Metaverso Controverso

America fine XX secolo: i corrieri si muovono con mezzi super tecnologici e ruote intelligenti per sfruttare velocità, consegnano pizze e quant’altro, e gli addetti alla sicurezza umani e cyborg sono strani poliziotti con armi supertecnologiche. Tutto ciò accade nel Metaverso dove ognuno è rappresentato dal proprio avatar in mondo 3D e l’ambiente è doppio, parallelo e misterioso, nel gioco tra virtuale e reale. Siamo dentro Snow Crash (1992) fantasia e romanzo di Neal Stephenson, genere postcyberpunk, fantascienza che fonde progresso, tecnologia, futuro.

Il metaverso è una sorta di ombrello tecnologico sotto cui si miscelano cinema, grafica, animazione, narrativa, riassumendo una descrizione di Jeffrey T. Schnapp, direttore dello Stanford Humanities Lab e organizzatore di MetaU.

Oggi la fantasia di Stephenson è diventata realtà virtuale che permea il reale, il Metaverso esiste, e esiste anche Meta, perché Facebook non sia chiama più così ma è Meta. Dunque siamo oltre

Altro che playstation e videogiochi da salotto o per notti insonni, qui le cose stanno cambiando parecchio, Metaverso è il futuro di Internet. Per i suoi fautori “ll “metaverso” è un insieme di spazi virtuali in cui puoi creare ed esplorare con altre persone che non si trovano nel tuo stesso spazio fisico. Potrai uscire con gli amici, lavorare, giocare, imparare, fare acquisti, creare e altro ancora. Non si tratta necessariamente di trascorrere più tempo online, ma di rendere il tempo che trascorri online più significativo” (1).

Per chi è cresciuto con carosello e le prime tv in b/n la comprensione di questa rivoluzione non è semplice, per i Millennials è più facile, per non parlare poi della disinvoltura col Metaverso dei nativi digitali.

Ma cerchiamo di capire qualcosa come baby boomers, o chiunque noi siamo, e di intuire possibili conseguenze, anche al mondo del lavoro.

Intanto pure su questo campo si confrontano due “tifoserie”: i favorevoli ottimisti e i contrari guardinghi.

In gioco però c’è ben più di una partita sportiva. Vediamo perché.

Secondo questi ultimi, la quasi assenza di regole e controlli, il mantra che ormai algortimo è bello sono fattori che mettono in pericolo democrazia, favoriscono il caos, e lo stesso Zuckenberg è da loro visto con più ambiguità che pregi, e i dubbi sugli effetti sul rafforzamento del suo potere e di quello di regimi assolutisti che sguazzano (e chissà se la favoriscono) nell’informazione anarchica e spesso manipolatoria si diffondono a macchia d’olio. Si preoccupa di questo Ian Brenner (politologo attento al rischio politico globale, presidente di Eurasia Group e GZERO Media, autore di Us vs. Them: The Failure of Globalism, dove esamina l’ascesa del populismo nel mondo) nell’editoriale di Foreign Affairs di novembre-dicembre 2021 (2). Qui lo studioso fotografa i rischi di un potere digitale estremo di cui godono le maggiori aziende tecnologiche che si stanno appropriando senza freni e limiti dello spazio digitale su cui dettare legge, plasmando la società futura “sui principi del gaming”, arrivando a controllare l’ambiente virtuale e fisico collegato a Internet”, come osserva, in modo netto e accorto, Christian Rocca nel suo editoriale de LINKIESTA del 21 ottobre 2021.

Dall’altra, con l’occhio dei fautori o dei favorevoli ottimisti, aziende come Microsoft ritengono che il metaverso può permettere alle persone una collaborazione senza confini, perché consente di incontrarsi con i propri avatar personalizzati nell’ambiente virtuale in spazi immersivi (3).

Tra entusiasmi e perplessità qualche riflessione.

A proposito di collaborazione nel contesto aziendale, e non solo lì, come si sviluppano le relazioni interpersonali nel metaverso? Se io posso essere un altro attraverso la personalizzazione del mio avatar, mi relaziono nello spazio virtuale come decido di essere, anche l’opposto da me, perché tanto sono in un mondo parallelo, la mia identità è quindi tutt’altra rispetto a quella reale-autentica, ma l’altro si relaziona a un finto-me, al mio avatar, non a me. Finora è possibile bluffare in chat o sui social, ma in questo spazio a tre dimensioni, corpo, sensazioni, distanze, cambiano e le percezioni sono quelle stimolate dal virtuale anche se ognuno di noi è nella propria stanza reale, ma vive temporaneamente nel mondo parallelo. I confini percettivi non esistono più perché siamo immersi nella realtà virtuale, con anima e corpo, nel vero senso dell’espressione.

E qui entra in gioco anche la questione della distanza virtuale rispetto al reale, il rischio per esempio di abusi e anche di molestie sessuali. E’ successo che un avatar abbia molestato sessualmente una donna (cioè la sua avatar) beta tester = collaudatrice del software, palpeggiandola in modo inequivocabile durante un’esplorazione di Horizon Words, social network virtuale. Il paradosso è la spiegazione fornita dalla società: la donna non ha attivato la Safe Zone, che viene fornita agli utenti, che è una specie di bolla che protegge, perché blocca l’avatar che vuole interagire con un altro avatar. Insomma, pure nel mondo virtuale questa donna secondo alcuni se l’è quasi cercata… e il bello (!) è che lei era pure una beta tester, una addetta ai lavori. Anche il mondo virtuale non è solo magnifico.

Vivere nella simulazione porta alla assunzione di una identità digitale che può diventare fuori controllo per la persona stessa che l’ha assunta, per cui da una parte è vero che si vive andando in ufficio, per strada, con gli amici, a casa, ma il tutto accade in una specie di Truman show consapevole, a differenza del Truman ignaro del film. E si sa che vivere immersi porta con sé il rischio di non distinguere più reale da virtuale.

Dove ora, tra l’altro, è possibile portare oggetti della propria realtà fisica attraverso dispositivi che con lo scanner rendono possibile trasferire in 3D gli oggetti che si desidera. La Sony sta lavorando su questo.

Altro che Matrix…

Il metaverso è certamente una dimensione di estrema innovazione, affascinante, e una nuova industria che creerà la necessità di nuovi profili (così si diceva nel 900) professionali: Architetti del Metaverso, creativi di mondi nuovi e attrattivi; Costruttori del Metaverso, professionisti di software, ingegneri; Digital Product & Fashion Designers che inventeranno oggetti digitali inerenti qualsiasi sfera; Sceriffi del Metaverso, gli addetti alla sicurezza contro gli attacchi hacker, esperti di cybersecurity; Smart Contract Developers per controllare le transazioni digitali; Privacy & Data Protection Specialists, per tutelare la privacy degli utenti e i loro dati; Esperti di Marketing per creare campagne pubblicitarie e consentire acquisti nella realtà immersiva; i Metaverse Storytellers per narrare in modo affascinante l’esperienza e la possibilità di viaggiare nella dimensione virtuale, gli Organizzatori di Eventi nel Metaverso. Tutto questo almeno secondo le ipotesi di Giancarlo Valente (organizzatore dal 2018 di Meetup relativi alla Blockchain e CTO di Aulab, la prima Coding Factory italiana) in un’intervista del 5 marzo 2022 (4) e più in dettaglio secondo un’indagine sulle professioni del futuro (5).

Pare che ci sia anche il boom del mercato immobiliare nel metaverso: pure lo spazio virtuale va abitato, va edificato, va percorso, quindi ecco la necessità di case, palazzi, strade, in versione creativa e replicante comunque il concetto di “abitare” e “muoversi”. Quindi, è partito l’investimento in criptovalute (altro concetto non semplice): attraverso società immobiliari del metaverso, nascono grandi investitori che diventano proprietari terrieri di lotti virtuali, dove sono già costruiti edifici, giardini o ci sono lavori in corso per fabbricare di tutto, anche uffici, ovviamente.

Gli uffici, appunto, saranno sostituiti da spazi nel metaverso, per cui lavorando da remoto, si dovranno usare gli occhiali a tre dimensioni per colloqui, riunioni, svolgere attività lavorative, strumenti visori sempre più sofisticati, tecnologici e leggeri che consentiranno di accedere al mondo del metaverso dove tutto si svolge pur rimanendo seduti alla scrivania o sul divano di casa.

Zoom tra qualche anno sarà preistoria.

Intanto compaiono gli avatar in 3D, fanno riunioni, alcune persone lavoreranno con gli avatar di alcuni colleghi, il mondo del lavoro si espande nel metaverso. Resteranno mondi paralleli o quello reale sarà fagocitato dall’altro?

Anche i maggiori CEO (di cui molti giovani intorno ai 30) che si attivano alacremente per business trasformativi in questo campo come Rajiv Ayyangar, cofondatore e CEO di Tandem, ufficio virtuale per lavorare in gruppo da remoto, Melissa Daimler, chief learning officer della piattaforma di apprendimento online Udemy, Larry Gadea che ha fondato Envoy in uno spazio di lavoro condiviso, l’ex di Techstars Renji Bijoy, 29 anni, fondatore di Immersed, che ha collaborato con Facebook per costruire uffici di realtà virtuale, concordano sul fatto che lavorare a contatto fisico con altre persone aiuta lo sviluppo della fiducia, della positiva relazione, del clima, e che lavorare nel metaverso sarà attrattivo e in forma ibrida per mantenere così i vantaggi di entrambe le forme di lavoro e di interazione.

Inoltre, non va dimenticato il rischio di riproporre i gender gap reali nel mondo del lavoro virtuale, cosa che preoccupa molte donne impegnate su questo fronte, come Reshma Saujani, avvocata, educatrice e politica statunitense, fondatrice dell’organizzazione tecnologica Girls Who Code.

In Italia sono molti i responsabili HR che, a proposito del lavorare in metaverso, sottolineano con differenti sfumature la centralità della relazione umana, del contatto umano e resta comune il vedere il metaverso come una dimensione che debba andare a supporto dell’essere umano, il quale magari potrà delegare qualcosa al proprio avatar, utilizzare la possibilità di proiettarsi nel proprio ologramma, ma concordano su una cosa: né avatar né ologramma potranno mai sostituire la persona e soprattutto non vedono di buon occhio il rischio dell’essere fagocitati da una vita parallela nel metaverso. Questo è in sintesi quanto emerge dalle interviste sul tema a alcuni protagonisti del mondo HR (6).

Insomma il futuro, versione metaverso, oltre l’appeal del fascino dell’ignoto può essere qualcosa di distopico, un avvolgimento sofisticato e tecnologico della vita di tutti in mano a pochi? L’importante sarà in qualche modo governarlo, fidarci di qualche ente che controlli l’uso che si fa di dati, informazioni, dove porta la fucina esponenziale di algoritmi che lo animeranno… Vedremo cosa accadrà poi al nostro cervello se si abusa del tempo reale passato nella realtà virtuale, perché il rischio della demenza digitale è reale, purtroppo. Si aprono forse le porte a nuove forme di dipendenza.

Intanto a Milano sono gli avatar a servire la birra ai banconi virtuali con sottofondi musicali, secondo le preferenze espresse dagli avventori, nel primo Meta-Bar inaugurato il 5 aprile da Heineken per lanciare Silver, la birra del metaverso, che la casa olandese ha lanciato il 17 marzo nel suo birrificio virtuale all’interno della piattaforma digitale immersiva Decentraland. Birra innovativa e da bere con un gusto che è un’esperienza, oppure un “sentiment”, secondo un’espressione di moda, il sentiment del metaverso!

Se anche provassimo a ignorare il metaverso con vantaggi, rischi e implicazioni, comunque non lo fermeremmo, e poi perché dovremmo fermarlo o solo temerlo? fa parte del futuro, e noi con esso, ma per un attimo mi chiedo: e se facessimo il verso al metaverso? Intanto, possiamo sempre bere una birra mentre ci pensiamo…

Sitografia

(1) https://about.fb.com/news/2021/09/building-the-metaverse-responsibly/.

(2) https://www.foreignaffairs.com/articles/world/2021-10-19/ian-bremmer-big-tech-global-order

(3)https://www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/hitech/2021/11/02/il-metaverso-anche-nel-futuro-di-microsoft-per-le-aziende_8d23f5e1-0372-4334-bc0d-f604d3eafe7e.html

(4) https://www.huffingtonpost.it/

(5) https://tech.everyeye.it/

(6) https://www.ninjamarketing.it/2021/11/26/lavorare-nel-metaverso-hr-italiani/

 

Articolo a cura di Luciana d’Ambrosio Marri

Profilo Autore

Sociologa del lavoro, specializzata in psicologia del lavoro e esperta di gestione dei processi formativi. Da oltre trent’anni è consulente di management, in particolare per attività di selezione, valutazione, formazione, benessere organizzativo, coaching e sviluppo delle persone nel mondo delle imprese, PA e scuole di management. Si occupa di Diversity Management, empowerment e di tematiche di genere. Docente in master universitari, è autrice di numerose pubblicazioni in ambito HR, e coautrice di CONFLITTI. COME LEGGERE E GESTIRE I CONTRASTI PER VIVERE BENE (Giunti, 2019); RISORSE UMANE E DISUMANE. COME VIVERE OGGI SUL PIANETA R.U. (Giunti, 2017); YES WE STEM (SGI, 2016); EFFETTO D: SE LA LEADERSHIP È AL FEMMINILE: STORIE SPECIALI DI DONNE NORMALI (FrancoAngeli, 2011); COME MUOVERE I PRIMI PASSI IN AZIENDA (FrancoAngeli, 2010). Ha anche pubblicato DONNE ALL’OPERA CON VERDI (2013). Intervistata da riviste, radio e tv, interviene in convegni su temi di scenario e attualità. E’ sposata e ha un figlio. www.lucianadambrosiomarri.it

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