionale come responsabile commerciale di Faress Italia nel 2001, per poi entrare nel Gruppo Adecco, la piattaforma leader nei servizi dedicati alla gestione delle Risorse Umane, nel 2003. Dopo diversi incarichi a livello territoriale, di Operations e nel Sales Department, dal 2017 è responsabile del Leading Sales Team come Head of Commercial Partnership & Account management in Italia. All’interno del proprio percorso professionale ha sviluppato attenzione verso le varie sfaccettature della leadership e l’evoluzione del management nelle organizzazioni. Autore di “La mia seconda pelle. Storia di una dipendenza” e di “Just be You. Storia di una rinascita”, è attivo nella sensibilizzazione contro le dipendenze patologiche.

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