Percezione è realtà – Utilizzare il feedback per conoscersi e migliorare
Ricordo ancora quando ricevetti la prima valutazione delle mie prestazioni lavorative. Sebbene fosse complessivamente positiva, rimasi per qualche giorno disorientata. Non riuscivo a distogliere i miei pensieri da quelle osservazioni che oggi vengono comunemente definite aree di miglioramento.
Pensavo e ripensavo tra me che quelle valutazioni in qualche modo mi ferivano. Alcuni punti riflettevano aspetti di me che conoscevo bene e che si ripresentavano regolarmente nei miei comportamenti senza che io trovassi un modo efficace di cambiare. Altri invece erano del tutto inediti.
In quasi vent’anni e nella varietà di esperienze professionali che ho vissuto in ambienti diversi, valutazioni come quella descritta si sono succedute regolarmente, spesso contraddistinte da margini di miglioramento in cui mi riconoscevo ed altri meno.
Sono tanti i successi e gli insuccessi che ho sperimentato professionalmente, ma la discussione della valutazione individuale con il manager di turno è spesso stata fonte di tensione. Mi metteva di fronte a come mi vedevano gli altri ed ero disturbata dal fatto che i miei punti deboli risultassero cosi evidenti. Avevo l’ingenua pretesa di pensare che le mie fragilità fossero una questione privata, dettagli che potevo facilmente governare e tenere sotto controllo. Invece, di tanto in tanto, questi riaffioravano, soprattutto nei momenti di fatica o stress lavorativo.
L’amarezza cresceva ancora di più quando venivano messi in luce comportamenti in cui non mi riconoscevo. Pensavo di essere stata valutata in modo scorretto e reagivo negando a me stessa che quanto sottolineato riflettesse veramente ciò che avevo fatto. Ripercorrevo nella mia mente il periodo a cui la valutazione si riferiva come se riguardassi il film della mia vita lavorativa. Vedevo scorrere immagini di colleghi di fronte a me, con i loro sguardi, i sorrisi, i gesti. Mi sforzavo di scoprire se nei loro occhi, sul loro volto, nei loro movimenti vi fosse qualche segnale, qualcosa di non discusso che potesse giustificare la valutazione ricevuta.
Questo era ciò che accadeva qualche anno fa.
Oggi questo film si ripete ancora, qualche volta, ma con una sostanziale differenza: poco importa se i feedback ricevuti siano totalmente o parzialmente corrispondenti ai miei comportamenti, soffermarmi nel pensare a lungo e con insistenza a certe valutazioni non porta a nulla se non a ritardare la mia ripartenza.
La percezione crea la realtà
Sono stata in grado di affrontare la valutazione delle mie performance in questo modo solo dopo aver finalmente compreso che la realtà è basata sulle percezioni e che la nostra percezione crea la nostra realtà.
In passato capitava di demoralizzarmi di fronte ad un feedback negativo perché mi focalizzavo sull’idea che il mio valutatore avesse potuto commettere un errore o quantomeno che la sua valutazione fosse inaccurata. Oggi invece mi oriento sulla scelta che ho a disposizione: mettermi in discussione e migliorarmi, a partire dal momento presente.
A questo tema si aggiunge un altro fattore a mio avviso ancora più importante, ovvero la consapevolezza che il mio valutatore possa effettivamente aver rilevato alcuni comportamenti incoerenti collegati alla mia performance.
In definitiva, ciò che ha fatto la differenza per me non è stata tanto la capacità di comprendere che nessuno è perfetto quanto piuttosto accettare che, sebbene io cerchi di esprimere una serie di pensieri e di azioni congruenti ormai acquisiti e consolidati, in momenti di stanchezza corra il rischio di:
- comunicare in maniera inappropriata ed inefficace il mio pensiero;
- seguire standard comportamentali inferiori a quelli a cui sono abituata.
In entrambi i casi il mio interlocutore fraintende il mio comportamento e matura una comprensione di me che diventa la sua rappresentazione di una realtà di me. Non necessariamente quella che sono, ma sicuramente l’immagine che ho fatto percepire di me.
Ognuno di noi costruisce i propri significati a partire da come legge ciò che accade. Il modo in cui gli altri ci percepiscono, attraverso il filtro dei canali sensoriali ma anche dell’insieme di aspettative, convinzioni e credenze, genera la loro realtà a proposito di noi.
La nuova prospettiva del feedback
Oggi guardo al processo di valutazione con occhi diversi. Lo considero come uno strumento di definizione, di misura e di riconoscimento di ciò che io lascio percepire (spesso inconsapevolmente) agli altri della mia persona, e non come una valutazione univoca della mia identità personale.
Il feedback mi offre quindi informazioni utili per modificare atteggiamenti e comportamenti che possono impattare in modo negativo sugli altri e che sono evidenti per chi osserva ma non visibili da parte mia. In questa nuova prospettiva, il feedback diventa un’occasione concreta per orientare il mio cambiamento assumendomi la responsabilità di far percepire nel modo migliore possibile la persona che effettivamente sono e che voglio diventare. Con questa consapevolezza risulta più facile anche sollecitare in chi mi ha valutato suggerimenti utili per migliorarmi adottando un piano di sviluppo personalizzato e mirato.
Conclusioni
In questo articolo ho utilizzato una mia esperienza personale per ragionare sulla complessa relazione che lega percezione e realtà. Viviamo all’interno del vasto universo personale costituito dalle nostre percezioni. Attraverso il nostro modo di comportarci nei rapporti con l’ambiente e con le persone con cui entriamo in contatto, abbiamo la facoltà di trasferire la nostra immagine più autentica e veritiera.
Si evidenzia che “conoscere sé stessi”, pratica socratica di antica memoria, diviene allora un modello essenziale per realizzare la piena espressione personale in una prospettiva di sviluppo e non solo di valutazione, in ambito lavorativo cosi come nella vita.
E’ possibile concludere che allenarsi nell’identificare i propri valori e la propria motivazione, definire in maniera specifica e misurabile i propri obiettivi e stabilire un piano di azione concreto per realizzarli, può essere la strada maestra per valorizzare e potenziare la nostra performance, in sintonia con noi stessi e con il nostro contesto di riferimento.
A cura di Raffaella Fatticcioni
Coach professionista e PLN Practioner, membra associata di ICF Global, blogger www.coachingergosum.com
Laureata in filosofia a Milano, ha maturato una pluriennale esperienza nell’ambito della comunicazione sociale, politica e istituzionale. Lavora oggi con manager, gruppi ed organizzazioni occupandosi in particolare di leadership, dinamiche di team, formazione. Interessata anche a tematiche di genere e di empowerment femminile, collabora con Enti Locali e Istituzioni. E’ sposata e madre di due figli.