Mobilità, logistica e coraggio

L’insegnamento del passato

Vorrei brevemente guidarvi in un excursus di questi vent’anni dal 1997 al 2017 passando per 2007 per capire come si è trasformato il nostro mondo reale e quello percepito e quali sono i punti su cui riflettere. Questo per contestualizzare in pillole davvero il modello davvero disruptive con cui si sta evolvendo la nostra società e facendo un parallelismo fra le dinamiche del settore della mobilità – che tutti conosciamo bene – ed un altro settore con cui tutti abbiamo comunque a che fare ogni giorno: le telecomunicazioni.

Vediamo come è cambiato quel mondo e come è/non è cambiato nella stessa finestra temporale quello della mobilità. Le componenti fondamentali del sistema delle telecomunicazioni sono il device – cioè il telefono – la rete– cioè il trasmitter – il fornitore del servizio – operatore – il cliente con il relativo modello di ingaggio – il contratto.

Partiamo quindi dal device; vi ricordate che telefoni usavamo vent’anni fa? Lo strumento per accedere alle comunicazioni era un semplice telefono cellulare e le marche ed i modelli che andavano per la maggiore erano Motorola Microtac e Nokia 6110; il tempo conversazione era di circa 3 ore, il costo pari a 1.000/1.500 euro (a prezzi attualizzati) e si utilizzavano principalmente le funzioni legate al GSM ed agli SMS.

Il 9.01.2007 cambia per sempre il mondo delle telecomunicazioni – un esempio classico di disruptive innovation – con il lancio del primo iPhone fino a quel momento i telefonini uscivano uguali dalla fabbrica e tali restavano – a meno di ovvie differenze nei contenuti – con l’avvento della rivoluzione di Steve Jobs l’azienda di Cupertino avrebbe prodotto smartphone che erano uguali all’uscita dalla fabbrica ma appena pochi minuti dopo l’acquisto ogni pezzo sarebbe stato unico, diverso da ogni altro. Il tempo di conversazione era già arrivato a 8 ore, il costo era sceso a circa 500 euro e i clienti potevano godere di numerose applicazioni in aggiunta ad una fotocamera e videocamera con prestazioni simili a quelle professionali.

Oggi lo “standard” iphone è ormai riconosciuto anche dai competitor, non parliamo più di telefoni cellulari ma di smarphones ed il formato touch di 10 anni fa è ancora il modo preferito di interfacciamento fra noi e il nostro device insieme ad interfacce vocali e di riconoscimento biometrico. Oggi il tempo di conversazione è di oltre 20 ore, il costo si è attestato sugli 800 euro ed abbiamo a disposizione un numero infinito di app scaricabili dal negozio on line. Il nosro smartphone è ormai una telecamera digitale alta definizione, una fotocamera digitale professionale, un sistema pagamento, il supporto al sistema di bigliettazione, un sistema di tracking, etc.

In questo mercato assai ricco e dinamico troviamo sia operatori di telefonia reali (quelli che hanno le reti ed i ponti radio) come Omnitel, Wind, Tim, Blu Vodafone, Tre, sia virtuali come Auchan, Coop, Erg, Fastweb, Tiscali, Carrefour, Poste Mobile.

Quindi entrano su mercato prima gli operatori che posseggono gli asset di proprietà per la fornitura del servizio e quindi nel 1997 i contratti di telefonia mobile prevedevano il device legato al fornitore, il numero legato al fornitore, era estremamente costoso chiamare clienti di altri operatori, il business principale degli operatori è legato alle chiamate voce. Esistevano poche tipologie di contratto (in sostanza solo Business/consumer oppure la scheda prepagata) e tutti utilizzavamo complicati fogli di calcolo per verificare i costi di ogni singola chiamata e si cambiavano le schedine sim nel telefono di continuo; chiamare poi dall’estero era costosissimo.

Già nel 2007 assistevamo ad un primo grande passaggio: la portabilità del numero di telefono. Proliferano i contratti segmentati per classi d’età o per tipologia di consumo (es. young/senior/business/consumer) mentre si realizza un progressivo appiattimento delle tariffe voce ed incremento di quelle per pacchetti dati, aumenta la mobilità delle persone e quindi gli operatori pensano al roaming come modalità onerosa di servizio per chi chiama dall’estero. Oggi i gestori ci assicurano la completa interoperabilità e portabilità, lanciano offerte nuove quasi ogni giorno ed assistiamo ad una profilazione spinta del cliente a cui sono rivolti servizi sempre più articolati (es. tim young, junior, 60+, all in, smart, tua all inclusive, etc.) con il risultato che in assenza di roaming, il business dei gestori è senza dubbio nel traffico dati.

Ma quali sono stati gli elementi determinanti per una transizione da un sistema rigido, ingessato, incentrato sull’offerta e quello attuale completamente orientato dalla domanda?

  • Standard (necessari per scambiare dati ed informazioni e pagamenti);
  • Interoperabilità (fra sistemi ed operatori);
  • Sviluppo tecnologico;
  • Nascita di servizi che utilizzano appieno le potenzialità del device;

Avendo bene in mente il mondo delle telecomunicazioni così come lo abbiamo descritto passiamo alle analogie che possiamo individuare con quello della mobilità non solo delle merci ma anche delle persone.

Possiamo quindi affermare che le componenti fondamentali del sistema della mobilità sono il device – cioè il mezzo di trasporto (auto, camion, van, bici, tram, bus, etc.) – la rete – strade, ferrovie, etc. – il fornitore del servizio – operatore di trasporto pubblico o privato – il cliente con il relativo modello di ingaggio – il titolo di viaggio, il contratto di logistica.

Ma quindi perché, se i due settori telecomunicazioni e mobilità sono così simili, il primo ha avuto uno sviluppo continuo mentre il secondo, per così dire, ancora langue?

La mobilità è certamente elemento fortemente dominante del nostro stile di vita – passiamo sempre più tempo negli spostamenti e spendiamo sempre di più (siamo disposti a spendere) in percentuale sul nostro reddito per spostarci da un luogo all’altro. Aumenta il tempo trascorso a spostarsi, diminuisce il numero di chilometri percorsi per singolo viaggio, aumenta il numero degli spostamenti.

Le città costituiscono l’opportunità e il luogo lo sviluppo di un sistema di mobilità sostenibile potrà realizzarsi, sono il motore dell’innovazione e dello sviluppo economico a livello globale perché il 54% della popolazione mondiale vive nelle aree urbane che generano l’85% del PIL, consumano il 75% delle ricorse naturali producendo il 505 dei rifiuti ed il 60% delle emissioni di gas serra globali.

Una novità è il tasso di motorizzazione che scende nelle grandi città dove l’offerta di servizi di mobilità (specialmente quelli alternativi all’auto di proprietà) raggiunge la massa critica necessaria che ne giustifica il mercato.

Una spinta decisiva verso quella evoluzione epocale della mobilità sostenibile che tutti auspichiamo non può prescindere da una collaborazione estesa fra diversi stakeholder, in modo che si possa realmente far fronte alle mutevoli e sempre più estreme esigenze della domanda. In questo scenario il ruolo delle politiche pubbliche è fondamentale: cambiare il paradigma vuol dire avere il coraggio di affrontare le priorità secondo un modello collaborativo e di sistema. Ma quali sono le priorità di oggi:

  • Accessibilità
  • Decarbonizzazione
  • Sicurezza
  • Efficienza energetica

Questi obiettivi si possono raggiungere attivando al meglio le potenzialità offerte da:

  • Digitalizzazione
  • Decentralizzazione
  • Modularizzazione
  • Connettività
  • Automazione

Possiamo sviluppare modelli di business che sono già una realtà in altri settori – vedi telecomunicazioni – ma necessitano di una regolamentazione del mercato che ne favorisca l’inclusione

Adesso le persone, i cittadini sono entrati prepotentemente a far parte della catena logistica quali influencer, determinando le dinamiche non solo del trasporto delle persone ma anche di quello delle merci perché producono non solo domanda ma anche offerta – questo nuovo termine prosumer.

Assistiamo quasi quotidianamente al lancio di nuovi modelli di business basati sulle nuove tecnologie e fondati su un modello collaborativo e inclusivo.

In un momento di estrema dinamicità e di creatività del sistema di offerta dei nuovi servizi di mobilità, le istituzioni centrali hanno ormai compreso che sono chiamate a svolgere un ruolo fondamentale per armonizzare – con Regioni e Comuni – la regolamentazione che consenta agli investitori privati di avere certezze per il loro progetti e i loro investimenti, al mercato di svilupparsi consentendo ai cittadini di ottenere servizi sempre più rispondenti alle specifiche necessità, finanche fossero individuali.

In questo quadro, l’aspetto normativo deve per forza costituire il fattore abilitante allo sviluppo di nuovi modelli di governance, alla definizione di regole per l’evoluzione di nuovi mercati di mobilità sostenibile.

Quale futuro per la mobilità sostenibile

Prevedere il futuro è come guidare nella nebbia: più guardi lontano e meno vedi. Soprattutto se il tema è la mobilità e il rapporto che avrà chi si sposta con le città di domani. Ma siamo testimoni privilegiati di una vera e propria rivoluzione della mobilità, una trasformazione senza precedenti nella storia dell’umanità, un cambiamento epocale che sta avvenendo velocemente ed al quale dobbiamo credere come strumento di sviluppo e rilancio della nostra economia, dobbiamo avere tutti fiducia che porterà grandi cambiamenti positivi.

Abbiamo detto quindi che gli strumenti che ci dovranno fare da guida nel futuro sono: digitalizzazione, decarbonizzazione, connettività, modularizzazione, decentralizzazione.

Vediamo adesso di scomporre in fattori il sistema integrato di mobilità del futuro analizzando prima gli scenari per le persone e per le merci.

Autonome ed elettriche, così sarà la metà delle auto in circolazione nel 2030.

A oggi è dimostrato che l’utilizzo di un veicolo privato si attesta su una media di un’ora al giorno. Proprio per questo si prevede che entro il 2030 diverranno predominanti forme di mobilità condivisa come i servizi di car sharing. Si baseranno su vetture autonome, cioè senza conducente, che spostandosi da un lato all’altro della città ridurranno anche il problema della scarsità di parcheggio nei centri urbani. Tutto questo porterà anche a un cambiamento del paradigma industriale e di mercato. Tutto questo porterà ad un sistema sicuro tendente a zero incidenti.

È già possibile oggi acquistare auto capaci di cambiare corsia in autostrada, regolare la velocità o frenare meglio e prima di un guidatore umano. In Giappone, per Tokyo 2020, sono previsti persino robot pronti per accogliere e guidare turisti e atleti, telecamere biometriche in grado di identificare le persone e garantire così la sicurezza, software per la traduzione linguistica simultanea in 27 lingue, veicoli alimentati a idrogeno e treni a levitazione magnetica.

La tendenza alla riduzione delle emissioni porterà certamente al parziale abbandono dei motori termici a favore di altri sistemi. D’altra parte è ragionevole pensare che le auto elettriche guadagneranno quote di mercato soprattutto nei grandi centri urbani e che la loro diffusione sarà strettamente connessa a innovazioni tecnologiche (capacità delle batterie) e infrastrutturali (creazione di una rete di punti di ricarica).

Il futuro è a zero emissioni non è un’ipotesi ma una necessità. Il mercato è pronto: nel 2020 il costo medio delle batterie sarà più basso del 63% rispetto al 2015, il loro peso dimezzato e la loro capacità cresciuta del 50%.

Le possibilità tecnologiche per rendere autonomo un singolo veicolo, quindi, esistono già o quasi restano da scoprire le possibilità offerte dalla connessione in cloud, il che permetterebbe di creare una rete di veicoli interconnessi. Grazie allo sviluppo dell’Internet of Things, i veicoli faranno parte di un ecosistema integrato e interconnesso e potranno collegarsi ad esempio allo smartphone del passeggero, creando automaticamente un itinerario che tenga conto degli impegni in agenda. Liberati poi dall’onere della guida potremo usare il tempo all’interno della vettura per lavorare o rilassarci e questo lascia immaginare gli sviluppi che saranno necessari dal punto di vista del software di gestione del veicolo.

Quindi possiamo facilmente prefigurare un futuro molto vicino in cui non ci saranno più incidenti causati da errore umano, non ci saranno più emissioni nocive da parte dei mezzi di trasporto ed il sistema intero della mobilità sarà completamente connesso.

La soluzione – si dice- è la modularizzazione e quindi il veicolo autonomo. Già oggi noi voliamo su aerei che funzionano con il pilota automatico per gran parte del tempo, viaggiamo su treni senza macchinisti e magari nemmeno lo sappiamo. Ci fideremo anche dei robot su strada? Io credo di sì: entro il 2020, quasi il 100% dei veicoli nuovi venduti avranno delle forme di automazione. La realtà ci dice che le nostre città stanno crescendo a ritmo intensissimo e la necessità di ottimizzare spazio e tempo ci spinge verso forme di condivisione sempre più diffuse….

I tempi di adozione delle nuove tecnologie si stanno sempre più comprimendo: la piena diffusione del telefono si è concretizzata in 75 anni, della radio in 35, della televisione in 13 e di facebook in soli 3 anni e mezzo. Su queste basi abbiamo già una roadmap di deployment dei veicoli a guida autonoma per i prossimi vent’anni in cui il tema della sicurezza sulle strade trova una sua soluzione.

Ed ecco quindi raggiunto fra il 2035 ed il 2040 l’obiettivo degli “zero incidenti”, miracolo possibile delle auto a guida autonoma: I robot evidentemente hanno un’incidentalità inferiore alla nostra. E la guida autonoma non è una follia. La guida autonoma è già una realtà ben collaudata sia nei mezzi pesanti sia in quelli agricoli. I veicoli che guidiamo tutti i giorni hanno già a bordo l’hardware per supportare la guida autonoma. Con un software di bordo, gli incidenti saranno dimezzati entro il 2030 e quasi azzerati nel 2040. I dispositivi elettronici diventano delle commodity in tempi rapidissimi.

La sfida della condivisione, in contrapposizione alla proprietà, non è di natura tecnica ma esclusivamente sociale. Già oggi per i giovani – i millennials – il logo che indentifica il loro mezzo di trasporto non è importante. Ma è importante l’icona che identifica il servizio di mobilità che scelgono sul loro smartphone.

Secondo le statistiche, il 40% dei millennials ha già rinunciato all’auto di proprietà, che viene vissuta come un ostacolo alla mobilità. Uber sta quasi del tutto sostituendo il trasporto taxi tradizionale come elemento di rottura rispetto a ieri: Siamo passati dal paradigma “possiedo un’auto e me la guido da solo” al “non ho un’auto, e Uber mi basta e avanza”. Nel 2020-2025 la maggior parte di noi non avrà più la vettura di proprietà e sfrutterà i servizi di mobilità senza autista, almeno nei grossi centri urbani. Per questo sono i produttori di auto i primi ad essere interessati a cambiare: saranno sempre più mobility provider e si sfideranno con i giganti dell’informatica come Google, il cinese Baidu, i produttori di mappe online. Se non colgono al volo l’occasione e continueranno a produrre solo automobili ignorando il cambiamento, non vedo un futuro molto roseo per le aziende automobilistiche.

Ma invece quale futuro ci aspettiamo nella logistica? Il trasporto e la movimentazione delle merci sono un componente chiave non solo per l’economia italiana ma anche per quella europea in genere visto che contribuiscono al 14% del PIL comunitario. Anche se siamo quindi consapevoli che attualmente l’Europa nel suo complesso è infatti il più grande esportatore ed il più grande mercato di beni al mondo, non possiamo ignorare il fatto che nei prossimi 10/15 anni il 90% della crescita mondiale complessiva avverrà fuori dal nostro continente. Da qui discende in modo evidente l’esigenza di offrire servizi di logistica inbound ed outbund sempre più performanti alle nostre aziende di produzione e commercializzazione di beni e prodotti. Pertanto è evidente che l’efficienza logistica è da considerarsi come un elemento chiave per la crescita economica del nostro Paese e mantenere le nostre aziende su un livello di competitività ottimale che le consenta di giocare il proprio ruolo su un palcoscenico globale. D’altro canto il presente modello non appare sostenibile neppure nel breve periodo soprattutto dal punto di vista ambientale visto che la logistica è responsabile del 13% delle emissioni complessive di gas serra.

La logistica sarà senza frontiere. Una logistica globale, con movimenti ottimizzati su scala mondiale come in un cloud. Che non implica necessariamente spostare un prodotti. Anche perché fra vent’anni magari ci saranno tecnologie che consentiranno la stampa 3D di certi prodotti e dunque si sposterà anche il luogo di produzione. E immagino un manifatturiero che si avvicinerà sempre di più alle reti logistiche. Oggi i distretti manifatturieri sono essenzialmente in tre aree del mondo: sudest Asia, Cina e India. In futuro le distanze da produttore a consumatore potrebbero abbreviarsi notevolmente, e magari questi Paesi si stanno già attrezzando per soddisfare la domanda interna.

Un discorso a parte merita l’e-commerce, fenomeno del quale abbiamo tanto parlato in passato e che adesso sta semplicemente rivoluzionando i modelli di consumo ed il concetto che conoscevamo di logistica distributiva. Modularizzazione e physical internet sono due concetti molto legati all’e-commerce e l’urban logistics è una soluzione.

In Italia oggi il valore prodotto dall’e-Commerce è di oltre 19 miliardi di euro, con una penetrazione del 5% e un tasso di crescita della domanda tra i più elevati al mondo: il 18%. Ogni mese vengono consegnati in Italia 21 milioni di pacchi. Ma un e-commerce di successo non può prescindere dalla definizione della corretta strategia logistica, poiché influisce sui costi, sulla percezione e sulla soddisfazione del consumer. La considerazione principale è che i maggiori protagonisti del commercio elettronico continuano a spostare verso l’alto i riferimenti del servizio nel B2C relativo alla consegna dei prodotti. Servizio nell’accezione più basilare dell’home delivery significa brevità del tempo di ciclo ordine-consegna e sua affidabilità in coerenza con la promessa. Su questo il benchmark delle 24 ore del servizio del corriere espresso, fino a pochi anni fa considerato di eccellenza, è superato da offerte sempre più aggressive per ampie fasce di popolazione/territorio e categorie di prodotti.

È invece difficile fare ipotesi su modelli sperimentali di consegna non assistita in luoghi alternativi, nel baule dell’auto, ecc… Le reti di logistica in genere seguono quelle che sono le tempistiche del commercio e quindi una logistica 7/24 non sarà più un tabù.

Un elemento a favore dello sviluppo dei punti di ritiro è la propensione degli acquirenti italiani verso la modalità di pagamento in contanti o comunque alla consegna, in particolare in quella fascia di acquirenti online meno a loro agio con i sistemi di pagamento elettronico. Da questo quadro emerge come sia i merchant, che gli operatori logistici possano far evolvere il proprio sistema d’offerta, ampliandolo e sfruttando le opportunità di multicanalità che si stanno delineando.

Il futuro della logistica per l’e-commerce consisterà nello sviluppo di soluzioni di spedizione elastiche ed estremamente personalizzate, ritagliate sulla base delle specifiche esigenze dei singoli e-shopper. Per questo la logistica deve cambiare marcia. La logistica è un fattore abilitante fondamentale del commercio elettronico nel momento in cui i grandi e-vendor debbono garantire un servizio al cliente

Una città che sia in grado di generare ricchezza contenendo al minimo il consumo del suolo e di energia – risorse sempre più scarse. In questo scenario il sistema di mobilità delle merci e dei passeggeri dovrà configurarsi come accessibile, affidabile ed economico. Un sistema multimodale che integri pubblico e privato, collettivo ed individuale attraverso l’utilizzo di veicoli a chiamata per l’ultimo miglio. Una mobilità dunque ad emissioni zero, condivisa ed automatizzata. Ci scorderemo della congestione e dell’inquinamento e le grandi arterie stradali saranno via via convertite in spazi per i cittadini e per la cosiddetta mobilità attiva. I veicoli saranno progettati e realizzati tenendo conto del rispettivo ciclo di vita, dell’efficienza energetica e di una semplice gestione e manutenzione in esercizio. I fattori abilitanti di tale evoluzione o per meglio dire rivoluzione sono la localizzazione di persone e beni nelle aree metropolitane – reverse logistics, riutilizzo dei materiali, sharing delle risorse, modelli di business ad asset light – e quindi l’individuazione di una massa critica necessaria ad attivare alte potenzialità della domanda.

Diventa quindi fondamentale la capacità degli amministratori locali e centrali di interpretare al meglio questi sviluppi in termini di pianificazione delle infrastrutture, dei sistemi di mobilità, dei modelli di governance.

La rivoluzione digitale è in grado di sbloccare il potenziale dell’economia circolare in termini di de-materializzazione, decentralizzazione e big data tracciando merci e persone e fornendo in tal modo servizi sempre più performanti e vicini alle singole esigenze. Questa enorme massa di dati ed informazioni che viaggerà rispettando privacy e concorrenza non più fra le persone ma fra gli oggetti che ci circondano – il cosiddetto internet of everything – debbono essere utilizzati al meglio dai decision makers locali per attivare le policies, prendere decisioni tempestive ed appropriate e favorire in tal modo l’adozione di soluzioni sistemiche di lungo periodo.

Fin qui abbiamo tratteggiato un quadro positivo e sicuramente attraente dei cambiamenti che caratterizzeranno il nostro futuro. Non vanno però dimenticate le sfide e i problemi che potremmo dover fronteggiare. Ad esempio sul tema della condivisione delle informazioni dobbiamo tener conto del trust fra i competitors non sempre disposti a condividere i dati per una successiva ottimizzazione del sistema. Ed ancora più sensibile è il tema dei sistemi di trasporto connessi – entro il 2020 ci saranno circa 250 milioni di veicoli connessi in tutto il mondo – un target sostanzioso che potrebbe attirare l’attenzione dei cybercriminali. Basterebbero quindi solo pochi secondi per disattivare o distruggere un veicolo connesso, con risultati catastrofici.

La vera sfida consisterà come sempre nella capacità di governare il cambiamento. E per guidare questa rivoluzione di paradigma non avremo a disposizione software o sensori, ma solo le possibilità offerte da una società più consapevole e tecnologicamente matura.

Nel 2050 il pianeta sarà abitato da 9 miliardi di persone: l’obiettivo è migliorare la qualità della vita rispettando i limiti imposti dalla sostenibilità. Si tratta di costruire un mondo capace di offrire ai propri abitanti un accesso universale e sicuro a un sistema di mobilità integrato e a basso impatto ambientale.

Bisogna passare da un decennio di instabilità e di incertezza a un periodo di profonde trasformazioni: investimenti in infrastrutture (materiali ed immateriali), in tecnologie, in innovazione e digitalizzazione e, soprattutto, in capitale umano.

In questo scenario, la mobilità sostenibile delle persone e delle merci acquista una medesima fisionomia, una centralità pari solo a quella che aveva avuto al tempo della massima espansione dell’impero romano.

Siamo alle porte di un vero e proprio Rinascimento: Crowdsourcing, Circular economy, Life-cycle, Sharing Economy sono solo alcuni dei paradigmi a cui si farà riferimento nei prossimi trent’anni. La società attuale sta prendendo sempre più consapevolezza degli effetti di uno sfruttamento indiscriminato del pianeta, come dimostrano i cambiamenti climatici, il degrado ambientale e l’inquinamento. Questi fenomeni costituiscono l’eredità negativa che rischiamo di lasciare alle nuove generazioni.

Tuttavia, ritengo che possiamo avere ancora l’opportunità di proporre una nuova idea di cambiamento. Qualità indispensabili saranno la collaborazione, la condivisione e il coraggio, il coraggio di cambiare, il coraggio di sviluppare modelli disruptive con le capacità e con le professionalità che il futuro richiede.

A cura di: Massimo Marciani

Profilo Autore

Fondatore della FIT Consulting, vanta una esperienza di 30 anni nel settore della mobilità sostenibile e della innovazione. È advisor per le Aree metropolitane, ANCI, Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, Albo Autotrasporto ed associazioni di logistica. È consulente tecnico dell’Expert Group Mobilità Urbana della Commissione Europea, Presidente CT Trasporto Merci Associazione Mondiale Strade e co-direttore del Master in Sustainable Mobility and Transport della Link University.

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