L’Intelligenza Artificiale e l’Intelligenza Naturale del leader

Le aziende prevedono di spendere nei prossimi anni grandi somme di denaro per l’Intelligenza artificiale (IA), secondo alcune stime, fino a 77,6 miliardi di dollari entro il 2022, con un tasso di crescita annuo composto (CAGR) di un enorme 37,3%. Le aziende che avranno più successo svilupperanno strumenti in-house assumendo nuovi talenti, altre esternalizzeranno a fornitori terzi, ma nessuno potrà ignorare l’IA.

Inutile dire che gli strateghi delle maggiori aziende globali si aspettano da un tale investimento abbia ritorni altrettanto importanti. L’IA è e sarà sempre più un vantaggio competitivo e i leader di oggi sono chiamati a garantire uno sforzo importante in questa direzione. Le aziende, invece di sottoporre i leader a infinite ore di formazione per essere digitalmente aggiornati, dovrebbero incentivare percorsi di Executive Coaching per plasmare le competenze dei loro manager in termini di agilità, adattabilità e resilienza. I leader si dovranno abituare a prendere decisioni sotto pressione, ad affrontare i loro pregiudizi e le loro presunzioni per guidare un business “AI driven”. Il problema è che quando si tocca il tema “Intelligenza Artificiale”, in alcuni leader si accende una spia rossa lampeggiante, a indicare un segnale di pericolo. Tutto nasce dall’idea che il vero scopo dell’IA sia quello di aumentare, migliorare e, in ultima analisi, sostituire l’intelligenza umana. In effetti, è molto probabile che l’IA sostituirà parte dei compiti di un leader, ma si tratterà di attività relative all’elaborazione di dati e informazioni. Quindi, considerando l’importanza critica della leadership e le ingenti somme che le aziende spendono per l’IA, una strategia di sviluppo della leadership e dei relativi team è una condizione irrinunciabile per tutte le aziende, a prescindere dalle loro dimensioni.

Attenzione, non si tratta solo di ridefinire linguisticamente le competenze, premettendo o posponendo il termine “digital”. Molto di come l’IA rimodellerà il nostro futuro è ancora sconosciuto. Infatti, l’85% dei posti di lavoro che esisteranno nel 2030 non sono ancora stati inventati. Bisogna iniziare ad analizzare il presente, per intuire e immaginare il futuro del proprio mercato e della propria azienda. Il primo passo è che i leader si esercitino in quello che gli anglosassoni chiamano backcasting, ossia nel disegnare il futuro con tutte le sue possibili declinazioni, possibilmente nel verso preferibile o più desiderabile per l’azienda. Poi, dopo aver terminato questa attività, si torna al presente e si sviluppa una pianificazione che, a partire da oggi, metta in atto tutte le azioni e i cambiamenti utili a realizzare e, soprattutto, a gestire lo scenario che ci siamo immaginati. Quali sono le prime iniziative che un leader deve implementare per incamminarsi verso un’azienda orientata all’Intelligenza Artificiale?

  1. Ridurre la burocrazia e le strutture gerarchiche;
  2. centrare la propria attività e quella del suo team sui processi decisionali;
  3. istituire workshop e gruppi di innovazione pilota, che pensino e si confrontino utilizzando piattaforme di lavoro a distanza.

A valle di queste iniziative “esplorative”, c’è tutto il tema della rivalutazione e del ridisegno dell’idea di leader. I leader devono capire che, man mano che il mondo diventa più digitale, il talento umano diventa più prezioso. Senza una trasformazione concettuale della leadership, l’IA non riuscirà mai ad ottenere risultati utili e concreti. I problemi e i dilemmi del business non possono essere risolti con dei semplici algoritmi.

Quindi, ciò che è necessario è passare da una leadership (solo) intelligente a una leadership (anche) “saggia”. Perché i leader “saggi” non solo creano o intercettano le opportunità per aumentare il valore economico dell’azienda, ma costruiscono i presupposti per uno sviluppo continuo e sostenibile di quello stesso valore. Valore che l’IA può accrescere, erodere o distruggere, a seconda di quanto saggiamente viene guidata.
Ma proviamo a mettere in ordine i cambiamenti richiesti ai leader:

  1. dovranno dimostrare alti livelli di adattabilità e agilità e dovranno sviluppare una mentalità adatta a operare in un panorama di business sempre più dinamico;
  2. dovranno costruire team capaci di prendere rapidamente decisioni, sulla scorta delle soluzioni che l’IA può offrire nella loro area di business;
  3. dovranno essere positivamente curiosi e costantemente alla ricerca di soluzioni, che possano avere un impatto percepibile su tutte le linee di reporting;
  4. dovranno assicurarsi di essere al passo con i recenti sviluppi nel campo del business e della tecnologia;
  5. dovranno sviluppare una visione olistica a valle del processo analitico, ossia un’intelligente operazione di sintesi, che raccolga e utilizzi i dati analitici e li renda coerenti con la strategia aziendale e con le risorse umane coinvolte.

L’IA affrancherà i leader dalle complessità elaborative per aumentarne la capacità decisionale, fornendo loro una soluzione dei problemi più complessi e un’analisi dei dati imparziale, lasciando intatto il valore della creatività e dell’innovazione umana. Quel che rende un essere umano, quindi un leader, insostituibile è il pensiero critico, il giudizio morale, l’estro creativo e la capacità di cercare la razionalità delle cose, anche laddove questa non emerga naturalmente.

L’IA dev’essere considerata una vera e propria risorsa collaborativa. I leader amplieranno la gamma dei problemi che potranno e sapranno risolvere, lasciando all’IA il compito di macinare sempre più dati, riservandosi il compito chiave di ogni leader: prendere decisioni per il meglio – e il concetto di meglio – nella sua accezione qualitativa, resta a totale appannaggio dell’essere umano.

 

Articolo a cura di Giuseppe Andò

Profilo Autore

Giuseppe Andò svolge dal 2000 la professione di C-level & Executive Coach. La sua formazione lavorativa e professionale concilia l’esperienza vissuta al vertice di alcune delle più importanti multinazionali dell’editoria e della comunicazione (General Manager McGraw-Hill, General Manager Pearson), con la fondazione e direzione delle prime realtà strutturate in Italia per l’executive coaching (Studio Income srl, Fineo srl). Nel 2017 consegue tutte le certificazioni MG Sakeholder Centered Coaching e dal 2019 è coach associato Marshall Goldsmith. Dal 2018 è Board Member di EMCC Italia (European Mentoring and Coaching Council). La sua formazione scolastica e universitaria concilia i valori umanistici (liceo classico e laurea in filosofia a indirizzo epistemologico - Milano) con le necessarie competenze tecniche specifiche (laurea in economia indirizzo aziendale - Bologna).

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