Leadership, globalizzazione e lockdown
Cosa lega questi tre termini? Il filo conduttore degli ultimi due è senza dubbio il primo. Non esiste un’era – in questo caso quella della globalizzazione – non esistono provvedimenti o misure – nello specifico quelli legati al recente lockdown, causato dall’emergenza coronavirus – che non siano legati, in qualche modo, a un processo di guida o di leadership.
In queste epoche/circostanze la parola leadership non può che avere un’accezione positiva, che va dalla presa di coscienza, alla crescita personale e a quella sociale.
La leadership, secondo una delle definizioni più intuitive, non è altro che la capacità di un determinato soggetto, denominato leader, di poter guidare un gruppo di altri soggetti verso un obiettivo comune, per mezzo di una sfera di influenza riconosciuta da tutti, sviluppatasi grazie a caratteristiche specifiche, del leader stesso, che lo rendono adatto a questa funzione.
La leadership non è sempre stata come la percepiamo oggi, nel tempo ha subito tutta una serie di evoluzioni. Per capire meglio tutto il processo evolutivo, che ha portato la leadership dalla semplice capacità di guida dell’era preistorica a quella estremamente complessa legata all’epoca della globalizzazione, dobbiamo analizzare lo sviluppo evolutivo secondo una duplice visione: l’evoluzione della specie e l’evoluzione della cultura/società. Le parti chiamate in causa cambiano ma il meccanismo che sviluppa e attiva entrambi le tipologie di evoluzione è il medesimo.
Per comprendere come la leadership si è evoluta nel tempo occorre analizzare, parallelamente, la “teoria dell’evoluzione della specie” di Charles Darwin, le varie teorie sociobiologiche degli anni ‘70 del XX° secolo e la “teoria dell’evoluzione culturale” evidenziata, in modo importante, da Richard Dawkins, nel 1976, attraverso il concetto di “meme”.
L’assioma focale della teoria darwiniana si concentrava sul fatto che l’uomo, nella sua accezione di rappresentante della specie, è in continua lotta con se stesso per la conquista delle risorse naturali; in questa competizione l’ambiente tende ad essere selettivo, eliminando gli esseri umani più deboli che non riescono ad adattarsi alle mutate condizioni ambientali. Solo chi riesce a superare tutto questo avrà il grande privilegio di trasmettere il proprio patrimonio genetico ai figli. In sostanza, Darwin sosteneva che in un mondo di popolazioni stabili, dove la lotta per la sopravvivenza è una costante, i soggetti con le “migliori” caratteristiche avranno maggiori possibilità di sopravvivenza e di trasmissione dei tratti positivi per il proprio mantenimento e per quello dei loro discendenti. Con il succedersi delle generazioni, tali caratteristiche favorevoli diventeranno dominanti nella popolazione. In sintesi, questo è il concetto di selezione naturale sviluppato da Darwin.Tale principio di selezione portò l’antropologo ad affermare che se questo processo selettivo, si fosse protratto a lungo nel tempo, avrebbe favorito il verificarsi di cambiamenti importanti, all’interno di una popolazione, favorendo, anche, la nascita di nuove specie.
Darwin, per lo sviluppo della sua teoria, partì dagli studi effettuati ed evidenziati da Lamarck, nel 1809, nella sua opera “Philosophie zoologique”, attraverso cui elaborò una prima tesi sull’evoluzione biologica. Lamarck, all’inizio, affermò che gli organismi, così come si vedevano, fossero la risultanza di una modificazione graduale dovuta al variare delle condizioni ambientali. Con questa sua elaborazione dette vita alla prima teoria evoluzionistica.
Fu grazie al contributo del monaco Gregor Mendel che si riuscì ad avere una base teorica che dimostrasse la questione dell’eredità dei caratteri. Lo studio di Mendel fu di tipo metodologico, in quanto, furono applicati, per la prima volta, strumenti matematici a supporto di queste teorie; nello specifico ricorse alla statistica e al calcolo delle probabilità, al fine di dimostrare, empiricamente, lo studio dell’eredità biologica. Il concetto innovativo di Mendel asseriva che l’ereditarietà fosse favorita dalla presenza di caratteristiche, specifiche, presenti nei genitori. Fu grazie a Mendel che si riuscì a fornire una base teorica, scientificamente provata, relativa alla questione dell’ereditarietà dei caratteri, ipotizzata in prima battuta da Darwin. Tutto questo spiega come avviene l’evoluzione della specie sotto il profilo genetico, attraverso evoluzioni organiche di adattamento, in risposta alle nuove condizioni ambientali. Tali situazioni possono essere non solo legate all’ambiente fisico ma anche a quello sociale e culturale.
Il principio evoluzionistico, legato all’ambiente sociale e culturale, ricalca esattamente il meccanismo evolutivo genetico. Cambiamenti sociali/culturali, nel nostro caso, sono quelli legati al processo di evoluzione della leadership dalla nascita dell’uomo ad oggi, era della globalizzazione. Parallelamente alla “teoria dell’evoluzione della specie”, che tra l’altro è stata la capostipite delle teorie evoluzionistiche, occorre parlare anche delle teorie sociobiologiche, partendo dall’assunto che l’agire umano e la socialità sarebbero riconducibili alla natura, creando, in questo modo, un collegamento tra: la teoria evoluzionistica neodarwiniana implementata per mezzo della selezione naturale, la facoltà del genotipo di influire sul fenotipo comportamentale e la massima efficacia della facoltà riproduttiva. Il centro di gravità dell’indagine sociobiologica è rappresentata dal rapporto genotipo-fenotipo (gene-comportamento).
I sociobiologi affermarono che il comportamento sociale è un fenotipo collegato alla combinazione ambiente-genotipo.
Secondo questa corrente, il genotipo subisce il processo di selezione naturale, quindi sulla base del comportamento adattivo i geni del nuovo comportamento si sostituiranno a quelli precedenti.
In base alla sociobiologia, un gene o più geni influenzano il comportamento dell’uomo al fine di favorire il processo di adattamento. Il comportamento è una risposta alle sollecitazioni dell’ambiente e del genotipo; i geni servono ad ottimizzare la riproduzione per garantire l’evoluzione della specie, vi sono anche dei replicatori culturali, i memi, che si trasmettono da una mente all’altra per garantire l’evoluzione culturale e sociale.
Nel 1975 E.O. Wilson stabilì che la relazione fra i geni e il comportamento sociale è influenzata dal fatto che la mente si è evoluta fino a dipendere dalla cultura; il comportamento è influenzato dai geni e l’uomo è programmato per evolversi continuamente.
In ultima analisi si rende utile analizzare la “teoria dell’evoluzione culturale” che nei suoi processi evolutivi ripercorre i meccanismi di quella della specie. Nello sviluppo della specie la base evolutiva risiede nel gene, in questo caso parliamo di genetica; nell’evoluzione culturale e sociale questa base è espressa dal meme, già accennato nelle teorie sociobiologiche, in questo caso parliamo di memetica. Il meme è un principio, una forma, un comportamento o un processo che si diffonde nell’habitat culturale dell’intera società contemporanea, molto frequentemente per emulazione, diventando in questo modo popolare.
Il termine è frutto degli studi di Richard Dawkins che hanno portato, nel 1976, alla sua coniazione nel libro “Il gene egoista” nel quale l’autore ha messo in evidenza come le informazioni culturali e sociali nascono, crescono e si diffondono. Nello specifico, un meme sarebbe un’unità di evoluzione sociale/culturale del tutto simile a ciò che il gene è per la genetica, quindi non è altro che un elemento culturale, sociale o di civiltà trasmesso non geneticamente, ma nella maggioranza dei casi per imitazione. Ne consegue che la memetica è la scienza che si occupa dello studio dei memi.
Secondo la memetica, parallelamente agli standard biologici necessari a spiegare la correlazione fra generazioni attraverso i geni, si possono spiegare le interconnesioni sociali/culturali attraverso l’attività di diffusione dovuta ai memi.
L’ipotesi evolutiva di Dawkins ha preso come spunto l’ambito legato alla genetica, soprattutto ripercorrendo le orme connesse agli studi genetici moderni, come: il neodarwinismo, l’evoluzione della vita, l’ereditarietà, la mutazione e la selezione naturale.
Sia i geni che i memi possono sopravvivere ad ogni organismo. Un gene utile alla sopravvivenza può rimanere inalterato per secoli. Un meme utile alla sopravvivenza culturale e sociale può passare da un individuo a successivi per lunghi periodi. L’utilità di un gene è collegata alla sua efficacia per la sopravvivenza dell’organismo della specie, mentre, il successo di un meme è legato a fattori culturali o sociali.
L’analisi delle varie teorie evoluzionistiche, con a capo quella dell’evoluzione naturale di Darwin, stanno a dimostrare che non solo è possibile avere un’evoluzione morfologica del corpo umano stesso, ma basandosi sui cambiamenti dell’ambiente, anche sotto il profilo sociale e culturale; in sintesi, l’evoluzione riguarderà anche principi, forme, comportamenti e processi (es. il processo di leadership). L’evoluzione della leadership, come trattato nelle teorie evoluzionistiche legate ai tre filoni (genetica, sociobiologia e memetica), è da considerare come l’evoluzione di un processo umano, in questo caso di quello di guida di individui di una stessa specie a opera di un leader, evolutosi nel tempo grazie agli adattamenti che si sono verificati a seguito dei cambiamenti nell’ambiente culturale e sociale, con il mantenimento, però, delle caratteristiche utili alla salvaguardia della capacità stessa.
La sintesi della leadership attuale, quella della globalizzazione, non è altro che la fusione dell’arte del comando, leadership istituzionale esistente fin dal principio, con tutte le forme di guida che si sono sviluppate nel corso dei secoli insieme ai loro adattamenti frutto delle dinamicità sociali e culturali. Nella preistoria e nel mondo antico la leadership era da considerare, in ogni ambito della vita, a livello istituzionale.
Nell’era preistorica era implementata da chi guidava il gruppo per la sopravvivenza, per la caccia e per la difesa, con lo scopo di garantire la conservazione del gruppo stesso. Nelle civiltà antiche il fine era pressochè identico ma con la differenza che la società si stava sempre più evolvendo, evidenziando, così, ambiti più complessi rispetto all’era precedente. In questo periodo presero piede: una leadership istituzionale di governo, una leadership istituzionale militare e una leadership istituzionale di carattere religioso. Con l’avvento del medioevo, nel quale si potè assistere a una crescente mercantilizzazione e alla nascita dei primi istituti bancari, venne favorita, parallelamente al livello istituzionale, una leadership di tipo mercantile, legata al mondo economico e degli affari. In questi frangenti si sono evolute le due tipologie di leadership fino ad arrivare a uno sviluppo sostanziale della leadership istituzionale, grazie alla Rivoluzione Francese e di quella mercantile per mezzo della Rivoluzione Industriale. La Rivoluzione Francese, spartiacque tra l’età moderna e quella contemporanea, favorì lo sviluppo della leadership istituzionale con la nascita dei primi Stati nazionali, mentre la rivoluzione industriale permise l’evoluzione della leadership mercantile anche sotto l’aspetto industriale, attraverso la meccanizzazione e l’industrializzazione che veicolarono la comparsa del sistema capitalistico, in quanto elementi fondamentali per la creazione del capitale. Un’altro evento cardine, che ha favorito lo sviluppo di entrambe le tipologie di leadership, ci è fornito dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, dopo la quale, a livello istituzionale si è assistito ad un processo di democratizzazione che ha influenzato la leadership istituzionale; ha favorito una ricrescita economica, dovuta alla ricostruzione che ha permesso un incessante sviluppo tecnologico con importanti positive ripercussioni sul lato economico. Tutto questo ha amplificato la crescita della leadership economica e mercantile allargandola, anche, all’aspetto tecnologico. Un’ultima importante evoluzione ha preso piede da una trentina d’anni attraverso la creazione di una capacità di guida legata alla globalizzazione, frutto di un progresso che si è sempre più indirizzato a partire dagli anni ’50 del XX° secolo.
La leadership della globalizzazione è l’evoluzione che racchiude tutti gli adattamenti che si sono succeduti nel tempo; è la fusione di tutte le modificazioni dell’arte del comando e della globalità delle altre forme di guida (esempi ne sono la leadership mercantile iniziale, industriale, capitalistica ecc.). Una particolarità riguarda il caso di quando si verifica una situazione che mette a rischio l’incolumità personale e della specie; in questo frangente subentra quella parte di leadership antica che ci fa agire nello stesso modo attraverso il quale portava a salvaguardare la specie durante l’era preistorica. Entra in gioco, in queste situazioni, una forma di leadership che predilige la sopravvivenza e che risiede nella parte più antica del nostro cervello, l’area rettiliana. Questo non vale soltanto per una situazione di estrema urgenza riguardante la nostra incolumità fisica ma anche nel caso in cui si verifichi un evento critico inerente il mantenimento decoroso del nostro tenore di vita e, soprattutto, di quello delle persone che dipendono da noi. Un esempio concreto di una delle situazioni appena descritte, che si potrebbe verificare nel nostro periodo storico, può essere legato a una leadership, in questo caso di tipo istituzionale, esercitata da un comandante militare durante un conflitto a fuoco, in area di operazioni, al quale è soggetto il proprio plotone; l’epoca è attuale ma la leadership, che metterà in atto nei momenti iniziali, sarà quella legata alla sopravvivenza dei propri uomini che garantirà per mezzo di questa capacità di guida che risiede nel cervello rettiliano, del tutto identica a quella esercitata dai nostri progenitori preistorici. Un’altra casistica che si potrebbe verificare in quest’epoca, legata ad una leadership di tipo non istituzionale, potrebbe essere quella riconducibile alla situazione di un imprenditore, con alle dipendenze forza lavoro, durante un periodo di congiuntura negativa che rischia di far chiudere la propria azienda; la sopravvivenza non è sicuramente quella che deve salvaguardare la propria vita e dei propri dipendenti da una morte imminente ma ne è assimilabile per quanto riguarda il meccanismo di funzionamento, in quanto la reazione allo shock iniziale, per poter guidare nel giusto modo i propri dipendenti, è del tutto riconducibile a quello subito dal comandante militare all’inizio del conflitto a fuoco. Anche in questo caso, da parte dell’imprenditore, entra in gioco una leadership legata alla sfera rettiliana, che mirerà, nell’immediato, a salvaguardare l’esistenza stessa, dei propri dipendenti, guidandoli verso il mantenimento dell’azienda. Questo sta a dimostrare che le forme di leadership si sono evolute ma quelle più antiche che hanno mantenuto la funzione di tutelare la specie, da una minaccia imminente, sono rimaste pressochè immutate.
Sinteticamente, la leadership che stiamo vivendo nel periodo della globalizzazione (la commandship) non è altro che la fusione dell’arte del comando e di tutte le altre forme di leadership sviluppatesi nel corso dell’umanità. Nel modello di guida della nostra era sono presenti tutte le evoluzioni dei processi (istituzionali e non) ma anche le versioni di antichi modelli che hanno mantenuto lo scopo originale di garantire la continuità della specie.
Per implementare questa leadership evoluta, il nuovo leader dovrà, se si trova in una fase embrionale della propria capacità di guida, diventare il leader di se stesso per riuscire ad esserlo nei confronti dei propri dipendenti, in primis accettando la situazione nella quale si trova nel momento attuale, lasciando coesistere fattori positivi e meno positivi; il secondo passo sarà quello di prendere coscienza di chi siamo, delle nostre debolezze, delle nostre potenzialità e delle nostre eccellenze, privilegiando in questo modo lo sviluppo di quella leadership interiore che ci permetterà di governarci, solo così saremo in grado di travasare questo modello all’esterno, diventando i leader del gruppo che siamo chiamati a guidare verso il raggiungimento di obiettivi prefissati. Per poter essere un ottimo leader di noi stessi e dei nostri dipendenti occorre guidare con l’esempio, favorendo la scoperta e la crescita delle eccellenze, in modo da essere in grado di esercitare la nostra leadership anche in situazioni di estrema crisi, per mezzo di facoltà come: la lucidità, la resilienza, la volontà, l’attitudine ad ascoltare, la comunicazione efficace, la capacità di analisi, lo spirito di iniziativa e quando necessario una sana propensione al rischio. Un leader globale deve possedere abilità interdisciplinatri, deve essere quanto più completo possibile. Deve aver cura della propria persona, attraverso l’attività fisica e una dieta equilibrata; deve costantemente aggiornarsi sullo sviluppo delle proprie capacità: professionali, cognitive, linguistiche, comunicative, interpersonali e tecnologiche. Deve essere una guida e un professionista capace di muoversi in ogni direzione avendo sempre una risposta risolutiva per ogni circostanza.
Recentemente, a causa della pandemia mondiale dovuta al COVID-19, siamo stati costretti ad osservare misure di confinamento e distanziamento sociale al fine di tutelare la salute pubblica. Questa situazione ha influito e continua ad influire, in modo determinate, sui processi di guida. Un aspetto positivo è stato dato dalla permanenza forzata delle persone presso il proprio domicilio, che se vissuto in modo positivo e proficuo è stato un importante spunto per poter implementare la propria leadership interiore: accettando la situazione del momento; analizzando in modo sereno i punti deboli, le potenzialità e le eccellenze e ampliando il proprio bagaglio di conoscenze interdisciplinari, estremamente utili per poter guidare con efficacia un team. Un altro aspetto positivo di questa situazione è stata la convivenza e l’utilizzo forzato di internet per poter lavorare e studiare a distanza, effettuando, così, un altro importante passo verso il compimento della globalizzazione. Un aspetto meno positivo è stata la crisi economica che ne è derivata, la quale ha causato, a molti imprenditori, importanti problematiche per la sopravvivenza delle aziende. In questo caso non è facile ma si rende necessario ricorrere, con ogni energia, alle capacità di: resilienza, lucidità, atteggiamento positivo e di pianificazione; caratteristiche utili per poter uscire da questa situazione, in modo da essere in grado di ricostruire o di ripartire da capo. In ogni caso è estremamente necessario ricominciare da un processo di guida interiore e personale per poi avere l’energia necessaria per essere in grado di guidare il team verso nuovi obiettivi. Esempi illuminanti dai quali prendere spunto, in simili circostanze, sono persone come Thomas Alva Edison, il quale asserì di non aver fallito cinquemila esperimenti ma di aver avuto cinquemila successi, in quanto ebbe la dimostrazione che i materiali utilizzati non funzionavano. Per Napoleon Hill, invece, in ogni avversità è racchiuso un maggior vantaggio o una migliore opportunità. Questi sono insegnamenti veicolati da uomini che hanno veramente fallito più di una volta ma che hanno avuto l’energia di rialzarsi e di ribaltare la situazione.
Non è per niente facile ma anche questo rientra in una selezione; chi avrà la capacità di affrontare questa circostanza come hanno fatto, nella loro epoca, Thomas Edison e Napoleon Hill, riuscirà a guidare se stesso e i propri dipendenti verso una nuova rinascita, ancora più ancorata all’era della globalizzazione.
Bibliografia
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- Darwin, Charles (1859). On the Origin of Species. John Murray, London.
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- Richard Dawkins. Il gene egoista (The Selfish Gene, 1976), traduzione di Daniela Conti e Tiziana Imbastaro, revisione e cura di L. Palenzona Dominico, Prefazione di Alberto Oliverio, Collana di Biologia, Bologna, Zanichelli, 1979.
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- Niccolò Machiavelli, Il Principe, a cura di Gabriele Pedullà, con traduzione di Carmine Donzelli, Donzelli, 2013, CXXII-350 p., ISBN 978-8860369857.
- Andrea Checcucci, https://www.academia.edu/33815905/EVOLUZIONE_DEI_PROCESSI_DI_GUIDA_DI_UN_GRUPPO.
- Andrea Checcucci, La leadership dell’eccellenza innata. Independently published, 2019, ISBN 978-1096114772.
Articolo a cura di Andrea Checcucci
Ufficiale dell’Esercito. Ha maturato in venticinque anni di carriera esperienze di comando sia in Italia che all’estero durante operazioni in aree di crisi quali: Iraq, Afghanistan, Kosovo, Bosnia, Libano e Somalia.
Dal 2004, sulla base della formazione e delle esperienze, ha iniziato ad approfondire lo studio della leadership in modo interdisciplinare, analizzando ogni suo aspetto evolutivo: storico, sociologico, filosofico, psicologico e antropologico. In tale periodo ha effettuato numerosi corsi di comunicazione, di leadership e di coaching in ogni ambito di applicazione. Dallo studio delle varie discipline ha avuto modo di analizzare, sintetizzare ed esporre una visione della leadership contestualizzata all’era globale. Le basi di questi studi sono contenuti nel libro “Commandship. La leadership dell’eccellenza innata”. Lo sviluppo dei vari approfondimenti di questo nuovo concetto è tutt’ora in corso. Nel breve/medio periodo pubblicherà nuovi aspetti relativi all’analisi degli studi interdisciplinari.