Quale Leadership per il futuro?
Mai come nella nostra era tecnologica e globale il tema della leadership assume elementi nuovi e sfidanti.
Soprattutto in ambito organizzativo è chiamata a ripensarsi in una prospettiva che va oltre i confini che già solo pochi anni fa sembravano definirne delle caratteristiche chiare. Confini territoriali, culturali, relativi ai processi lavorativi e al rapporto con i clienti che si credeva di poter standardizzare e in qualche modo cercare di avere sotto controllo.
Le strategia d’azienda ed i necessari cambiamenti venivano calati nella realtà lavorativa per lo più in modo pianificato, con un approccio razional-funzionale che già mostrava produrre molte criticità. Dagli studi di settore è emerso che la maggior parte di questi interventi hanno portato a risultati poco efficaci evidenziando che per lo più i problemi venivano spostati da un ambito all’altro, identificando la demotivazione del personale come uno degli ostacoli maggiori al cambiamento. Gli approcci utilizzati spesso sono stati proposti in modo disallineato rispetto alle variabili comportamentali ispirandosi ad una visione riduzionistica ed economicistica della motivazione lavorativa, fatta dipendere essenzialmente dalla retribuzione.
I più illuminati pensatori della cultura organizzativa hanno da tempo messo in rilievo quanto approcci di questo tipo vedevano prevalere troppo le competenze di management su quelle di leadership. Cambiamento e gestione sono realtà da affrontare con competenze molto diverse.
Ma mentre le competenze di management sono ampiamente diffuse, quelle di leadership rimangono ambito per lo più inesplorato.
Kotter evidenzia già alla fine degli anni ‘90 che troppe persone sono state educate solo a gestire il sistema attuale o ad apportarvi cambiamenti incrementali, quando invece si richiede sempre più la capacità di sviluppare visioni e strategie nuove, allineandovi e responsabilizzando i collaboratori, perché si realizzino concretamente. Ciò richiede una forte capacità di leadership che egli sostiene essere assente in larga misura. Documenta quanto siano presenti capacità di management (che opera attraverso gerarchia e sistemi) a scapito di quelle di leadership (che opera attraverso le persone e la cultura) e quanto sia urgente integrare i due aspetti per far fronte alle sfide del cambiamento.
Drucker sostiene che chi ha ruoli di responsabilità in azienda non appartiene né solo all’umanista né solo allo scienziato. Ha a che fare con l’azione e l’applicazione pratica e il suo banco di prova sono i risultati. In tal senso si può parlare di tecnica, ma ha anche a che fare con le persone, i loro valori, la loro crescita e il loro sviluppo e questo richiede un approccio umanistico, che deve considerare anche l’impatto sulla struttura sociale e sulla comunità.
Si tratta di entrare in un modo di pensare meno lineare e più adatto a governare e indirizzare la complessità della vita organizzativa portando valore a tutte le variabili del sistema: clienti, lavoratori, capitale e territorio, andando verso quella che viene definita sostenibilità. Ciò richiede un cambio di paradigma nella vita organizzativa, come suggerisce l’aforisma di Einstein: “i problemi non possono essere risolti con lo stesso livello di coscienza che li ha creati”.
A cura di: Erica Rizziato
IRCrES- CNR – Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile del Consiglio Nazionale delle Ricerche