Leadership ed entropia culturale

Quando si parla di leadership è facile scivolare in discorsi astratti e scollegati dalla realtà del lavoro. La leadership nelle sue numerose e complesse definizioni, alcune delle quali affrontano qualità personali e competenze, altre si concentrano sull’uso del potere, altre ancora considerano le varie combinazioni di variabili situazionali, appare pur sempre una materia teorica, difficile da circoscrivere e tradurre nell’esperienza di ogni giorno.

Il motivo principale è che i leader sono abituati a misurare e gestire risultati, obiettivi tangibili e facili da verificare. E la leadership, nonostante tutto, sembra sfuggire a questi parametri. Eppure sappiamo bene che è proprio la qualità della leadership che può fare la differenza tra successo e fallimento di un’impresa.

E’ possibile conoscere quello che c’è alla base di una buona leadership, lasciando da parte tutti i fattori personali, relazionali, organizzativi e situazionali di cui sopra?

Sì, perché in cima a tutto, semplicemente, ci sono i valori, le convinzioni profonde del leader. Anche se su queste capita meno frequentemente di ragionare. Eppure i valori riflettono la vera personalità di ognuno, ciò che è realmente importante per la persona, e rappresentano i fattori energetici delle nostre intenzioni e delle nostre aspirazioni più profonde.

I valori, infatti, insieme alle nostre convinzioni, sono i fattori causali che guidano il nostro processo decisionale. Per crescere e svilupparsi, un leader deve essere consapevole dei propri valori e di come questi valori influenzano le sue decisioni e le sue azioni.

Non solo. La cultura di un’azienda, cioè di un gruppo di individui che condividono obiettivi e identità comuni, non è altro che il riflesso dei valori più autentici del leader e, allo stesso tempo, della eredità istituzionale di quelli che lo hanno preceduto.

In altri termini, i valori, le convinzioni del leader vengono trasmessi al gruppo attraverso le parole, i comportamenti, le decisioni che egli di volta in volta prende. Ecco perché la trasformazione organizzativa può iniziare solo a partire dalla trasformazione del leader. Quando i leader cambieranno anche la cultura aziendale potrà cambiare.

Torniamo, ora, al quesito sollevato più sopra: è possibile mappare, misurare e verificare, e quindi gestire, i valori che stanno alla base della cultura aziendale?

Molti ci hanno provato con risultati più o meno positivi. Un esempio tra i più interessanti in questo senso è il Barret Values Center, un gruppo, fondato da Richard Barrett nel 1997 (www.valuescentre.com), che realizza sistemi per aiutare leader, manager e supervisori a monitorare e gestire i loro valori e comportamenti.

Non intendiamo, in questa sede, fare un’analisi delle loro proposte specifiche, ci interessa, invece, in particolare, soffermarci su alcune considerazioni, svolte dallo stesso Barrett[i] e altri studiosi, sul concetto di entropia culturale e personale e su come la verifica del suo livello in una azienda rappresenti un elemento chiave per stabilire la qualità della leadership e delle sue performance.

Che cos’è l’entropia culturale?

L’entropia, come noto, è il secondo principio della termodinamica e, con riferimento alle organizzazioni aziendali, sociali, culturali, è la misura tendenziale che porta alla stasi, alla perdita di slancio, alla degradazione, ed è costante e irreversibile, anche se in genere difficile da individuare.

In un’azienda l’entropia culturale potrebbe essere definita come la quantità di energia consumata nello svolgere lavori improduttivi o non necessari; in altri termini, una disfunzione generata dalle azioni e dai comportamenti dei leader, dei dirigenti e dei supervisori basati sull’ansia e sulla paura. Infatti, quando le persone che hanno responsabilità direttive manifestano carenze a livello psicologico insoddisfatte, e nutrono sentimenti ansiogeni, sono portati a indirizzarsi verso comportamenti disfunzionali oltre il lecito (come controllo, manipolazione, biasimo, competizione interna, ecc.) aumenta il livello di entropia culturale e allo stesso tempo, la fiducia e la coesione interna diminuiscono.[ii]

Viceversa, quando leader, dirigenti e supervisori lavorano con autenticità e integrità e s’impegnano in comportamenti di cura e di fiducia, concentrandosi sulla soddisfazione delle esigenze dei propri dipendenti e stakeholder, l’entropia culturale diminuisce, l’impegno dei dipendenti aumenta in proporzione e la redditività e le prestazioni crescono sensibilmente.

Questo fenomeno sembra ampiamente dimostrato dalle ricerche svolte dal Barrett Values Center nel corso degli ultimi diciotto anni, che ha rilevato in particolare come la principale fonte di disfunzione sia dovuta proprio all’entropia personale dei vertici aziendali che incide pesantemente sull’entropia culturale complessiva.

Vediamo ora da vicino in cosa consiste l’entropia personale.

L’entropia personale è la quantità di energia che una persona consuma, attraverso le sue interazioni quotidiane, a causa di convinzioni limitanti[iii] che producono ansia e paura, a livello conscio e inconscio, e che si originano a seguito del bisogno di soddisfare quelle che Maslow chiama carenze sia dal punto di vista della sopravvivenza in senso lato sia quelle più elevate che riguardano la realizzazione personale.

Queste convinzioni limitanti agiscono su tre livelli. A livello di sopravvivenza riguardano l’autoconservazione, il più potente e universale drive dei comportamenti umani e il primo dei bisogni che richiedono di essere soddisfatti. Queste convinzioni portano alla visualizzazione di valori potenzialmente limitanti come il controllo, la manipolazione, l’avidità, l’eccessiva cautela.

Le convinzioni limitanti a livello di relazione riguardano l’appartenenza – cioè i bisogni che originano dal sentirsi trascurati o non amati abbastanza, non essere accettati e protetti a sufficienza. Queste convinzioni portano alla visualizzazione di valori potenzialmente limitanti come il senso di colpa, il piacere, la competizione, la gelosia, la diffidenza.

A livello di autostima, le convinzioni limitanti riguardano la realizzazione di sé – cioè non essere considerati abbastanza per ricevere il riconoscimento degli altri (o volerlo essere sempre di più) o il rispetto delle figure più autorevoli. Queste convinzioni portano alla visualizzazione di valori potenzialmente limitanti come la ricerca dello status, la ricerca ossessiva del potere e un’attenzione esagerata all’immagine di sé.

Quasi tutti nel loro operato sono portatori di un certo livello di entropia personale. Il problema è che non vengano superati i limiti di guardia e che il leader sia consapevole e cerchi di padroneggiarla per evitare che diventi controproducente. Un leader si renderà ben presto conto che la propria entropia personale andrà prima o poi a confluire nell’organizzazione che guida e si trasformerà in entropia culturale. In questo modo, saranno messe a repentaglio le prestazioni del gruppo intero e il livello di impegno e coinvolgimento dei collaboratori ai vari livelli tenderà a ridimensionarsi pericolosamente.

Qualche dato

I leader con i livelli più bassi di entropia personale (0-6%)[iv] spesso mostrano alcuni valori relazionali quali ascolto, accessibilità, lavoro di squadra, affidabilità, responsabilità ed equità e non presentano valori potenzialmente limitanti. Operano con integrità, s’impegnano per l’organizzazione e lavorano mostrando entusiasmo e un atteggiamento positivo.

I leader nella fascia media dell’entropia personale (11-15%) possono visualizzare solo uno o due valori potenzialmente limitanti, ma mostrano pochissimi valori di relazione. Tendono ad essere più concentrati sui valori organizzativi come obiettivi e risultati.

I leader nella fascia alta di entropia personale (21% o più) mostrano numerosi valori potenzialmente limitanti come l’eccessivo bisogno di controllo, un sovraccarico di lavoro, la continua necessità di dimostrare il proprio potere. Si presentano autoritari e, in genere, mostrano valori relazionali potenzialmente limitanti.

Per quanto poco intuitivo possa sembrare, si può concludere che i leader più efficaci e di successo sono proprio quelli che si concentrano sulle persone e meno sui risultati. Non è che i risultati non siano importanti. Assolutamente. Sono fondamentali. Ma per ottenere i risultati che si desidera, occorre concentrarsi sulla soddisfazione dei bisogni delle persone che collaborano con noi, perché queste sono, in sostanza, le principali motivazioni che alimentano una azienda sana.

Molti i contributi teorici sul tema. Sull’importanza dei valori in ambito aziendale basti ricordare il contributo di Tom Peters[v], conosciuto per la sua teoria delle 7 S (Strategy, Structure, Systems, Staff, Skills, Shared Values, Style), che considera i valori come il fulcro di un processo decisionale organizzativo di successo.

Altro importante contributo ci viene da Rosabeth Moss Kanter[vi] che afferma:” Di fronte alle turbolenze e ai cambiamenti della nostra epoca, la cultura e i valori diventano la principale fonte di continuità e coerenza, di rinnovamento e sostenibilità. I leader devono essere capaci di costruire imprese che conferiscono all’organizzazione un significato in grado di ispirare l’attività di oggi e affrontare le sfide del domani. Devono trovare lo scopo comune e i valori universali che uniscono persone molto diverse, pur consentendo di esprimere e valorizzare le loro identità individuali”.

Note

  • [i] Richard Barrett, “The Values-Driven Organisation: Unleashing Human Potential for Performance and Profit” (London, Fulfilling Books, 2013.
  • [ii] Diamo per scontato che i lettori conoscano la teoria di Abraham Maslow e la famosa piramide motivazionale.
  • [iii] Le convinzioni limitanti sono pensieri, che spesso sorgono senza controllo, e bloccano, o limitano certi comportamenti e impediscono di esprimere il proprio reale potenziale.
  • [iv] I dati si riferiscono a delle ricerche statistiche realizzate dal Barret Values Center.
  • [v] Tom Peters e Robert Watermann “Search of Excellence: Lessons from America’s Best-run Companies”, 1982.
  • [vi] Docente all’Harvard Business School, Preside della Harvard Advanced Leadership Initiative.

A cura di: Ugo Perugini

Profilo Autore

Ugo Perugini. Giornalista, blogger, collaboratore di “Vendere di più”- https://www.venderedipiu.it/, “Az Franchising” - https://azfranchising.com/az-franchising-magazine/ -, DM&C - http://www.dmcmagazine.it ; HR on line - www.aidp.it/riviste/indice-hronline.php. In passato, ha collaborato con “Beesness”- www.beesness.it ; Together HR, blog di Sky Lab http://www.togetherhr.com/bloghr-blog-risorse-umane/- “Senza Filtro” https://www.informazionesenzafiltro.it e altre pubbllicazioni
Il blog che cura è https://capoversonewleader.wordpress.com/

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