Un leader “cerniera” valorizza i “gruppi di lavoro” verso il successo organizzativo

Nessun uomo sarà mai un grande leader se vuole fare tutto da solo, o prendersi tutto il merito per averlo fatto.”
Andrew Carnegie – 1835/1919

La forza del gruppo e nella interdipendenza

Sia l’efficacia dell’operato degli individui che compongono un gruppo che quella dell’intero aggregato costituiscono dimensioni che si influenzano reciprocamente; ne discende che nessun gruppo può sostituire l’impegno individuale e viceversa dal momento che lo stare insieme in gruppo conduce al superamento delle logiche individualistiche e mette in evidenza la forza di una nuova entità data dell’insieme dei soggetti che partecipano all’aggregato.

Il termine gruppo designa un qualsiasi numero più o meno grande di individui tra i quali esistono rapporti tali per cui è necessario considerarli insieme.

Si può affermare allora che il gruppo è qualcosa di più – o per meglio dire – qualcosa di diverso dalla somma dei suoi membri, perché ha una struttura propria, fini peculiari e relazioni particolari con altri gruppi. Quel che ne costituisce l’essenza non è la somiglianza o la differenza tra i suoi componenti, ma la loro interdipendenza in quanto totalità dinamica.

Da questa constatazione prendono le mosse gli studi sui gruppi che riconoscono che questi sono fattore di ricomposizione sia del lavoro sia delle relazioni[1].

Il gruppo si presenta quindi quale potente strumento in cui gli individui possono pienamente esprimere le risorse/potenzialità possedute; per questo esso deve essere considerato luogo elettivo per la socializzazione[2].

L’aspetto distintivo di un gruppo risiede nell’evidenza che gli individui che lo costituiscono condividono norme comuni che i membri di quel gruppo considerano di interesse comune (si tratti di una convinzione, di un desiderio ecc.); in altri termini, norme comprese tra quelle che riguardano i ruoli dei singoli che, essendo definiti in termini di reciprocità, sono tra loro collegati[3].

Muovendo dall’assunto che l’evento psicologico va studiato come espressione del contesto esistente dove il fatto si verifica, Lewins ha posto in luce le influenze del sistema sociale sul comportamento individuale e di gruppo descrivendo con il termine “dinamica di gruppo” le modificazioni associabili al cambiamento della sua struttura in particolare con riferimento al comportamento dell’individuo in rapporto al suo campo di appartenenza. Il gruppo per l’autore si configura in tal modo come ambito peculiare della ricerca sociale e il principio della contemporaneità ne rappresenta il principale presupposto metodologico[4].

Inoltre, lo stare in un gruppo permette all’individuo di soddisfare bisogni che da solo non sarebbe in grado di traguardare, c’è da rilevare come la partecipazione ad un gruppo porti la persona ad identificarsi, per differenza e per somiglianza, definendo lo spazio del sé e lo spazio dell’altro da sé.

Nel lavoro, in particolare, le funzioni del gruppo assolvono un ruolo primario anche come nell’esperienza educativa attraverso processi di scambio delle conoscenze.

Riguardo al lavorare in gruppo, in particolare, va registrato come si concretizzi l’opportunità per ogni soggetto di comprendere meglio i bisogni propri e altrui, confermando, correggendo e verificando le direzioni dell’agire individuale che si riverbererà su quello organizzativo.

Un gruppo, composto da un certo numero di individui in interazione tra loro sulla base di strutture precedenti costituisce un aggregato di organismi in cui l’esistenza di tutti è utilizzata per la soddisfazione dei bisogni di ciascuno[5].

Ciò significa che un cambiamento di stato, di una parte o frazione qualsiasi del gruppo si riflette sullo stato delle altre. Il grado di interdipendenza delle frazioni del gruppo varia da una massa indefinita a un’unità compatta e dipende dall’ampiezza, dall’organizzazione e dalla coesione del gruppo.

I caratteri distintivi del “gruppo di lavoro

Un gruppo con caratteri speciali è il “gruppo di lavoro”, che va inteso come entità sociale che tende all’integrazione dei fatti psicologici e sistemici associati al concetto di bisogno, definibile come espressione soggettiva che dà significato alle relazioni sociali.

Esso risulta formato da un insieme limitato di individui interdipendenti entro un dato tempo ed uno spazio, che hanno consapevolezza della loro unità e posseggono ruoli, regole e valori negoziati, dichiarati e condivisi: individui che si sentono impegnati a raggiungere determinati traguardi in tempi prestabiliti[6].

Il legame tipico del “gruppo di lavoro[7] si fonda sul valore e sul riconoscimento delle differenze tra i suoi membri che condividono sia gli obiettivi da raggiungere che i metodi di lavoro e i ruoli attraverso una preventiva negoziazione che avviene nel rispetto delle competenze dei soggetti che lo compongono e nel quadro di un clima costruttivo dove la comunicazione è dialogica; alla leadership compete di assicurare le condizioni di equilibrio tra la soddisfazione dei bisogni individuali e quelli del gruppo.

Il “gruppo di lavoro” è efficace soprattutto quando gli obiettivi vengono stabiliti con chiarezza e negoziati in anticipo; i metodi di discussione e di pianificazione del lavoro sono condivisi da tutti i componenti del gruppo mentre i ruoli sono attribuiti per le finalità del gruppo sulla base delle competenze possedute.

Da qui la necessità di una particolare attenzione, da parte di quanti operano all’interno del “gruppo di lavoro” agli strumenti che permettono la condivisine consapevole della missione dell’organizzazione come pure degli obiettivi che le sono propri.

La funzione di “cerniera” del leader

Il successo di ogni organizzazione è direttamente correlato all’azione del management (delle organizzazioni stesse) dal momento che ad esso compete essere vincente esercitando la funzione di guida per fare sì che gli altri membri della organizzazione possano lavorare proficuamente[8].

Da qui la necessità che l’organizzazione, tesa a valorizzare le perone verso obiettivi di successo (a maggior ragione se abbia scelto di attivare “gruppi di lavoro” come metodo di efficienza/produttività) si doti di leader che, dando spazio alla loro intelligenza emotiva, fungano da “cerniera”(cioè sintesi ed equilibrio) tra i bisogni individuali e quelli del gruppo e, investendo sulla importanza dei rapporti interpersonali, alla stregua di allenatori/consulenti, pongano a disposizione della organizzazione la capacità di cogliere sentimenti ed emozioni delle persone al lavoro dimostrando anche di essere in grado di dare risoluzione ai problemi a partire da conflitti tra le persone che vanno prevenuti così da conseguire un risultato reciprocamente vantaggioso.

Nel loro ruolo di governo della organizzazione questi leader, oltre ad avvalersi di un’adeguata comunicazione e della delega quali strumenti tipici di leadership[9], dovranno fare ricorso alla creatività, che risulta essere uno degli aspetti psicologici che costituisce la più potente fonte di energia e di motivazione al conseguimento degli obiettivi dell’organizzazione.

La creatività, infatti, va intesa come il luogo di relazione in grado di offrire l’occasione per l’affermazione professionale e la crescita di tutte le persone che sono nell’organizzazione e che vivono relazioni e rapporti interpersonali.

Parliamo di una capacità legata all’intelletto e, dunque, all’inventiva e allo spirito di iniziativa, che non può prescindere dalla consapevolezza del doversi muovere seguendo quello che alcuni autori definiscono il pensiero divergente, vale a dire la capacità di pensare fuori dagli schemi per produrre una gamma di possibili soluzioni per un dato problema, in particolare per un problema che non preveda soltanto una risposta corretta (la flessibilità)[10].

Intelligenza emotiva e creatività ben potranno costituire la miscela di quella leadership tesa a promuovere opportune iniziative formative finalizzate alla crescita delle persone che costituiscono l’insieme “gruppo di lavoro” nella consapevolezza che solo una formazione permanente e continua può produrre autentica efficienza da cui discenda piena efficacia e, quindi, il raggiungimento degli obiettivi assegnati in relazione alla mission propria della organizzazione.

La formazione, infatti, costituisce il processo dinamico che può rappresentare l’occasione per diffondere/ampliare conoscenze e abilità che, oltre a dimostrarsi utili a fronteggiare cambiamenti/trasformazioni o eventi straordinari assicurano il successo organizzativo.

Come non ipotizzare che Christine Lagarde facesse riferimento anche alla funzione di volano della formazione quando nel fornire un abbozzo di declaratoria dei requisiti dei leader moderno ha sostenuto: “Per me la leadership è incoraggiare le persone. Significa stimolarle. Vuol dire metterle nella condizione di raggiungere ciò che possono raggiungere, e di farlo con un obiettivo .

Note

[1] Per tutti, Kaneklin C., Aretino G., Pensiero organizzativo e azione manageriale, Raffaello Cortina, Milano, 1993.

[2] Bochicchio F., Di Sabato T., Complessità organizzativa e risorse umane, Libellula Edizioni, Tricase, 2011.

[3] Bochicchio F., Di Sabato T., Apprendimento e cambiamento nelle organizzazioni, Libellula Edizioni, Tricase, 2018.

[4] Cfr. Lewin K., Field Theory in Social Sciences, Harper & Row, New York, 1951.

[5] Sul tema delle angosce dei singoli cfr. Klein M., Il nostro mondo adulto e le sue radici nell’infanzia, in Id., Il nostro mondo adulto e altri saggi, Martinelli, Firenze, 1972.

[6] De Giosa V., Di Sabato T., Le organizzazioni di successo, Youcanprint, Lecce, 2020

[7] sul tema si veda il lavoro di Quaglino G.P., Casagrande S., Castellano A., Gruppo di lavoro, lavoro di gruppo, Raffaello Cortina, Milano, 1996.

[8] De Giosa V., Di Sabato T., Cambiare le organizzazioni, Libellula Edizioni, Tricase, 2015.

[9] La “comunicazione” è la capacità di trasmettere un messaggio in modo che chi lo riceve si comporti nella maniera desiderata. La “delega” è l’attribuzione di responsabilità e di poteri relativi all’esercizio di determinati compiti; il delegato dovrà esercitare la delega nel rispetto delle indicazioni negoziate e delle regole dell’organizzazione.

[10] De Giosa V., Di Sabato T., La creatività come presupposto per governare l’organizzazione flessibile, Leadership & Management del 12 Luglio 2019.

 

Articolo a cura di Tommaso Di Sabato

Profilo Autore

Docente presso la Scuola di Alta Formazione della UNINT- Roma e Collaboratore del Consorzio Interuniversitario sulla Formazione – Torino.
Già Direttore vicario della Ripartizione Risorse Umane di UNISALENTO e Professore a contratto dei Corsi di Laurea in Scienza dell'Amministrazione - Facoltà di Giurisprudenza di UniTELMA – Roma.

Condividi sui Social Network:

Ultimi Articoli