Management evidence based: come difendersi da mode, buon senso e modelli inefficienti
La conferenza di Patrick Vermeren al TedxKMA nel 2016 ha rappresentato un “turning point” nella storia della cultura di impresa. La sua equazione è semplice: come nel mondo della medicina esistono i ciarlatani che propongono finte cure, così dilagano nelle imprese metodi talmente bizzarri da risultare inverosimili. In particolare nella gestione del personale le più comuni prassi sono prive di validazione.
Vermeren chiede che anche nel business ci si attenga a quanto sia dimostrabile e basato su evidenze scientifiche.
Viceversa il mondo delle imprese – for profit oppure no profit, pubbliche o private – assomiglia al mondo dell’abbigliamento, ove vengono lanciati prodotti per incontrare il gusto del cliente, con messaggi e promesse che il produttore ritiene efficaci. Alcune novità incontrano il favore del mercato, altre scompaiono totalmente nel volgere di pochi anni, sostituite da prodotti più trendy.
Anni or sono, per necessità professionale, ho avuto bisogno di approfondire la mia competenza sulle tematiche HR. Allo scopo ho preso a frequentare eventi ove, nella mia immaginazione, avrei dovuto trovare le fonti del sapere: le evidenze scientifiche, le teorie accreditate, i modelli operativi validati. Con mia grande sorpresa mi resi conto che i relatori erano accreditati più per l’organizzazione che rappresentavano che per la qualità dei dati: “Da noi in Vattelapesca SPA diamo molta importanza al senso di appartenenza…”, oppure: “In Quattrogatti international sono importanti lo spirito di squadra e la proattività…” mi chiedevo cosa sarebbe avvenuto a un congresso di cardiologi se i vari relatori avessero detto: “Da noi all’ospedale Sacco crediamo molto nel succo di carote…” oppure: “Da noi a Niguarda suggeriamo di non mangiare i legumi…” . In sintesi: tante opinioni, pochi dati validati.
Addentrandomi nel mondo delle italiche “Risorse umane”, la mia impressione iniziale divenne certezza. Di giorno in giorno riscontravo come la maggior parte dei metodi in voga, né verificati né validati, fossero in conflitto con la logica, quando non apertamente sconsigliati dalla letteratura specialistica.
Parcheggiata l’idea di aggiornarmi agli eventi, ho cominciato una ricerca personale in letteratura ove, fortunatamente, si trova molto materiale solido e fondato, principalmente in lingua inglese…
Si tratta però di testi che, per lo meno in Italia, sono pressoché ignoti. Comunque, in particolare relativamente ai modelli HR, ciò che si legge nei manuali non soddisfa le aspettative di chi pretende di trovare “scientificità”. Molte sono le cause della distanza tra scienze accademiche e pratiche gestionali, ad esempio:
- è difficile (se non impossibile) testare con metodo scientifico le prassi gestionali;
- molti modelli sono molto recenti, per cui non c’è stato tempo per metterli alla prova del metodo;
- l’introduzione di novità è talmente rapida che, anche volendo testare un modello, i risultati arriverebbero quando le condizioni sono già radicalmente cambiate;
- manager e professionisti HR non percepiscono il bisogno di verificare i metodi e le prassi.
Per fortuna, nella gestione delle imprese l’obiettivo non è la perfezione ma la generazione di risultati, per cui bisogna trovare una strada sensata piuttosto che la verità scientifica.
Dobbiamo quindi mettere sotto processo:
- il “fai da te”;
- l’adesione acritica alle mode;
- le verità proposte dal Guru di turno[1].
Rifacendoci ai principi Toyota, che comprendono l’approccio scientifico al lavoro, proviamo a delineare le fondamenta per un metodo ispirandoci alla medicina, ove l’infinita varietà dei casi non autorizza il terapeuta a rigettare i dati validati scientificamente. Pochi di noi accetterebbero di farsi curare da una persona incontrata casualmente al bar proprio perché riteniamo che un terapeuta consapevole conosca la scienza ufficiale, ovvero abbia letto un libro di medicina.
L’analogia tra il corpo umano (organismo) e l’impresa (organizzazione) permette di comprendere che:
- ogni caso è unico;
- il funzionamento di ogni organo condiziona la salute generale;
- le cattive cure si traducono in danni.
Nonostante ogni organizzazione sia unica, le buone pratiche esistono e sono fondate su:
- razionalità e logica;
- assunti fondati, ovvero verificati con metodo;
- etica professionale.
Ciò che rende specifico il business è che, per alcune dimensioni della leadership può essere utile la genialità di chi innova, che comprende una quota di pazzia, mentre nelle discipline organizzative, a partire dalla prevenzione, valgono i principi di causa-effetto, per cui l’esame di realtà deve essere lucido in quanto la causa principale dei guai è l’errore umano.
Management evidence based: gli assiomi
Per fondare un approccio gestionale che si svincoli dalle prassi basate sui suggerimenti dei cialtroni oppure su mode prive di fondamento dobbiamo porre alcuni assiomi, partendo da una sorta di tautologia:
Le discipline organizzative e la gestione del personale beneficiano di un approccio basato sulle evidenze.
A corollario possiamo dire che ogni decisione o azione professionale può essere più o meno fondata, e che decisioni fondate portano a conseguenze economiche di vantaggio, mentre decisioni fondate su assiomi non verificati generano inefficienza.
Su questo principio si fondano tutti i modelli di compliance; per questo psicologia, sociologia, antropologia offrono le evidenze sulle quali fondare gli assiomi organizzativi.
La parte difficile è l’individuazione delle informazioni fondate e rilevanti, estrapolandole dalla massa di dati prodotti e validati dalla scienza.
Ovvero: quali informazioni ci servono? Quale affidabilità hanno le ricerche? Come si possono utilizzare i dati scientifici nella pratica gestionale della mia organizzazione?
Avendo riconosciuto le difficoltà che incontriamo nella direzione del “management evidence based”, possiamo anche stabilire che il grado di affidabilità di un modello non correla con il grado di novità. Ovvero non è detto che una teoria, un metodo, uno strumento di recente introduzione o di moda abbia di per sé più valore del corrispondente più datato.
Come ultimo assioma poniamo che teorie, modelli, strumenti siano classificabili per fondatezza e affidabilità; in altre parole esistono sistemi e metriche per valutare l’affidabilità di un’informazione.
Classificazione delle conoscenze
Abbiamo quindi il fondamento per una teoria del “management evidence based”, che possiamo esprimere sintetizzare in una frase:
le discipline gestionali – proprio perché hanno come oggetto l’essere umano singolo e il gruppo – beneficiano di conoscenze fondate su evidenze.
A questo punto dobbiamo intenderci sul significato di “conoscenze fondate su evidenze”.
Criteri di fondatezza
Il grado di fondatezza di un’informazione è derivabile da criteri quali:
a) la fonte e il metodo;
b) la diffusione;
c) la storicità;
d) la logica.
Fonte e metodo
Le informazioni provengono da canali e istituzioni che hanno un certo grado di autorevolezza. Ad esempio la rivista della Harward Business School si è guadagnata una reputazione grazie all’applicazione di un metodo nella selezione degli articoli. Oltre al canale, anche l’istituzione che ha svolto la ricerca può essere più o meno accreditata.
Il metodo seguito per validare l’informazione ha anch’esso un peso decisivo. Ad esempio uno studio con un’ampia casistica è più affidabile dell’opinione di una singola persona, per quanto illuminata ed esperta, così come da un singolo caso è difficile inferire informazioni solide.
In sintesi, quindi, i criteri relativi alla fonte sono:
- autorevolezza della rivista;
- prestigio dell’istituto che ha condotto la ricerca;
- metodologia utilizzata.
Diffusione e storia
Tutti i venerdì, nelle pagine di ricerca del personale del Corriere della Sera, alcuni decenni or sono comparivano numerosi annunci di imprese che ricercavano un “alter ego del titolare”. In pochi anni tali annunci scomparvero totalmente. Ipotizziamo che qualcosa non abbia funzionato nell’introduzione di professionisti che dovevano compensare le lacune dell’imprenditore. Non sapremo mai se l’inventore abbia avuto o meno una buona idea, ma il mercato ha rigettato l’innovazione e così gli “alter ego del titolare” sono scomparsi.
Altre mode sono invece più durature. Ad esempio, la “leadership situazionale” proposta da Ken Blanchard, dopo un periodo di gran moda, continua a trovare estimatori (io sono tra quelli) e utilizzatori.
Non conosco come e quanto il modello sia stato sottoposto a investigazioni scientifiche, ma la proposta di Blanchard può contare su diversi punti a favore:
- ampiezza di impiego;
- stabilità;
- verosimiglianza.
Per Blanchard e i suoi collaboratori gli umani, nell’apprendere un’attività, attraversano varie fasi caratterizzate da una combinazione evolutiva di stati emotivi e stati cognitivi. Questa affermazione è assolutamente verosimile, in quanto è espressa in modo semplice e con termini chiari, ciò che la contraddistingue rispetto a teorie basate sulle energie cosmiche o su paralogismi (ragionamenti non logici). Una teoria verosimile non è di per sé né vera né fondata ma permette di creare modelli che possono essere testati in modo sperimentale, dunque falsificabili.
Ciò che non ha ancora i sacri crismi della scientificità, ma è verosimile e falsificabile, si colloca a un livello diverso rispetto a teorie incoerenti e modelli infalsificabili. Ad esempio, la frase “il vero manager è anche un leader”, dove non ci sia una chiara specificazione dei termini, non porta alcun valore a una cultura “evidence based”.
La massa di informazioni che circolano nel business senza portare valore è talmente ampia da scoraggiare qualsiasi opera di bonifica. Per questo l’approccio “evidence based” dovrà essere adottato da chi si orienta all’eccellenza ma non diventerà mai una moda, in quanto confligge con la naturale inclinazione degli umani a raccogliere le informazioni in modo casuale.
Informazioni fondate: dalla raccolta all’uso appropriato
Un’informazione fondata non è di per sé un’informazione utile.
La complessità delle discipline gestionali suggeriscono sempre la cautela, in quanto le situazioni che dobbiamo affrontare sono sempre più complesse di quelle ove l’informazione è stata verificata.
Come in medicina non è possibile curare tutti i malati di Parkinson con un solo farmaco, così il management non prevede ricette semplici e semplificazioni. La gestione si caratterizza così come una prassi artigianale, ove i problemi non possono essere risolti con il “silver bullet”, lo strumento risolutivo.
La logica
È sorprendente osservare come organizzazioni guidate da manager preparati nelle migliori università adottino metodi basati su conoscenze infondate.
Difendersi dall’importare metodi o strumenti dannosi è ormai una “corporate capability”.
Il management “evidence based” non può quindi puntare sulla validazione scientifica, in quanto l’innovazione è più veloce della sperimentazione.
Nel futuro, una risorsa chiave sarà la logica: ad esempio l’analisi semantica (investigare il significato di parole e frasi) che permette di individuare i paralogismi (ragionamenti sbagliati) e gli assiomi inverosimili, ovvero in contraddizione con quanto è fondato.
Facciamo un esempio.
I Customer Relationship Management sono software generati per rispondere all’esigenza di gestire le informazioni sulla clientela. La promessa di chi ha proposto al mercato tali strumenti era formulata in questo modo:
“Il CRM permetterà di raccogliere, in tempo reale, le informazioni dal mercato” e il relativo processo veniva descritto così: “Il venditore si reca del cliente, presenta il prodotto e, a valle della visita, inserisce nel CRM le informazioni rilevanti. In questo modo il marketing ottiene informazioni in diretta. Sarà come avere ricerche di mercato in tempo reale…”
Al di là del mio pregiudizio negativo su chi parla di tempo reale, proviamo a vedere due “condizioni critiche” perché la promessa del CRM si realizzi, ovvero:
- il venditore è in grado di ottenere dal cliente informazioni critiche;
- il venditore, a valle della visita, compila disciplinatamente il report.
Chiunque abbia supervisionato venditori sa molto bene che un’alta percentuale di efficaci professionisti non è disciplinabile, per cui è impossibile ottenere la compilazione del report a valle di ogni visita.
Inoltre spesso i venditori, soprattutto se non addestrati, si fermano alla prima obiezione del cliente senza indagarla fino all’ottenimento dell’informazione di qualità. Ad esempio, se un venditore non sa come trattare un’affermazione tipo: “siete bravi ma cari…”, finirà per scrivere nel report: “siamo cari”.
La promessa ricerca di mercato, invece di riportare al marketing le motivazioni per le quali i clienti scelgono un fornitore, genera l’oracolare responso: “siamo cari”, con tristi conseguenze sulla profittabilità quando il Brand Manager prende l’informazione per buona.
Poiché gli assiomi che fondavano la promessa del CRM erano facilmente falsificabili già all’epoca del lancio dei software, molte promesse sono al confine della pubblicità ingannevole: “Risolverai i tuoi problemi di gestione del personale installando il nostro software HR”.
Ogni epoca genera nuovi “falsi profeti”…
La scienza offre conoscenze fruibili
Come possono le scienze essere utili nelle organizzazioni?
Un esempio può venirci in aiuto.
È noto[2] che una persona che attende in modo ingiustificato diventa più ansiosa e aggressiva. Il dato è coerente con quanto possiamo esperire soggettivamente quando la cassiera del supermercato ci sembra particolarmente lenta. Cominciamo a provare sentimenti negativi nei suoi confronti e tali sentimenti aumentano progressivamente ogni volta che rallenta o interrompe il lavoro, magari a causa di un cliente che non ha pesato le mele. Alla fine, nel dubbio, cominciamo a odiare sia la cassiera che il cliente sbadato.
È dunque verosimile che, ove procrastiniamo l’inizio di una riunione, i partecipanti arrivati puntuali potrebbero diventare negativi e più aggressivi, il che renderà più difficile la gestione del gruppo.
Questo semplice esempio ci dimostra cosa significhi “Management evidence based”. Iniziare le riunioni in orario riduce le possibilità che i partecipanti arrivati per tempo sviluppino aggressività o negatività durante la giornata, ciò che risulta certo alla luce delle conoscenze scientifiche che attualmente abbiamo a disposizione. Ovviamente, come mi ha fatto notare un partecipante a un corso, se iniziamo in orario senza aspettare un direttore potrebbe essere quest’ultimo ad arrabbiarsi, con conseguenze negative forse peggiori. Sebbene esistano metodi per accogliere i ritardatari a una riunione, il patrimonio di conoscenze verosimili non si traduce in un elenco di indicazioni operative assolute, tipo:
“Ogni riunione deve essere iniziata esattamente nei tempi previsti”,
ma in consapevolezza sui meccanismi che regolano i fenomeni organizzativi. È la cosiddetta knowledge manageriale.
Ad esempio, un docente consapevole dei meccanismi dell’apprendimento degli adolescenti difficilmente sceglierà di basare la propria didattica su lezioni frontali di 50 minuti, ma cercherà di adottare strumenti diversi[3].
I comportamenti più costosi sono spesso basati sull’ignoranza di meccanismi noti, spesso già descritti in testi che risalgono a migliaia di anni or sono.
Quale cultura serve?
Nel mondo del business serve l’orientamento al metodo, più che l’ossessione di verificare tutto scientificamente. Un approccio “evidence based”, particolarmente utile nelle dimensioni manageriali, significa:
- verifica del linguaggio;
- attenzione ai metodi, in particolare nelle funzioni considerate “umanistiche”;
- orientamento alla formazione, per sviluppare cultura basata su dati e informazioni affidabili.
Ci attende un futuro “evidence based”?
Le nuove generazioni studiano meno dai libri, derivano le informazioni da internet[4]. Si apre un enorme cantiere per la classificazione delle fonti del sapere[5]. È certo che assisteremo a un’involuzione culturale, almeno in alcune dimensioni.
Un fattore di cambiamento è l’evoluzione della legislazione. Come avviene per la salute, ove sono le assicurazioni a chiedere le “evidenze” per rimborsare un trattamento, anche le imprese devono rispondere con “evidenze” per giustificare comportamenti nella gestione economica o nella gestione del personale.
In futuro, l’adozione di modelli “evidence based” sarà un fattore di vantaggio competitivo.
Note
[1] Luigi Rigolio, Sulla leadership: gli errori di Julio Velasco, Leadership & Management Magazine, marzo 2019.
[2] Si veda David H. Maister, The Psychology of Waiting Lines, 2005.
[3] L. Nathanson, S.E. Rivers, L.M. Flynn, M.A. Brackett, da Emotion review (2016), Creating emotionally intelligent schools with ruler.
[4] Nicholas Carr, Internet ci rende stupidi?, Raffaello Cortina Editore, 2011.
[5] Luigi Rigolio, Gli errori di Velasco sulla leadership.
Articolo a cura di Luigi Rigolio
Docente di Marketing Sanitario presso l'Università dell'Insubria.