L’evoluzione dei Servizi della Pubblica Amministrazione Digitale alla luce del nuovo CAD
Con l’ultimo aggiornamento del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), in vigore da Gennaio 2018, si chiude una fase fondamentale di emissione di documenti di indirizzo in cui sono state definite le basi della trasformazione digitale di imprese e Pubblica Amministrazione (PA), quali il documento di “Strategia per la Crescita Digitale 2014-2020” e il “Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2017-2019”, al fine di raggiungere quel livello di competitività richiesto dall’Europa e dall’Industria 4.0. Negli ultimi anni, in particolare nella PA, la Digital Transformation ha infatti attenzionato il ripensamento complessivo dei modelli organizzativi e la trasformazione dei processi interni per una gestione nativamente digitale. Il cambio di paradigma della PA, conseguente alle evoluzioni tecnologiche e normative, è quindi rappresentato dal necessario ed inevitabile passaggio verso una nuova modalità di fruizione dei servizi e una rinnovata generazione di funzionari e dirigenti con specifiche competenze tecniche che possano accompagnare tale passaggio. Questa ulteriore stretta (ricordando che il primo CAD è del 2005), porta da un lato alla gestione informatizzata dei processi rivolti all’utenza (e-government) e dall’altro, alla possibilità di far partecipare la stessa utenza alla formazione di processi decisionali attinenti la collettività (e-democracy). Sono aspetti tra loro collegati e necessari non solo al fine di dematerializzare i procedimenti amministrativi, ma soprattutto al fine di ottenere una gestione digitale completa di tutte le pratiche verso l’esterno (internet) e verso l’interno (intranet). A ciò si aggiunga la necessità dell’integrazione con i soggetti privati e dell’interoperabilità con tutte le Pubbliche Amministrazioni (PP.AA.) coinvolte nei vari procedimenti, che porta sia all’efficientamento dei controlli, che all’ottimizzazione delle relative pratiche burocratiche e autorizzative, al fine di ridurre i tempi e favorendo la correttezza degli utenti coinvolti nei vari processi. La conseguenza naturale non è solo legata al raggiungimento degli obiettivi di “efficienza, efficacia, economicità, imparzialità e trasparenza, semplificazione e partecipazione” indicati nell’art. 12 del CAD (e comunque già in parte richiamati nella legge 241 nel lontano 1990), ma anche alla immediata e tangibile riduzione della corruzione e ad un aumento dei momenti di verifica per eventuali situazioni di probabile illegalità: elementi indispensabili al giorno d’oggi.
Questo obiettivo può essere raggiunto solo aderendo ai punti cardine del CAD integrato con il Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2017-2019, in quanto insieme forniscono le linee guida ed individuano gli strumenti utili al fine di raggiungere l’obiettivo di e-government, di supportare le scelte strategiche e di incrementare la trasparenza, la partecipazione e la visibilità in ottica collaborativa tra gli Stakeholder. Situazione ancor più stressata dall’istituzione dell’ufficio del Difensore Civico per il Digitale istituito presso l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) a cui “chiunque può presentare, attraverso apposita area presente sul sito istituzionale dell’AgID, segnalazioni relative a presunte violazioni e di ogni altra norma in materia di digitalizzazione ed innovazione della pubblica amministrazione” (art. 17).
Questa vision è oramai uno dei più ampi e discussi argomenti per favorire e permettere la crescita dell’“Italia Digitale”, fondamentale per la PA, che rappresenta sia il maggior investitore del mercato digitale, sia il miglior strumento di crescita culturale del Paese. L’evoluzione nei diversi ambiti della PA è impellente per evitare di rimanere sempre tra gli ultimi posti nelle diverse graduatorie all’interno dell’“Europa Digitale”, che stabilisce il raggiungimento di tale traguardo tramite differenti indici, tra cui il più noto DESI – Digital Economy and Society Index (https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/desi). Il DESI rappresenta una misura della dimensione dei servizi pubblici digitali, concentrandosi proprio sull’e-government, in quanto la digitalizzazione e la relativa modernizzazione dei servizi pubblici possono portare a vantaggi di efficienza ed efficacia non solo per la PA stessa, ma soprattutto per i cittadini e per le imprese e, quindi, per lo sviluppo economico del Paese e dell’Europa. Dalle rilevazioni del DESI, la qualità dei servizi pubblici online erogati in Europa è leggermente migliorata, rimanendo stabile il riuso dei dati utente già noti alla PA ed aumentando le richieste online da parte degli utenti. L’Italia, purtroppo, non figura bene in tale graduatoria, essendo collocata al quart’ultimo posto nella rilevazione 2017 ed è quindi necessario impegnarsi al fine di ottenere una posizione primaria per essere protagonisti del cambiamento amministrativo e, conseguentemente, economico.
Lo sviluppo di internet e delle piattaforme social da un lato e l’aggiornamento legislativo dall’altro stanno quindi cambiando (o provando a cambiare) l’organizzazione delle PP.AA. e le modalità di comunicazione pubblica con l’utenza finale, con l’auspicio di sviluppare amministrazioni aperte e partecipative e di rinnovare la cultura dei funzionari e, conseguentemente, degli utenti. E, nonostante le resistenze culturali ancora presenti, il legislatore incentiva sempre e costantemente l’uso della telematica sia nei rapporti interni tra le diverse amministrazioni, sia tra queste e i privati: ciò al fine di raggiungere la maggiore efficienza delle attività, quale ambizioso traguardo al fine di ottenere un’ottimizzazione delle risorse, una consistente riduzione dei costi ed una produttività ereditata dal mercato.
Valutato l’ambito prettamente di governance, è necessario ora analizzare come l’implementazione di una PA digitale debba essere affrontata alla luce del CAD, in cui sono presenti tutti gli obblighi normativi e le cui relative Linee guida e verifiche sono affidate all’AgID.
Per raggiungere tale obiettivo, è necessario che dirigenti e funzionari siano tecnicamente preparati, o siano formati (se presentano le basi), o siano supportati da quegli ingegneri dell’informazione che mettano in campo la loro multidisciplinarità (aggiornamento tecnologico, gestione manageriale, approccio metodologico ai sistemi informativi e diritto dell’amministrazione digitale), che riescano sinergicamente a digitalizzare processi e a progettare sistemi informativi e che possano collaborare in ambito di strategia e pianificazione anche intercettando e/o sfruttando i finanziamenti dallo Stato Italiano e dall’Unione Europea, ricordandosi sempre che l’innovazione tecnologica consiste in una rivoluzione culturale basata su soluzioni tecniche che deve essere proattivamente accettata, riconosciuta ed applicata da tutti i partecipanti. Nonostante il numero di assunzioni sia oramai limitato dalla legge di stabilità del 2016, fortuna vuole che molte realtà piccole e grandi posseggano le risorse (per studi universitari o per provenienza lavorativa), anche se spesso sottodimensionate o non impiegate al meglio, ma che comunque possono fornire un contributo fondamentale anche, magari, collaborando su diverse PPAA, senza dover necessariamente ricorrere al professionista esterno. L’importante è chiaramente l’aggiornamento e/o la formazione, oltre che la necessità di valorizzare un lavoro spesso non tangibile ma sicuramente di fatica e di fantasia e soprattutto difficilmente “infrastrutturalizzabile”.
Tornando al to be, il passaggio ad un sistema nativamente digitale è sicuramente favorito nel caso di Enti che non presentino già sistemi legacy, in quanto in quest’ultimo la reingegnerizzazione degli applicativi può avere un impatto sicuramente più pesante sui processi, anche se nel primo caso è necessario un maggiore effort al fine di cambiare modi di pensare ed agire. Inoltre, l’obiettivo è non solo quello di sviluppare applicazioni per il web ed esporre servizi funzionanti, ma anche di evolvere culturalmente verso un sistema che sia oggettivamente e nativamente digitale, instaurando un confronto critico e proattivo con i fornitori, ma soprattutto costante. Tale approccio diventa punto focale per il controllo e lo sviluppo sinergico di forniture e progetti, che soddisfi le azioni del piano triennale per l’informatica della Pubblica Amministrazione.
Pertanto i servizi della PA devono in primis essere sviluppati partendo da una modalità di acquisizione consapevole e dalla propensione al riuso, rendendo disponibile il codice sorgente completo di documentazione per fini di “economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica” (artt. 68 e 69) – anche alla luce della nuova piattaforma AgID ( developers.italia.it) – al fine di raggiungere l’obiettivo di un uso agevole delle tecnologie informatiche (art. 3), per rendere partecipi al procedimento amministrativo tutti gli Stakeholder (artt. 4 e 9). Conseguentemente, quando si progetta un nuovo sistema informativo, ovvero un nuovo servizio esposto su internet, dovrebbe essere naturale (e non solo obbligatorio), in ottica di informatizzazione delle procedure, adottare le misure minime di presentation dei siti istituzionali (art. 53), anche referenziandone i relativi contenuti (art. 54), al fine di aderire alle normative di accessibilità (con riferimento alla Legge Stanca e alle e WCAG 2.0), oltre che di usabilità (art. 7) su cui AgID ha già fornito le linee guida (http://www.agid.gov.it/tags/linee-guida-design-pa) con il nuovo portale designers.italia.it. È quindi fondamentale assicurare la disponibilità dei dati (art. 50). È indispensabile assicurare, successivamente, un elevato livello di sicurezza (art. 51), sempre salvaguardando la privacy dei soggetti coinvolti, ricordando le disposizioni in materia di cybersecurity individuate da AgID e CERT-PA e in casi particolari l’aderenza alla direttiva Europea Network and Information Security (NIS), oltre che, a livello di privacy, l’aderenza al regolamento Europeo General Data Protection Regulation (GDPR).
I servizi delle PPAA devono essere fruibili in rete (art. 64-bis) ed è necessario predisporre e favorire la presentazione di istanze solo online (art. 65), evitando inutili soluzioni miste, con relativo accesso sicuro ai servizi tramite l’utilizzo del Sistema pubblico d’identità digitale SPID (art. 64), con la relativa formazione e gestione di documenti (art.40), protocollo (art.40-bis) e fascicolazione (art. 41) integrati con il sistema informativo, che assicuri, con la relativa conservazione (artt. 42, 43, 44), la validità e l’efficacia degli stessi (art. 20).
È quindi indispensabile abilitare la firma elettronica per atti ed istanze (artt. 21 e 24), senza obbligo di stampa e firma autografata, al fine di snellire le procedure, anche in caso di workflow documentale digitalizzato, allorquando si preveda una catena autorizzativa con le relative firme (digitali) a cascata.
Per le comunicazioni e la gestione online di pratiche è conseguente la necessità dell’utilizzo del domicilio digitale (artt. 3-bis, 6, 6-bis, 6-ter, 6-quarter) sempre integrato con il sistema informativo al fine di ottimizzare la comunicazione e fornirne il valore probatorio, riducendo al minimo gli scambi tramite email ordinaria.
Sempre a corredo di una qualunque istruttoria che preveda un versamento diviene fondamentale abilitare il pagamento online (sfruttando gli strumenti minimi di pagoPA e @bollo) e lo scambio documentale per gli adempimenti amministrativi (artt. 5 e 5-bis) in formato esclusivamente digitale.
Ancora, è fondamentale la predisposizione e l’utilizzo del Sistema Pubblico di Connettività e Cooperazione – SPC (art. 73) per la connettività con altre PP.AA. in modalità proattiva e con l’obiettivo (e obbligo) di avere un unico punto di accesso a tutti i dati che possano interessare una procedura.
A tale ambito di lavoro si collegano le evoluzioni sulla pubblicazione in ottica di produzione e continuo aggiornamento degli Open Data, da mettere a disposizione dei cittadini e delle imprese, il cui sviluppo è legato anche all’esigenza di governare l’aumento esponenziale di dati digitali provenienti da fonti eterogenee (dalle email ai social media) al fine di definire un modello decisionale teso a migliorare l’efficienza delle attività e delle policy delle PP.AA. Questo permetterà quindi un’estensione del sistema di e-government, offrendo servizi aggiuntivi apparentemente al contorno, ma fondamentali per l’utenza al fine, ad esempio, di ottimizzare ed organizzare meglio il (sempre ridotto) tempo a disposizione. L’obiettivo è quindi quello di incentivare un settore di sviluppo basato sui “dati aperti”, dove le informazioni pubbliche destrutturate siano liberamente usabili, riutilizzabili e ridistribuibili, elevando il livello di trasparenza nella PA, anche attraverso nuove forme di verifica sull’azione amministrativa e sull’utilizzo delle risorse pubbliche.
In ultimo diviene impellente l’uso delle piattaforme abilitanti già in parte indicate nel presente articolo (SPID, PagoPA, ecc.) che, come indicato nel documento Strategia per la Crescita Digitale 2014-2020, “devono essere realizzate seguendo la logica del Digital First e progettate con al centro l’esperienza utente”, con l’obiettivo di digitalizzare i processi, integrare i servizi delle PPAA ed aumentare l’utilizzo di servizi digitali da parte dei cittadini.
Per favorire l’innovazione il Governo Centrale ha sviluppato differenti contratti quadro Consip (Concessionaria Servizi Informativi Pubblici), i quali conducono ad una centralizzazione dei data center della PA, e che già presentano e risolvono le relative problematiche con i rispettivi livelli di performance, essendo parte integrante del contratto di tutte le piattaforme Cloud. Le innovazioni introdotte da SPC-Cloud e nate dalla collaborazione fra AgID e Consip rappresentano infatti uno strumento di supporto e di attuazione del Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2017-2019, come anche indicato nel documento Strategia per la Crescita Digitale 2014-2020, con l’obiettivo di ottimizzare gli investimenti del settore pubblico in ambito ICT. La finalità del Piano è infatti di far contribuire le PPAA alla crescita dell’economia del Paese, attraverso l’utilizzo delle tecnologie digitali più innovative, che garantiscano la semplificazione dei processi burocratici e l’accesso ai servizi digitali, la trasparenza dei procedimenti amministrativi e la razionalizzazione della spesa per l’informatica. Oltre al contratto quadro Consip, si rammenta la presenza del Mercato Elettronico per la Pubblica Amministrazione (MEPA), che resta valido per acquisizioni e gare di importi inferiori a tetti prestabiliti.
L’obiettivo è presentarsi in Europa migliorando ed elevando i livelli di e-government e delle relative competenze digitali in un’ottica di efficientamento e semplificazione, cercando di oltrepassare lo scoglio fondamentale dell’evoluzione della PA. È quindi fondamentale valutare quali possano essere gli ambiti di miglioramento degli uffici della PA al fine effettuare quel salto culturale che li possa rendere smart e vicini al cittadino. Infatti, come per tutte le organizzazioni, è necessario sempre confrontarsi con fattori interni ed esterni quali norme europee, trasparenza, concorrenza e, soprattutto, budget ridotti. È importante conseguentemente sempre valutare il potenziale delle PP.AA. al fine di padroneggiare l’impatto pervasivo della tecnologia nelle funzioni pubbliche e favorire partecipazione, inclusione e trasparenza. La PA è infatti costituita da capitale umano prima che da processi o servizi ed è quindi necessario valorizzare i dipendenti pubblici che si vogliono rendere più efficienti formandoli, se necessario, e rendendoli partecipi e protagonisti dei cambiamenti in atto. In alternativa, se gli skill, la formazione e l’esperienza degli stessi non dovesse soddisfare le esigenze tecniche risulta necessario poter attingere alle professionalità certificate esterne o magari presso altre realtà pubbliche che possano sinergicamente e proattivamente collaborare al fine di raggiungere il fine comune. Tutto questo movimento di idee è fondamentale per ottenere un cambiamento necessario per la PA (non solo italiana) al fine di poter raggiungere il traguardo dello e-government, quale sistema per migliorare il proprio lavoro, come indicato da Tim O’Reilly: “many government leaders recognize the opportunities Web 2.0 technologies provide not just to help them get elected, but to help them do a better job. By analogy, many are calling this movement Government 2.0”.
A cura di: Luciano Manelli
Ingegnere dell'Informazione. Laureato in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Bari. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Informatica presso il Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, lavorando sul Grid Computing e sui Metodi Formali e redigendo articoli scientifici internazionali. Docente accreditato del CNI - Consiglio Nazionale degli Ingegneri, è docente a contratto presso il Politecnico di Bari per il corso di Informatica per l'Ingegneria. Professionista certificato, socio AICA - Sezione Territoriale Puglia, Segretario della Commissione ICT dell’Ordine degli Ingegneri di Taranto, socio della delegazione Federmanager Puglia e autore di testi universitari e tecnici per varie case editrici (tra cui MAGGIOLI ed EPC), dopo aver lavorato 13 anni per InfoCamere S.C.p.A., dal 2014 è impiegato presso l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio.