Mantenere la bussola e la motivazione in tempi di cambiamenti rapidi
Viviamo in un mondo sempre più veloce e complesso: un vero e proprio “sistema” di persone, organizzazioni, contesti lavorativi e sociali, ambienti paesaggistico-urbani. Sì tutto è collegato, inter-connesso: dal pianeta con le sue risorse naturali, dalle strutture con gli oggetti che lo abitano, dagli individui e dai complessi sociali, che hanno costituito nazioni e stati in continuo mutamento.
E’ dunque anacronistico continuare a pensare in termini di una singola parte del tutto, occupandosi solo della propria visuale, fermi e statici nella posizione acquisita. Si richiede un cambio di paradigma che fa della flessibilità, visione sistemica e velocità di adattamento i punti cardine per uno sviluppo sostenibile e valoriale.
Il cambiamento, anziché temuto e contrastato, diventa al contrario un’opportunità di crescita e di rinnovamento continuo, la possibilità di sperimentare nuove e stimolanti esperienze, arricchendosi e contaminandosi con ambienti e persone/organizzazioni in perenne evoluzione.
Sfida, evoluzione, impegno e creatività diventano 4 parole essenziali per poter cavalcare con successo e benessere l’onda, mantenendo al contempo leggerezza di movimento e lucidità di direzione.
Questa attitudine diventa ancora più importante nel contesto aziendale in cui i manager si trovano davanti a veloci mutamenti del loro sistema di riferimento e a sfide crescenti. Mi riferisco alle frequenti fusioni/acquisizioni con conseguente change management spesso a crescente diversità culturale e di nazionalità.
Nell’ultimo decennio, siamo passati da un management con una rigida struttura gerarchica in cui poche persone dettavano gli obiettivi e gli altri eseguivano a un sistema complesso in cui gli obiettivi cambiano velocemente e ai team si richiede di sapersi riposizionare sui nuovi obiettivi per fronteggiare la concorrenza. I compiti sono sempre di più e più interconnessi, si passa in modo spesso frenetico da una modalità all’altra e questo genera frustrazione e spaesamento.
Davanti a questo cambio completo di paradigma, ci vogliono abilità e nervi saldi per saper ri-orientare la bussola e non smarrirsi. Se le regole del gioco sono costantemente rinegoziate, fondamentale diventa la predisposizione delle persone a comportarsi e i valori sono il migliore indicatore di predizione dei comportamenti. I valori indicano le nostre credenze, abitudini e convinzioni, sono le “stelle polari” che ci orientano e condizionano le nostre scelte: dalla gestione del tempo alle scelte fondamentali della nostra vita.
I Valori possono essere definiti come “drivers” del cambiamento, le leve motivazionali che ci portano ad agire in un determinato modo; non sono entità simboliche o astratte perché si concretizzano in un piano d’azione con un monitoraggio costante in corso d’opera.
Lavorare sulla consapevolezza e l’allineamento tra i valori aziendali e quelli delle persone che vi operano consente di vivere i mutamenti con minor stress di adattamento; poiché i valori cambiano nel tempo, è importante verificarli e adattarli alleggerendo e semplificando la transizione e togliendo l’ansia del nuovo.
Anche rispetto alla tematica del controllo si ha una facilitazione: quando la rigidità gerarchica si stempera e diluisce, sempre più ci si aspetta dai team coesione e unità di intenti, autonomia e responsabilità di azioni. Dal controllo esterno si passa al controllo interno in cui il team e ogni risorsa si comporta coerentemente ai propri valori e a quelli condivisi con il team. Questo porta ad avere chiarezza di obiettivi, maggior fluidità nello svolgimento dei propri compiti e nelle relazioni tra colleghi.
Alla base di questa nuova impostazione c’è il meta-valore della fiducia che è imprescindibile: se manca compromette la fluidità e la rapidità di cambiamento rischiando di bloccare l’evoluzione perché vengono a mancare le regole del gioco. Proprio perché il controllo esterno o dall’alto viene meno, se le persone non si fidano bisogna formarle sia individualmente che in gruppo, investendo sulla valorizzazione delle risorse umane, rinforzandone senso di direzione e di autorealizzazione. Ne usciranno individui più flessibili e motivati, centrati e capaci di orientare con fermezza la bussola.
Come fare? Stimolando la creatività attraverso il rispetto e la condivisione.
In alcune aziende manca il rispetto per le idee di ognuno e le persone non si sentono pienamente libere di esprimersi, così molte aziende sprecano talenti non valorizzando adeguatamente le risorse umane, spegnendo la loro spinta creativa e il contributo che possono dare all’azienda.
Il rispetto è inteso come apertura al dialogo e confronto: ascolto empatico delle divergenze, impegno. Si traduce quindi in una comunicazione dinamica e fluida, mirata a scindere interpretazione e percezioni dai fatti realmente accaduti, a superare il personalismo incentrato sul chi e sul soggetto a favore dell’oggettività del cosa. Anche gli inevitabili errori di percorso sono visti come necessari esperimenti da cui apprendere, senza caccia al colpevole ma mirando solo a comprendere cosa non ha funzionato per aggiustare il tiro per la prossima volta. Le buone prassi che favoriscono i successi sono da replicare ciò che non funziona e non porta i risultati desiderati va accantonato. E’ un metodo pragmatico e scientifico che fa dell’osservazione scevra da giudizi il fulcro per un’azione snella ed efficace volta a realizzare l’obiettivo comune del team e dell’azienda.
Così si crea innovazione e attaccamento al progetto aziendale, motivazione e benessere personali che si riflettono positivamente nel contesto lavorativo garantendo quella velocità di adattamento e flessibilità necessarie per cogliere le opportunità e vincere con successo le nuove sfide.
Al centro c’è l’individuo alle prese con le frenetiche innovazioni tecnologiche che lavorando sempre più sui propri asset valoriali, si riappropria di un umanesimo che diventa urgente e necessario per interpretare in modo organico e coerente il sistema, garantendone uno sviluppo armonico, reinterpretando e dando un senso e un coordinamento alle spinte iper specialistiche ed egocentriche che rischiano altrimenti di fungere da agenti disgreganti del tutto.
Per realizzare questo cambiamento di mentalità e di approccio, abbiamo bisogno di persone non solo tecnicamente competenti ma anche culturalmente preparate, curiose e con una buona consapevolezza di sé e delle peculiarità che possono portare al team, che sappiano confrontarsi con gli altri senza timore di perdere qualcosa. Persone sicure e equilibrate, autentiche, capaci di lavorare in squadra con umiltà e disponibilità. Purtroppo, lavorare in rete è ancora un concetto teorico poco praticato ma dove è sperimentato dà valore aggiunto e senso di direzione alle azioni, consente di superare la limitatezza dei singoli sprigionando energie e risorse altrimenti inutilizzate.
Questo salto evolutivo culturale come tutte le sfide impegnative può essere un’importante occasione di crescita “significante” nel senso più alto di dare un significato, assolutamente da non mancare sia per i singoli che per le organizzazioni.
A cura di: Raffaella Iaselli
Business, executive e personal coach PCC, Professional Certified Coach, Membro Comitato Etica ICF Italia Chapter italiano della Federazione Internazionale Coaching.
Trainer per aziende, manager e team sullo sviluppo delle competenze trasversali: leadership, comunicazione efficace e gestione emozioni, sviluppo dei talenti e motivazione per mantenere un alto livello di energia e benessere. Certificata EQ Assessor Six Seconds e nella metodologia CoachingbyValues che utilizza spesso anche nei change management delle fusioni aziendali e nei passaggi generazionali per dare senso di scopo e congruenza ai sistemi.
Direttrice della Fondazione Olly Onlus, attiva nel supportare i disagi giovanili con sede in Biella favorendo sinergia e rispetto dei ruoli tra docenti e genitori a favore della crescita costruttiva delle nuove generazioni.