Ricerca scientifica, gestione della conoscenza, situazioni di crisi ed emergenze
Introduzione
La situazione di estrema crisi in cui ci troviamo in questi giorni pone numerose questioni, generate da una condizione di pressante emergenza. In questo momento tutte le priorità convergono sulla gestione immediata delle emergenze sanitarie, come è giusto che sia. Nel frattempo la ricerca scientifica è impegnata nell’identificazione non solo di vaccini o procedure diagnostiche, ma anche nell’approfondimento di tutti gli elementi, nel senso più ampio del termine, connessi alla riduzione e gestione delle situazioni di rischio a fronte di eventi estremi. In primo luogo è importante sottolineare e ricordare che le misure e le azioni che devono essere adottate per la gestione e riduzione dei rischi di situazioni di emergenza richiedono processi decisionali fondati su solide informazioni e conoscenze scientifiche, tecniche e tecnologiche. Ciò implica un’integrazione efficace fra diversi attori, differenti fonti di conoscenza scientifica e tecnologica, diverse discipline della ricerca scientifica.
La ricerca scientifica è quindi impegnata tra le altre cose ad approfondire il bacino di conoscenze su questo genere di pericoli e sulla messa a punto di protocolli per la loro mitigazione. Ciò avviene attraverso differenti percorsi disciplinari e approcci diversificati utilizzando le acquisizioni della ricerca di base e implementando i risultati della ricerca applicata e dello sviluppo. Sappiamo benissimo che nel nostro Paese non solo la sanità pubblica, ma anche la ricerca pubblica è stata sottoposta a processi di “svalutazione” non solo tramite la riduzione continua dei finanziamenti, ma anche per mezzo di una sottovalutazione del suo ruolo come volano di sviluppo culturale, sociale ed economico e come strumento di rafforzamento della società nel suo complesso. Oggi, soprattutto dopo anni di costante emorragia di risorse umane qualificate che hanno trovato approdo all’estero, ci dobbiamo porre parecchie domande sulle nostre capacità non solo di produrre conoscenza utile alla riduzione e gestione dei disastri ma anche sulle nostre capacità di tradurre i risultati delle ricerche in “utilità”, in benefici condivisi e condivisibili. Sia per la gestione del “presente”, ma anche in previsione della gestione del “futuro” dobbiamo essere in grado non solo di allargare le nostre conoscenze (cosa sappiamo) ma anche come utilizziamo le conoscenze non per creare sviluppo economico e sociale, ma anche per prevenire, mitigare, gestire e (sperabilmente) risolvere le emergenze future.
Dalla ricerca scientifica e dalla conoscenza, alla consapevolezza e alla cultura scientifica
La natura sta diventando più pericolosa o la nostra società è diventata più vulnerabile? Il grande volume di ricerca scientifica è adeguato ai rischi della società contemporanea? Le conoscenze esistenti sono applicate in modo inadeguato o non utilizzate in modo efficace?
Il volume complessivo della conoscenza scientifica pubblica e privata è enorme e si espande in continuazione. Ciò si traduce in un numero elevato di pubblicazioni scientifiche, brevetti, tecnologie, innovazioni, ecc. Quello che bisognerebbe chiedersi è quale sia la consistenza dei progressi compiuti nel convertire i risultati della ricerca in applicazioni concrete e soprattutto quali possano essere le strategie e gli approcci migliori per conseguire un uso il più efficace possibile della conoscenza disponibile attuale e di quella futura.
Alcuni ricercatori (White et al. 2001) già da molto tempo hanno evidenziato che la conoscenza scientifica disponibile attualmente non sia utilizzata in modo efficace, che qualora venisse utilizzata in modo efficace ciò si realizza in tempi ancora molto lunghi e che ci sia una tendenza all’indebolimento del ruolo della ricerca scientifica dovuto da un lato a un aumento della vulnerabilità della società ma, dall’altro, anche da determinate scelte politiche.
Attualmente alcuni step sono divenuti di particolare rilevanza, quali ad esempio:
- ottimizzare l’applicazione della migliore conoscenza disponibile (tramite efficaci sistemi di valutazione dei risultati effettivi);
- sviluppare una base di informazioni e di conoscenze avanzate basate sulle esperienze passate per creare una migliore comprensione dei rischi futuri derivanti da situazioni estreme e da emergenze (integrando nel modo migliore possibile tutto questo bacino di “sapere”).
Come descritto nella figura 1, la creazione della conoscenza si muove lungo differenti livelli qualitativi che vanno dall’osservazione dei fenomeni fino all’assimilazione del sapere. È evidente che ogni singolo livello non si comporta come una dimensione chiusa poiché esistono interrelazioni continue. Per diventare informazioni, i dati devono essere razionalmente elaborati, organizzati e strutturati in modo utile per poter trarre conclusioni. L’informazione è quindi un complesso di “dati con significato”: la conoscenza, pertanto, viene creata accumulando e organizzando informazioni.
Tuttavia di per sé l’informazione è un fattore sostanzialmente “statico” mentre la conoscenza è un fattore “dinamico” e fluido perché deriva da un complesso reticolo di relazioni sociali, esperienze, ecc. Per questo motivo fenomeni, dati o informazioni scientifiche che possono apparire elementi “crudi” o grezzi acquistano un valore nel momento in cui possono essere esaminati, compresi e utilizzati da diverse prospettive, da diversi soggetti e in contesti differenti. Per questa ragione inoltre senza un’adeguata istruzione e formazione la produzione di conoscenza ed il suo trasferimento possono produrre effetti molto limitati ad esempio all’interno di una campagna di sensibilizzazione di fronte ad un’emergenza. La conoscenza moderna deve essere una conoscenza “integrata”, co-prodotta e condivisa; altrimenti potrà produrre benefici estremamente circoscritti.
Per molto tempo nel nostro Paese, al di là delle dichiarazioni di principio, si è fatto affidamento a un modello di produzione della conoscenza di tipo “lineare”, secondo il quale il contributo del mondo universitario e dei centri di ricerca alla risoluzione dei problemi sta nel trasferimento di conoscenze per mezzo della disseminazione, dei brevetti delle pubblicazioni, ecc.: gli altri soggetti, all’interno di questo modello, sono chiamati ad attuare queste conoscenza trasformandole in prodotti, servizi, processi, protocolli, norme, ecc. Abbiamo più volte sostenuto – anche sulle pagine di questa rivista – che è indispensabile adottare un modello di produzione della conoscenza non solo non lineare (estendere a soggetti nuovi la “dignità” di generatori di conoscenza perché portatori di know-how specifici) ma anche “problem focused”. Insomma la ricerca scientifica si struttura intorno ai problemi e all’individuazione delle soluzioni sfondando le barriere degli istituti e dei dipartimenti, con la creazione di team di ricerca flessibili, multidisciplinari e transdisciplinari.
L’assimilazione e la condivisione della conoscenza all’interno di una società costituiscono un ulteriore gradino cruciale non solo per la gestione e mitigazione di emergenze come quella che stiamo vivendo, ma anche per fornire basi solide a qualsiasi idea di progresso per la nostra società nel futuro. La conoscenza applicata non può prescindere da una comprensione diffusa e integrata capace di generare consapevolezza. La consapevolezza opera all’interno delle persone e diventa una componente importante dell’esperienza individuale. Si tratta di costruire dei mattoni cognitivi che devono essere condivisi tramite forme di comunicazione adeguate. In tal modo sarà possibile, da un lato, aumentare la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica in un senso molto ampio; dall’altro fornire anche strumenti importanti agli individui per fronteggiare in modo più adeguato i problemi connessi alla complessità.
A tale proposito Harlan Cleveland già nel 1982 sosteneva che “l’informazione è orizzontale, la conoscenza è gerarchica e la consapevolezza è flessibile”. Questo per descrivere che quando aumentiamo la nostra consapevolezza sulla base di cognizioni scientifiche, “alteriamo”, modifichiamo il nostro contesto e iniziamo a spingerci in una dimensione già connessa al futuro perché aumentiamo la nostra capacità di immaginare percorsi futuri e progettare nuove traiettorie. Per questo motivo la conoscenza scientifica può modellare le percezioni, influire sulle esperienze e sulla cultura sia attraverso elementi espliciti come ad esempio innovazioni, tecnologie, piattaforme di informazione, banche dati, protocolli, metodologie ecc., sia attraverso elementi impliciti come visioni, valori, idee.
Tuttavia siamo soliti attribuire grande importanza agli elementi espliciti della conoscenza ma la conoscenza tacita è altrettanto cruciale, anche in momenti di emergenza e crisi. La conoscenza tacita è fondamentalmente personale perché si tratta di conoscenza contestuale incorporata nell’esperienza individuale. Indubbiamente è difficile da codificare, formalizzare e articolare con delle formule, ma in qualche modo costruisce il pensiero e orienta le azioni e i comportamenti. Non si tratta quindi solamente di sviluppare competenze professionali o know-how individuale ma anche contribuire a sviluppare modelli mentali personali.
Conclusioni: superare la sfida della frammentazione
Informare vuol dire “dar forma a qualcosa” ed esiste un legame critico fra conoscenza scientifica e mitigazione e gestione di situazioni estreme ed emergenze. Queste situazioni straordinarie richiedono una base di conoscenza scientifica molto solida. Dobbiamo sia nel presente che nel futuro essere in grado di promuovere e migliorare il dialogo e la cooperazione all’interno della comunità scientifica e tecnologica, coinvolgendo tutte le parti interessate e i decisori politici per facilitare l’interscambio e la condivisione. Momenti particolari di crisi richiedono pertanto un adeguato grado di comprensione e utilizzo della conoscenza, cognizione delle dinamiche dei processi produttivi, la consapevolezza dell’esistenza di diversi tipi di conoscenza (le quali, tutte, contribuiscono alla strutturazione di un valido e diffuso ambiente cognitivo) nonché delle cause che ostacolano il trasferimento e l’uso dell’informazione scientifica. Pertanto è indispensabile in questo momento colmare rapidamente tutte le lacune tra azioni bottom-up e top-down, tra conoscenza tecnica e scientifica e contesti locali.
Sappiamo tuttavia che le politiche e i contesti nazionali, regionali e locali influenzano notevolmente la produzione di conoscenza, il suo trasferimento e la sua implementazione. Nel nostro Paese il problema della frammentazione investe moltissimi livelli, poteri e attori; ed è particolarmente serio, con pesanti conseguenze in termini di coerenza, competizione fra istituzioni e amministrazioni, scarso coordinamento e limitazione nelle attività di condivisione.
Questo problema ha pesantemente gravato anche sul sistema di produzione scientifica e della ricerca.
La priorità assoluta di questo momento è superare la situazione di emergenza, ma questo non vuol dire che non ci si debba già preparare per il “dopo” e per la prevenzione, mitigazione e riduzione dei rischi futuri. Importanti lezioni stanno maturando dalle esperienze del presente. In questo ambito è indispensabile rivedere molti modelli gestionali e di pensiero con i quali abbiamo finora guardato alla ricerca scientifica, soprattutto quella pubblica. Riportare al centro dello sviluppo economico e sociale la ricerca scientifica, sviluppare una cultura della conoscenza, sostenere i migliori talenti, ecc. sono, quindi, elementi cruciali per quel cambiamento sistemico che – volenti o nolenti – l’emergenza in atto ci costringerà a progettare per l’immediato futuro.
Bibliografia
Cleveland, H. 1982. Information as resource. The Futurist 16(6): pagg. 34–39.
White G.F., Kates R.W., Burton I., 2001. Knowing better and losing even more: The use of knowledge in hazard management. Global Environmental Change Part B: Environmental Hazards 3(3–4): pagg. 81–92.
Articolo a cura di Carmelo Cannarella e Valeria Piccioni