L’impiego esperienziale ovvero la percezione olistica del dipendente

La relazione che intercorre tra un dipendente e la propria azienda è segnata da diversi elementi, i quali, nel loro complesso, restituiscono l’esperienza che si vive nell’essere “impiegati” in quella specifica organizzazione. Si tratta di quella che si definisce la “percezione olistica” di un dipendente, ossia il vissuto complessivo che registra come somma di tutti i punti di contatto con il luogo di lavoro. In altre parole, è il modo in cui i dipendenti si sentono rispetto a ciò che incontrano e osservano nel corso del loro “viaggio” in un’organizzazione.

Perché è interessante dal punto di vista organizzativo? Perché se raccogliamo, organizziamo e analizziamo le informazioni relative all’esperienza dei dipendenti, siamo in grado di valutare i sistemi e i processi HR e possiamo capire se sono ottimizzati per consentire ai dipendenti di svolgere al meglio il loro lavoro. Si tratta di informazioni molto rilevanti. Le aziende che offrono una grande esperienza di lavoro ai dipendenti lavorano con sistemi software di facile utilizzo e hanno ottimizzato i processi HR come il recruitment, l’inserimento dei dipendenti, lo sviluppo del percorso di carriera e la gestione e valutazione delle performance. Questo permette ai dipendenti di dedicare il loro tempo alle cose che contano, invece di stressarsi con compiti che non vogliono fare o perdere tempo con sistemi software lenti.

Questo è il “segreto” per il quale in alcune aziende si è straordinariamente efficaci ed efficienti, in un contesto di grande motivazione ed entusiasmo. In queste organizzazioni, le attività lavorative e burocratiche del dipendente sono attentamente pianificate e ottimizzate con l’intenzione di fornire una piacevole esperienza di lavoro, qualcosa di simile al marketing esperienziale per i clienti. La tecnologia viene sfruttata per automatizzare i compiti banali e ridurre le complessità in compiti e processi più semplici ed intuitivi. Ciò significa, ad esempio, che coloro che si candidano per una posizione attraverso il sito aziendale, non devono caricare manualmente i vari punti del loro CV, ma con un click possono caricare il loro attuale profilo LinkedIn. Queste aziende hanno anche una radicata cultura dell’innovazione che permette alle idee creative di prosperare, per poi essere realizzate dai dipendenti, in un clima di aperta e autentica collaborazione. L’innovazione non è un valore di per sé; è un valore nella misura in cui consente ai dipendenti di fare la differenza con il loro lavoro. Se è vero che un buon manager deve valorizzare i propri collaboratori rimuovendo gli ostacoli che impediscono la loro realizzazione, come si può pensare che lo stesso principio non valga per i dipendenti in generale? Semplificando i sistemi e i processi, diventa più facile per i dipendenti svolgere il meglio il loro lavoro.

Anche se l’impiego, o la dipendenza, esperienziale suona ancora come un concetto astratto e fumoso, ci sono studi che dimostrano quanto sia importante. Si veda, per esempio, la ricerca di Kristine Dery et al. del 2017, intitolata “Building Business Value with Employee experience”. Le aziende che creano una “grande esperienza” per i dipendenti sono in grado di ridurre la complessità e di stimolare la collaborazione. Questi risultati indicano che questo tipo di aziende sono in grado di innovare più velocemente, portando i prodotti sul mercato tempestivamente. La cosa straordinaria è che queste organizzazioni sembrano anche in grado di creare una migliore esperienza per i clienti. Ciò dimostra che nella misura in cui i dipendenti svolgono meglio i loro compiti, nella stessa misura i clienti “vivono” meglio l’esperienza di acquisto e di assistenza successiva.

La ricerca di Jacob Morgan (HBR “Why the Millions We Spend on Employee Engagement Buy Us So Little”) dimostra che le aziende che investono nell’esperienza dei dipendenti, superano i loro concorrenti che non lo fanno. Non solo crescono 1,5 volte più velocemente, pagano meglio, producono più del doppio in termini di ricavi e sono anche 4 volte più redditizie! Come migliorare l’esperienza dei dipendenti in un’organizzazione? Jacob Morgan inquadra l’esperienza dei dipendenti all’interno di 3 fattori: cultura, tecnologia e spazio fisico.

  • La cultura consiste nel creare un ambiente in cui le persone vogliono lavorare;
  • La tecnologia è fondamentale. È necessario utilizzare ottimi strumenti per creare fiducia e impegno. In definitiva, la tecnologia è plasmabile in base alle necessità delle persone e non un elemento “tirannico”;
  • Lo spazio fisico deve permettere ai dipendenti di lavorare in modo ottimale. Il dipendente medio svolge 12-24 compiti durante la sua giornata lavorativa. L’ambiente fisico deve essere adeguato.

Morgan ha chiesto al proprio campione di top manager: “Se la cultura della vostra azienda e il relativo ambiente di lavoro fossero riducibili a una pillola, la inghiottireste?” La maggior parte degli intervistati ha risposto di no. Eppure, per qualche ragione, si aspettano che i loro dipendenti vogliano ingoiare quella “pillola aziendale”. L’approccio di Morgan è interessante perché fornisce alcuni spunti tangibili per migliorare l’esperienza dei dipendenti. È importante tenere a mente che l’esperienza dei dipendenti dovrebbe fungere da punto di partenza per i prodotti, i servizi, i processi e i miglioramenti strategici delle risorse umane.

Questo è in linea con il design thinking fondamentale: il vostro prodotto avrà successo solo quando capirete veramente il vostro utente finale – e il primo utente finale è il vostro dipendente. È il nuovo concetto di “qualità totale” che sottende all’idea di “employee experience”: ossia che è solo focalizzandosi sul benessere degli stakeholder al centro della catena del valore (dipendenti, clienti e fornitori), che si raggiungono stabili risultati di successo.

 

Articolo a cura di Giuseppe Andò

Profilo Autore

Giuseppe Andò svolge dal 2000 la professione di C-level & Executive Coach. La sua formazione lavorativa e professionale concilia l’esperienza vissuta al vertice di alcune delle più importanti multinazionali dell’editoria e della comunicazione (General Manager McGraw-Hill, General Manager Pearson), con la fondazione e direzione delle prime realtà strutturate in Italia per l’executive coaching (Studio Income srl, Fineo srl). Nel 2017 consegue tutte le certificazioni MG Sakeholder Centered Coaching e dal 2019 è coach associato Marshall Goldsmith. Dal 2018 è Board Member di EMCC Italia (European Mentoring and Coaching Council). La sua formazione scolastica e universitaria concilia i valori umanistici (liceo classico e laurea in filosofia a indirizzo epistemologico - Milano) con le necessarie competenze tecniche specifiche (laurea in economia indirizzo aziendale - Bologna).

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