PNRR e Pubblica amministrazione: PIAO e intralci al processo di riforma
La pandemia da COVID-19 sarà ricordata non solo per l’elevato sacrificio costato all’intero pianeta in termini umani e finanziari, ma anche perché essa si è rivelata banco di prova che ha saggiato la tenuta e la capacità dei sistemi organizzativi delle singole nazioni colpite dal funesto virus (in ambito ospedaliero e non solo).
Nel nostro Paese, in particolare, oltre alla constatazione di una diffusa fragilità della sanità pubblica territoriale è emerso che gli attuali strumenti di programmazione adottati dalle amministrazioni delle Stato di cui al D.lgs 165/2001 risultano afflitti da eccessiva rigidità con una limitata interconnessione; ne consegue che gli attuali Piani previsti per articolare la funzionalità della macchina pubblica appaiono inadeguati sia ad assicurare efficienza ed efficacia all’agire dei pubblici uffici sia a misurare correttamente la performance delle persone al lavoro, soprattutto dei dirigenti, risultando così incapaci, come invece sarebbe giusto che fosse, di essere riferimento per stakeholder e imprese.
PIAO, il nuovo Piano Integrato di Attività e Organizzazione
Da questa amara constatazione il Governo nazionale ha dedotto la ineludibile necessità di adottare provvedimenti in grado di assicurare la flessibilità necessaria a orientare convenientemente le azioni della pubblica amministrazione previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), peraltro redatto anche allo scopo di potere utilizzare con maggiore economicità produttiva e scevra da rischi di corruttela le risorse finanziarie messe a disposizione dell’Italia dal NextGenerationEU.
Così, nell’intento di raggiungere sollecitamente l’indispensabile obiettivo di dare corso ad una ulteriore fase di riforma della PA – sollecitata questa volta dalla Unione europea -, è stato adottato il decreto Legge 80/2021[1] con cui viene introdotto il Piano Integrato di Attività e Organizzazione (PIAO) come strumento programmatorio unico, proteso a portare chiarezza e ordine nell’operato dei singoli uffici ed enti.
Infatti, con il PIAO, della durata triennale, ma aggiornato annualmente, si prevede di fare confluire in un unico documento il “Piano della performance”, il “Piano della prevenzione della corruzione e della trasparenza”, il “Piano dei fabbisogni di personale”, quello per il lavoro agile (POLA) e persino la programmazione delle iniziative di formazione dei dipendenti, con l’obiettivo di superare la frammentazione degli strumenti ad oggi in uso dalle pubbliche amministrazioni.
Il limiti del PIAO nel percorso di transizione amministrativa avviato con il PNRR
Ciò, assumendo che quegli atti sovente risultano incapaci di essere dialoganti tra loro ove non addirittura sovrapposti e contraddittori.
Cosi, anche per dare respiro agli organi consultivi, con la “Legge mille proroghe 2022” [2] i tempi di adozione degli atti prodromici al PIAO sono stati prorogati. E tuttavia, all’esito del competente esame la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, nella seduta del 9 febbraio scorso, ha ritenuto di rimettere al Governo una “intesa” che fa proprie le proposte emendative formulate con apposito documento dalla Conferenza delle Regioni a cui fanno eco le osservazioni e le proposte di modifica prospettate dall’ANCI, che ha auspicato pure di prorogare al 2023 il termine per l’adozione del nuovo Piano [3].
A questo primo intralcio al percorso di riforma si è aggiunto un secondo intoppo riferibile alla riserva deliberata sull’argomento dal Consiglio di Stato – Sezione Consultiva per gli Atti Normativi – nell’adunanza dell’8 febbraio 2022 e del 17 febbraio 2022.
L’Organo ausiliario, infatti, ha stabilito di esprimersi sui documenti inviati dal Governo solo “una volta acquisito dall’Amministrazione, con la qualificazione di regolamento da adottare ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, lo schema di decreto del Ministro per la pubblica amministrazione concernente la definizione del contenuto del Piano integrato di attività e organizzazione, in considerazione della sua natura normativa”[4].
Per questo, allo stato dell’arte, appare più che logico invocare il proverbio che stigmatizza la difficoltà di passare dalla teoria alla pratica giacché, l’auspicato obiettivo di “semplificazione” affidato al PIAO, oltre a subire una naturale battuta di arresto, apporta confusione all’operato della dirigenza pubblica che, vincolata dalle disposizioni – non ancora abrogate – che normano la programmazione degli enti, si ritrova nel limbo determinato dall’assenza di uno “schema tipo” del PIAO restando vessata dalle sanzioni ancora vigenti, destinate ai dirigenti inadempienti.
Si tratta certamente di inciampi che potranno essere sollecitamente superati ma che, tuttavia, non permettono di varare l’attesa piena riforma della PA stante il perdurare di un limite insito nella legge riformatrice dei suoi strumenti di programmazione.
La normativa in materia, che farebbe piacere definire (davvero) di cambiamento, infatti, all’art. 6, comma 8, invocando una ormai consueta clausola di stile, prevede che al compito di semplificazione affidato al PIAO si debba provvedere “con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”.
Capitale umano per creare innovazione competitività e cultura
Ove non si intendesse interpretare il mandato previsto dalla norma riorganizzatrice come mera addizione dei piani preesistenti c’è da domandarsi se nell’ideare la “riforma” si sia avuta la consapevolezza che per concretarla è indispensabile la disponibilità di un capitale umano in possesso di competenze adeguate.
Non deve sfuggire, peraltro, che la realizzabilità dell’impresa affidata all’attuale management pubblico italiano non può prescindere da quei caratteri di cui si è avuto modo di trattare in più circostanze dalle colonne di questa Rivista[5].
Si tratta di conoscenze, di competenze e di attitudini che, ove presenti, necessiterebbero anche di appositi, adeguati uffici di supporto e collaborazione alla dirigenza; la costituzione dei quali può davvero considerarsi un “quid pluris” per il cambio di passo della PA nostrana auspicato dall’Europa; ciò vieppiù laddove quegli uffici prendessero le mosse dalla “mappatura dei processi” dell’ente quale presupposto non solo al loro efficientamento ma anche perché strumento utile a reclutare, affidare incarichi e progettare la formazione soprattutto in un’ottica di promozione delle persone al lavoro.
Quanto alla struttura di queste unità operative, occorre certamente che esse oltre che dotate di specifico personale, opportunamente formato e periodicamente aggiornato, siano supportate da sistemi informatici in grado di permettere digitalizzazione e innovazione delle procedure e dei processi; premessa questa per monitorare i processi stessi fornendo accelerazione alle fasi di controllo delle informazioni per efficientarne la implementazione negli atti di programmazione così da costituire anche condizione per prevenire eventuali rischi di corruzione nell’azione amministrativa e persino a garantirne piena trasparenza.
Sarebbe un successo per l’intera pubblica amministrazione italiana se si riuscisse a confutare l’eclettico Lucio Anneo Seneca quando afferma “non è vero che abbiamo poco tempo; la verità è che ne perdiamo molto”.
Note
[1] DECRETO-LEGGE 9 giugno 2021, n. 80 “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità’ amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia” (convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2021, n. 113).
[2] DECRETO-LEGGE 30 dicembre 2021, n. 228 “Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi”. (convertito con modificazioni dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15). [Spostata al 31 marzo 2022 la data per l’emanazione di uno o più decreti del Presidente della Repubblica con i quali individuare e abrogare gli adempimenti relativi ai vari documenti programmatici assorbiti dal PIAO; fissa al il 31 marzo 2022 il termine in cui il Ministro per la pubblica amministrazione, previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato Regioni, adotta un “Piano tipo”, quale strumento di supporto alle amministrazioni pubbliche].
[3] L’osservazione principale formulata dalla Conferenza Unificata riguarda la constatazione che il “Piano triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza” (PTPCT) e “Piano integrato di attività e organizzazione” (PIAO) sono strumenti alternativi, per cui i soggetti che adottano il primo non sono tenuti ad adottare il secondo e viceversa. La proposta emendativa, invece, è volta a dare una conferma della “validità delle prescrizioni già adottate in sede di D.lgs. 150/2009, all’articolo 16 con riferimento alle aziende e agli enti del Servizio Sanitario nazionale”.
[4] In particolare, ad avviso dell’Organo consultivo “la struttura di PIAO configurato dal testo inviato per conoscenza sembra concentrarsi sulla aggregazione degli strumenti vigenti (conservandone, probabilmente, più del necessario), ma non sembra invece considerare le esigenze nuove che possono porsi per l’amministrazione del futuro.”
[5] Per tutti cfr.: Di Sabato T., – “La resistenza al cambiamento e il ruolo del leader” (2 aprile 2019); – “Occorrono leader attenti al confronto con l’intelligenza emotiva” (5 maggio 2019); – “Leadership versus pandemia – primi passi per efficientare la PA” (21 ottobre 2020); “I caratteri della dirigenza pubblica per un “POLA” davvero efficace” (2 febbraio 2021).
Articolo a cura di Tommaso Di Sabato
Docente presso la Scuola di Alta Formazione della UNINT- Roma e Collaboratore del Consorzio Interuniversitario sulla Formazione – Torino.
Già Direttore vicario della Ripartizione Risorse Umane di UNISALENTO e Professore a contratto dei Corsi di Laurea in Scienza dell'Amministrazione - Facoltà di Giurisprudenza di UniTELMA – Roma.