Open Innovation: linee guida per le aziende

1. Un nuovo paradigma

La sostenibilità del paradigma economico attuale sta ormai venendo sempre più messa in dubbio da fenomeni come la globalizzazione e la più recente rivoluzione digitale. In questo contesto di rapido cambiamento, caratterizzato da una riduzione sempre più stringente del ciclo di vita dei prodotti, da ingenti spinte verso la riduzione del time to market e da una progressiva dilazione nel tempo del recupero degli investimenti in tecnologie, i costi interni di ricerca e sviluppo sono inevitabilmente destinati ad aumentare. Riprogettare il processo di innovazione storicamente (e correntemente) adottato dalle aziende diventa quindi imprescindibile per la sopravvivenza dell’azienda stessa.

Ma come può un’azienda, chiamata a rispondere alla continua domanda di innovazione proveniente dal mercato in cui opera, riuscire a destreggiarsi tra i crescenti costi dello sviluppo tecnologico e l’accorciarsi del ciclo di vita dei prodotti? La soluzione a tale quesito risiede in un nuovo paradigma che sta prendendo sempre più piede nel contesto internazionale e nazionale: l’Innovazione Aperta.

L’Innovazione Aperta, o Open Innovation, consiste nell’utilizzo intenzionale di idee interne ed esterne all’organizzazione, al fine di accelerare il processo di innovazione interno e l’espansione in mercati precedentemente considerati esterni al dominio aziendale [1]. Come si evince dalla definizione di Open Innovation, esistono due diversi canali attraverso le quali è possibile adottare questo paradigma [2]: Outside-In e Inside-Out. Nel primo caso, le relazioni con i soggetti esterni vengono istituite con la finalità di accedere alle loro competenze per incanalarle all’interno dell’organizzazione, cercando, in pratica, di far leva sulle scoperte altrui (dall’esterno all’interno). Nel secondo caso, al contrario, l’obiettivo alla base dell’istituzione di queste relazioni consiste nel cercare di sfruttare commercialmente le opportunità di innovazione sviluppate internamente (dall’interno all’esterno).

L’Open Innovation si propone quindi come un nuovo paradigma secondo il quale un’organizzazione, per generare valore e restare competitiva, può e deve fare ricorso anche a fonti esterne, oltre che alle idee originate internamente, oltrepassando dunque i tradizionali confini aziendali. Questo nuovo approccio comporta un completo ripensamento del paradigma alla base del processo di innovazione: passare da un modello Closed ad un modello Open significa infatti consentire ai progetti di ricerca di venire “contaminati” da idee esterne, con un corrispondente aumento del tasso di successo in tutte le fasi che intercorrono tra la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti, servizi, tecnologie, processi e anche modelli di business. Se si applicano più cervelli ad uno stesso problema, la probabilità di trovare una soluzione innovativa ad una sfida complessa aumenta notevolmente. L’opportunità di crescita è quindi enorme, ma quali cambiamenti organizzativi comporta l’Open Innovation? E come può un’azienda, magari italiana e di piccole o medie dimensioni, riprogettare e gestire questi nuovi processi di Innovazione Aperta?

2. Closed vs Open Innovation

Per provare a dare una risposta a queste domande, in Tabella 1 vengono richiamate le principali caratteristiche che differenziano l’Innovazione Aperta dalla tradizionale forma Chiusa. L’intento principale è quello di fornire una overview del nuovo paradigma Open, in grado di guidare le aziende nella definizione di best practices da adottare per la ristrutturazione organizzativa necessaria. In questo nuovo contesto, ciò che fa la differenza tra successo e fallimento non è più l’efficacia della singola organizzazione, quanto piuttosto la forza dell’ecosistema in cui opera.

Tabella 1: Declinazione delle principali caratteristiche Closed e Open (Nostra elaborazione da [1])

Innovazione Chiusa Innovazione aperta
Key concept L’organizzazione che innova internamente è in grado di arrivare per prima sul mercato Non è necessario sviluppare internamente i progetti di ricerca per trarre profitto da essi
Elemento vincente L’organizzazione che genera le migliori idee del settore vince la competizione L’organizzazione che utilizza e valorizza le migliori idee interne ed esterne, vince la competizione
Fonte del vantaggio competitivo L’organizzazione che per prima arriva sul mercato e commercializza la ricerca, crea vantaggio competitivo Sviluppare un miglior business model è più importante che arrivare sul mercato per primi; è il business model che, se vincente, crea vantaggio competitivo
Competenze e persone Le persone capaci (“smart” people) del nostro settore lavorano con noi Non tutte le persone capaci lavorano con noi, di conseguenza l’abilità di valorizzare le competenze e l’expertise che si trovano al di fuori dei confini aziendali diventa fondamentale per l’azienda
Ruolo del processo di R&S L’organizzazione deve scoprire, sviluppare e governare direttamente e internamente il processo di Ricerca e Sviluppo, al fine di creare valore da esso Le attività di Ricerca e Sviluppo esterne possono creare un significativo valore per l’organizzazione; la Ricerca e Sviluppo interna è comunque necessaria per riuscire ad “assorbire” una porzione di questo valore
Ruolo della proprietà intellettuale L’organizzazione deve presidiare la proprietà intellettuale derivante dai propri progetti di ricerca, per evitare che i competitor ne approfittino L’organizzazione dovrebbe trarre profitti dall’utilizzo altrui della propria proprietà intellettuale. Dovrebbe inoltre acquisire i diritti alla proprietà intellettuale altrui, se essa è in grado di migliorare il business model dell’organizzazione

Di conseguenza, l’organizzazione che riesce ad inserire nel proprio DNA le caratteristiche che contraddistinguono il paradigma Open può beneficiare di un incremento dei margini [3]. Infatti, come mostrato in Figura 1, un modello di Innovazione Aperta comporta una riduzione dei costi tradizionali in Ricerca e Sviluppo grazie al ricorso di idee esterne, oltre ad un notevole risparmio di tempo e riduzione del time to market. A questo fenomeno deve essere aggiunto il fatto che, seguendo un paradigma Open, l’impresa non si limita più al solo mercato che era solita servire in maniera diretta ma, al contrario, i segmenti di mercato interessati possono essere ampliati attraverso i profitti derivanti da attività di licensing, spin-off, joint ventures, ecc.

Schema comparativo ricavi-costi

Figura 1: Schema comparativo ricavi-costi dei due paradigmi Open e Close (Fonte: [3])

Il risultato complessivo consiste in un aumento dei margini di profitto, consentendo (almeno potenzialmente) di rendere nuovamente conveniente l’investimento in processi di innovazione, a condizione che l’oggetto dell’investimento non riguardi solo la tecnologia, ma anche il modello di business, la strategia competitiva, l’assetto, la cultura e le competenze organizzative.

3. Le dimensioni del cambiamento

La decisione di implementare il paradigma dell’Open Innovation in azienda comporta quindi una trasformazione radicale dell’organizzazione. In particolare, esistono quattro aspetti chiave (Figura 2) sui quali i manager che desiderano intraprendere questo percorso di trasformazione possono e devono puntare [5]. Tali aspetti vengono di seguito così riassunti:

  • Network: istituire un’estesa rete di relazioni inter-aziendale è un requisito necessario per l’Innovazione Aperta, sia per recepire le idee provenienti da soggetti esterni (Outside-In), sia per sfruttare commercialmente le idee interne attraverso un’ampia varietà di canali commerciali (Inside-Out). Di conseguenza, l’organizzazione deve investire nella propria capacità di aprirsi e di stringere relazioni con un’alta varietà di partner, tra cui università, enti e istituti di ricerca, fornitori, clienti, ecc.;
  • Struttura organizzativa: gestire con successo la conoscenza acquisita dall’esterno richiede lo sviluppo di apposite strutture organizzative dedite all’integrazione di questi nuovi concetti all’interno dei processi di innovazione aziendale (Outside-In). Allo stesso modo, una riorganizzazione delle stesse strutture organizzative risulta necessaria per gestire con successo lo sviluppo commerciale in nuovi mercati delle idee sviluppate internamente (Inside-Out). Questa riorganizzazione può spaziare dalla creazione di vere e proprie “Open Innovation” Business Units indipendenti fino alla costituzione di task forces e team inter-funzionali dedicati;
  • Processo di valutazione: elemento chiave per realizzare l’Open Innovation riguarda l’implementazione di un processo attraverso il quale i progetti di ricerca e di innovazione possano venire opportunamente valutati. A tal fine, procedure sistematiche in grado di scansionare e monitorare in maniera continuativa le tecnologie disponibili nell’ambiente esterno risultano necessarie per il canale Outside-In. Allo stesso modo, anche il canale Inside-Out richiede una procedura sistematica di valutazione, specialmente per quanto riguarda le vie esterne di commercializzazione. L’azienda deve quindi essere in grado di riconoscere il valore dell’informazione nuova ed esterna, di assimilarla, di applicarla ed infine di commercializzarla;
  • Sistema di gestione della conoscenza: il knowledge management system rappresenta un elemento chiave per diffondere, condividere e trasferire la conoscenza sia all’interno dell’organizzazione, sia tra l’organizzazione e i suoi partner esterni. Questo aspetto spesso include anche i sistemi di gestione della proprietà intellettuale, così come l’utilizzo di opportune piattaforme tecnologiche e strumenti ICT in grado di far incontrare la domanda e l’offerta di innovazione, spesso supportate da portale web per favorire la comunicazione tra la rete di innovatori.

Sistema di gestione della conoscenza

Figura 2: Framework per supportare il passaggio da Closed a Open Innovation (Source: [5])

Il framework rappresentato in Figura 2 evidenzia i quattro aspetti chiave sui quali è necessario investire per indirizzare l’organizzazione verso il nuovo paradigma Open, per entrambi i canali Outside-In e Inside-Out. Agli aspetti chiave sopra esposti si aggiungono poi tutta una serie di modalità concrete attraverso le quali è possibile mettere in pratica il nuovo paradigma Open. Tali modalità possono spaziare tra [6]:

  • accordi e partnership inter-aziendali attraverso i quali un’azienda delega ad un’altra (di solito di dimensioni inferiori) la creazione di determinate innovazioni, lo sviluppo di specifici prodotti e/o la commercializzazione di progetti di ricerca sviluppati internamente;
  • acquisizione di startup innovative da parte di gruppi corporate, con l’obiettivo di rilevare le principali innovazioni generate da questi soggetti e di integrare nel proprio organico i talenti digitali che vi lavorano;
  • creazione di acceleratori di startup, ovvero programmi (solitamente di durata di 3-12 mesi) in cui l’azienda promotrice fornisce alle startup coinvolte delle consulenze in chiave strategica, organizzativa ed anche operativa, in cambio di quote di capitale;
  • sovvenzionamento di competizioni tra startup (ad esempio contest come Call4ideas, Call4startup, ecc.) organizzate da un’azienda che si impegnerà ad investire (in maniera diretta o indiretta) in quelle che hanno sviluppato le innovazioni ritenute più promettenti;
  • hackathon (hack + marathon), cioè eventi in cui vengono organizzate delle vere e proprie gare di programmazione, solitamente della durata di 24 ore, dove le aziende chiedono a sviluppatori e programmatori di trovare soluzioni digitali e innovative per un determinato settore;
  • eventi di networking e conferenze finalizzati alla condivisione e circolazione di idee innovative, anche secondo la filosofia open source;
  • partnership con enti di ricerca, università ed incubatori, al fine di innovare su specifici temi.

Solamente investendo in maniera opportuna in ciascun aspetto chiave (Network, Struttura organizzativa, Processo di valutazione e Sistema di gestione della conoscenza) e mettendo in pratica una o più delle modalità di realizzazione del paradigma Open sopra esposte, il manager può opportunamente dirigere l’organizzazione verso una struttura più aperta e conseguire dunque i vantaggi economici teorizzati in Figura 1.

4. Success stories

Sviluppare opportuni investimenti negli aspetti sopra discussi può quindi risultare fondamentale per le aziende che si trovano a dover fronteggiare questo nuovo scenario economico-produttivo. Di seguito vengono riportati alcuni casi di successo, con l’obiettivo di dimostrare come quanto teorizzato nella sezione precedente, stia già venendo messo in pratica da organizzazioni all’avanguardia.

Realizzare l’Open Innovation attraverso lo sviluppo del Network

Fare innovazione, secondo l’Head of Strategic Innovation di una nota casa motociclistica italiana, non è solamente associato a componenti puramente tecniche e tecnologiche, ma consiste soprattutto nel riuscire a dare la direzione verso il futuro. I prodotti scaturiti dai processi di innovazione devono quindi essere utili, utilizzabili e desiderati dai clienti. Il punto fondamentale è dato quindi dalla generazione di valore per il cliente e, specialmente nel settore della mobilità, questa creazione di valore si può ottenere attraverso il lancio e la sperimentazione di nuovi modelli di business basati sulla condivisione e lo sharing. Ma rivoluzionare questo settore comporta degli investimenti talmente elevati che risultano praticamente impossibili da sostenere senza un Network e delle partnership a supporto. Proprio per questo motivo, la casa motociclistica in esame è entrata a far parte di una rete di aziende (Network) con l’intento di lanciare il primo meccanismo di scooter sharing in modalità “free floating”, attualmente disponibile in 3 città italiane con un parco installato che supera le 150 unità. Attraverso questo modello di business innovativo, il cliente che soddisfa i requisiti può prenotare e noleggiare un motoveicolo, supportato da apposita App, e rilasciarlo in qualsiasi posizione all’interno dell’area coperta dal servizio, con tariffazione al minuto. Gli scooter messi a disposizione sono stati sviluppati in stretta collaborazione con un noto gruppo petrolifero, per garantire la sicurezza e la facilità d’uso necessarie per lo specifico utilizzo in modalità sharing, tra cui la dotazione di cuffiette igieniche monouso, il potenziamento della batteria e l’installazione di telecamere anteriori e posteriori al fine di controlli di sicurezza in caso di sinistri. Inoltre, ampliare il Network verso ulteriori partner operanti nel settore B2C ha consentito una maggior commercializzazione di questo modello di business innovativo, dato che queste compagnie si occupano di accompagnare i clienti sugli scooter, ad esempio offrendo meccanismi di incentivazione ai nuovi iscritti come welcome voucher. Senza un opportuno Network di relazioni a supporto, lanciare un modello di business innovativo sarebbe stato quasi impossibile per la casa motociclistica in esame.

Realizzare l’Open Innovation attraverso una nuova struttura organizzativa

Innovare rappresenta spesso anche l’unica soluzione per rispondere agli stravolgimenti del mercato. Ne è convinta l’Innovation Director di una nota azienda franco-belga operante nel settore energetico, che ha assistito in prima persona al profondo mutamento del suddetto mercato causato dai fenomeni connessi allo shale gas e dal crollo dei prezzi del petrolio. Da qui è nata la necessità di avviare un processo di “apertura” verso l’esterno, iniziato nel 2014: la struttura organizzativa del gruppo è stata rivisitata con la creazione di una funzione dedicata all’Innovazione indipendente e con riporto diretto al CEO, le cui finalità spaziano dalla creazione di nuovi business all’accelerazione del cambiamento all’interno del gruppo. A livello corporate sono state identificate due macro azioni: la prima consiste nella costituzione di meccanismi adibiti alla generazione di nuove idee (call for ideas, for enterpreneurship, for project) seguita dall’incubazione delle idee selezionate negli incubatori esterni; la seconda prevede la costituzione di un fondo di circa 100 M€ per investire nelle start-up. Per quanto concerne invece le singole “countries” (tra cui l’Italia), dal 2016 è stata istituita una funzione dedicata ed autonoma per ricercare idee / progetti, stringere alleanze con università, svolgere attività di scouting locale di start up e creare una Innovation community interna. Non si può pensare di innovare senza avere un processo strutturato che fa da fondamento: nell’azienda in esame, le nuove idee e i nuovi prodotti scovati esternamente subiscono una prima fase di analisi, seguita da un giudizio di valutazione da parte della governance di tipo go / not go che, se positivo, dà il via ad una fase di test sul campo. Il processo prosegue con un’analisi più approfondita di fattibilità (Business Plan, analisi e valutazione dei rischi, stima dei costi) e quindi con una fase di valutazione dei risultati ottenuti che, se positiva, determina il lancio sul mercato. Questo processo strutturato deve essere opportunamente bilanciato con la creatività dell’innovazione stessa.

Realizzare l’Open Innovation attraverso le nuove tecnologie

L’innovazione è diventata ormai un elemento strategico anche per organizzazioni che si discostano dalle tradizionali attività produttive del nostre paese, come istituti di credito e banche. Come spiegato dal Responsabile del Servizio Innovazione per le Imprese di una nota banca italiana, chi presidia l’ecosistema delle startup può offrire di fatto le migliori opportunità per i propri clienti: il ruolo della banca è diventato quindi quello di accelerare l’offerta di innovazione (fornendo supporto finanziario e consulenziale alle startup per agevolarne lo sviluppo) e di stimolare la domanda di innovazione da parte delle imprese. A tal fine, la banca in esame ha messo a disposizione una piattaforma digitale nata per favorire l’incontro tra domanda e offerta di innovazione. Grazie a tale piattaforma, le imprese sono supportate nell’esplorazione di tecnologie e nuove soluzioni alle loro sfide di business, mentre le start up e le PMI Tech fornitrici di tecnologia vengono agevolate nel trovare potenziali interlocutori. Accedere alla conoscenza generata da tale piattaforma rappresenta un enorme vantaggio competitivo per l’istituto di credito, poiché le permette di discriminare destinando più finanziamenti alle aziende che investono in innovazione ed abbattere il conseguente rischio finanziario, dato che è dimostrato come queste abbiano più possibilità di sviluppo e sopravvivenza.

5. Prossimi passi

Come tutte le rivoluzioni, anche il passaggio da Innovazione Chiusa a Innovazione Aperta pone numerose sfide alle imprese che decidono di investire in questo nuovo paradigma. Gli ostacoli principali sembrano ad oggi essere:

  • difficoltà legate alla cultura aziendale, che risulta ancora troppo chiusa e tende a guardare con diffidenza l’apertura e il cambiamento. In particolare, bisogna cercare di curare fin da subito la sindrome comunemente nota come “not invented here”, che spinge ad evitare di utilizzare ricerche, prodotti e conoscenze già esistenti a causa delle loro origini esterne, per ragioni di gelosia, diffidenza o per mancanza di volontà nel riconoscere il valore del lavoro altrui. Inoltre, è necessario riuscire ad accettare il carattere disruptive dell’innovazione, che costringe spesso a cambiare abitudini, determinando la scomparsa di lavori e di aziende;
  • punti deboli legati alla struttura organizzativa, che spesso risulta troppo rigida, inadeguata ad interfacciarsi sia con l’esterno sia con le figure interne. Molto spesso nelle PMI italiane i manager di primo o di secondo livello non riescono a proporre le proprie idee all’amministratore delegato, perché mancano procedure formalizzate che comprendono questa fase di ascolto;
  • questioni legate alla proprietà intellettuale e alla sua condivisione. Molte imprese preferiscono mantenerne il possesso per utilizzarla come voce di bilancio, senza considerare che la proprietà intellettuale è un asset che si deprezza molto facilmente. Un’azienda innovativa deve adottare una policy che consenta la condivisione della proprietà intellettuale, ad esempio attraverso licenze, scambi o perfino in maniera gratuita in cambio di vantaggi strategici.

Per questi motivi, appare sempre più necessario che le imprese, per poter beneficiare appieno delle potenzialità di questo paradigma, progettino ed avviino un percorso di innovazione consapevole.

References

  1. Chesbrough, H., (2003). “Open Innovation: The New Imperative for Creating and Profiting from Technology”. Harvard Business School Press, Boston.
  2. Chesbrough, H., (2006). “Open Business Models: How to Thrive in the New Innovation Landscape”. Harvard Business School Press, Boston.
  3. Quarantino, L., Serio, L., (2009). “L’innovazione aperta”. Sviluppo & Organizzazione, luglio/agosto/settembre 2009, pp 64-75
  4. Accenture (2015). “Accenture: in Italia opportunità di crescita di 35 miliardi di euro (1,9% del PIL) stimolando la collaborazione tra aziende e startup”. Comunicato Stampa, accenture.com/it-it/company-studio-open-innovation
  5. Chiaroni, D., Chiesa, V., Frattini, F., (2011). “The Open Innovation Journey: How firms dynamically implement the emerging innovation management paradigm”. Technovation, 31 pp. 34-43.
  6. EconomyUp (2016). “Che cos’è l’Open Innovation e come farla”. economyup.it

Per informazioni:
federico.adrodegari@unibs.it

A cura di: Federico Adrodegari*, Gianmarco Bressanelli*
*Laboratorio di ricerca RISE – Research & Innovation for Smart Entrerprises – Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale, Università di Brescia – www.rise.it

 

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