Può il confronto cambiare la qualità delle nostre decisioni?
Decidiamo per contrasto o meglio per confronto. Sono le neuroscienze a dircelo. E cos’è il confronto se non contrasto allo stato puro?
Colori divergenti, danno origine a una singolare mescolanza che sa di armonia e temperanza.
Giallo e blu danno il verde… Nessuno dei due ha ragione esprimendo egoisticamente il proprio potenziale luminoso, eppure, insieme sono come il sole e l’acqua: danno vita alle verdi piante!
In Matteo 10:34,35 si legge:
“Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare…”
Prendiamo solo spunto da questo passo così importante per dire che…
Il confronto si nutre di questa separazione che crea scelta, ampliando la capacità cognitiva e generativa di opportunità. La sua assenza, diversamente, è la condizione dove tutto si mescola, annullando l’avvicendamento degli opposti che producono necessariamente la novità.
A dircelo è il filosofo Eraclito, che con il suo “Panta rhei” (tutto scorre), dichiarava che il flusso creativo deriva dal contrasto degli opposti e non dalla loro composizione amichevole.
Nella realtà esiste il bianco ed il nero… Il grigio, frutto della coincidentia oppositorum degli alchimisti, è ciò che si ottiene come precipitato della soluzione, solo dopo aver fatto stabilizzare le varie reazioni da cui essa consegue.
Ma proviamo ad andare oltre per comprendere il vero potenziale del contrasto.
In italiano esiste una parola dal significato così misconosciuto… Stiamo parlando del dialogo.
Esso, significa composizione dei due punti di vista massimamente distanti piuttosto che, come si crede, calmo e pacato abboccamento circa una materia.
La discussione che deriva dal vero dialogo è accesa e a tratti violenta difesa della propria opinione. Ed è qui il problema così come il potere primo del confronto: dirimere le controversie circa ciò che non è epistemologicamente dimostrabile. In pratica, il confronto è un processo ermeneutico, ovvero interpretativo, capace di far comunicare le parti irrazionali, quanto irruenti delle persone, con quelle razionali e cognitive. Il risultato, spesso apprezzabile a posteriori, è l’arricchimento del patrimonio conoscitivo di cui parleremo in seguito.
Tutte le opinioni sono giuste e sbagliate nello stesso tempo, ma ove non ci sia una certezza, vanno valutate e integrate affinché la migliore, di quelle portate sul tavolo, provi a confrontarsi con la realtà per avere giustizia della sua formulazione.
Dopotutto, opinione viene da un etimo afferente la sfera della vista: chi vede meglio è giusto che provi a verificare la propria visione. Il confronto serve proprio a capire quale opinione sia la migliore, oppure a generarne una tutta nuova, coralmente, per poi testarla e trarne potere predittivo sulla realtà.
Appurato il potere del confronto, apparentemente se ne possono individuare due tipi ben distinti.
Stiamo parlando del confronto sano e del suo opposto, ovvero quello malsano.
Del secondo non vogliamo parlare, perché non è vero confronto.
Piuttosto si tratta di esigenza pulsionale fine a se stessa che non porta a nient’altro che allo scontro e all’interruzione del dialogo sopra citato.
Di quello sano, ovvero funzionale al cambiamento, prima di tutto si può dire che si sviluppi in due direzioni, una estroversa e l’altra introversa.
Difatti, si assiste al confronto con gli altri, dove ordinatamente la coscienza cambia per contaminazione positiva, così come al confronto con se stessi, specialmente nelle proprie fasi evolutive.
Mettersi in relazione con il “se stesso degli inizi” può portare a prendere consapevolezza del viaggio fatto fino a quel momento e dei risultati che abbiamo ottenuto inconsciamente.
J.S. Adams e L. Festinger (autori rispettivamente delle teorie dell’equità e del confronto sociale) ci dicono che il modo con cui reagiamo dipende fondamentalmente da come percepiamo l’altro, ovvero l’oggetto del nostro confronto, e da quanto reputiamo giusto ed equo il successo da esso raggiunto.
Che sia riferito ad una persona esterna o a noi stessi del tempo passato.
Detto ciò, è importante saper auto-valutare quanto reputiamo giusto ed equo il successo raggiunto dagli altri con cui ci confrontiamo, così come quello ottenuto da noi stessi (percezione di merito personale).
Se il termine del confronto è per noi fonte di ispirazione – in pratica – lo stimiamo, ci piace e reputiamo quel successo meritato, allora può nascere lo stimolo a dare di più per superare i propri limiti seguendo l’esempio (anche il nostro del passato!)
Diversamente, può esserci confronto sano, ma il processo di elaborazione può dimostrarsi molto più lungo e introspettivo.
In pratica, con una scarsa attribuzione di merito circa i risultati raggiunti dalla persona termine del confronto, l’esercizio virtuoso da compiere per integrare le informazioni che ci giungono dev’essere quello dell’attribuzione di neutralità come accade nel brain storming, dove ognuno si astiene, per regola, dal giudizio fino alla formulazione di una soluzione differenziante.
Altrimenti, in preda al senso di ingiustizia, il rischio è addirittura quello di non riuscire neanche più ad apprezzare tutto ciò che abbiamo ottenuto, e di cui magari, fino a quel momento, eravamo orgogliosi.
A questo punto, è giunto il momento di affrontare il tema della ricchezza delle opinioni divergenti. Lo facciamo con una domanda.
Una “collaborazione felice” è quella in cui non ci sono divergenze?
Per il nostro team di scrittura la risposta è no; un chiaro e forte NO!
Diciamoci la verità, nessuno spera di lavorare con una squadra di “bastian contrari” e quando le cose vanno lisce, senza nessuna obiezione, la cosa ci piace e ci rasserena.
Lavorare con un team che è sempre d’accordo su tutto può, solo apparentemente, sembrare facile e veloce: le riunioni finiscono in un lampo e non serve investire tempo ed energie nel sostenere la nostra idea.
D’altra parte, il dibattito aperto e il pensiero di chi “non la vede come noi” è un’immensa risorsa che, nel lungo periodo, permette di “andare più lontano”.
Ognuno di noi vede la realtà attraverso le lenti della propria esperienza, o meglio, non c’è una realtà oggettiva ma ci sono tanti modi di interpretarla. Avere intorno a noi chi ci può fornire una visione da un altro punto di vista permette di rendere il quadro più completo.
Perciò, circondarsi di un team di potenziali “bastian contrari” COSTRUTTIVI può migliorare i nostri risultati a lungo termine dotandoci di:
- Decisioni migliori
Quando ci prepariamo ad un confronto con chi non la pensa come noi, dobbiamo costruire un percorso mentale logico che sostenga la nostra tesi; di conseguenza faremo più ricerche, andremo più a fondo nel reperire informazioni e ne valideremo attentamente le fonti. - Più idee
Il confronto aperto sollecita obiezioni, domande, dubbi che innescano quello che tecnicamente si dice “galoppo della fantasia”. Spesso, infatti, si parte a briglia sciolta con un’idea, per giungere alla fine della discussione cavalcandone una totalmente diversa. Tutto ciò può succedere proprio grazie al potere generativo dell’obiezione che conduce al cambiamento di pensiero, propriamente detto metanoia. - Migliore identificazione dei rischi
Nel confronto aperto, si tende ad “aggredire” subito il lato dell’idea che risulti meno convincente o più difficile da realizzare. Ne consegue una migliore gestione dei problemi, mediante la soppressione delle idee non verificate dal confronto e quindi più deboli dal punto di vista dello scontro con la dura realtà (vedasi il concetto di episteme greco). Il risultato di questo processo è quindi un’analisi di prefattibilità ad hoc. - Meno Bias cognitivi
Tutti noi siamo influenzati da preconcetti, che derivano dalla nostra educazione, dalle nostre competenze, dal nostro vissuto. Il confronto con gli altri può permetterci di uscire dallo scacco della mente che mente, superando le aberrazioni visive e sensoriali a cui il contesto e la propaganda ci sottopongono. Gli esperimenti di priming cialdiniani, l’architettura delle scelte di Sunstein e Thaler e da ultimo i disegni di Escher, insegnano che da soli, cioè senza uno sguardo da un’altra prospettiva, siamo preda di visioni distorte in grado di danneggiare la qualità delle nostre scelte. Diversamente, in gruppo, è possibile bilanciare i vari Bias in azione e diventare singolarmente e coralmente più oggettivi nei pareri e nelle decisioni.
Il confronto può essere scomodo, ma è a nostro parere indispensabile per la crescita personale e di gruppo. Un buon leader sa come stimolarlo evitando che i membri del team si possano ferire… Eh sì, perché nel confronto vero ci si mette a nudo e quindi si rischia di tornare a casa con qualche escoriazione nel morale. Il terreno preferibile dove farlo svolgere è quello della prova o più chiaramente del “come se”.
Facciamo finta che…
Ah sì, allora ti risponderei così…
Platone diceva che la verità ama la maschera… Chi ci dice che per confrontarci veramente non si debba farlo, per esempio, al telefono piuttosto che vis-à-vis?
Dopotutto, l’importante è il risultato, ovvero la soluzione innovativa e quanto più condivisa che si riesca ad accogliere, vero?
Articolo a cura di Simona Bargiacchi, Rovena Bronzi e Dario Ramerini