Nuovi manager e nuovi ricercatori per la bioeconomia ed economia circolare per le sfide della “war economy” e dell’era Covid-19

Introduzione

Il COVID-19 e l’attuale stato di guerra in Europa delineano i contorni per un futuro molto incerto sia per il nostro Paese sia a livello globale. Si impongono oggi notevoli ed urgenti cambiamenti che si rendono necessari per gestire l’enorme sforzo che appare indispensabile da un lato per affrontare un presente molto complicato (pandemia, conflitti, cambiamento climatico) e dall’altro per gettare le fondamenta per costruire un futuro le cui caratteristiche devono essere delineate sin d’ora. Si prospettano quindi due livelli di intervento interconnessi: il primo riguarda la progettazione e l’implementazione di misure di emergenza per fare fronte alle necessità economiche, produttive, sociali più immediate (cambiamento di breve-brevissimo periodo) mentre il secondo riguarda quelle misure di lungo periodo che non possono più essere ulteriormente rinviate ad un domani indefinito come è stato fatto finora (cambiamento di medio-lungo periodo).

La complessità del presente alimenta quindi l’architettura di queste due dimensioni che fanno riferimento a numerosi fattori e variabili, non da ultimo la debolezza del nostro Paese sotto molteplici punti di vista. Questa vulnerabilità oggi appare evidente a seguito dell’aumento dei prezzi dell’energia e delle altre materie prime (tra cui quelle agricole) e dalle notevoli difficoltà di approvvigionamento.

In sostanza in questo momento forse non c’è sfida tecnica più grande per l’Italia e per il resto del mondo di una grande trasformazione indispensabile per risolvere questa condizione di vulnerabilità cronica e strutturale all’interno della quale la transizione dei sistemi energetici gioca un ruolo critico. Questo genere di sfide richiede senza dubbio un impegno rilevante sotto molteplici punti di vista: dalla ricerca scientifica al trasferimento tecnologico, dal management all’ottimizzazione dei processi decisionali e dei sistemi normativi, ecc…

Questo gigantesco impegno richiede un profondo ripensamento delle modalità con le quali generiamo e ci procuriamo energia e, allo stesso, come utilizziamo l‘energia. Produrre energia in modo sostenibile e affidabile (avendo come obiettivo una riduzione concreta del carbonio), utilizzandola in modo efficiente ed efficace riducendo al contempo ad esempio gli sprechi, implica la visione di sistema e di una filiera estremamente complessa e articolata caratterizzata da una miriade di ramificazioni e componenti ciascuna delle quali presenta delle caratteristiche e problematicità proprie. Il cambiamento che ci viene richiesto è pertanto decisamente radicale e questo vuol dire quindi dispiegare investimenti notevoli, utilizzarli nel modo più efficiente ed efficace possibile, coinvolgere le idee e le menti migliori, ripensare ai sistemi educativi e della formazione, sviluppare ed implementare in tempi rapidi innovazioni tecnologiche, definire nuovi approcci organizzativi e manageriali, realizzare cambiamenti sostanziali nei modi di pensare e nelle abitudini.

In tempi piuttosto brevi si renderanno necessari nuovi manager, ricercatori e tecnologi che possiedano nuove conoscenze e competenze in settori che vanno dai processi produttivi e gestionali dell’economia circolare, della bioeconomia e delle fonti rinnovabili, alle nuove tecnologie energetiche e alla chimica verde. Nel nostro Paese tuttavia queste figure professionali ancora sono piuttosto scarse.

Energia, clima, ambiente

La fine della disponibilità di petrolio e altre risorse energetiche a basso costo (e comunque facile da estrarre) che ha letteralmente trainato la crescita della ricchezza globale e della popolazione umana degli ultimi decenni è stata acuita dalla recente crisi internazionale che ha messo drammaticamente in luce tutta la vulnerabilità dei nostri sistemi energetici e della nostra economia nel suo complesso.

La stessa Unione Europea ha annunciato il varo di un nuovo piano energetico diretto ad aumentare la quota di produzione di energia rinnovabile in Europa. Questo significa mettere in campo un volume notevole di investimenti parallelamente alla definizione di misure che agevolino la diffusione delle rinnovabili liberandole dai troppi vincoli ancor oggi esistenti. La nuova strategia implica quindi una più rapida diffusione dell’energia solare, dell’energia eolica, dell’idrogeno rinnovabile, del biogas parallelamente all’attuazione di adeguate misure di efficienza energetica.

E’ evidente che la politica di sicurezza energetica e quella della sicurezza ambientale e climatica devono camminare insieme. L’ottimizzazione dei sistemi di produzione, distribuzione e impiego dell’energia è intimamente connessa alla possibilità di raggiungere concretamente gli obiettivi climatici europei.

Produrre ed utilizzare energia in modo sostenibile si lega a due dimensioni: sostenibilità assoluta e sostenibilità relativa. La sostenibilità assoluta in materia energetica è tutto sommato un concetto semplice: nessun esaurimento delle risorse mondiali e nessun continuo accumulo di residui. In linea teorica solo le rinnovabili sono assolutamente sostenibili. La sostenibilità relativa è un concetto che esprime il confronto fra la sostenibilità di due o più tecnologie di generazione energetica.

Le energie rinnovabili dipendono generalmente dalle condizioni meteorologiche o da altre variabili naturali e, in quanto tali, la loro probabile produzione può essere prevista ma non controllata. Questo può causare variazioni nella quantità di energia prodotta ed è improbabile che i cittadini possano tollerare qualsiasi riduzione della qualità del servizio, anche se ciò fosse il risultato dell’adozione di tecnologie di generazione altamente sostenibili. Appare quindi indispensabile codificare tutti gli aspetti della sostenibilità, assicurando così che tutti i fattori siano presi in considerazione per ogni traiettoria di sviluppo possibile.

Nel frattempo l’opinione pubblica e i decisori politici sono alla ricerca di una panacea, o per lo meno ritenuta tale, in grado di risolvere l’attuale corto circuito economico, gettare le basi per un futuro sostenibile e mettere in moto un modello di crescita economica di lungo periodo capace di superare i limiti biofisici sia in ingresso (esaurimento delle risorse non rinnovabili) sia sul lato negativo (inquinamento ed emissioni di gas serra – GHG). Energia prodotta dal sole, energia prodotta dal vento: ma non solo. Questa panacea appare come un sistema complesso e presenta diversi nomi: economia verde, bioeconomia, economia circolare e recentemente bioeconomia circolare.

La Bioeconomia

La bioeconomia è un settore dell’economia basato sul passaggio dai combustibili fossili alla produzione di energia rinnovabile e alla produzione senza sprechi. L’attuale disordine geopolitico, l’emergenza del cambiamento climatico, gli obiettivi previsti dal Green Deal europeo e l’evoluzione tecnologica negli ambiti coinvolti, hanno delineato i contorni di un settore che coinvolge specialisti e professionisti che devono essere altamente qualificati.

Per comprendere la complessità di questo settore, bisogna ricordare che la bioeconomia è in particolare quella parte dell’economia che prevede la produzione di risorse biologiche e l’utilizzo di prodotti a maggior valore aggiunto. Le risorse biologiche sono prodotte in agricoltura, silvicoltura e pesca. Queste risorse presentano un ventaglio molto ampio di utilizzo dato che vengono trasformate nelle industrie alimentari e delle bevande ed impiegate nei settori dell’arredamento, chimico, cartario, automobilistico, medico, cosmetico e altri. La bioenergia prodotta da risorse e residui biologici è poi una delle fonti di energia rinnovabile essenziali per garantire la sicurezza energetica dell’intera Europa.

Questa descrizione piuttosto sommaria illustra tuttavia come lo sviluppo della bioeconomia si fondi essenzialmente su legami intersettoriali perché la stessa risorsa biologica può essere utilizzata in diversi settori: alcuni come materia prima principale e altri come residui e rifiuti. L’immagine che forse meglio rappresenta la bioeconomia e le sue dinamiche è quella della piramide (figura 1) con una scala crescente/decrescente che esprime il rapporto fra il valore e la quantità di prodotto avendo sempre come principio di riferimento la produzione minore possibile di rifiuti e residui.

Appare pertanto evidente che nel momento in cui la bioeconomia si delinea come un settore specifico dell’economia, con le sue logiche e dinamiche specifiche, la presenza di professionalità specifiche altamente qualificate lungo tutta la filiera diventi un prerequisito essenziale per creare attività di business efficienti, efficaci e con adeguate capacità di reddito. Servono quindi specialisti in primo luogo della gestione aziendale che sia capaci di svolgere funzioni specifiche, avendo alla base conoscenze e competenze approfondite che sono necessarie per gestire e sviluppare organizzazioni ed imprese legate a queste forme peculiari di economia e di business. Si tratta inoltre di avere skills e expertise sui processi e sulle tecnologie di gestione, produzione, trasformazione e conversione delle risorse biologiche.

Sono altrettanto cruciali figure professionali che abbiano competenze di natura giuridica e legale, conoscenze adeguate sulle dinamiche dei contesti politici di riferimento (locali, regionali, nazionali, europei e globali) al fine di disporre di una visione appropriata dello scenario in cui prendere decisioni di management nel settore della bioeconomia e per potersi muovere in modo positivo all’interno di uno scenario composto da un reticolo complesso di imprese, organizzazioni e istituzioni pubbliche.

Bioeconomia e management

Il management nella bioeconomia svolge un ruolo critico perché questo settore ha un legame molto stretto con la ricerca e l’innovazione tecnologica. Soprattutto in una fase molto complicata come quella attuale in cui si richiede lo sviluppo e l’applicazione di innovazioni radicali in tempi piuttosto brevi, ci si trova di fronte all’introduzione continua di nuove tecnologie e processi di gestione che ovviamente alimentano un ambiente operativo in evoluzione continua: questo vuol dire mettere in discussione le traiettorie di ricerca e sviluppo nonchè i modelli di business consolidati e riformulare nuovi modelli. In pratica, sotto la pressione di due variabili cruciali come tempo (piuttosto limitato) e innovazione (continua) il contesto convenzionale tende a sgretolarsi mentre i contorni di quello nuovo ancora non si riescono ad intravedere del tutto.

Figura 1: la piramide della bioeconomia

In pratica la bioeconomia si trova a confrontarsi con una realtà sottoposta alle pressioni non tanto di una semplice trasformazione lineare che si svolge lungo le stesse traiettorie che conoscevamo pochi anni fa, quanto semmai di una metamorfosi sistemica di proporzioni notevoli. In questo ambito lo stesso concetto di innovation management sta progressivamente cambiando. Fondamentalmente sono oggi i collegamenti intersettoriali, capaci di coinvolgere molti diversi sottosettori, i veri nodi focali della bioeconomia poiché in questa dimensione operativa si richiede la partecipazione di varie discipline scientifiche e la loro proficua cooperazione. Queste discipline provengono dalle scienze sociali ed economiche, dalle scienze ingegneristiche e dalle scienze naturali. E’ proprio da questa interazione positiva che derivano le possibilità che possano emergere nuovi prodotti e soprattutto servizi “biologici” anche in aree che ancora non riusciamo a vedere ma che alla fine diventano fondamentali se si vuole realizzare questa metamorfosi sistemica che coinvolge l’economia e la società nel suo complesso. Il management della bioeconomia non può quindi non tenere in debito conto le visioni, le mentalità, i comportamenti e le abitudini dei cittadini perché sono componenti importantissime della ricerca, creazione e sviluppo di nuovi mercati per i prodotti e i servizi della bioeconomia. Anche in questa area di intervento servono competenze adeguate, know how specifici e professionalità adeguate per definire e sviluppare un vero e proprio marketing della bioeconomia.

I focus principali del management della bioeconomia si riferiscono ad alcuni elementi di riferimento come ad esempio:

  • lo sviluppo dell’innovazione sostenibile in modo responsabile;
  • l’identificazione e la creazione di valore in tutti gli ecosistemi dell’innovazione;
  • la capacità di portare nuove tecnologie ed innovazioni sui mercati esistenti e soprattutto su quelli emergenti

Questo significa che bisogna disporre di competenze adeguate tali da accompagnare i processi di trasformazione tecnologica, economica e sociale avendo una visione nitida dei processi e degli attori coinvolti senza dimenticare in primo luogo che i sistemi economici “bio-based” non si limitano ai confini nazionali, ma includono considerazioni ed implicazioni regionali e gli effetti globali dell’azione locale. In secondo luogo, bisogna sempre tenere presente che l’uso delle risorse biogene non è di per sé sostenibile. Pertanto, per raggiungere questo obiettivo è necessaria una comprensione completa della sostenibilità e dello sviluppo sostenibile, nonché degli altri concetti e strategie esistenti che si collocano accanto alla bioeconomia. Ciò include in particolare gli approcci della gestione a “circuito chiuso” e dell’ecologia industriale.

Considerazioni conclusive

L’attuale scenario ha reso piuttosto evidente che dobbiamo gestire il presente e progettare il futuro in modo tale che i nostri modelli di sviluppo da un lato siano finalmente più sostenibili e dall’altro siano nello stesso tempo più “stabili” e capaci di affrontare in modo adeguato qualunque crisi ci riserverà il futuro.

Le fonti di energia sostenibili (solare, eolico, biomasse, ecc…) possono fornire importanti contributi in questo senso se inserite all’interno di una strategia complessiva per coniugare in modo efficiente ed efficace sostenibilità, rispetto dell’ambiente, controllo del cambiamento climatico nonché per contribuire a realizzare una maggiore autonomia del nostro Paese per quanto riguarda la disponibilità delle risorse energetiche e agricole. La bioeconomia (anche nella sua declinazione di “bioeconomia circolare”) può rientrare in questa strategia complessiva ma è indispensabile costruire quelle competenze e professionalità tecniche e manageriali in grado in primo luogo di risolvere la disomogeneità fra i vari settori industriali. Si tratta inoltre di fare in modo che i processi produttivi e i modelli di business “a base biologica” siano in grado di alimentare un chiaro impatto positivo in termini di biodiversità e ambiente, ma anche di reddito in considerazione del fatto che la disponibilità di biomassa non è sempre stabile e il suo prezzo potrebbe essere quindi fluttuante.

Servono poi professionalità adeguate nel marketing della bioeconomia perchè, a causa della mancanza di consapevolezza, la diffusione del mercato è lenta sia da parte dei consumatori che da parte dei settori produttivi tradizionali.

In sostanza, forme evolute di sviluppo economico e sociale fondate tra le altre cose su principi condivisibili come sostenibilità, bioeconomia, economia circolare, resilienza, forme di energia alternativa più efficienti ed ecologiche, ecc… non possono dipendere da competenze improvvisate o know how lacunosi perché altrimenti questi principi, come spesso già accaduto in passato, rimarranno solamente delle parole vuote che non produrranno alcun impatto positivo in direzione di questa grande trasformazione.

Investire in ricerca e innovazione, nel trasferimento e nella formazione in tutte le discipline scientifiche e lungo l’intera catena del valore sono le chiavi per il successo del business della bioeconomia senza mai dimenticare l’importanza del coinvolgimento dei produttori, delle comunità e delle autorità locali per incoraggiare l’uso circolare della biomassa a livello locale.

 

Articolo a cura di Carmelo Cannarella e Valeria Piccioni

Profilo Autore

Tecnologo del CNR-ISB - Istituto per i Sistemi Biologici. Si occupa di trasferimento tecnologico, divulgazione, facilitazione, disseminazione e movimentazione di innovazione e conoscenza con particolare riguardo ai processi di sviluppo locale.

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Tecnologo del CNR-ISB - Istituto per i Sistemi Biologici. Si occupa di trasferimento tecnologico, divulgazione, facilitazione, disseminazione con particolare riguardo ai rapporti fra ricerca e impresa.

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