Se incontri PowerPoint, uccidi PowerPoint: la preparazione alchemica delle presentazioni

La popolarità di PowerPoint sta tramontando. Non poteva essere altrimenti, visto che sempre più persone vivono le riunioni come un’odiosa tassa.

Aziende dove non si può usare internet di venerdì, persone che non rispondono alle mail, direttori che si rifiutano di vedere presentazioni, uffici senza carta. Il rigetto della tecnologia colpisce a caso, come Bugs Bunny quando sottraeva le carote a Taddeo… non si sa quale sarà la prossima vittima del neo-luddismo.

Un ponte che si usa e poi si getta

Se vogliamo raccontare una storia c’è il telefono, se vogliamo trascriverla c’è Word, ma se vogliamo trasformare un pensiero in un ragionamento comprensibile ci servono titoli, punti e sottopunti. PowerPoint è innanzitutto un maestro di logica.

Ma tutti sanno che tante frasi, per quanto ben ordinate, non servono. Per comunicare servono storie, immagini, metafore… quindi, come fare?

Uno: scrivo tutto

Butto tutto sulle slides a capocchia e di getto. Poi comincio a strutturare fino a che sono soddisfatto. Sono 50 slides, alcune interessanti (forse perché le ho fatte io!), ma meglio non andare in riunione così, come un comune torturatore di colleghi…

Due: lavorazione

Provo a stampare e rileggere, lontano dal computer, con un caffè e un pennarello. Appare chiaro che i titoli non combaciano con i contenuti. Li cambio, con fatica. Le frasi che sembravano sensate in video, fanno pietà sulla carta. Prima di buttare tutto, depresso, chiedo un aiuto ad un collega, che inforca gli occhiali. Mi suggerisce di ingrandire le scritte. Bravo, così non ci sta tutto, però…

Dopo due ristampe il risultato sembra migliore, con qualche animazione e una spruzzata di emoticon posso affrontare l’aula. Per scrupolo provo a proiettare. E così scopro la prima legge di PowerPoint:

Una slide è come un vestito rosso attillato, che evidenzia OGNI difetto!

Tristezza e scoraggiamento… serve ancora lavoro…

Tre: tagliare le frasi, inserire immagini

Comincio ad inserire le immagini, una vignetta di Scott Adams, qualche frase finisce nelle note. Posso scendere sotto le 20 slides, ecco, sono a 15… a questo punto l’autostima risale e anche la motivazione risorge. Visto che la perfezione è troppo costosa oltre che irraggiungibile, vado in riunione. Catturo l’attenzione e vedo addirittura un vecchio collega chiudere il laptop…

Quanto tocca agli altri relatori, vedo oceanici fogli di calcolo, polverosi discorsi di Abramo Lincoln, illeggibili a corpo 18. Mi sento sopra la media, come il gabbiano Jonathan…

Nei bagni un collega mi segnala il gradimento complessivo della riunione con l’espressione di chi ha un’incudine su un piede, ma poi mi fa l’ok con il pollice… mentre esco, soddisfatto, dai bagni un direttore mi chiede di ripetere la presentazione per la sua Business Unit.

È il momento di esagerare, in omaggio a Vasco…

Quattro: butto via tutto, niente proiettore

Stampo la presentazione per l’ultima volta e la trascino in una remota cartella. Via dal desktop – è un momento catartico… – addio Power Point!

Vado in riunione con il sorriso, stranamente rilassato. Zero slides. Ormai è tutto nel mio DNA, uso solo pennarelli e story telling. I partecipanti trasudano serotonina, partecipano, ci sono addirittura momenti divertenti. Senza le slides qualcosa mi è sfuggito, ma nessuno se ne è accorto e alla fine il feedback dell’aula è: che bello senza slides…!

C’è un detto Zen: se incontri il maestro, uccidi il maestro.

Caro Power Point, come un grande Coach mi hai fatto crescere senza fare nulla… quanto ti devo? Non mi rispondi, come un grande ti fai da parte senza chiedere neppure un grazie!

Ma il destino mi offre l’occasione di ricambiare: adesso che molti ti vogliono eliminare, io non ti abbandono, ti devo troppo. Dovranno passare sul mio corpo, caro vecchio Maestro!

 

Articolo a cura di Luigi Rigolio

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